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Petrarca

Chiara Andreoni

Created on March 21, 2024

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Transcript

Cargnel, Poli, Andreoni

Francesco petrarca

Analisi dei sonetti:

  • Se la mia vita da l'aspro tormento
  • Levarmi il mio pensier in parte ov'era

inizio

petrarca: vita

1304 Francesco Petrarca nasce ad Arezzo.

1309-1326 Trasferimento curia papale ad Avignone, Petrarca inizia gli studi a Bologna, ma li interrompe e torna ad Avignone.

IL CANZONIERE

1327 Primo incontro con Laura e prende gli ordini minori.

1337-1343 Alternanza viaggi a periodi di riflessione a Valchiusa, fino ad una crisi religiosa.

1348 Morte di Laura

1351-1352 Scrittura di LEVOMMI IL MIO PENSIER IN PARTE OV'ERA

1353-1361 Petrarca si stabilisce in Italia, scrive e studia. Scrittura SE LA MIA VITA DA L'ASPRO TORMENTO

1374 Ultima redazione del Canzoniere e morte

IL CANZONIERE

  • DATAZIONE: L'ultima redazione risale all'anno della sua morte, ovvero 1374, è diviso in due parti; "Rime in vita" e "Rime in morte"
  • STILE: è ripresa la divisione degli stili, Petrarca attribuisce minore dignità al volgare. Come obiettivo si pone quello di celebrare la lingua antica (latino) ed elevare il volgare a pari dignità formale del latino
  • LINGUA: in questa raccolta si può parlare di unilinguismo poiché i vocaboli sono pesati e scelti rigorosamente; il linguaggio utilizzato è piano e uniforme
  • REALISMO: la realtà che circonda il Canzoniere è distante e stilizzata, manca di concretezza realistica e la storia contemporanea è espresso come una vaga sequenza di situazioni stereotipate
  • TEMATICHE:
1. La figura di Laura è più reale ma il racconto è una trasfigurazione letteraria delle vicende. 2. La visione che Petrarca ha dell'amore è una lucida analisi dell'esperienza sentimentale, intellettuale e religiosa. RIsulta un costante sentimento di inappagamento e inquietudine

Se la mia vita da l'aspro tormento

01

Alcuni fanno risalire il componimento al periodo avignonese altri posteriore al 1350

Se la mia vita da l’aspro tormento si può tanto schermire, et dagli affanni, ch’i’ veggia per vertù de gli ultimi anni, Donna, de’ be’ vostr’occhi il lume spento, e i cape’ d’oro fin farsi d’argento, et lassar le ghirlande e i verdi panni, e ’l viso scolorir che ne’ miei danni a lamentar mi fa pauroso et lento; pur mi darà tanta baldanza Amore ch’i’ vi discovrirò de’ mei martiri qua’ sono stati gli anni, e i giorni et l’ore; et se ’l tempo è contrario ai be’ desiri, non fia ch’almen non giunga al mio dolore alcun soccorso di tardi sospiri.

11

14

parafrasi

Se la mia vita da l’aspro tormento si può tanto schermire, et dagli affanni, ch’i’ veggia per vertù de gli ultimi anni, Donna, de’ be’ vostr’occhi il lume spento, e i cape’ d’oro fin farsi d’argento, et lassar le ghirlande e i verdi panni, e ’l viso scolorir che ne’ miei danni a lamentar mi fa pauroso et lento; pur mi darà tanta baldanza Amore ch’i’ vi discovrirò de’ mei martiri qua’ sono stati gli anni, e i giorni et l’ore; et se ’l tempo è contrario ai be’ desiri, non fia ch’almen non giunga al mio dolore alcun soccorso di tardi sospiri.

Se la mia vita si può difendere tanto a lungo dal tormento, e dagli affanni , che veda per effetto della vecchiaia, Donna, offuscato lo splendore dei vostri occhi, e i capelli biondi fini diventare colore argento e tralasciare gli ornamenti e i vestiti adatti all’età giovanile, e scolorirsi quel viso che ora mi infonde tanta timidità; che nei miei mali appena ardisco di lamentarmi: finalmente mi darà tanto coraggio Amore che io vi rivelerò le mie pene d’amore quali sono stati gli anni, e i giorni e le ore; e se il tempo si opporrà ai desideri amorosi, almeno verrà al mio dolore qualche conforto di sospiri tardivi

metrica

Se la mia vita da l’aspro tormento si può tanto schermire, et dagli affanni, ch’i’ veggia per vertù de gli ultimi anni, Donna, de’ be’ vostr’occhi il lume spento, e i cape’ d’oro fin farsi d’argento, et lassar le ghirlande e i verdi panni, e ’l viso scolorir che ne’ miei danni a lamentar mi fa pauroso et lento; pur mi darà tanta baldanza Amore ch’i’ vi discovrirò de’ mei martiri qua’ sono stati gli anni, e i giorni et l’ore; et se ’l tempo è contrario ai be’ desiri, non fia ch’almen non giunga al mio dolore alcun soccorso di tardi sospiri.

  • Il componimento è un sonetto: composto da 14 versi endecasillabi piani divisi in 4 strofe di cui due quartine e due terzine.
  • La rima è ABBA ABBA CDC DCD. Quindi le quartine sono in rima tra loro incrociata e le terzine in rima alternata.

retorica

Se la mia vita da l’aspro tormento si può tanto schermire, et dagli affanni, ch’i’ veggia per vertù de gli ultimi anni, Donna, de’ be’ vostr’occhi il lume spento, e i cape’ d’oro fin farsi d’argento, et lassar le ghirlande e i verdi panni, e ’l viso scolorir che ne’ miei danni a lamentar mi fa pauroso et lento; pur mi darà tanta baldanza Amore ch’i’ vi discovrirò de’ mei martiri qua’ sono stati gli anni, e i giorni et l’ore; et se ’l tempo è contrario ai be’ desiri, non fia ch’almen non giunga al mio dolore alcun soccorso di tardi sospiri.

  • DI SUONO_
ALLITERAZIONI: vv.4 vv.5-7
  • DI POSIZIONE_
PARALLELISMO: vv. 2-3 vv. 6-12 ANASTROFE: vv.2 et dagli affanni
  • DI SIGNIFICATO_
PERIFRASI: vv. 4 lume spento METAFORA: vv.5-6-12 ANTITESI: vv. 9-10

gli aspetti formali: sintassi

Se la mia vita da l’aspro tormento si può tanto schermire, et dagli affanni, ch’i’ veggia per vertù de gli ultimi anni, Donna, de’ be’ vostr’occhi il lume spento, e i cape’ d’oro fin farsi d’argento, et lassar le ghirlande e i verdi panni, e ’l viso scolorir che ne’ miei danni a lamentar mi fa pauroso et lento; pur mi darà tanta baldanza Amore ch’i’ vi discovrirò de’ mei martiri qua’ sono stati gli anni, e i giorni et l’ore; et se ’l tempo è contrario ai be’ desiri, non fia ch’almen non giunga al mio dolore alcun soccorso di tardi sospiri.

Colpisce la particolare struttura sintattica: i primi 11 versi costituiscono un unico, ampio periodo, di carattere ipotetico.Dal punto di vista stilistico possiamo notare un polisindeto (vv. 4-7), con l'incalzare della serie di "e". Il polisindeto torna nel sintagma "gli anni, e i giorni e l'ore",vv. 11, a rendere la presenza costante. Da notare ancota la doppia negazione "non fia ch'almen non giunga", vv. 13,che conferisce alla frase un andamento tortuoso. non è privo di significato anche il gioco di rime: "Amore" fa rima con "dolore", a significare l'identificazione dei due sentimenti, ma anche con "ore" che mette in rilievo la costante presenza di essi nel vissuto del poeta

tematiche

  • Al tema dell'umanizzazione della donna si aggiunge quello dell'inesorabile scorrere del tempo che muta o cancella ogni cosa, tema in cui è implicita la precarietà della vita e delle realtà mondane.
  • Pur pensando al decadimento fisico della donna, Petrarca si abbandona a qualche fantasticheria legata all'amata, come suo solito, per consolarsi.
  • La poesia presenta un tema di fortissima originalità rispetto alla tradizione del periodo: la donna non è una creature più che umana, bensì completamente terrena, soggetta al tempo e allo spazio del mondo terreno.
  • Il poeta spinge lo sguardo al futuro e si immagina come sarà divenuta nella vecchiaia la donna bellissima che gli provoca tanti affanni e tormenti. Il tema sarà ripreso più avanti nel canzoniere.

confronti

PETRARCAcanzoniere

DANTE-CANTO V

"Erano i capei d’oro a l’aura sparsi che ‘n mille dolci nodi gli avolgea, e ‘l vago lume oltra misura ardea di quei begli occhi ch’or ne son sì scarsi; e ‘l viso di pietosi color farsi, non so se vero o falso, mi parea: i’ che l’ésca amorosa al petto avea, qual meraviglia se di sùbito arsi? Benedetto sia ‘l giorno, e ‘l mese, e l’anno, e la stagione, e ‘l tempo, e l’ora, e’l punto, e ‘l bel paese, e ‘l loco ov’io fui giunto da’ duo begli occhi, che legato m’hanno"

"e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri a lagrimar mi fanno tristo e pio. Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri, a che e come concedette amore che conosceste i dubbiosi disiri?» Per più fïate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse."

confronti

È presente un forte richiamo a Dante in particolare al quinto canto dell’inferno. v.10 “i miei martiri”  “tuoi martiri” v.12 “bei desiri”  “dubbiosi disiri” v.14 “tardi sospiri”  “dolci sospiri” I verbi della certezza sono al futuro. I verbi al presente indicano la paura del poeta. L’immaginazione del futuro si mescola all’angoscia del presente. Il futuro è positivo (“baldanza” = coraggio) il presente è negativo (“pauroso et lento” = timoroso e esitante). Non si parla mai del corpo della donna ma solo di frammenti (“capei”, “occhi”, “panni” e “viso”). “martiri”, “desiri” e “sospiri” formano un sistema rimico di ascendenza stilnovistica più volte presente nel Canzoniere.

02

levommi il mio pensier ov'era

Il sonetto fu composto a Valchiusa fra l'estate del 1351 e la primavera successiva.

Levommi il mio penser in parte ov’era quella ch’io cerco, et non ritrovo in terra: ivi, fra lor che ’l terzo cerchio serra, la rividi piú bella et meno altera. Per man mi prese, et disse: - In questa spera sarai anchor meco, se ’l desir non erra: i’ so’ colei che ti die’ tanta guerra, et compie’ mia giornata inanzi sera. Mio ben non cape in intelletto umano: te solo aspetto, et quel che tanto amasti e là giuso è rimaso, il mio bel velo. - Deh perché tacque, et allargò la mano? Ch’al suon de’ detti sí pietosi et casti poco mancò ch’io non rimasi in cielo.

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parafrasi

Levommi il mio penser in parte ov’era quella ch’io cerco, et non ritrovo in terra: ivi, fra lor che ’l terzo cerchio serra, la rividi piú bella et meno altera. Per man mi prese, et disse: - In questa spera sarai anchor meco, se ’l desir non erra: i’ so’ colei che ti die’ tanta guerra, et compie’ mia giornata inanzi sera. Mio ben non cape in intelletto umano: te solo aspetto, et quel che tanto amasti e là giuso è rimaso, il mio bel velo. - Deh perché tacque, et allargò la mano? Ch’al suon de’ detti sí pietosi et casti poco mancò ch’io non rimasi in cielo.

Il mio pensiero mi innalzò in un luogo dove eracolei che io cerco sulla terra: qui, fra coloro che dimorano nel terzo cerchio, la rividi più bella e meno superba. Mi prese per mano e mi disse: «in questo spera, sarai con me, se il desiderio non mi inganna; io sono colei che ti ha fatto tanto soffrire, e che morì prima di giungere alla vecchiaia. La mia beatitudine è tale che l’intelletto umano non è in grado di concepirla: aspetto solo te, ma quello che tanto hai amato, il mio bel corpo, è rimasto laggiù». Ahimè, perché tacque e lasciò andare la mia mano? Poiché al suono di parole così dolci e pure per poco non rimasi in cielo.

metrica

Levommi il mio penser in parte ov’era quella ch’io cerco, et non ritrovo in terra: ivi, fra lor che ’l terzo cerchio serra, la rividi piú bella et meno altera. Per man mi prese, et disse: - In questa spera sarai anchor meco, se ’l desir non erra: i’ so’ colei che ti die’ tanta guerra, et compie’ mia giornata inanzi sera. Mio ben non cape in intelletto umano: te solo aspetto, et quel che tanto amasti e là giuso è rimaso, il mio bel velo. - Deh perché tacque, et allargò la mano? Ch’al suon de’ detti sí pietosi et casti poco mancò ch’io non rimasi in cielo.

  • Il componimento è un sonetto: composto da 14 versi endecasillabi piani divisi in 4 strofe di cui due quartine e due terzine.
  • La rima è ABBA ABBA CDE CDE. Quindi le quartine sono in rima tra loro incrociata e le terzine in rima ripetuta.
  • La rima A è in assonanza con la rima B, e tra le due c'è una rima imperfetta
-era, -erra.

retorica

Levommi il mio penser in parte ov’era quella ch’io cerco, et non ritrovo in terra: ivi, fra lor che ’l terzo cerchio serra, la rividi piú bella et meno altera. Per man mi prese, et disse: - In questa spera sarai anchor meco, se ’l desir non erra: i’ so’ colei che ti die’ tanta guerra, et compie’ mia giornata inanzi sera. Mio ben non cape in intelletto umano: te solo aspetto, et quel che tanto amasti e là giuso è rimaso, il mio bel velo. - Deh perché tacque, et allargò la mano? Ch’al suon de’ detti sí pietosi et casti poco mancò ch’io non rimasi in cielo.

  • DI SUONO_
ALLITERAZIONI: vv.1 m, p. vv.5-6-7-10-11 s
  • DI POSIZIONE_
PARALLELISMO: vv.2 io cerco e io non trovo vv.4 ANASTROFE: vv.11
  • DI SIGNIFICATO_
PERIFRASI: vv. 2-7-8 Laura METAFORA: vv.7 ANTITESI: vv. 5-12

la visione di laura in cielo

Tema caro a Petrarca è la beatificazione di Laura che subisce l'ascesa a creatura celeste; il contatto è possibile grazie al "pensiero dell' amante che ne suscita la visione" La figura di Laura è una costruzione mite e benevola, nel dialogo che ha con il poeta gli confessa il suo amore e il desiderio di ricongiungersi. Finalmente Petrarca è appagato ma è frutto di immaginazione infatti il ricongiungimento avviene solo poichè l'amore che prova è connesso unicamente alla dimensione spirituale.

Laura in cielo e in terra

dualismo nella visione del mondo

Le realtà certe

DANTE

  • La gloria che Dante attribuisce a Beatrice è oggettiva

PETRARCA

  • Laura per Petrarca è una costruzione soggettiva
  • La beatitudine paradisiaca a cui allude il poeta nell'ultima terzina è solo un'esperienza psicologica. Causata dalla brama di soddisfare il desiderio di Petrarca.

+ INFO

gli ideali cortesi e dello stilnovismo

La visione della donna in cielo

iacopo da lentini

dante

petrarca

ideali stilnovistici

realtà e fantasia

ideali cortesi

+ INFO

+ INFO

+ INFO

confronto

Dante e Petrarca

Levommi il mio penser in parte ov’era quella ch’io cerco, et non ritrovo in terra: ivi, fra lor che ’l terzo cerchio serra, la rividi piú bella et meno altera. Per man mi prese, et disse: - In questa spera sarai anchor meco, se ’l desir non erra: i’ so’ colei che ti die’ tanta guerra, et compie’ mia giornata inanzi sera. Mio ben non cape in intelletto umano: te solo aspetto, et quel che tanto amasti e là giuso è rimaso, il mio bel velo. - Deh perché tacque, et allargò la mano? Ch’al suon de’ detti sí pietosi et casti poco mancò ch’io non rimasi in cielo.

Oltre la spera che più larga gira passa ’l sospiro ch’esce del mio core: intelligenza nova, che l’Amore piangendo mette in lui, pur su lo tira. Quand’elli è giunto là dove disira, vede una donna, che riceve onore, e luce sì, che per lo suo splendore lo peregrino spirito la mira. Vedela tal, che quando ’l mi ridice, io no lo intendo, sì parla sottile al cor dolente, che lo fa parlare. So io che parla di quella gentile, però che spesso ricorda Beatrice, sì ch’io lo ’ntendo ben, donne mie care.

sitografia

https://www.atuttascuola.it/se-la-mia-vita-da-laspro-tormento/https://library.weschool.com/lezione/riassunto-petrarca-canzoniere-secretum-trionfi-africa-1910.html

https://www.scuola-e-cultura.it/scuola/letteratura/levommi-il-mio-penser-in-parte-ov-era.htm

https://scuola.repubblica.it/static/scuola.repubblica.it/campania-napoli-lssantimo/index.html@p=1033.html