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La fiaba

Greta Casarano

Created on February 21, 2024

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Transcript

Lettura di alcuni testi..

C'era una volta una povera fanciulla, che viveva sola con sua madre; e non avevano più nulla da mangiare. Allora la fanciulla andò nel bosco e incontrò una vecchia che già conosceva la sua povertà, e che le regalò un pentolino. Doveva dirgli: "Cuoci la pappa, pentolino!" e il pentolino cuoceva una buona pappa dolce; e quando diceva: "Fermati, pentolino!" il pentolino smetteva di cuocere. La fanciulla lo portò a casa a sua madre: la loro miseria e la loro fame erano ormai finite, ed esse mangiavano pappa dolce ogni volta che volevano. Un giorno la fanciulla uscì di casa, la madre disse: "Cuoci la pappa, pentolino!". Quello fa la pappa ed ella mangia a sazietà; ora vuole che il pentolino la smetta, ma non sa la parola magica. Così quello continua a cuocere la pappa, e la pappa trabocca e cresce e riempie la cucina e l'intera casa, e l'altra casa ancora e poi la strada, come se volesse saziare tutto il mondo, ed è un bel guaio e nessuno sa come cavarsela. Infine, quando non restava una sola casa intatta, ritorna a casa la fanciulla e dice: "Fermati, pentolino!" e il pentolino si ferma e smette di fare la pappa; e chi volle tornare in città, dovette farsi strada mangiando.

Durante l’estate, una cicala cantava posata su un filo d’erba mentre sotto di lei, una formica faticava per trasportare al sicuro nel suo formicaio i chicchi di grano. Ogni tanto, la cicala, chiedeva alle formiche: “Perché mai lavorate tutto il giorno? Venite qui con me, all’ombra dell’erba: starete al fresco e potremo cantare insieme”. Ma la formica, continuavano a lavorare: “Devo preparare le provviste per l’inverno; quando la neve avrà ricoperto la terra, non resterà più nulla da mangiare.” La cicala non riusciva proprio a capire la formica. Del resto, l’estate era ancora lunga e di tempo per mettere da parte le provviste ce ne sarebbe stato fin troppo. Così continuò a cantare e l’estate finì. Venne l’autunno: non c’erano più frutti in giro e la cicala vagava di qua e di là, sgranocchiando gli steli ingialliti dell’erba e qualche foglia ormai essiccata. Ma anche l’autunno finì: arrivò l’inverno e la neve coprì la terra. Non era rimasto più nulla da mettere sotto i denti. La cicala batteva i denti dal freddo e aveva una gran fame. Un giorno, sotto la neve, raggiunse una casetta piccina; guardò dentro, passando accanto alla finestra e vide la formica che stava al calduccio riparata dalla neve, sgranocchiando i chicchi di grano che aveva messo da parte. Infreddolita, la cicala bussò alla porta. “Chi bussa?” “Sono la cicala; sto morendo di freddo e non ho più niente da mangiare”. “Mi ricordo di te: quest’estate, mentre io lavoravo duramente per prepararmi all’inverno, tu cosa facevi?” “Ho cantato!” “Hai cantato?” rispose la formica “E allora adesso balla!” Poi, chiuse la porta e lasciò al freddo la cicala.

Cari bambini, 
come state? 
È con gioia che dedico un momento del mio tempo per scrivervi, per condividere con voi pensieri di affetto. In un mondo così frenetico e caotico, è importante fermarsi di tanto in tanto e riflettere su quanto siano preziose le persone che fanno parte della nostra vita. Sono molto contenta di avervi conosciuto e di avere ancora un pò di tempo da trascorrere assieme.
Voglio ringraziarvi per i momenti preziosi che abbiamo condiviso insieme, per le risate, le avventure e le sfide affrontate. 
Vi auguro un buon proseguimento scolastico e di vita.
Vi mando un grosso abbraccio. 
Con affetto, Greta

Lettura di alcune fiabe..

Quali sono gli elementi in comune?

Creazione di un lapbook

Cruciverba

Il principe ranocchio

Creazione di un finale diverso
C’era una volta un re che aveva tre figlie, tutte bellissime, ma la più giovane era la più bella e dolce di tutte.

La principessina passava le sue giornate vicino alla pozza d’acqua fresca che si trovava all’interno delle mura del castello. Il suo passatempo preferito era giocare con una palla dorata: la lanciava in aria e la riprendeva, e pareva non si stancasse mai di questo divertimento. Un giorno però la palla le scivolò di mano e finì proprio in mezzo alla pozza d’acqua lì vicino. La principessina, non riuscendo a recuperarla, cominciò a piangere disperata perché era molto affezionata a quella palla. Ad un tratto però sentì una voce:
– Come mai piangi, principessina mia? La principessina si guardò intorno, per vedere da dove provenisse quella voce, ma vide solo la testa di un grosso ranocchio che spuntava dall’acqua. – Sei tu che mi hai parlato? – chiese la principessina. 
Il ranocchio annuì e le disse:
– Se vuoi posso aiutarti a recuperare la tua palla d’oro. Tu in cambio cosa mi dai?
– Tutto quello che vuoi, anche la mia corona d’oro, basta che me la riporti! – rispose la principessina. – Del tuo oro non me ne faccio nulla, voglio piuttosto essere tuo amico, passare le giornate con te, mangiare alla tua tavola e dormire nella tua stanzetta – propose il ranocchio.
– Va bene! – esclamò la principessina, che però fra sé e sé pensava “che cosa passa per la testa a quel ranocchio? essere mio amico? Starà scherzando!” Il ranocchio, con un tuffo, raggiunse la palla d’oro e la riportò alla principessina.
La principessina, piena di gioia, prese la palla fra le mani e corse via senza nemmeno ringraziare. Il ranocchio le gridò:
– Aspettami! Se corri così veloce non riesco a starti dietro! – ma la principessina era ormai talmente lontana che nemmeno lo sentiva più.

Il giorno dopo, mentre la principessina era a tavola col re, la regina e le sue sorelle, si sentì battere forte al portone del palazzo, e una voce disse:
– Principessina, sono il ranocchio che ti ha recuperato la palla d’oro dalla pozza d’acqua, ora devi mantenere la tua promessa!Il re guardò la figlioletta e le chiese di cosa si trattasse. La principessina raccontò quindi tutta la vicenda del giorno precedente, e alla fine il re sentenziò:
– Le promesse vanno mantenute figlia mia, fate entrare il ranocchio!Così il ranocchio fu fatto sedere di fianco alla principessina, che lo guardava con disgusto.
– Avvicinami il tuo piattino d’oro, così che io possa mangiare assieme a te – disse il ranocchio, che mangiò tutto con buon appetito.
La principessina, arrabbiata, invece non mangiò nulla.Dopo il pasto il ranocchio disse che era molto stanco e avrebbe gradito dormire nella stanzetta della principessina.La principessina all’idea di dover dormire a fianco di un ranocchio freddo e viscido scoppiò a piangere disperata, ma il re la riprese:
– Non si deve disprezzare chi ti ha aiutato nel momento del bisogno!Con due dita la principessina prese il ranocchio e lo portò in camera, ma quando furono in stanza il ranocchio disse:
– Sono molto stanco e ho deciso di dormire insieme a te. Se non lo farai, lo dirò a tuo padre.La principessina, al colmo della collera, lo prese per le zampine e lo scagliò con forza contro la parete.
– Adesso tacerai, brutto ranocchio! – urlò.Il ranocchio cadde a terra privo di sensi. Solo allora la principessina si rese conto di quello che aveva fatto; corse dal ranocchio, lo prese in braccio e lo strinse forte a sè.– Oh no ranocchio mio, scusami tanto, non volevo… se potessi fare qualcosa per salvarti la vita…La bocca del ranocchio sussurrò qualcosa, che però la principessina non riuscì ad udire, così accostò meglio l’orecchio alla sua bocca e alla fine riuscì a sentire le parole del ranocchio:
– … un bacio… solo un bacio… – diceva con un filo di voce.

Jigsaw di fiabe

  • LE TRE NOCI
  • LA BELLA ADDORMENTATA NEL BOSCO
  • I TRE DONI

Come si scrive una fiaba?

Attività di approfondimento

Valutazione sommativa