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Medea
Mariagrazia Muscó
Created on February 21, 2024
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Transcript
MEDEA (EURIPIDE)
Mariagrazia Muscò
INDICE
02. Medea donna e sposa
01. Trama della Medea
03. Medea "barbare" ed esule
04. Medea madre
Prologo (vv. 1-95)Il Prologo consta di 3 scene. Nella prima la Nutrice di Medea informa gli spettatori sull’antefatto del dramma e sulla sorte della padrona abbandonata da Giasone che si prepara a sposare Glauce, principessa di Corinto. Nella seconda scena Pedagogo racconta alla donna di avere saputo che il re Creonte ha deciso di cacciare lei e i suoi figli. La terza scena del Prologo è un canto anapestico introduttivo al Parodo: qui Medea invoca la morte per sé, per i figli e per Giasone, mentre la Nutrice cerca di proteggere i bambini dalla rabbia materna, una furia devastante poiché la donna appartiene alla «razza tirannica» abituata da sempre alle prepotenze. Parodo (vv. 131-213) Il Coro ha sentito le grida della donna della Colchide e chiede alla Nutrice spiegazioni. La vecchia risponde che la casa con la famiglia di Medea sta andando in rovina. Si sentono le grida della donna che si augura la morte. La protagonista si rivolge agli dei e indirizza il suo desiderio di distruzione su Giasone e la nuova sposa. La Nutrice e il Coro cercano di aiutare Medea e distoglierla dai suoi istinti suicidi e omicidi, ma la vecchia descrive la donna come bestialmente arrabbiata, quindi espone una sua idea della poesia che dovrebbe consolare gli affanni. Primo episodio (vv. 214-409) Il primo Episodio è diviso in 3 scene intervallate da due brevi interventi del Coro. Nella prima scena Medea descrive la condizione della donna, e la sua in particolare, dichiarando vendetta. Nella seconda scena entra Creonte, e ordina a Medea di andare in esilio, ma la donna, utilizzando la propria intelligenza, riesce a ottenere una proroga, breve ma sufficiente per attuare la sua vendetta. Nella terza scena il Coro in un breve canto, in metro anapestico, compiange le sventure di Medea. Primo Stasimo (vv. 410-445) Il primo Stasimo è diviso in due coppie di strofe. La prima ripete il τόπος del mondo che va a rovescio per un ribaltamento generale. Questo capovolgimento dovrebbe portare a riconoscere che la reputazione di infedeltà con la quale sono state sempre marchiate le donne è immeritata, o per lo meno non è più meritata di quanto sarebbe la taccia di perfidia attribuita agli uomini. Nella seconda coppia strofica il Coro si rivolge a Medea che ha perduto tutto, divenendo vittima del dissolvimento dei valori più forti che sostenevano l’ordine sociale: il pudore e il rispetto dei giuramenti. Lo Stasimo ha struttura metrica dattilo-epitritica.
Secondo episodio (vv. 446-626) Giasone entra in scena affermando che le disgrazie di Medea dipendono dalla sua impulsività. Medea risponde ricordordandogli che lo ha aiutato a compiere le imprese di cui da solo non sarebbe stato capace. Ha tradito la propria famiglia e non solo: ha indotto le figlie di Pelia a uccidere il padre distruggendo quella famiglia. In cambio di questi favori l’ha contraccambiata abbandonandola con i loro figli. Ora Medea è rimasta senza affetti e sarà costretta ad accettare l’aiuto di un marito irrispettoso. Quanto alle nozze con la principessa di Corinto, egli non le ha volute per amore, ma per procurare vantaggi a tutta la famiglia. Medea è infuriata per lo smacco subìto nel letto, per l’orgoglio ferito, ma il nuovo matrimonio oggettivamente è una cosa buona. La conclusione del discorso è un topos dell’antifemminismo: sarebbe molto meglio se gli uomini potessero generare i figli senza il concorso delle donne e se la razza delle femmine non esistesse. Il Coro riconosce l’abilità oratoria di Giasone ma disapprova l’ingiustizia del tradimento. L’uomo replica che Medea non lo avrebbe nemmeno ascoltato. La moglie allora gli rinfaccia il fatto che lui si vergognava di giungere alla vecchiaia in un «barbaro letto». Giasone replica che lui non ha sposato una donna, bensì una principessa reale per generare figli di razza padrona e così aiutare la famiglia precedente. Medea, però, rifiuta un benessere che comporta l’angoscia. Giasone le consiglia di non respingere l’opportunità che gli sta proponendo. Medea considera oltraggiose queste parole, e l’uomo ribatte che le difficoltà dipendono solo da lei. A questo punto l’uomo non vuole discutere più, ma offre un aiuto materiale all’ex moglie, lei però lo rifiuta. Giasone chiama a testimoni gli dei che le sue intenzioni sono buone e che Medea soffre solo perché il suo animo la fa soffrire. Secondo Stasimo (vv. 627-662) Nel secondo Stasimo il Coro biasima gli amori eccessivi, mentre elogia quelli moderati. Il pudore è il più bel dono degli dei, e l’armonia tra gli sposi che condividono un talamo legittimo è un’altra grazia divina. Medea viene compianta siccome è rimasta del tutto isolata: senza città e senza amici. La slealtà nei confronti di quelli che ti credevano amico, che ti hanno fatto del bene, è una colpa tremenda. Terzo episodio (vv. 663-823) All’inizio del terzo episodio si presenta Egeo. A una scambio di saluti con Medea segue una sticomitia con la quale i due personaggi danno e ricevono informazioni. Egeo ha una moglie, ma gli dei non gli hanno ancora concesso il dono della paternità, quindi il re di Atene si reca vicino Trezene per interrogare il figlio di Pelope, signore di quella terra. Medea augura buona fortuna a Egeo ed lui le chiede il motivo della sua afflizione. La donna risponde che dipende dal marito che le ha fatto vari torti e inoltre lei deve subire la pena dell’esilio. Finita la sticomitia, Medea chiede asilo politico e umano a Egeo, in cambio gli promette di aiutarlo ad avere dei figli. Ma Egeo non vuole arrivare a uno scontro con gli ospiti del Peloponneso. La donna chiede la garanzia di un giuramento sugli dei e Il sovrano giura sulla terra e su tutti gli dei che non la caccerà mai dalla propria regione né la consegnerà ai suoi nemici. La seconda scena si apre con Medea che invoca Zeus. Successivamente espone i propri piani alle donne corinzie che formano il Coro. Manderà a chiamare Giasone e gli parlerà assecondandolo in tutto e in cambio gli chiederà che i loro figlioli possano rimanere a Corinto, ma con il proposito di mandarli a uccidere la figlia del re Creonte. Infatti li farà andare dalla sposa novella con doni letali: un peplo e una corona d’oro. I doni saranno avvelenati e uccideranno non solo la ragazza, ma chiunque la toccherà. Quindi Medea ucciderà i propri figli e fuggirà. Medea del resto non ha più niente da perdere, ha perso tutto quando ha seguito Giasone. Ma l’uomo la pagherà, perdendo i figli e non ne avrà altri dalla nuova moglie che morirà avvelenata. Terzo Stasimo (vv. 824-865) Nel terzo Stasimo il Coro celebra Atene e i suoi abitanti, una regione felice per la sua civiltà nobile e rigogliosa. Atene per tradizione accoglie generosamente gli ospiti e concede rifugio ai supplici, ma come potrà proteggere una madre assassina dei propri figli. Le donne del Coro dunque pregano Medea di astenersi delitto che segnerebbe una vita segnata dal pianto.
Quarto episodio (vv. 866-975)Entra Giasone con atteggiamento conciliante, anche Medea assume toni civili e comincia a recitare la parte della donna che dal dolore è stata portata a eccessi dei quali poi si è pentita. La colpa è tutta di Medea: avrebbe dovuto aiutare Giasone a realizzare i progetti nuziali. Ora però Medea ha capito, la collera è passata e invita i figli ad abbracciare il padre. Giasone elogia la comprensione della donna. Quindi l’Esonide dice ai due bambini che dalle nuove nozze del padre loro riceveranno grossi vantaggi. Nel mentre Medea continua a piangere e Giasone le domanda il motivo. È in pensiero per i figli e qui cerca di indurre il padre a lasciare i figli a Corinto, evitando l’esilio. L’uomo accoglie il suggerimento e Medea assicura che collaborerà mandando alla futura sposa magnifici doni. Giasone non crede che possa essere impressionata da doni una donna che ha ottenuto un marito splendido come lui. Quarto Stasimo (vv. 976-1001) Nella prima strofe il Coro esprime il suo dolore riguardo alla vita dei bambini i quali stanno correndo verso la morte. Anche la sorte della sposa è con sentimenti di pietà. Nella prima antistrofe le donne corinzie preannunciano che sarà lo splendore dell’oro a persuadere la sposa. Nella seconda strofe il Coro biasima il cattivo sposo che non ha capito di avere portato dolore tanto ai figli quanto alla nuova sposa. La seconda antistrofe compiange la madre infelice che ammazzerà i propri figli per lo sposo traditore. Quinto episodio (vv. 1002-1250) È diviso in due scene da un intermezzo anapestico del Coro. Entra il pedagogo dicendo che la sposa ha accettato i doni, ma Medea da segni di pentimento. Segue un monologo di Medea. La donna alterna il desiderio di vendicarsi a tutti i costi, compresa la vita dei figli, con l’affetto materno che vorrebbero proteggerli. Ma il timore di essere derisa la rende una belva. Medea cerca delle giustificazioni: piuttosto che lasciarli maltrattare dai nemici, li ucciderà lei. La madre conclude che non c’è nessun ragionamento in grado di smontare una passione cattiva. È il pessimismo pedagogico di Euripide. Segue un intermezzo del Coro che rivendica alle donne la capacità di pensare e di produrre dei frutti mentali. I figli comportano pene e preoccupazioni di tipo sia economico che psicologico. Medea annuncia alle donne del Coro l’arrivo di un messaggero affannato. Lui dice alla donna di fuggire perché la principessa e Creonte sono morti. Medea esulta, e il messaggero le domanda se sia impazzita. Medea allora chiede al messaggero di raccontare l’orribile morte dei suoi nemici. La principessa venne convinta dalla vista dei doni che prese in mano subito, e cominciò a metterseli addosso. Presto si trasformò in una creatura orribile, spargendo bava dalla bocca. La corona d’oro sulla testa della sposa emanava un flusso di fuoco, mentre il peplo la divorava. Il padre Creonte cercò di rianimarla, invano, quindi pregò di morire con la figlia. Poi il re rimase legato alla figlia morta e non poté più sollevarsi. Il Coro compiange la figlia di Creonte. Infine Medea annuncia la propria decisione: andrà via da Corinto dopo aver ammazzato i figli. Quinto Stasimo (vv. 1251-1292) Nella prima parte di questo canto corale le donne corinzie invocano la Terra e più a lungo il Sole perché fermi Medea. Contraccambiare il male con il male vuol dire raddoppiarlo. Nella seconda parte si sentono le grida di terrore dei bambini che subiscono la violenza materna. Il Coro cerca inutilmente di aiutare le piccole vittime. Quindi le donne corinzie ricordano Ino, la madre che si gettò da una rupe con i figli. Esodo (vv. 1293-1419) L’Esodo ha 2 scene. Nella prima Giasone chiede alla Corifea notizie sulla donna che ha ucciso Glauce e Creonte. A Giasone ora interessa solo proteggere i propri figli. La Corifea capisce che l’uomo è all’oscuro dell’ultimo delitto di Medea e glielo rivela. Quindi il padre straziato vuole vedere i corpi dei figli. Con l’ingresso di Medea comincia la seconda scena. La donna appare, con i cadaveri, su un carro trainato da draghi alati che le ha fornito il Sole. Giasone maledice la madre assassina. A Giasone non rimane che il pianto. Le parole di chiusura sono del Coro, che con 5 anapesti constata la imprevedibilità degli eventi.
Medea donna e sposa
Euripide descrive il personaggio di Medea come quella che supera ogni stereotipo, dandole un carattere del tutto nuovo e originale rispetto alla condizione femminile nell’antica Grecia. Medea, infatti, sceglie il proprio destino in quanto non vuole accettare di essere disonorata dal marito Giasone. Il tragediografo dichiara, quindi, che la mentalità dell’epoca era maschilista. Solitamente le donne greche che erano vittime di un destino ingiusto e prepontente, trovavano l'unica soluzione nel suicidio, non avendo la forza di opporsi o di reagire a un tradimento o all’abbandono da parte del proprio uomo. Medea, al contrario, non è in grado di tollerare l’idea di essere svergognata da Giasone e con coraggio vendica il suo onore. Nel mondo antico la vendetta era un dovere morale per chi subiva un torto lesivo della propria dignità, l’azione vendicativa era, difatti, un tratto caratteristico degli eroi greci. Giasone si interessa solo dei beni materiali e abbandona Medea senza rispettare la promessa matrimoniale. Per Medea, che non accetta gli stereotipi e le azioni convenzionali, l'elemento importante del matrimonio è la "φιλία" cioè quel rapporto che si crea di reciproca fiducia e rispetto. Medea entra in scena abbandonando il ruolo di moglie tradita e rivestendo quello di donna, recitando un monologo che rappresenta un esempio di riflessione sul ruolo della donna nella società. Inoltre Medea era una donna e nella cultura greca le donne non avevano alcun diritto politico e sociale, viene anche sminuita la figura di madre, infatti Giasone, come capo famiglia, le fa intendere che i figli sono di sua proprietà. Ciò che manca è lo sconvolgimento dei vecchi "codici" di genere: non esistono donne deboli o uomini violenti. La principale forma di prepotenza è proprio lo stereotipo che crea categorie entro cui ogni persona decide di entrare. In questi contesti gli uomini aggressivi diventano opprimenti e le donne subiscono abusi, non scardinando i meccanismi che renderanno la violenza, sia fisica che psicologica, ancora presente in alcune culture. Nei patti tra Medea e Giasone vi era anche il dovere di onorare il letto: la mancanza di rispetto e il tradimento dei giuramenti da parte di Giasone furono i motivi che provocarono la furia di Medea.
Medea "barbara"
La condizione e lo status sociale della donna nell'antica Grecia variava da polis a polis. La situazione di Medea a Corinto è molto difficile per la sua condizione di straniera e perché non è riconosciuta come una vera moglie. Medea è considerata una “barbara”, perché viene da un paese remoto considerato fuori dai confini del mondo civilizzato. I Greci le attribuivano molte delle caratteristiche che attribuivano ai barbari, come l’emotività e la violenza. Non si può negare che Medea fosse “diversa” non dal punto di vista razziale, ma culturale, in quanto possedeva un’ampia conoscenza della lingua greca e della retorica. Medea non godeva di alcun diritto, anche perché agli occhi dei cittadini di Corinto, non era la moglie di Giasone, bensì la convivente. Medea rappresentava tutto quello che gli uomini greci più temevano: è donna, è straniera, è esule, è maga, ed è impaludata in una catena di delitti da cui non riesce più a uscire.
Medea madre
Durante il monologo, Medea oltre ad abbandonare il ruolo di moglie e donna ferita, per assumere quello di paladina, lascia progressivamente anche quello di madre. A questo comportamneto deriva il cosidetto "complesso di Medea", indica l'atteggiamento di una madre che punta a distruggere il rapporto fra il padre e i figli. A volte il complesso di Medea si può sviluppare in maniera inconscia e non si traduce in azioni esplicite, altre volte invece è conscio e visibile anche nelle azioni. Si tratta quindi di una vendetta che però non porta alcun beneficio a nessuno membro della famiglia. La verità, però, è che Medea soffre per i suoi figli perché sa che presto i piccoli moriranno, e ad ucciderli sarà proprio lei. La scena che però si nota di più nella tragedia non è il momento dell'infanticidio, ma il flusso di coscienza che Medea mette in atto nel momento in cui sta per agire. Si vede, infatti, una battaglia interiore tra ciò che è razionalmente giusto fare, e ciò che il proprio orgoglio richiede che venga fatto. In un primo momento, infatti, Medea sembra recuperare quell'atteggiamento materno a cui aveva rinunciato. Ma in un secondo momento si riappropria della propria lucidità, e, mettendo da parte i sentimenti, torna impassibile.
FINE
Mariagrazia Muscò