BASE. Wegener intendeva allestire tre campi di appoggio: due sulla costa orientale e occidentale dell'isola (a 71° di latitudine) e uno, il più importante, nel cuore dell'immensa distesa di ghiaccio, a 3.000 metri di altitudine e 400 km dalla costa ovest. Convinto di agevolare le operazioni, usò delle slitte a motore, una scelta che si rivelò fatale: la potenza del motore nulla poteva di fronte alle pareti di ghiaccio dell'isola.
DESERTO BIANCO. Arruolato come ufficiale, Wegener fu ferito due volte e trasferito al servizio meteorologico dell'esercito tedesco in Bulgaria e in Estonia. Con la fine della guerra prese la direzione della sezione meteorologica dell'Osservatorio marittimo di Amburgo e nel 1924 si trasferì all'università austriaca di Graz. Ma il richiamo della Groenlandia era ancora troppo forte. Dopo un sopralluogo nel 1929, vi ritornò l'anno successivo, per l'ultima spedizione. Questi i suoi obiettivi: raccogliere campioni di neve, esaminare il terreno sotto il ghiaccio, registrare le variazioni di clima e le precipitazioni nevose nel corso dell'anno.
Ma soprattutto misurare lo spessore della calotta glaciale, usando piccole cariche esplosive e registrando la propagazione delle onde sonore.
Eredità Scientifica Alfred Wegener (1880-1930):scienziato tedesco e pioniere della meteorologia protagonista della disputa sull’origine dei continenti.
Ha fatto la sua stazione di osservazione meteorologica nell’inospitale Groenlandia dove morì e fu uno spirito avventuroso.
IN GROENLANDIA. Imbarcatosi sul vascello Danmark come meteorologo, vi trascorse due inverni polari (1906-1908). Scopo della spedizione era mappare la costa meno nota dell'isola, nella parte nordorientale.
TROMBE D'ARIA E CRATERI. Al suo ritorno, Wegener iniziò a insegnare all'Università di Marburgo. Spiegò come si formano alcuni tipi di nubi e studiò la meccanica delle trombe d'aria. E, forse rispolverando i suoi studi di astronomia, entrò nel dibattito sull'origine dei crateri lunari, che per molti erano di origine vulcanica. Con i suoi esperimenti portò conferme a favore della teoria secondo cui i crateri erano provocati dall'impatto con i meteoriti; una convinzione in seguito confermata dalle missioni spaziali. Ma c'era un'altra teoria sulla quale la storia della scienza gli avrebbe dato ragione. E per dimostrarla avrebbe lasciato la comoda vita del docente, la moglie e le tre figlie.
SUI BANCHI DI SCUOLA Nacque a Berlino nel 1880 e crebbe nella chiesa e tra i banchi di scuola e decise di prendere la strada della scienza, guidato da grandi maestri. Ciliegina sulla torta, un dottorato in astronomia (1904). Ma Alfred non sarebbe diventato un astronomo. A quel mestiere preferì quello di meteorologo, esperto di glaciologia e geofisica.
PIONIERE.Appena laureato lavorò come assistente all'Osservatorio aeronautico di Lindenberg, in Germania, dove si conducevano pionieristici esperimenti per lo studio della fisica dell'atmosfera con aquiloni e palloni aerostatici. Compagno delle sue prime esplorazioni fu il fratello Kurt. Insieme finirono sulle prime pagine dei giornali per aver stabilito il record di permanenza in volo su un pallone aerostatico: rimasero in aria per oltre due giorni (52 ore ininterrotte), dal 5 al 7 aprile 1906.
Il 6 gennaio 1912, quando Wegener presentò la teoria della deriva dei continenti in una conferenza a Francoforte, di fronte al gotha dei geologi tedeschi, la levata di scudi fu immediata: le sue idee furono rifiutate dal mondo accademico. Per niente abbattuto, Alfred organizzò una nuova spedizione in Groenlandia, accompaganto da 3 colleghi.
NUOVA AVVENTURA. Partiti nell'estate 1912, dopo una sosta in Islanda, raggiunsero la costa orientale dell'isola e ci rimasero un anno. Con i compagni, Wegener attraversò il deserto bianco da est a ovest, nel suo punto più largo. Percorrendo 1.000 km a piedi fu protagonista della più lunga traversata della calotta polare effettuata fino ad allora. Un successo messo in ombra dallo scoppio della Prima guerra mondiale.
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Alex wegener
FINE CORSA. Senza collegamento radio tra le basi, per quasi sette mesi nessuno seppe più nulla. Il corpo di Wegener fu ritrovato nel maggio del 1931, a un centinaio di chilometri dalla meta. Il suo giovane compagno aveva segnalato con degli sci la tomba di Alfred, portando con sé l'ultimo diario dell'esploratore, nella speranza di farcela. Nessuno può raccontare gli ultimi giorni di Wegener. Nemmeno lui, che descrisse le altre spedizioni con foto e resoconti. Il suo ultimo diario è sepolto sotto una spessa coltre di neve e ghiaccio, insieme al corpo, mai ritrovato, di Villumsen.
PERCORSO A OSTACOLI. La lunga notte artica era alle porte e i rifornimenti per Johannes Georgi e Ernst Sorge, i due scienziati che si trovavano già alla base nel cuore della Groenlandia, non erano partiti. Wegener sapeva bene che la sopravvivenza dei compagni dipendeva da quel trasferimento. Il 21 settembre lasciò il campo base occidentale insieme al connazionale Fritz Loewe e al groenlandese Rasmus Villumsen con le tradizionali slitte trainate da cani. Il viaggio durò 40 giorni, invece dei previsti 20, a causa di violente tempeste di neve e temperature che sfioravano i 50 gradi sotto zero. La compagnia raggiunse la base a fine ottobre: Loewe aveva un principio di congelamento agli arti inferiori ed era impossibile per lui rimettersi in viaggio. Il 1° novembre, dopo aver festeggiato il suo cinquantesimo compleanno, Wegener e Villumsen presero così la via del ritorno senza di lui. Fu l'ultima volta che qualcuno li vide in vita.
Alfred Wegener
Davide Tosi
Created on April 9, 2024
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BASE. Wegener intendeva allestire tre campi di appoggio: due sulla costa orientale e occidentale dell'isola (a 71° di latitudine) e uno, il più importante, nel cuore dell'immensa distesa di ghiaccio, a 3.000 metri di altitudine e 400 km dalla costa ovest. Convinto di agevolare le operazioni, usò delle slitte a motore, una scelta che si rivelò fatale: la potenza del motore nulla poteva di fronte alle pareti di ghiaccio dell'isola.
DESERTO BIANCO. Arruolato come ufficiale, Wegener fu ferito due volte e trasferito al servizio meteorologico dell'esercito tedesco in Bulgaria e in Estonia. Con la fine della guerra prese la direzione della sezione meteorologica dell'Osservatorio marittimo di Amburgo e nel 1924 si trasferì all'università austriaca di Graz. Ma il richiamo della Groenlandia era ancora troppo forte. Dopo un sopralluogo nel 1929, vi ritornò l'anno successivo, per l'ultima spedizione. Questi i suoi obiettivi: raccogliere campioni di neve, esaminare il terreno sotto il ghiaccio, registrare le variazioni di clima e le precipitazioni nevose nel corso dell'anno. Ma soprattutto misurare lo spessore della calotta glaciale, usando piccole cariche esplosive e registrando la propagazione delle onde sonore.
Eredità Scientifica Alfred Wegener (1880-1930):scienziato tedesco e pioniere della meteorologia protagonista della disputa sull’origine dei continenti. Ha fatto la sua stazione di osservazione meteorologica nell’inospitale Groenlandia dove morì e fu uno spirito avventuroso.
IN GROENLANDIA. Imbarcatosi sul vascello Danmark come meteorologo, vi trascorse due inverni polari (1906-1908). Scopo della spedizione era mappare la costa meno nota dell'isola, nella parte nordorientale.
TROMBE D'ARIA E CRATERI. Al suo ritorno, Wegener iniziò a insegnare all'Università di Marburgo. Spiegò come si formano alcuni tipi di nubi e studiò la meccanica delle trombe d'aria. E, forse rispolverando i suoi studi di astronomia, entrò nel dibattito sull'origine dei crateri lunari, che per molti erano di origine vulcanica. Con i suoi esperimenti portò conferme a favore della teoria secondo cui i crateri erano provocati dall'impatto con i meteoriti; una convinzione in seguito confermata dalle missioni spaziali. Ma c'era un'altra teoria sulla quale la storia della scienza gli avrebbe dato ragione. E per dimostrarla avrebbe lasciato la comoda vita del docente, la moglie e le tre figlie.
SUI BANCHI DI SCUOLA Nacque a Berlino nel 1880 e crebbe nella chiesa e tra i banchi di scuola e decise di prendere la strada della scienza, guidato da grandi maestri. Ciliegina sulla torta, un dottorato in astronomia (1904). Ma Alfred non sarebbe diventato un astronomo. A quel mestiere preferì quello di meteorologo, esperto di glaciologia e geofisica.
PIONIERE.Appena laureato lavorò come assistente all'Osservatorio aeronautico di Lindenberg, in Germania, dove si conducevano pionieristici esperimenti per lo studio della fisica dell'atmosfera con aquiloni e palloni aerostatici. Compagno delle sue prime esplorazioni fu il fratello Kurt. Insieme finirono sulle prime pagine dei giornali per aver stabilito il record di permanenza in volo su un pallone aerostatico: rimasero in aria per oltre due giorni (52 ore ininterrotte), dal 5 al 7 aprile 1906.
Il 6 gennaio 1912, quando Wegener presentò la teoria della deriva dei continenti in una conferenza a Francoforte, di fronte al gotha dei geologi tedeschi, la levata di scudi fu immediata: le sue idee furono rifiutate dal mondo accademico. Per niente abbattuto, Alfred organizzò una nuova spedizione in Groenlandia, accompaganto da 3 colleghi.
NUOVA AVVENTURA. Partiti nell'estate 1912, dopo una sosta in Islanda, raggiunsero la costa orientale dell'isola e ci rimasero un anno. Con i compagni, Wegener attraversò il deserto bianco da est a ovest, nel suo punto più largo. Percorrendo 1.000 km a piedi fu protagonista della più lunga traversata della calotta polare effettuata fino ad allora. Un successo messo in ombra dallo scoppio della Prima guerra mondiale.
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Alex wegener
FINE CORSA. Senza collegamento radio tra le basi, per quasi sette mesi nessuno seppe più nulla. Il corpo di Wegener fu ritrovato nel maggio del 1931, a un centinaio di chilometri dalla meta. Il suo giovane compagno aveva segnalato con degli sci la tomba di Alfred, portando con sé l'ultimo diario dell'esploratore, nella speranza di farcela. Nessuno può raccontare gli ultimi giorni di Wegener. Nemmeno lui, che descrisse le altre spedizioni con foto e resoconti. Il suo ultimo diario è sepolto sotto una spessa coltre di neve e ghiaccio, insieme al corpo, mai ritrovato, di Villumsen.
PERCORSO A OSTACOLI. La lunga notte artica era alle porte e i rifornimenti per Johannes Georgi e Ernst Sorge, i due scienziati che si trovavano già alla base nel cuore della Groenlandia, non erano partiti. Wegener sapeva bene che la sopravvivenza dei compagni dipendeva da quel trasferimento. Il 21 settembre lasciò il campo base occidentale insieme al connazionale Fritz Loewe e al groenlandese Rasmus Villumsen con le tradizionali slitte trainate da cani. Il viaggio durò 40 giorni, invece dei previsti 20, a causa di violente tempeste di neve e temperature che sfioravano i 50 gradi sotto zero. La compagnia raggiunse la base a fine ottobre: Loewe aveva un principio di congelamento agli arti inferiori ed era impossibile per lui rimettersi in viaggio. Il 1° novembre, dopo aver festeggiato il suo cinquantesimo compleanno, Wegener e Villumsen presero così la via del ritorno senza di lui. Fu l'ultima volta che qualcuno li vide in vita.