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Transcript

Lavoro di Angela Caputo, Maria Chiara Marrocco, Silvia Marzano e Eleonora Rizzello

CNR Experience

Dott.ssa Luisa De Marco

Ci troviamo al CNR, centro nazionale di ricerca, che si occupa principalmente dello studio delle nanotecnologie. Nel CNR attualmente si sta lavorando per costruire delle batterie che si ispirino alla natura, considerando soprattutto le foglie che hanno un modo per immagazzinare l'energia basato su qualcosa di sostenibile. Con l’obbiettivo di ridurre l’utilizzo di materiali rari attualmente utilizzati come il Li, il Ni, il Mn e il Co, ricavati con metodi poco sostenibili sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista umano. Per questo l'Unione Europea finanzia delle alternative che si basino sull'uso delle materie organiche. Quindi queste molecole sono interessanti perché oltre che essere basate sul carbonio, idrogeno e ossigeno, quindi materiali molto comuni che possono sintetizzare il laboratorio, si possono anche estrarre dalle piante. Il vantaggio di questo processo è che è possibile riciclare una parte del materiale e utilizzare un'altra parte di batteria e questo è quello che viene chiamato elettronica organica.

Cosa sono le batterie organiche?

Tutor: Sabrina Di Masi

CARATTERIZZAZIONE ELETTROCHIMICA DI MOLECOLE CHINONICHE PER APPLICAZIONI IN BATTERIE ORGANICHE

01

Obbiettivo

Valutare il comportamento di ossido-riduzione di molecole organiche a base di chinoni.

La nostra esperienza di laboratorio ha avuto inizio con la preparazione di tre diverse soluzioni; abbiamo, quindi, iniziato preparando una soluzione 5mM di parabenzochinone, calcolando, innanzitutto, la massa in mg da dover pesare e utilizzare per ottenere una soluzione con concentrazione 5mM e con volume di 5mL di solvente. Prima di effetuare la pesata, abbiamo verificato che la bilancia fosse in bolla e, dopo esserci munite di guanti, abbiamo preso una vial nella quale abbiamo svolto la pesata. Il valore ottenuto però corrispondeva circa al doppio del valore ricavato, pertanto abbiamo dovuto anche raddoppiare il volume della solvente da dover utilizzare, da 5mL a 10mL. Per poter proseguire con l’esperimento, siamo passate sotto cappa, dove, attraverso l’utilizzo di una siringa, abbiamo prelevato 10mL di solvente DmSO 0,1M di LiClO4 che abbiamo versato nella vial dove, precedentemente, avevamo effettuato la pesata. Successivamente abbiamo miscelato il tutto e verificato la solubilizzazione del parabenzochinone nel solvente. Dopo aver messo un’etichetta sopra la vial, per specificarne il contenuto, l’abbiamo ricoperta con della stagnola per evitare la degradazione delle molecole poiché quest’ultime sono termosensibili. In seguito, abbiamo ripetuto lo stesso procedimento andando a preparare una soluzione 5mM di 2-idrossi-1,4-naftachinone e di carbossiantrachinone, verificandone infine la loro solubilità. Una volta preparate le tre soluzioni, siamo passate a montare il set up elettrochimico in modo tale da scansionare il comportamento redox delle soluzioni, attraverso il meccanismo di voltammetria ciclica; per fare ciò ci siamo servite di una cella elettrochimica a con tappo a vite con fori di variabile grandezza per contenere gli elettrodi e per insufflare azoto, così da evitare il contatto dell’ambiente con l’ossigeno.

Procedimento

Abbiamo preso poi un contro-elettrodo, due elettrodi di lavoro, di cui uno in carbonio vetroso e uno in platino, e un elettrodo di riferimento. Prima di iniziare a montare il tutto abbiamo effettuato la pulizia degli elettrodi, in particolare abbiamo pulito il contro-elettrodo e l’elettrodo di riferimento semplicemente usando dell’acqua pura, mentre per pulire gli elettrodi di lavoro abbiamo seguito un procedimento più complesso. Difatti, dopo esserci munite inizialmente di un pad e versato sopra dell’allumina in polvere con un pochino d’acqua, abbiamo preso l’elettrodo e l’abbiamo strofinato sul pad facendo dei movimenti a otto; poi, per rimuovere le particelle di allumina assorbite abbiamo messo l’elettrodo in una vial contenente una soluzione di acqua e etanolo e successivamente l’abbiamo portato a sonificare in un sonicatore; infine abbiamo asciugato l’elettrodo con una pistola ad azoto. Dopo aver svolto questa prima operazione siamo passati ad assemblare il set up elettrochimico composto da 3 elettrodi, inseriti nei fori della cella elettrochimica: un elettrodo di lavoro capace di registrare le correnti, l’elettrodo di riferimento che serve per conoscere il potenziale e il contro-elettrodo che serve a bilanciare le cariche in movimento sull’elettrodo di lavoro.In seguito abbiamo collegato il potenziostato agli elettrodi attraverso delle pin che abbiamo attaccato ai pin di rame degli elettrodi mediante l’utilizzo di pinzette a coccodrillo: il cavo rosso è sato collegato all’elettrodo di lavoro, il cavo blu a quello di riferimento mentre il cavo nero all’elettrodo ausiliario. Sul computer collegato al generatore abbiamo poi utilizzato il software “NOVA” per poter gestire il potenziostato e rilevare la voltmmetria. Abbiamo Iniziato l’operazione insufflando inizialmente dell’azoto all’interno cella, per circa 7min, in modo tale da eliminare l’ossigeno presente nell’ambiente di lavoro; successivamente siamo passate a misurare la voltmmetria di 5mL della soluzione contenente il parabenzochinone, utilizzando per primo l’elettrodo di lavoro in platino ed impostando i vari parametri sul software, nello specifico abbiamo impostato la finestra di potenziale elettrico da -1,8V a 0,6V; la velocità di scansione, modificata di volta in volta, con una variazione che va da 50mV/s a 500mV/s e 1 giro di voltmmetria. In particolare, abbiamo misurato i valori a 50mV/s, 100mV/s, 200mV/s, 300mV/s, 400mV/s e 500mV/s. Infine, abbiamo ripetuto lo stesso procedimento andando a sostituite l’elettrodo di lavoro al platino con quello a carbonio vetroso.

Occorrenti per il set up

Montaggio del set up elettrochimico

Step 5

Pulizia degli elettrodi

Step 4

Step 3

Preparazione delle soluzioni

Step 2

Calcolo e pesata della massa delle sostanze

Step 1

Voltammetria ciclica su elettrodo di carbonio vetroso di p-benzochinone (5 mM) in 0.1 M LiClO4 sciolti in DMSO alle velocità di scansione da 50 mV/s a 500 mV/s

Voltammetria ciclica su elettrodo di platino di p-benzochinone (5 mM) in 0.1 M LiClO4 sciolti in DMSO alle velocità di scansione da 50 mV/s a 500 mV/s

Grafici:

Reazione di ossido-riduzione dei chitoni

Identificazione dei picchi di ossido-riduzione su voltammetria ciclica su elettrodo di platino di p-benzochinone (5 mM) in 0.1 M in 0.1 M LiClO4 sciolti in DMSO alle velocità di scansione di 400 mV/s

Nel corso della preparazione delle tre soluzioni abbiamo osservato di come le sostanze utilizzate si siano perfettamente solubilizzate all’interno del solvente.Durante l’elaborazione dei valori da parte del software, attraverso il meccanismo di voltammetria ciclica utilizzato, invece, abbiamo potuto osservare la presenza di due picchi di riduzione e due picchi di ossidazione dopo aver effettuato tutte le misurazioni; ciò è dovuto alla presenza di chitoni, i quali presentano due intermezzi di reazione, sia durante la riduzione sia durante l’ossidazione. Possiamo osservare, dunque, la presenza di quattro picchi che indicano corrispettivamente la formazione di un monoanione, partendo dalla struttura iniziale del parabenzochinone; successivamente si ha la formazione di un dianione, e infine, si ha la riossidazione a monoanione e la riossidazione a parabenzochinone.Abbiamo visto, inoltre, che all’aumentare della velocità l’ampiezza dei picchi aumenta, questo poiché aumenta il procedere della reazione di ossido-riduzione che vede coinvolti sempre più elettroni. Infine, abbiamo osservato che, dopo aver sostituito l’elettrodo di lavoro al platino con quello al carbono vetroso, i picchi erano ancora più elevati e ciò avviene siccome il carbonio vetroso ha maggior capacità di condurre.Attraverso questa esperienza di laboratorio abbiamo caratterizzato la stessa molecola di parabenzochinone su due elettrodi a differente natura e ne abbiamo osservato il meccanismo di ossido-riduzione.Abbiamo inoltre osservato che il comportamento redox sul parabenzochinone con il carbonio è più elevato rispetto a quello con il platino.

Osservazioni e conclusioni

Tutor: Martina Scaramuzzo

02

CONDUCIBILITÀ DI CATOLITI A DIFFERENTI PERCENTUALI DI CARBONIO (GRAFITE)

Valutare la conducibilità di particelle carboniose in un solvente organico TEGDME con un elettrolita LiTFSI.

OBBIETTIVO

La nostra esperienza di laboratorio ha avuto inizio con la preparazione del set up elettrochimico, composto da due elettrodi di platino, uno con la funzione di contro-elettrodo e l’altro con funzione di elettrodo di lavoro, entrambi collegati attraverso le pin al potenziostato; quest’ultimo, a sua volta, è connesso a un computer grazie al quale siamo state in grado di ricavare, mediante il meccanismo a spettroscopia ad impedenza elettrochimica, le misure dirette della resistenza delle soluzioni prese in considerazione, per poi poter andare a calcolare la loro conducibilità, siccome essa corrisponde al reciproco della resistenza. Successivamente siamo passate a versare della soluzione elettrolitica 0,5M in TEGDME senza aggiunta di carbonio in un contenitore nel quale abbiamo poi immerso gli elettrodi, così da ricavare, attraverso un apposito software chiamato “NOVA”, la sua resistenza che servirà per effettuare i successivi calcoli. Sul software utilizzato, prima di avviare il generatore, siamo andate ad impostare un range di potenziale d’ampiezza da 0,1Hz a 50.000Hz e 49 punti di acquisizione; il grafico che ne abbiamo ricavato è chiamato Nyquist Plot. In seguito abbiamo ripetuto lo stesso procedimento due altre volte, prendendo in considerazione prima della soluzione con aggiunta di grafite a concentrazione 0,5% e, successivamente, della soluzione con grafite a concentrazione 2%, delle quali abbiamo calcolato le rispettive resistenze e ne abbiamo analizzato i grafici, mettendoli a confronto; infine, siamo passate ad elaborare tutti i relativi calcoli per ricavare la conducibilità delle diverse soluzioni.

PROCEDIMENTO

Spettro di Nyquist di confronto tra l'elettrolita (LiTFSI, 0,5% grafite e 2% grafite sciolti in TEDGME.

Dai calcoli effettuati e dai grafici ottenuti, abbiamo potuto osservare come al diminuire della pendenza si ha un calo della resistenza e, dunque, un aumento della conducibilità, poiché una corrisponde al reciproco dell’altra. Pertanto, abbiamo osservato che la conducibilità della grafite a concentrazione del 2% ha una conducibilità maggiore rispetto a quella allo 0,5%, poiché vi è una maggior presenza di carbonio, il quale ha una grande capacità di condurre.Attraverso questa esperienza di laboratorio, mediante il metodo di spettroscopia ad impedenza elettrochimica, abbiamo visto la conducibilità del carbonio. Abbiamo visto, inoltre, come la conducibilità del carbonio aumenti a concentrazione crescente.

OSSERVAZIONI E CONCLUSIONI

Nella seconda esperienza , abbiamo visto il funzionamento delle celle solari del futuro, le quali si basano su semi conduttori nuovi, ibridi organici e inorganici e per questo motivo ci si sta muovendo verso l'uso delle fonti rinnovabile come sole, vento, calore dalla terra. Quel che si cerca di fare, dunque, è di sfruttare quanto più possibile l’energia solare e, per fare ciò, l’attenzione è rivolta verso lo studio e utilizzo di materiale organico, piuttosto che il silicio, all'interno dell'attuale sistema fotovoltaico e per fare questo ci aiutano molto le nanotecnologie. In laboratorio, pertanto, si sta studiando il potenziale contributo che potrebbe garantire la perovskite in un prossimo futuro poiché questa in brevissimo tempo è riuscita ad ottenere, su scala di laboratorio, efficienza di circa il 26%. Quindi forse questa potrebbe essere una tecnologia promettente ed efficiente non solo dal punto di vista della quantità di energia prodotta, ma anche dal punto di vista della stabilità.

Ricercatrice: Antonella Giuri

Cosa sono le celle solari e a cosa servono?

Tutor: Aurora Rizzo, Mario Calora, Lucia Mercurio

PREPARAZIONE DI CELLE SOLARI A BASE DI PEROVSKITE

03

Verificare l’efficienza delle celle solari a base di perovskite con lo stagno.

PROCEDIMENTO

La nostra esperienza di laboratorio ha avuto inizio con la pulizia dei vetrini tramite tre cicli di acqua, per poi passare nel sonicatore, e ripetere altri tre cicli con l’acetone; alla fine della pulizia, li abbiamo messi in una cella a raggi UV per eliminare eventuali residui rimasti. Una volta conclusa questa operazione, siamo passati nella glovebox, nella quale è presente un’atmosfera controllata dove è presente solo l’azoto; abbiamo proceduto poi mettendo all’interno dello spin coater un vetrino, dal quale abbiamo rimosso i residui di polvere con una pistola ad azoto. Successivamente siamo passi alla creazione dei diversi strati della nostra cella solare, partendo dall’HTL che abbiamo messo sul vetrino attraverso l’uso di una pipetta e abbiamo fatto spinnare; dopo di ciò abbiamo poi aggiunto una soluzione di isopropanolo + allumina, che abbiamo fatto spinnare nuovamente, per fare un lavaggio e permettere alla perovskite di depositarsi omogeneamente. In seguito, abbiamo aggiunto con la pipetta alla nostra cella della perovskite con stagno e abbiamo fatto spinnare. Dopo alcuni secondi, tramite il foro presente nello spinner, abbiamo inserito dell’antisolvente che serve per bloccare la cristallizzazione della perovskite; una volta finito di spinnare, abbiamo messo la perovskite sulla piastra riscaldante. Dopo vaer fatto ciò, siamo passate a mettere uno strato di PCBM, ovvero il nostro ETL, facendo spinnare poi nuovamente; come ultimo strato, abbiamo messo il BCP, il quale serve a bloccare le lacune lasciate dagli elettroni ed evitare, dunque, perdite di corrente.

OBBIETTIVO

Formula della perovskite

Molecola organica

Alogeno

Metallo

ABX3

In seguito abbiamo passato i device all’interno di una maschera che, successivamente, abbiamo inserito nell’evaporatore termico dove è presente dell’argento, il quale viene scaldato dalla corrente, ed evaporando si deposita sul device attraverso la maschera; tale procedimento ha durata di circa un giorno. Il giorno seguente, pertanto, abbiamo prelevato i nostri device dall’evaporatore per passarli in un'altra glovebox, permettendo, così, il collegamento con il Solar simulator, il quale genera una luce simile a quella del sole in modo tale da poterne verificare l’efficacia. Collegato il solar simulator al device, attraverso dei cavi, siamo passate ad utilizzare dei programmi presenti sul computer collegato al simulatore: il primo è il “LABTRACER 2.9”, attraverso il quale abbiamo impostato una finestra di potenzale che va da 1,2 a -0,2. Questo software genera poi un grafico corrente-potenziale grazie al quale abbiamo potuto ricavare l’efficienza del device preso in considerazione, il potenziale di circuito aperto (BoC), JSC e la FF, che corrisponde al rapporto tra l’area e un quadrato ideale. Questi valori vengono ricavati attraverso un altro programma chiamato “MATLAB”.In una seconda fase di questa esperienza, siamo andate a ricreare queste celle in ambiente utilizzando la perovskite con piombo. Abbiamo, quindi, pulito i vetrini, preparato lo spinner e messo il vetrino all’interno di esso; successivamente poi siamo passate a mettere su quest’ultimo (5microL) della soluzione di perovskite; nel mentre abbiamo impostato due piastre una a 100 gradi e una 165 gradi. Dopodichè abbiamo impostato il programma e fatto partire lo spinner, e dopo un tempo preciso abbiamo messo l’acetato (a 7 secondi su 15) per migliorare la stabilità della perovskite. Successivamente abbiamo poggiato il nostro vetrino con la perovskite sulla prima piastra riscaldante (a 100 gradi) e dopo qualche minuto l’abbiamo passata sulla seconda (a 165 gradi), notando un cambiamento della colorazione da giallino a marrone scuro dovuto alla cristallizzazione (fase alfa).

Grafico corrente-potenziale