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Alessia
Created on February 28, 2024
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Transcript
GLI STRUMENTI DELL'ELETTROSTATICA
L'elettroscopio, la bilancia di torsione, L'ELETTROFORO, IL GENERATORE DI VAN de graaff, il generatore di wimshurst
indice
01
L'ELETTROFARO DI VOLTA
04
L'ELETTROSCOPIO E I METODI DI ELETTRIZZAZIONE
05
02
IL GENERATORE DI VAN DE GRAAFF
L'ELETTROSCOPIO A FOGLIE D'ORO
06
03
LA MACCHINA DI WIMSHURST
COULOMB E LA BILANCIA DI TORSIONE
l'elettroscopio e i metodi di eletrizzazione
L'elettroscopio è uno degli strumenti necessari per comprendere l'elettrostatica. Durante la fase di eletrizzazione è fondamentale conoscere la struttura dell'atomo. L'atomo di un elemento è costituito da una zona centrale chiamata nucleo, in cui sono presenti particelle cariche positivamente (i protoni) e prive di carica (i neutroni). Intorno al nucleo è presente una regione occupata da particelle di carica negativa (gli elettroni). L'atomo, prima neutro, è libero di cedere o acquisire gli elettroni, quando li acquisisce diventa uno ione negativo e quando gli cede uno ione positivo. Nei fenomeni in cui avviene il trasferimento di elettroni, il corpo può rimanere elettrizzato in tre modi: per contatto, per stofinio e per
induzione. Se nel caso del contatto e dello strofinio le cariche elettriche passano da un corpo all'altro, invece, nel caso dell'induzione l'eletrizzazione avviene per una redistribuzione delle cariche all'interno dei corpi. Il primo strumento che abbiamo visto in laboratorio che ci permette di stabilire se un corpo è carico elettricamente è l'elettroscopio, tuttavia esso non ci permette di quantificare la carica elettrica.
+info
L'ELETTROSCOPIO A FOGLIE D'oro
Ideato dal fisico inglese Abraham Bennet nel 1786, l'elettroscopio a foglie d'oro rivela la presenza di cariche elettriche su un corpo. Lo strumento è costituito da un'asta verticale di ottone, che presenta nell'estremità inferiore due sottilissime foglie d'oro, e in quella superiore una piccola sfera. Una campana di vetro racchiude la parte inferiore dell'asta e le foglioline, isolandole così dalle correnti d'aria che potrebbero alterarne il movimento.Se il conduttore non è carico, le foglie, per gravità, si allineano verticalmente. Se invece si tocca la sferetta superiore con un corpo dotato di carica elettrica, ad esempio con un pezzo d'ambra elettrizzato, una parte di questa carica si diffonde in tutto il conduttore. Di conseguenza, le foglie si caricano dello stesso segno e si respingono, formando un angolo proporzionale alla carica elettrica. Il fenomeno si basa su una delle proprietà fondamentali dell'elettrostatica: corpi dotati di carica elettrica dello stesso segno si respingono, mentre quelli di segno diverso si attraggono. Le due strisce di stagnola, in posizione contrapposta sulla campana, scaricano a terra l'eccesso di carica. Verso il 1787 Alessandro Volta propose dispositivi più perfezionati, dotati di una scala graduata a zero centrale, incisa o incollata sul vetro della campana, per misurare l'angolo di deflessione delle foglioline. Tali strumenti, fra loro comparabili, sono detti elettrometri.
+info
COULOMB e la bilancia di torsione
Quando abbiamo due corpi con la stessa carica, i due corpi si allontanano mentre quando avviciniamo due corpi con carica differente, essi si attraggono. La parte della legge di Coulomb che è stata più difficile da individuare è sicuramente la dipendenza della forza dalla distanza che separa le cariche elettriche. È infatti molto difficile determinare in modo preciso l’entità di una forza che varia così bruscamente con l’allontanamento o l’avvicinamento dei corpi che vi sono sottoposti. Tuttavia, egli riuscì a capire cosa determinva l'attrazione e la repulsione ma, per farlo Coulomb inventò addirittura uno strumento di misura del tutto nuovo: la bilancia di torsione (l'originale l'abbiamo proprio vista in laboratorio). La bilancia di torsione di Coulomb, ideata intorno al 1785, rappresenta il prototipo per la strumentazione dell'Ottocento, essa è formata da un braccio di materiale isolante sospeso ad un filo elastico anch'esso isolante. Alle due estremità di questo braccio sono collocate due sfere di materiali differenti, una sfera conduttrice ed una sfera elettricamente neutra per bilanciare il braccio contrastando la forza di gravità, renderlo equilibrato. Coulumb poi, ha misurato l'angolo di torsioe e ha compreso che quando lavorava con cariche uguali
esse preducevano repulsione, mentre, quando lavorava con cariche diverse, esse si attraevano. La tipologia di attrazione era dunque proporzionale al prodotto delle cariche e ovviamente maggiore erano le cariche, maggiore era l'attrazione. In conclusione: la forza dipende dall’inverso del quadrato della distanza cui le cariche sono poste, in analogia con quanto aveva riscontrato Newton per la gravità. La forza elettrica si comporta come quella gravitazionale nello spazio, poichè la loro presenza altera lo spazio che le circonda, infatti, quando un corpo si trova nello spazio, lo spazio che lo circonda si altera.
L'ELETTRoforo di volta
L’elettroforo perpetuo o di Volta deve il suo nome allo scienziato italiano Alessandro Volta, che lo propose nel 1775 come strumento in grado di accumulare carica elettrica e produrre scariche elettriche in maniera perpetua. Esso è uno strumento composto da due parti: la “schiacciata”, ossia uno strato di materiale isolante; e lo “scudo”, una lastra di materiale conduttore, sorretto da un manico isolante. I materiali utilizzati sono isolanti e condizione necessaria non fanno passare le cariche elettriche ed esse non sono libere di muoversi liberamente, invece, per i conduttori le cariche elettriche sono libere di muoversi liberamente. La schiacciata dell’elettroforo viene inialmente caricata per strofinio di carica negativa. Lo scudo viene quindi posto in contatto con essa: questa vicinanza induce mediante, induzione elettrostatica, una ridistribuzione della carica sullo scudo. Toccando lo scudo sull’estremità lontana dalla schiacciata, scrichiamo a terra la carica negativa accumulatavisi, caricando effettivamente lo scudo di carica positiva. Allontanando schiacciata e scudo mediante il manico isolante, ora, otteniamo un conduttore isolato perfettamente carico. L’esperimento si conclude scaricando nuovamente a terra lo scudo, il che produce scintille di modesta entità. Questo procedimento può essere ripetuto molte volte: questo evidenzia il fatto che nel conduttore si verifichi induzione elettrostatica, e non un passaggio per contatto di carica tra schiacciata e scudo. Se così fosse, infatti, lo strumento si scaricherebbe in pochi passaggi.
In laboratorio abbbiamo elettrizzato un pezzo di plastica per strofinio con un panno di plastica, ma inizialmente non c'è carica, riproviamo, ma non c'è nuovamente carica, tocchiamo l'elettroforo di volta e all'improvviso viene acquisita dalla platica tanta carica. Ma cosa è successo? Dopo aver elettrizzato il nostro pezzo di plastica, avvicinandoci all'elettroforo di volta, la forza spinge le cariche di segno uguale, mentre, quando lo allontano senza contatto le cariche si ricombinano ma allo stesso tempo se mettiamo un dito, rimangono solo le cariche negative.
IL GENERATORE DI VAN DE GRAAFF
descrizione
FUNZIONAMENTO
Il generatore di Van de Graaff fu inventato dal fisico statunitense Robert Van de Graaff nel 1929. La macchina di Van de Graaff è un generatore elettrostatico in grado di accumulare una notevole quantità di carica elettrica in un conduttore, creando tra esso e l'elettrodo di riferimento, solitamente messo a terra, un'altissima tensione. Il generatore è composto da una colonna di materiale isolante che funge da sostegno ad una grande sfera cava. Una cinghia di materiale isolante è montata su due rulli ed è mantenuta in rotazione da un motore. Di fronte ai due rulli vi sono due pettini: uno collegato alla sfera, l'altro ad un circuito che genera per strofinio cariche sulla cinghia. Queste cariche vengono poi trasportate, per azione del motore che muove la cinghia, all'interno della sfera metallica e si distribuiscono sulla superficie esterna.
Il meccanismo di funzionamento del dispositivo sfrutta i principi fondamentali dell'elettrostatica. Il dispositivo è composto da un guscio sferico conduttore sorretto da un isolante. Al suo interno vi è una cinghia isolante tesa tra due pulegge, che viene messa in rotazione da un motore. La cinghia è posta in contatto con delle punte metalliche collegate a un generatore di tensione continua. Esse trasferiscono per induzione le cariche elettriche positive alla cinghia, che ruotando le trascina. La cinghia, che nella parte superiore dello strumento è messa in contatto con altre punte metalliche collegate al conduttore sferico, tramite esso cede le cariche acquisite al guscio e si scarica. Quest'ultimo acquista man mano sempre più carica, raggiungendo una differenza di potenziale rispetto a terra. Infine è comune trovare un secondo conduttore collegato allo strumento o a terra,, che caricandosi di segno opposto per induzione, quando viene avvicinato al conduttore si formano scariche.
LA MACCHINA DI WIMSHURST
La macchina elettrostatica di Wimshurst è un dispositivo ad induzione inventato dall’omonimo scienziato nel 1882 in Inghilterra. Con tale generatore si è in grado di produrre delle scintille tra due elettrodi costituiti da bacchette o da sfere collegati a due armature di un condensatore. Si verifica in pratica una scarica dello stesso tramite formazione di arco la cui dimensione ed il cui tempo di vita dipendono dalla carica immagazzinata e dalla distanza a cui sono posti gli elettrodi.Essa ha la funzione di separare le cariche elettriche e di creare alte tensioni, allo scopo di eseguire esperimenti di elettrostatica.
Grazie a questa macchina è stato possibile portare a termine importanti studi teorici sull’elettricità. Inoltre, poiché è in grado di produrre energia elettrica comparabile a quella dei fulmini, la macchina di Wimshurst fu spesso usata anche per fare esibizioni in pubblico creando spettacolari “fulmini in miniatura”. Questa macchina elettrostatica è composta da due dischi in ebanite isolante, che girano in direzioni opposte, sui quali vengono applicate sottili lastre di stagno. Due aste, poste rispettivamente nella parte anteriore e in quella posteriore, hanno sulle estremità piccoli pettini metallici, alternati a spazzole ed elettrodi di scarica. Ogni lamina metallica ha una carica indotta dalla lamina di segno opposto sull’altro disco della coppia, in modo tale che dai pettini vengono raccolte separatamente cariche sia positive che negative. Con un tempo secco possono produrre scariche fino a 100kV.
FINE
un lavoro di maria alessia portino
Esperimento dei capelli sollevati
In laboratorio abbiamo potuto conoscere una serie di esperimenti condotti con l'utilizzo della macchina di Van de Graaff, e, quello che più mi ha incuriosito è stato sicuramente quello dei capelli sollevati. Per sottoporsi a questo esperimento, la persona deve mettersi in piedi su una piccola base di legno sostenuta, ai quattro angoli, da altrattanti piccoli perni in materiale isolante anche ad alte tensioni (ad esempio termoplastico). A questo punto, la persona può toccare il terminale ad alta tensione del generatore elettrostatico senza prendere la scossa e, dopo alcuni secondi, i suoi capelli lentamente si sollevano. Finito l’esperimento, la persona solleva le mani dal terminale e scende. Quando la persona scende dal supporto isolante, o tocca un oggetto collegato a terra, subirà una scossa elettrica abbastanza dolorosa, dovuta alla carica del potenziale che aveva accumulato. Tale scossa, comunque, non risulta pericolosa per una persona in normali condizioni di salute.Ovviamente, affinché i capelli si sollevino è fondamentale che la persona sia ben isolata dalla terra, e possibilmente che i capelli siano ben puliti e asciutti. Se la carica non può accumularsi sulla persona, i suoi capelli non si alzeranno. Poiché i follicoli piliferi della persona vengono caricati allo stesso potenziale, cercano di respingersi a vicenda. Questo è il motivo per cui i capelli in realtà si alzano. Quando la macchina è in funzione, la persona sottoposta all'esperimento sentirà leggermente una sensazione di formicolio, tuttavianon avvertirà nessuna sensazione di dolore, dato che i peli delle braccia e delle gambe vengono sollevati. Non togliere le mani dal terminale superiore del generatore mentre la macchina è in funzione, o le scintille salteranno alla tua mano mentre ti allontani. Dopo che la macchina ha funzionato per circa 30 secondi, scuoti la testa per sciogliere i capelli, ma non rimuovere la mano dalla cupola finché l’operatore non ha scaricato il terminale.
A COSA SERVE L'ELETTROSCOPIO?
E' possibile usare l'elettroscopio per scoprire se un corpo è carico oppure per conoscere il tipo di carica posseduta dal corpo. In particolar modo:
a) Per riconoscere se un corpo è elettrizzato si pone in contatto un corpo con la sferetta dell'elettroscopio, se esso è carico, alcune delle sue cariche passano, tramite la sferetta, all'asticella ed alle foglie che, essendo cariche dello stesso segno, divergono. Per mezzo di una scala graduata è possibile osservare meglio la divergenza delle foglie. Il divergere delle foglie indica se il corpo con cui l'elettroscopio è stato messo in contatto è carico. Un elettroscopio, che è stato posto in contatto con un corpo carico mantiene la sua carica per un tempo abbastanza lungo; ne è prova il perdurare della divergenza delle foglie. Per scaricarlo basterà toccare un dito la sferetta dell'elettroscopio, mettendolo, come si dice, a terra ;b) Per conoscere il segno, positivo o negativo, della carica su un corpo elettrizzato carichiamo dapprima l'elettroscopio (possiamo far ciò ad es. mettendo in contatto la sferetta con una bacchetta di vetro strofinata, fornendo cosi all'elettroscopio una carica positiva così come abbiamo fatto in laboratorio) e poi portiamo il corpo, del quale si vuole conoscere la carica, vicino all'elettroscopio, foglioline aumentano la propria divergenza se il corpo è carico positivamente: per duzione infatti, nuove cariche positive affluiscono sulle foglioline e l'effetto repulsivo tra di esse aumenta. Al contrario le foglioline diminuiscono la loro divergenza se il corpo in esame è carico negativamente).
ELETTRIZZAZIONE PER STROFINIO E PER CONTATTO
Tutte le esperienze elettrostatiche dipendono dalle condizioni atmosferiche. In laboratorio abbiamo potuto osservare la differenza tra l'elettrizzazione per strofinio e per contatto. Cosiderando la struttura dell'atomo, abbiamo strofinato la bacchetta di vetro col panno di lana, quest'ultimo ha strappato elettroni alla bacchetta che quindi è risultata avere uno sbilanciamento di carica positiva rispetto a quella negativa, in parte trasferita al panno. Quindi con questo metodo, lo strofinare trasferisce elettroni. Così facendo la bacchetta si è caricata di cariche elettriche cioè, si è "elettrizzata". Con questo procedimento, la bacchetta di vetro acquista una carica positiva e, la lana una carica negativa. Invece, l'eletrizzazione per contatto è differente da quella appena descritta, infatti, è necessario utilizzare un corpo già carico elettricamente e metterlo a contatto con uno neutro e, proprio quest'ultimo acquisirà per contatto la carica e, infatti, ritroveremo su di esso la stessa e identica quantità di elettroni presente sul primo.