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ORAZIO: ODI

Stefano Tagliente

Created on March 1, 2024

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Transcript

QUINTO ORAZIO FLACCO

Le ODI

02

LA PRODUZIONE LETTERARIA

CRONOLOGIA DELLE OPERE

25 - 8 a C

ODI

13 aC

Quarto libro VI libro 15 testi

17 aC

CARMEN SAECULARE

23 aC

ODI

20 aC

EPISTOLE

primo libro 20 testi

19- 13 aC

EPISTOLE

Secondo libro II 2 testi lunghi

Primi tre libri I 38 testi II 20 testi III 30 testi

LE ODI

Con la sua poesia lirica, Orazio costruisce un modello di vera perfezione, riuscendo a far coesistere la varietà di temi e metri con uno stile calibrato ed elegante.

LE ODI: I MODELLI

Per capire la produzione lirica di Orazio è necessario considerare i modelli greci a cui si ispira. Tra i lirici greci il più importante è Alceo (Orazio si definisce orgogliosamente Alceo romano), ripreso a livello metrico (usa la strofa alcaica) e tematico (in lui Orazio trova la compresenza di tematiche civili e personali). ATTENZIONE a cogliere la differenza tra Orazio e il suo modello nello sviluppo del tema politico.

L’altro modello greco che Orazio considera è Anacreonte da cui riprende il modo di tratteggiare le figure femminili e la malinconica riflessione che accompagna il tema del tempo che scorre e della gioventù che passa. Saffo è la poetessa che meno ispira i versi di Orazio: infatti anche se il poeta romano compone testi in strofe saffiche, la passione amorosa sconvolgente era lontana dalla sua sensibilità.

LE ODI: I MODELLI

Tra i lirici greci corali, importante è invece l’influsso di Pindaro, capace di una poesia sublime, contraddistinta da arditi trapassi (i voli pindarici). In questo caso il modello greco è considerato un modello di perfezione assoluta, frutto di una ispirazione geniale e perciò è definito il cigno tebano. Al suo confronto, Orazio si sente come un’ape operosa che raggiunge i suoi risultati solo grazie al paziente lavoro.

Orazio, anche se voleva distanziarsi dall'esperienza dei neoteroi, non può essere insensibile alla poetica alessandrina, che lo spingeva verso un'arte curata e formalmente raffinata. Così si spiega l'immagine dell'ape che paziente svolge il suo meticoloso lavoro producendo miele profumato, vera ricompensa dello sforzo fatto. Infatti è un richiamo alla tecnica compositiva della poetica alessandrina, il labor limae, che consentiva ad Orazio la realizzazione di una poesia elegante.

DAI MODELLI ALLE TEMATICHE

Orazio pratica un’arte allusiva, che emula i modelli greci con originalità. Nelle Odi, infatti, trova spazio il motivo dell’ego primus con cui Orazio rivendica di essere stato il primo a introdurre a Roma alcuni modelli greci. Il suo ruolo non è stato quello del traduttore, perchè ha saputo adattare gli spunti alla sua sensibilità e alle specificità del contesto romano, riuscendo a proporre un’armoniosa sintesi tra due culture. Il particolare rapporto con i modelli si evidenzia nella tecnica del motto: in apertura del testo si trova una citazione di un poeta greco da cui Orazio prosegue in modo originale. Il rapporto con il modello, quindi, non è solo di imitazione, ma di emulazione per cui Orazio trova sempre un proprio percorso personale da percorrere.

I MOTIVI

IL SENTIMENTO DELL'AMORE

Non vi è il racconto di una relazione, ma frammenti di situazioni amorose: fugaci incontri, promesse e giuramenti, piccoli litigi, omaggi galanti per donne diverse. La sfumatura che nella poesia di Orazio si aggiunge al tema d'amore è la malinconia. L’amore infatti è un sentimento adatto alla gioventù, parlarne suscita il rimpianto per il tempo che passa. .

L’amore per Orazio è un sentimento naturale che poteva essere soddisfatto a condizione che non si trasformasse in turbamento dell'equilibrio personale. Il principio dell'aurea mediocritas non permetteva al poeta di "rovinarsi la vita" per una donna.; la ricerca della serenità lo teneva lontano dalla disperazione per un fallimento sentimentale; il mos maiorum lo manteva all'interno di una condotta sentimentale rispettabile e socialmente adeguata. Da qui nasce un tono di ironico distacco.

I MOTIVI

LA RELIGIONE

IL SIMOPOSIO

Si tratta di un tema di derivazione greca riletto da Orazio in chiave personale. Esso infatti è occasione per raccontare di un tempo speso per se stessi, condividendo i semplici piaceri della vita con gli amici, in una dimensione di otium, separata dai doveri della società. Il tema quindi si collega alla celebrazione della campagna, una dimensione naturale lontana dalla città, dell’amicizia (relazione privilegiata) o alla riflessione morale con cui il poeta esprime la propria visione del mondo. .

Da buon epicureo Orazio non si preoccupava gli dei, convinto com’era che essi fossero estranei alla dimensione umana. ma il modello greco suggerisce tale tema. La religione è quindi presente in forma di inni, preghiere ed evocazioni di riti, ma soprattutto in rapporto alle feste agresti, dove è legata alla bellezza e alle forze della Natura.

I MOTIVI

LA RIFLESSIONE MORALE

Propone perciò il celebre carpe diem, l’invito a vivere ogni attimo con la consapevolezza che la vita è breve, quindi godendo del presente, unico tempo che si può dominare, e comportandosi come se ogni giorno della vita fosse l’ultimo. Non si tratta di abbandonarsi ai piaceri, ma di fare tesoro di quello che già si possiede. Altro motivo è il valore della metriotes, l’invito a vivere in modo equilibrato, a distanza da ogni eccesso, padroni della propria vita, una conquista che non è mai definitiva, ma sempre ricercata. .

La meditazione filosofica è un aspetto tematico fondamentale come nelle Satire. Nelle Odi però Orazio non parte dall’osservazione critica dei comportamenti, ma dalle proprie convinzioni. Motivo centrale è la coscienza della brevità della vita che porta a godere delle gioie del presente senza perdersi tra speranze e paure per il futuro. Il saggio affronta gli eventi sa accettarli, comunque siano.

I MOTIVI

LA POESIA

L'ANGULUS

Orazio parla anche dell'attività letteraria, sostenendo con orgoglio la propria scelta di praticare la poesia, cosa che gli permette di distinguersi dal volgo e avvicinarsi agli dei.

Questo motivo si collega all’angulus, il luogo appartato e sicuro, in cui Orazio si rifugia per vivere il proprio otium, unica vera dimensione esistenziale per lui congeniale.

I MOTIVI

L'IMPEGNO CIVILE

Come Virgilio Orazio si accosta progressivamente alla propaganda augustea e in entrambi compaiono motivi simili (la battaglia di Azio e la regina Cleopatra, ma anche la lode dell’Italia, culla dei valori tradizionali ed unico rimedio alla corruzione della società). La tematica politica era non proprio in linea con la sensibilità oraziana che trasforma in modo personale l’elogio del princeps, manifestando la propria gratitudine per chi ha restaurato la pace e permesso di godere dell’otium, assumendo su di sé tutto il peso delle decisioni politiche. .

Il motivo civile si riscontra nelle “odi romane” all’inizio del libro III e nel libro IV, quando Orazio si avvicina alla propaganda augustea. La compresenza di motivi personali e politici è suggerita Alceo, per quanto è differente lo sfondo storico in cui i due autori si muovono. Ma anche l'esperienza di Virgilio può aver avuto un ruolo.

LO STILE DELLE ODI

La varietà tematica si accompagna alla varietà metrica ed alla tendenza alla contaminazione dei generi poetici. Lo stile è altrettanto variegato, con toni che passano dalla leggerezza dei testi d’amore alla solennità della poesia civile. Il lessico è più elevato di quello dei Sermones, ma non particolarmente ricercato; la sintassi è lineare e le figure retoriche (a parte le antitesi) sono usate con misura. Il tratto più caratteristico dell’arte compositiva di Orazio è la disposizione delle parole a formare intarsi particolarmente efficaci.

I TESTI

.......

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati! Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam, 5quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare Tyrrhenum, sapias: vina liques et spatio brevi spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.

Traduzione Non domandare, Leuconoe - non è dato sapere - che destino gli dei hanno assegnato a me e a te, né consulta gli oroscopi. Com’è meglio tollerare ciò che sarà, sia che Giove ci abbia dato ancora tanti inverni sia che questo, che sfianca il mar Tirreno con rocce di pomice, sia l’ultimo: sii assennata, purifica il vino e recidi la duratura speranza, ché la vita è breve. Mentre parliamo, se ne va il tempo geloso: strappa l’attimo, e non fidarti per nulla del domani.

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INTERPRETAZIONE: I,1

L’ode si apre con un pacato rimprovero a Leuconoe, creando l’impressione di un pezzo di conversazione tra due persone avvolte da un’atmosfera permeata di sentimento (i pronomi personali sono vicini). La ragazza infatti interroga gli indovini per conoscere il futuro (ai vv.2-3 l’espressione Babylonios numeros si riferisce al fatto che i Babilonesi avevano fama di essere eccellenti astronomi e attraverso i loro calcoli astrologici si facevano delle predizioni). Era diffusa a Roma la moda di rivolgersi agli indovini babilonesi o caldei per poter conoscere il proprio futuro (la ripetizione di quem e l’asindeto comunicano la preoccupazione ansiosa della donna). L’ode si avvia con un divieto, un invito a non inseguire illusorie speranze, ma accontentarsi di ciò che si ha. Per Orazio è preferibile vivere il presente, accettando ciò che gli dei riservano a ciascuno in sorte. Anche nella tempesta della vita, bisogna saper godere dei semplici piaceri a portata di mano, senza preoccuparsi del domani. La riflessione si condensa, nei versi finali, in brevi frasi che riassumono il suo pensiero.

Il tempo infatti passa, anzi è già passato (l’uso del futuro anteriore fugerit è molto significativo a tal proposito); è invidioso (l’aggettivo invidus appartiene al mondo della magia ed evoca riti fatti per sottrarre qualcosa a qualcuno; in questo caso il tempo – qui aetas, cioè tempo assegnato da vivere-geloso degli uomini scorre e toglie loro la vita); il futuro è incerto. L’unico antidoto è godere del presente, carpere diem. Il verbo era usato per indicare il brucare l’erba o il piluccare gli acini dell’uva, quindi un prendere un pezzettino alla volta e assaporarlo. L’invito è dunque a staccare una giornata al tempo, cogliere l’attimo mentre il tempo passa, rinunciando alla ricerca di ciò che non si ha, ma anche alle angosce di ciò che deve ancora avvenire. Termine chiave è quindi sapias (v.6), un congiuntivo esortativo che è un invito alla saggezza, fondata su autosufficienza e misura.