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Latino
Alessia Liparoti
Created on February 24, 2024
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LE PRIMe
Iscrizioni latine
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Ma da dove deriva il latino?
Il latino è una lingua indoeuropea appartenente al gruppo delle lingue latino-falische,derivante dall'alfabeto etrusco,greco,e fenicio.Veniva parlato nel Lazio (Latium) già dagli inizi del I millennio a.C. Oggi rimane la lingua ufficiale di un solo Stato nel mondo: la citta del Vaticano.
Le prime testimonianze
Prima del III secolo a.C. la scrittura nell'antica Roma non era molto diffusa, le uniche testimonianze della lingua latina le troviamo al di sopra di ampolle e recipienti, Questi erano oggetti tipici del tempo in cui come unica forma scritta reperiamo il nome degli artigiani che le hsnno relizzate e i nomi dei possessori di talimanufatti. L'uso della scrittura comincia solo dopo questo secolo,diffondendosi raèidamente nel territorio romanizzato. I testi creati non erano dei veri e propri volumi letterali ma delle semplici iscrizioni contenenti vicende quotidiane della vita dei romani.
IL VAS0 DI DUENO
Ritrovato nel 1880 fra il Quirinale e il Viminale, è un manufatto in argilla nera composto da tre recipienti disposti in un triangolo, non comunicanti tra loro, simile alla struttura dei vasi etruschi. ha origini incertezze, risalenti circa al quinto secolo a.C, le sue iscrizioni sono disposte in maniera sinistrorsa ( da destra verso sinistra) intorno ai vasi. la comprensione di tali segni è molto enigmatica data la mancata distanza tra le parole e la scrittura arcaica, ma la grafia visibile e chiara. Il testo può essere inteso come un'offerta religiosa, un dono domestico, un incantesimo o una maledizione o più di questi…Ma l'ipotesi più declamata è costituita da un'istruzione sull'utilizzo di questo Artefatto, come pozione d'amore per una ragazza.
IOVESAT DEIVOS, QOI MED MITAT NEI TED ENDO COSMIS VIRCO SIET ASTED NOISI OPE TOITESIAI PACARI VOIS DUENOS MED FECED EN MANOM EINOM DUENOI NE MED MALO STATOD in latino classico viene tradotta così: : IURAT DEOS QUI ME MITTIT NI IN TE COMIS VIRGO SIT Della seconda riga sono chiare, in pratica, solo le due ultime parole: … PACARI VIS La terza riga andrebbe trascritta così: BONUS ME FECIT IN BONUM… NE ME MALO STATO
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COLUI CHE MI MANDA GIURA PER GLI DEI CHE SE UNA RAGAZZA NON SARÀ GENTILE CON TE … VUOI CHE TI SIA AMICA UN UOMO PERBENE MI HA FABBRICATO PER UN USO BUONO… NON USARMI PER UN FINE CATTIVO
il cippo del foro
Il Cippo del Foro, spesso chiamato erroneamente Lapis Niger, è un'area quadrata in marmo nero nel Foro Romano separata dal resto della pavimentazione in travertino. Scoperto nel 1899 durante gli scavi della pavimentazione del Foro, viene collegato a una menzione di Festo riguardante una "pietra nera nel Comizio", forse la tomba o il luogo della morte di Romolo. Il complesso comprende una piattaforma con un altare e un cippo di tufo iscritto, assomigliante a un santuario dedicato a un re. Dionigi di Alicarnasso menzionava una statua di Romolo nel Volcanale, accanto a un'iscrizione in caratteri simili a quelli greci, vicino al Lapis Niger, suggerendo che potrebbero essere lo stesso monumento. L'iscrizione è presunta la più antica iscrizione monumentale latina, con caratteri che suggeriscono una datazione al VI secolo a.C. Il testo minaccia pene terribili ai violatori del luogo e sembra essere stato scritto per incutere timore, anche negli analfabeti. La forma del cippo, simile a un paracarro, costringeva a deviare il proprio cammino.
Questo il contenuto dell’iscrizione (della quale si riportano solo le parole intellegibili): QUOI HON… SAKROS ESED… REGEI KALATOREM… IOUXMENTA KAPIA… IOUESTOD Ovvero, in latino classico: QUI HUNC… SACER ESTO… REGI CALATOREM… IUMENTA CAPIAT… IUSTO
CHI VIOLERÀ QUESTO LUOGO SIA MALEDETTO… AL RE L’ARALDO… PRENDA IL BESTIAME… GIUSTO
Integrando, con buona verosimiglianza: QUI HUNC (LOCUM VIOLAVERIT) SACER ESTO… REGI CALATOREM… IUMENTA CAPIAT… IUSTO
IL lapis stricanus
Il lapis satricanus (la ‘pietra di Satrico’) è così chiamato dalla città di Satrico (oggi Ferriere di Conca, nell’Agro Pontino, tra Latina e Nettuno), nel cui sito archeologico fu ritrovato nel 1977, durante gli scavi del tempio della Mater Matuta . Si tratta di una base di sostegno per quello che doveva essere un dono votivo, sulla cui superficie sono incise due righe scritte con caratteri di forma regolare, che contengono una dedica al dio Marte:
IEI STETERAI POPLIOSIO UALESIOSIO SUODALES MAMARTEI l’iscrizione presenta interessanti notazioni linguistiche: la forma raddoppiata Mamars per Mars (Marte), la desinenza –osio di un antico genitivo di derivazione indoeuropea, la forma suodales (ovvero, sodales)
che, in latino classico, si leggerebbe: II STETERUNT PUBLII VALERII SODALES MARTI I COMPAGNI DI PUBLIO VALERIO DONARONO A MARTE
Passiamo, quindi, alla Cista Ficoroni, che prende il nome dall’antiquario Francesco de’ Ficoroni, che nel 1738 la rinvenne in una tomba, sempre a Palestrina. Si tratta di un cofanetto cilindrico di rame, finemente cesellato, sormontato da un coperchio ornato da tre piccole scultu- re, raffiguranti divinità. Sulla sua superficie, la cista reca incisioni che si riferiscono al noto mito degli Argonauti (i 55 mitici eroi che, guidati da Giasone, partirono sulla nave Argo alla conquista del vello d’oro), mentre proprio sul coperchio, ai piedi delle tre statuette (come s’intravede nella figura in basso), presenta un’iscrizione che così recita:
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DINDIA MACOLNIA (MI) DONÒ ALLA FIGLIA NOVIO PLAUZIO MI FECE A ROMA
DINDIA MACOLNIA FILEAI DEDIT NOVIOS PLAUTIOS MED ROMAI FECIDche in latino classico diventa:
DINDIA MACOLNIA FILIAE DEDIT NOVIUS PLAUTIUS ME ROMAE FECIT
GRAZIE PER L'ATTENZIONE!