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La mappa di Platone
elena petrelli
Created on March 8, 2024
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Transcript
La mappa di Platone
Calò Riccardo, Dell'Anna Alessandro, Miccoli Carola, Nappo Diletta, Petrelli Elena, Rubio Panico Mattia
Classe 3D A.S. 2023/24
I governanti, cioè coloro di natura aurea, devono essere padroni della dialettica (che è l'ultima disciplina del loro percorso di studi), per raggiungere il bene della società
La DIALETTICA:
Attraverso la dialettica l'uomo si addentra nel mondo delle idee
La scienza che si occupa di studiare e conoscere la relazione fra le idee
La DOTTRINA DELLE IDEE
La STATO IDEALE:
Si basa sull'esistenza di un mondo intelligibile (chiamato iperuranio) costituito da entità immutabili e perfette, che sono semplicemente imitate da ciò che appartiene al mondo sensibile
Lo stato ideale rappresenta l'organizzazione della società che rispecchia perfettamente la tripartizione dell'anima. Infatti, a seconda della parte prevalente, esistono tre tipi di uomini (di natura aurea, argentea o ferrea), che corrispondono a tre classi sociali differenti, quella dei governanti (cioè i filosofi), dei guerrieri e dei produttori
La dialettica è l'ultima fase per raggiungere la conoscenza delle idee, percorso per il quale è necessario l'amore, perchè è il mezzo che ci permette di intraprendere il viaggio
La dialettica è l'elemento fondamentale per il raggiungimento di una conoscenza noetica
L' ANIMA:
L'anima è il vero sè dell'individuo. Per Platone l'anima è immortale e tripartita: esiste una parte intellettiva, una irascibile e una concupiscibile. Queste parti per corrispondere all'idea di giusto (e quindi all'idea di bello) devono essere in armonia fra di loro.
L'anima intellettiva si serve della dialettica per comprendere i rapporti che ci sono fra le idee
La TEORIA DELL'AMORE:
La TEORIA DELLA CONOSCENZA
Eros viene individuato in un demone, simbolo di spinta motivazionale e tendenza verso l'infinito, essenziale per il raggiungimento del mondo delle idee.
Per arrivare alla conoscenza delle idee bisogna superare diverse fasi attraverso un processo gnoseologico-ascensivo. La conoscenza delle idee è la conoscenza intelligibile
Il PIACERE:
L'uomo raggiunge la felicità attraverso la perfetta armonia fra anima intellettiva e piacere
Venir meno di una condizione di dolore o di disagio. È importante che il piacere sia equilibrato dall'intelligenza
La DIALETTICA:
Per Platone, la dialettica è uno strumento grazie al quale si può raggiungere la conoscenza suprema delle idee. Infatti, essa determina le relazioni fra le idee in diversi modi. La forma di dialettica platonica più interessante è quella caratterizzata da un processo ascensivo (per induzione e di riunione) e discensivo (per deduzione e di divisione), che Platone sviluppa nei dialoghi della vecchiaia. Combinando una serie di questi processi dicotomici, si può giungere alla definizione più completa possibile del soggetto analizzato.
Prendiamo ad esempio il soggetto “uomo”. Prima di tutto, dobbiamo ricondurre il soggetto a un’idea più generale (in questo caso quella di “essere vivente”). Il processo dicotomico ha da qui inizio. Gli esseri viventi possono essere “piante” o “animali” (in questo caso scegliamo “animali” e scartiamo “piante”); gli animali possono essere “terrestri” o “volatili” (scegliamo “terrestri”); gli animali terrestri possono essere “mammiferi” o “rettili” (scegliamo mammiferi); i mammiferi possono essere “quadrupedi” o “bipedi” (scegliamo “bipedi”). Arriviamo quindi ad una definizione di uomo: essere vivente, animale, terrestre, mammifero, bipede. Ciò nonostante, questa non è la definizione assoluta di uomo (che non può essere raggiunta), ma con altri processi dicotomici simili è possibile unire le varie definizioni, per ottenerne una più completa.
La DIALETTICA:
Nei dialoghi della giovinezza e della maturità (in particolare nel Lachete, nell’Ippia maggiore, nell’Eutifrone, nel Carmide e nel primo libro della Repubblica), invece, Platone tratta il metodo socratico, che non ha una conclusione precisa, ma finisce in modo aporetico (non ha quindi soluzione). Lo schema socratico prevede: una domanda iniziale (“Che cos'è x”), l’interlocutore che fornisce un esempio particolare come risposta (che viene criticato da Socrate perché non generale), l’accettazione della critica da parte dell’interlocutore (che fornisce la sua risposta generale, la quale però risulta insoddisfacente), l’imbarazzo dell’interlocutore, che fornisce un’altra risposta, anch’essa inadeguata. I valori presi in analisi nei dialoghi platonici sono il coraggio, il bello, il santo, la saggezza e il giusto. Un altro metodo dialettico è quello ipotetico (o per ipotesi), spesso usato in ambito scientifico e matematico, che Platone impiega nel Menone, nel Fedone e nei libri centrali della Repubblica. La domanda viene posta sotto forma di un’ipotesi “se x è y (oppure no)”. Non trovando una soluzione a questo quesito, il processo ci spinge verso una maggiore generalizzazione: si formula un’ipotesi più generale, trovando la soluzione della quale, siamo in grado di verificare anche l’ipotesi di partenza. Solamente attraverso la dialettica è possibile stabilire la verità o la falsità di un’affermazione a priori (quindi senza bisogno di verifica empirica).
La DOTTRINA DELLE IDEE:
Di fronte alla crisi che vede gravare su Atene e sull’intera Grecia, Platone pensa che l’unica soluzione possa consistere nel dare una nuova fondazione e giustificazione dei valori su cui si basa la società (il bene, il giusto, la virtù). Infatti, se si segue la dottrina degli eraclitei e dei sofisti, non è possibile parlare di una conoscenza assoluta se si afferma che tutto cambia. Questo perché il mondo sensibile è costituito da cose mutevoli e imperfette, a cui si aggiunge l’incertezza del giudizio dei soggetti conoscenti. Ciò per Platone può risultare un problema, soprattutto per quanto riguarda i valori su cui si basa l'agire di ognuno, come individuo e come collettività. Se in questo vige il relativismo, non si può orientare la società verso il bene comune. Quindi è essenziale definirli in modo opportuno. Queste sono le idee, e rappresentano il nucleo centrale della filosofia di Platone, che così segue la strada già tracciata da Socrate, allontandosi però totalmente dal relativismo e giungendo all’assolutismo vero e proprio. Secondo Platone, quindi, prima di tutto è essenziale che la conoscenza parta dai sensi, ma non dobbiamo troppo affidarci ad essi poiché ci ingannano e il mondo sensibile è mutevole e imperfetto. Per questo definisce delle entità ideali immutevoli e perfette. Inoltre, gli studiosi hanno evidenziato come Platone possa aver intrapreso questa strada a partire dalla conoscenza della matematica, dato che contiene alcuni concetti perfetti, di cui non abbiamo esperienza nel mondo sensibile. Per esempio, l’uguaglianza esatta e assoluta (due cose sensibili non sono mai identiche), o l'unità (nella realtà, le cose sono divisibili). Platone si chiede quindi da dove queste derivino. Poiché non provengono dal mondo sensibile, che ha delle caratteristiche totalmente diverse, e non sono neanche delle astrazioni mentali, per Platone deve esserci una realtà oggettiva in cui esse sono presenti. Si parla di oggettivismo platonico, che riprende la corrispondenza dei tre piani (logico, ontologico, e linguistico).
La DOTTRINA DELLE IDEE:
Le idee (dal greco idea, o eidos) sono definite, infine, come entità immutabili ed eterne, che rappresentano i modelli universali di ogni cosa, dai valori etici ed estetici alle realtà naturali e matematiche. In questo senso, Platone spesso usa l’espressione “in sè” per specificare che il solo mondo delle idee è quello reale, mentre tutti gli altri rappresentano semplici, derivate e imperfette imitazioni di esso. L'idea platonica esiste in sé e per sé come realtà a sé stante, al di fuori dei nostri pensieri. Perciò, anche se le nostre menti non esistessero, le idee esisterebbero lo stesso. Le idee per Platone sono immutabili, perfette e sono conoscibili grazie alla presenza dell'intelletto e del ragionamento. Esse formano l'iperuranio, dal greco "hyper" (al di sopra di) e "ouranòs" (celeste), ossia al di sopra del cielo, luogo contrapposto al mondo sensibile. Le idee platoniche sono molteplici, a differenza dell'essere parmenideo, e ognuna rappresenta una determinata proprietà. Tra le idee intercorrono rapporti di esclusione ed inclusione. Ma di che cosa ci sono e di che cosa non vi sono le idee? Platone riconosce un'ampia varietà di idee, anche quelle degli enti naturali ed elementi, ovvero le più difficili da riconoscere. La teoria platonica è fondata sulla molteplicità delle idee, contrapposta a quella parmenidea . Perciò Platone introdurrebbe la presenza del non essere nella perfetta e immutabile sfera dell'essere. Nella giovinezza, il filosofo cerca di chiarire due domande: "quale rapporto c'è tra le idee?" e "qual è la relazione che intercorre tra esse?". La risposta alla prima è presente nel Sofista, alla seconda nel Timeo. Nella giovinezza Platone cerca di chiarire i rapporti che intercorrono tra le idee con tre espedienti: la metessi, la mimesi e la parusia. Il primo è la partecipazione dell'oggetto ad un'idea. Per esempio, se un vestito è considerato bello, è perché esso partecipa all'idea di bellezza. Il secondo è l'imitazione dell'oggetto di un'idea. Per esempio, se una legge è giusta, è perché la legge è l'imitazione dell'idea di giustizia. Il terzo è la manifestazione di un'idea nell'oggetto. Per esempio, se un vestito è bello è perché in esso c'è la manifestazione dell'idea di bellezza.
La DOTTRINA DELLE IDEE:
Successivamente, durante la vecchiaia, il filosofo rivede le domande e dà differenti risposte. Platone, infatti, afferma l'esistenza dei generi sommi, ossia l'insieme delle idee più generali, non necessariamente in relazione fra di loro (perché altrimenti il relativismo esisterebbe, i sofisti avrebbero ragione e le opinioni si equivarrebbero). I generi sommi sono cinque: essere, diverso, quiete, identico e movimento. Con il primo Platone afferma che qualunque cosa esiste e tutte le idee partecipano. Con il secondo, il filosofo fa un vero e proprio Parmenicidio: infatti, il non essere è relativo e non assoluto come sosteneva Parmenide. Platone lo supera: il non essere è qualcosa che non è un qualcos'altro, esiste in sé. Con il terzo, Platone afferma che ogni idea è immutabile e non ha rapporti con altre idee. Con il quarto, il filosofo spiega che ogni idea è uguale a sé stessa. Con il quinto, infine, afferma che ogni idea può entrare in rapporto con le altre.
La TEORIA DELLA CONOSCENZA:
La teoria della conoscenza di Platone si fonda su una netta distinzione tra due mondi: il mondo sensibile e il mondo delle idee. Platone afferma che il mondo sensibile, percepito attraverso i nostri sensi, è effimero e mutevole, un'imitazione imperfetta delle idee eterne e immutabili. Le idee costituiscono la vera realtà e la conoscenza autentica deriva da una comprensione profonda di queste forme ideali. Questa teoria viene illustrata in due delle sue allegorie: la suddivisione in gradi della conoscenza nel mito della linea divisa e la conoscenza delle idee come vera conoscenza nel mito della caverna. I quattro gradi della conoscenza sono:-L’eikasia o l’immagine, tutto ciò che replica gli oggetti sensibili come le ombre, i riflessi o le statue e dipinti.-Pistis, gli oggetti sensibili in sè-Dianoia o la scienza, come le idee matematiche e geometriche che secondo Platone erano la rappresentazione terrena delle idee.-Noesis, la forma di intelligenza più alta ovvero quella delle idee.Per spiegare in quale modo gli uomini si rapportano con i quattro gradi della conoscenza, Platone usa il mito della caverna, secondo il quale gli uomini sono come dei prigionieri incatenati in una caverna obbligati ad osservare un muro posto di fronte a loro. Su questo muro vengono proiettate le ombre di alcune statuette che rappresentano oggetti comuni. Gli uomini si divertono a descrivere e catalogare le ombre che vedono pensando sia quella la realtà; il filosofo, secondo Platone, è colui che riesce ad uscire dalla caverna e vedere dapprima le statuette, ovvero pistis, e poi una volta uscito i riflessi degli oggetti su un lago, le idee matematiche, e infine, con l’abituarsi alla luce gli oggetti in sé, le idee, e il sole, l’idea del bene che illumina tutte le idee con la sua luce.
La TEORIA DELLA CONOSCENZA:
Mondo sensibile
Mondo intelligibile
eikasia
pistis
dianoia
noesis
Immagini sensibili
Oggetti sensibili
Idee matematiche
Idee-valori
Immaginazione
Credenza
Conoscenza dianoetica o mediana
Conoscenza noetica o intellettiva
Opinione - Doxa
Scienza - Episteme
La TEORIA DELLA CONOSCENZA:
La teoria della conoscenza nel cortometraggio "Lui"
La TEORIA DELL'AMORE:
Per Platone l’amore é la spinta motivazionale verso il sapere. Infatti, non è sufficiente l’intelletto, ma é necessaria la passione dell’amore (la spinta istintuale, pulsionale, che é lo strumento della conoscenza). Non a caso, “filosofia” significa “amore per la sapienza”. L’amore platonico nel corso dei secoli ha avuto diverse interpretazioni, fino a giungere a noi con il significato di “pura affinità elettiva, che non implica di per sè un’unione carnale”. Nonostante ciò, non é questo il vero senso dell’amore per Platone. Infatti, esiste una scala dell’eros, costituita da sei gradini: 1) Prima di tutto si viene attratti dalla bellezza di un corpo (perché Eros cerca la bellezza per la riproduzione, per perpetuare la propria specie e raggiungere l’immortalità attraverso le nuove generazioni)2) In secondo luogo, si trova la bellezza in tutti i corpi3) La fase successiva é l’apprezzamento della bellezza dell’anima (si trova già un amore più profondo, oltre la materialità)4) L’amore per le leggi e le istituzioni: una legge o un'istituzione è bella quando corrisponde al bene/giusto/vero. Questa corrispondenza è fondamentale per la mentalità greca5) La bellezza delle scienze, cioé del sapere6) La visione dell’idea di bellezza in sé (che é l’idea più luminosa tra tutte, e quindi la più visibile, che é potenzialmente il primo passo verso il mondo delle idee)Eros quindi é il mezzo che ci permette di accedere al mondo delle idee. Infatti, il ricordo illanguidito di bellezza che abbiamo viene riattivato dalla bellezza che ci circonda. Nel rapporto fra uomo e idee, l’uomo é quindi coinvolto passionalmente. Questo viaggio, però, potrà essere completato solo con la razionalità.
La TEORIA DELL'AMORE:
Il tema dell’amore é trattato da Platone in due dei dialoghi artisticamente più belli: il Simposio (dove si mette in evidenza l’oggetto dell’amore, quindi si parla della bellezza) e il Fedro (dal punto di vista del soggetto). Il “Simposio”, o “Convivio” (cioè il banchetto), si svolge a casa di Agatone, il vincitore di un’importante competizione poetica. Vi è quindi un banchetto tra intellettuali e personalità di rilievo, che discutono intorno a un tema (come una sorta di circolo intellettuale). Il tema in questione é l’amore. Ci sono diverse opinioni: per Pausania (un’avvocato) l’amore si distingue in volgare e celeste (infatti esso deve essere un percorso di miglioramento e non di peggioramento); Erissimaco (un medico) asserisce che l’amore é la forza cosmica che determina l’armonia e la proporzione fra le parti dell’universo. In realtà, i discorsi più interessanti sono quelli di Aristofane e di Socrate (che riassume tutti quelli precedenti e aggiunge il suo racconto). Aristofane (un famoso commediografo) fa un discorso in lode di Eros e racconta il mito degli androgini: esistevano degli esseri primitivi fortissimi, costituiti da due metà (una femminile, una maschile, oppure due maschili, oppure due femminili). Zeus aveva paura che questi esseri diventassero troppo pericolosi, quindi decise di dividerli (l’ombelico é la prova della divisione, perché i tagli erano stati ricuciti dal dio Apollo). Da allora le due metà cercano costantemente la loro parte mancante , quindi Zeus, impietosito, spostò i genitali davanti. Chi è così fortunato da ritrovare la propria metà trova la felicità. Vi è quindi questo desiderio di interezza, che nasce dalla mancanza di qualcosa. Anche il discorso di Socrate riprende la definizione di amore come mancanza. Infatti, Socrate racconta che la sacerdotessa Diotima gli aveva spiegato quali fossero i vari gradi dell’amore e che Eros non è un dio, ma un demone per niente bello, figlio di Poros (espediente/ingegno) e Penia (povertà). Infatti, l’amante non è colui che è bello, ma chi vede il bello nell’amato e che sarebbe capace di fare qualsiasi cosa pur di soddisfare il suo desiderio di interezza, che deriva appunto da una mancanza.
La TEORIA DELL'AMORE:
"E io domandai: «E chi è suo padre? E chi è sua madre?». «È cosa un po’ lunga da spiegare, pure te la dirò.«Quando nacque Afrodite, gli dei tennero banchetto, e fra gli altri c’era Poros (l’Espe-diente), figlio di Metis (la Perspicacia). Dopo che ebbero tenuto il banchetto, venne Penia (la Povertà) a mendicare, poiché c’era stata una grande festa, e se ne stava vicino alla porta. Successe che Poros, ubriaco di nettare, dato che il vino non c’era ancora, entrato nel giardino di Zeus, appesantito com’era, fu colto dal sonno. Penia, allora, per la mancanza in cui si trovava di tutto ciò che ha Poros, escogitando di avere un figlio da Poros, giacque con lui e concepì Eros. Per questo, Eros divenne seguace e ministro di Afrodite, perché fu generato durante le feste natalizie di lei, ad un tempo è per natura amante di bellezza, perché anche Afrodite è bella.«Dunque, in quanto Eros è figlio di Penia e di Poros, gli è toccato un destino di questo tipo. Prima di tutto è povero sempre, ed è tutt’altro che bello e delicato, come ritengono i più. Invece, è duro e ispido, scalzo e senza casa, si sdraia sempre per terra senza coperte, e dorme all’aperto davanti alle porte o in mezzo alla strada, e, perché ha la natura della madre, sempre accompagnato con povertà. Per ciò che riceve dal padre, invece, egli è insidiatore dei belli e dei buoni, è coraggioso, audace, impetuoso, straordinario cacciatore, intento sempre a tramare intrighi, appassionato di saggezza, pieno di risorse, ricercatore di sapienza per tutta la vita, straordinario incantatore, preparatore di filtri, so̠ sta. E per sua natura non è né mortale né immortale [...].«Inoltre, sta in mezzo fra sapienza e ignoranza. Ed ecco come avviene questo. Nessuno degli dei fa filosofia, né desidera diventare sapiente, dal momento che lo è già. E chiunque altro sia sapiente, non filosofa. Ma neppure gli ignoranti fanno filosofia, né desiderano diventare sapienti. Infatti, l’ignoranza ha proprio questo di penoso: chi non è né bello né buono né saggio, ritiene invece di esserlo in modo conveniente. E, in effetti, colui che non ritiene di essere bisognoso, non desidera ciò di cui non ritiene di aver bisogno».
La TEORIA DELL'AMORE:
«Chi sono, allora, o Diotima – io dissi –, coloro che filosofano, se non lo sono i sapienti e neppure gli ignoranti?».«È ormai chiaro – rispose – anche ad un bambino che sono quelli che stanno a mezzo fra gli uni e gli altri, e uno di questi è appunto anche Eros. Infatti, la sapienza è una delle cose più belle, ed Eros è amore per il bello. Perciò è necessario che Eros sia filosofo, e, in quanto è filosofo, che sia intermedio fra il sapiente e l’ignorante. E causa di questo è la sua nascita: infatti, ha il padre sapiente pieno di risorse, e la madre non sapiente priva di risorse. La natura del demone, caro Socrate, è dunque questa. Per quello che tu credevi che fosse Eros, non ti devi stupire. Infatti credevi, come mi sembra dalle cose che tu dici, che Eros fosse l’amato e non l’amante. Ed è per questo credo, che Eros ti pareva tutto bello. Infatti, ciò che è amato è ciò che nel suo essere è bello delicato, perfetto e beatissimo.Invece l’amante ha tutt’altra forma, quella appunto che io ti ho spiegato»."
Platone, Simposio, 203 a-204 c, in G. Reale (a cura di), Platone. Tutti gli scritti, cit., pagg. 511-512
L' ANIMA:
Platone analizza l'anima sia del singolo individuo, sia del collettivo, l'anima del mondo. Nel Timeo, il filosofo spiega la nascita dell'universo (cosmologia). Essendo un filosofo greco, Platone non crede in Dio. Infatti, spiega che Dio è soltanto un demiurgo, ossia un artigiano, e plasma il mondo prendendo esempio dal mondo delle idee. Perciò, le cose presenti nel nostro mondo, secondo Platone, sono copie delle idee. Per testimoniare l'immortalità dell'anima, Platone fornisce quattro prove: la prima è legata alla reminiscenza, come spiegato nel Menone: noi conosciamo e ricordiamo le idee perché sono innate. Platone afferma che sono già presenti in noi i concetti matematici, dimostrando come questo non sia legato ai sensi. Noi abbiamo già visto le idee nell'iperuranio, prima che la nostra anima sia stata imprigionata nel nostro corpo. La seconda prova è quella della somiglianza: l'anima è simile alle idee; quindi, può tornare a conoscerle. Infatti, l'anima e le idee hanno una natura simile, perché l'anima è incorporea e immutabile, come le idee stesse. Un'altra prova è quella dei contrari. Con essa, Platone cerca di spiegare razionalmente l'immortalità dell'anima. In natura i contrari si richiamano ed ogni contrario genera il suo contrario. Per esempio, il freddo genera il caldo, che genera nuovamente il freddo. Si crea così una ciclicità tra i contrari. L'ultima prova è quella della vitalità: l'anima è fonte di vita, poiché infonde vita alla materia. Quindi, l'anima non può avere a che fare con la mortalità. Si nota, però, una contraddizione con la prova dei contrari. Platone risolve questo problema attraverso i dialoghi che hanno come protagonista Socrate. Infatti, egli spiega che un oggetto cambia il suo stato; per esempio, un oggetto da freddo può diventare caldo e viceversa. I contrari sono tra loro differenti, non sono la stessa cosa. C'è un altro problema che viene affrontato positivamente da Platone. Con quest'ultima prova, il filosofo non dimostra che l'anima esiste sempre. Se l'anima esiste, non è mortale, perché è fonte di vita.
L' ANIMA:
Platone, sia nel Fedro sia nel Teeteto, afferma che l'anima è tripartita. Esiste l'anima razionale (intellettiva), l'anima irascibile (o emotiva) e l'anima concupiscibile (o desiderativa). L'anima razionale guida, indica la direzione giusta. L'anima irascibile è la sede delle emozioni che spingono alla ricerca dell'onore, dell'ambizione. Essa è lo thumos, ossia la forza di volontà. Infatti, ci spinge ad agire con impegno e sacrificio. Anche qui si vede l'importanza dell'attività fisica. L'anima concupiscibile (da concupio, desiderio) è la sede degli impulsi primari, tra cui il nutrimento e l'accoppiamento che accomunano tutti gli esseri viventi. L'anima intellettiva, quella irascibile e quella concupiscibile sono rappresentante dal mito della biga alata, presente nel Fedro. Platone, infatti, racconta di una biga, trainata da un'auriga e due cavalli, uno nero ed uno bianco. L'auriga è immagine dell'anima intellettiva, il cavallo nero è l'anima concupiscibile e il cavallo bianco è l'anima irascibile. L'auriga cerca di seguire la direzione giusta, ma è un compito difficile, poiché i due cavalli spingono in due direzioni diverse. È presente, perciò, un conflitto interiore, dove le forze spingono in direzioni differenti. È compito della ragione mantenere la rotta giusta.
Anima irascibile
Anima intellettiva
Anima concupiscibile
Il PIACERE:
Platone si interroga varie volte nei suoi scritti riguardo al significato di “piacere”. Innanzitutto, il filosofo si mostra contrario all’etica edonistica, la quale assume che l’uomo per essere felice deve trovare piacere, frutto della soddisfazione dei propri desideri. Vediamo come questa concezione ponga felicità e piacere su un piano di uguaglianza. Platone non è d’accordo con ciò, infatti, lui crede che il piacere non basti a rendere l’uomo felice. Riguardo questo, il filosofo si interroga nel dialogo “Gorgia”, in cui Callicle e Socrate intraprendono un discorso proprio su tale argomento. Socrate paragona il piacere al riempimento di una botte forata: ciò a favore del fatto che la soddisfazione dei desideri non può produrre felicità. Ciò allude anche al fatto che i desideri appena soddisfatti richiamano continuamente ad altri desideri: una continua ricerca che ha come risultato una perenne frustrazione. La vera felicità, sempre secondo Socrate, consiste nell’ indipendenza dai desideri esterni, vale a dire una botte senza fori. Nelle pagine iniziali del Fedone, viene delineata, inoltre, una concezione negativa del piacere, che viene inteso come venir meno di una sensazione di dolore. Emblema di questo è Socrate che, massaggiandosi la gamba, e quindi allietando il dolore, prova piacere. Notiamo quindi come piacere e dolore si richiamino a vicenda. Platone preme anche sulla necessità di contenere il desiderio di piacere, il quale trova massima espressione nell’impegno da parte dell’anima intellettiva di frenare gli istinti e gli impulsi dell’anima concupiscibile. Nel Filebo, viene affermato che il solo piacere non basta per rendere la vita di un uomo buona, ci vuole, infatti, il contributo dell’ intelligenza e della conoscenza. Per di più, se non avessimo la conoscenza, non saremmo nemmeno consci dello stesso piacere. Da qui nasce il bisogno di giusta armonia tra ragione e piacere. In conclusione, la ragione deve limitare quegli impulsi disordinati che per natura tendono all’infinito (si noti la radice pitagorica) o, se necessario, incoraggiarli se troppo pochi. Il fine di ciò è una vita stabile e serena.
Lo STATO IDEALE:
La tripartizione dell’anima delinea tre, gerarchicamente classificate, parti dello spirito umano: la parte razionale è la guida delle parti ad essa inferiori, ovvero la desiderativa, che dirige gli impulsi e si trova sul gradino più basso, e l’intermedia parte emotiva, che aspira al miglioramento della persona. Questa configurazione interna si traduce in una distribuzione di soggetti sociali, in classi rappresentanti la parte prevalente della loro identità. Ciò vuol dire che in ogni essere umano, anche nel saggio e valoroso filosofo, i desideri materiali combattono costantemente con quelli intellettuali (da questo il mito della biga alata). La dottrina politica di Platone è costruita su tale analisi della psiche umana. In uno Stato ideale, la società è divisa in tre classi: i produttori (agricoltori e artigiani) trovano la loro virtù massima nella temperanza; riescono quindi solo a moderare gli impulsi passionali. Nei guerrieri prevale invece il coraggio, avendo sviluppato maggiormente la parte emotiva; per questo, sono predisposti a voler difendere il proprio popolo e garantire ordine all’interno dello Stato. L’ultima classe è formata dai governanti, che scelgono l’intelligenza e la ragione per guidare la propria vita e quella degli altri. Una quarta virtù, quella più importante, non appartiene ad un gruppo specifico, ma a tutti i membri della società. Essa è la giustizia, raggiunta solo grazie all’armonica collaborazione tra tutti gli elementi sociali dello Stato platonico. Questo concetto è facilmente rintracciabile nell’equilibrio dell’anima individuale: nel singolo uomo ogni parte ha il compito di svolgere il proprio ruolo in modo eccellente. Nella “Repubblica”, Platone descrive gli accorgimenti e interventi che dovrebbero essere fatti al fine di raggiungere lo schema illustrato, ma che con la loro innovatività e radicalità non potrebbero mai raggiungere in modo completo una forma pratica.
Lo STATO IDEALE:
Infatti, ciò richiederebbe abolire la proprietà privata e la struttura familiare per le classi superiori: nessun bambino o genitore conoscerebbe i propri effettivi parenti, ostacolando la nascita di favoritismi. Per le femmine è poi prevista un’educazione identica a quella impartita ai maschi. Tale provocazione risulta moderna, ma sarebbe comunque più facile da raggiungere rispetto alla formazione della classe dei governanti, che probabilmente rimarrà sempre un’idealizzazione della realtà. Formando un podio sociale, Platone assegna ad ogni classe una stirpe: aurea per i governanti, argentea per i guerrieri e ferrea per i produttori. Ciò non vuol dire che la classificazione di genitori funga da determinante per la collocazione dei loro figli all’interno della piramide platonica, bensì il contrario, essendo la natura dell’essere umano, unica e autonoma, il centro dell’intera dottrina di Platone. Data l’inesistenza della proprietà privata, fattori riguardanti la ricchezza o la provenienza non hanno un ruolo in questo processo. Nella “Repubblica”, Platone parla anche della “paideia”, o educazione, destinata alla stirpe aurea. Essa prevede inizialmente la presenza di due discipline: ginnastica e musica, fini a costruire le capacità fisiche e caratteriali dei bambini. Seguono poi approfonditi studi della matematica; subito dopo, la dialettica conclude il percorso educativo, al quale i filosofi, selezionati tra gli studenti migliori, potranno ritornare nel corso della loro carriera, interrompendo i loro impegni. Nell’educazione letteraria, Platone esclude la poesia epica e quella tragica, affermando che esse potrebbero dipingere un’immagine inadeguata degli dei. Diverse critiche sono rivolte anche verso la scultura e la pittura, essendo esse delle imitazioni di imitazioni (la scultura di un uomo è la copia di un essere umano, che a sua volta è la copia dell’idea di uomo), allontanando l’osservatore dalla verità, dunque il mondo delle idee.
Lo STATO IDEALE:
La DEGENERAZIONE DELLO STATO
La mancata attuazione del progetto di Stato ideale porterebbe, secondo Platone, alla degenerazione di esso. La forma perfetta di governo si trasformerebbe sequenzialmente in timocrazia, oligarchia, democrazia e, infine, in tirannide. 1) Timocrazia: “governo fondato sugli onori”, si instaura quando i governanti sono mossi dall’ambizione e dall’amore per gli onori e per le cariche prestigiose. Qui, il potere appartiene ai guerrieri, dove predomina l’anima irascibile. 2) Oligarchia: il governo è costituito da una minoranza di ricchi. Questo si sviluppa all’interno della timocrazia, quando all’amore per gli onori subentra quello per il denaro. Il governante è mosso dall’anima concupiscibile. 3) Democrazia: subentra quando l’oligarchia entra in crisi. Esso è il governo del popolo e si sviluppa dopo che il potere dei ricchi è stato abolito, ciò a causa di un processo governativo che prevede l’elezione delle cariche per sorteggio. Per Platone, la democrazia è sinonimo di anarchia, disordine e mancata obbedienza alle leggi. 4) Tirannide: è il governo di uno solo, subentra quando uno dei capi del popolo si impadronisce di tutto il potere. Questa è una reazione all’eccessiva libertà della democrazia ed è il peggiore dei governi, perché soffoca ogni libertà.