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La pena di morte
Elisa Scaccuto
Created on February 18, 2024
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Transcript
PENA DI MORTE
"Dei delitti e delle pene" di Cesare Beccaria
INIZIO
- tassatività della legge penale -limitare la discrezionalità dei giudici durante i processi, e la generalità della legge: cioè il fatto che nessuno possa considerarsi al di sopra di essa. piano procedurale -distinguere la figura dell’accusatore da quella del giudice -leggi scritte in modo chiaro e comprensibile da chiunque -accusati abbiano dei diritti processuali garantiti -il principio della presunzione d’innocenza venga rispettato Quest’ultimo principio è alla base di una delle grandi riforme proposte da Beccaria ed esposte nel capitolo intitolato “Della tortura”, in cui argomenta i motivi per cui la tortura, diffusissima pratica inquisitoria dell’epoca, vada condannata senza esitazioni. L’altro grande tema polemico dell’opera è contenuto nel capitolo “Della pena di morte”, in cui viene messa in discussione la prerogativa monarchica di decidere la pena di morte. Nel 1786, Pietro Leopoldo è il primo sovrano ad abolire la pena di morte
Dei delitti e delle pene
1764, Livorno.
Il nome di Cesare Beccaria è indissolubilmente legato a il trattato “Dei diritti e delle pene”,nel quale il pensatore milanese propone una radicale riforma sul rapporto tra i diritti e le pene e sul modo d’intendere la giustizia,motivo per cui egli dedica l’opera ai sovrani illuminati del suo tempo, che indica come benefattori dell’umanità. Le idee alla base del trattato sono di tipo contrattualistico (obbligazioni e contratti) ed utilitaristico(morale, etica): le leggi che governano la società devono essere sottoposte al consenso dei governati ed avere come fine quello di garantire il più alto grado possibile di felicità al maggior numero possibile di persone.
Cesare beccaria
Milano, 1738
Proviene da una famiglia nobile e si forma nel collegio gesuitico di Parma, successivamente studia con molto successo, legge a Pavia, dove si laurea nel 1758. Si lega strettamente ai fratelli Verri: Alessandro e Pietro. Nel 1760 si unisce con Teresa Blasco, da questa unione nasce Giulia, futura madre di Alessandro Manzoni. Nello stesso anno, 1760, si avvicina alle idee filosofiche di Montesquieu e Rousseau, cosa che lo fa aderire definitivamente al movimento illuminista Gli anni '60 sono gli anni che segnano la massima attività ed il massimo impegno di Beccaria Nel 1764 avviene la prima pubblicazione di “Dei diritti e delle pene”, Nella stesura dell'opera Beccaria riceve un appoggio importante dai fratelli Verri, con i quali decide di andare a Parigi,. Tuttavia la missione si risolve in un fallimento: dopo un mese Beccaria rompe i rapporti con i Verri e torna in patria. Qui prende ad isolarsi dal gruppo degli illuministi meneghini e ricopre la carica di professore di economia politica presso le “Scuole Palatine" e nel 1771, avvicinatosi al governo asburgico, diventa membro del “Supremo Consiglio di economia". Muore nella sua città nel novembre del 1794.
RIASSUNTO CAPITOLO XVI
Il testo in analisi è il capitolo 16 “Della pena di morte”,estratto dal trattato “Dei delitti e delle pene”.Beccaria inizia con una serie di domande provocatorie per interrogarsi su l’utilità della pena di morte e su quale sia il diritto che ha dato il permesso a gli essere umani di decidere di poter uccidere un altro essere umano . L’autore continua poi esprimendo il suo pensiero personale ovvero che la pena di morte sia una guerra della nazione contro un cittadino; poiché lo stato giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere. Continua poi con degli esempi per dimostrare che la morte non ha mai distolto uomini determinati dal loro obiettivo, come l’imperatrice Elisabetta Di Moscovia, che per ottenere potere ha sacrificato molti figli della patria. Conclude spiegando che la morte, attimo che dura poco, spaventi meno della privazione di libertà, punizione che viene prolungata a lungo.
3. Necessità e utilità della pena di morte:Viene posta una serie di domande sulla pena di morte, mettendo in dubbio la sua necessità e utilità. Beccaria si interroga sulla giustificazione per uccidere il condannato, che deve essere valida, necessaria o utile per essere accettabile.4. Obiettivo di dimostrare l'inutilità e la non necessità della morte: L'autore espone chiaramente l'obiettivo della sua argomentazione: dimostrare che la morte come punizione estrema non è né utile né necessaria. Se può dimostrare ciò, sostiene di aver "vinto la causa dell'umanità", suggerendo che la sua posizione contro la pena di morte è in linea con i valori umanitari. Inoltre nella tesi è presente anche un'antitesi tra la considerazione della pena di morte come necessaria o utile e l'affermazione dell'autore, secondo il quale la morte non è né utile né necessaria. Questo contrasto serve a sostenere la posizione critica di Beccaria nei confronti della pena di morte.
TESI E STRUTTURA DEL TESTO
Il testo in analisi, intitolato "Della pena di morte" di Cesare Beccaria, presenta una struttura MISTA, infatti possiamo individuare la tesi subito dopo l'introduzione e l'antitesi all'interno della tesi. TESI: "Non è dunque la pena di morte un diritto, mentre ho dimostrato che tale esser non può, ma è una guerra della nazione con un cittadino; perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere: ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità". La tesi del testo è incentrata sulla critica della pena di morte e si suddivide in diversi punti: 1. Negazione del diritto: L'autore mette in dubbio l'idea che la pena di morte possa essere considerata un diritto. Sostiene che non può essere legittimata come un aspetto dei diritti umani o delle leggi, ma piuttosto come una sorta di conflitto o guerra tra la nazione e il cittadino condannato. 2. Interpretazione come guerra della nazione: Beccaria usa l'espressione "guerra della nazione con un cittadino" per sottolineare l'aspetto conflittuale della pena di morte. Questa definizione fa un confronto estremo e drammatico tra il potere dello Stato e il condannato.
3. Necessità e utilità della pena di morte:Viene posta una serie di domande sulla pena di morte, mettendo in dubbio la sua necessità e utilità. Beccaria si interroga sulla giustificazione per uccidere il condannato, che deve essere valida, necessaria o utile per essere accettabile.4. Obiettivo di dimostrare l'inutilità e la non necessità della morte: L'autore espone chiaramente l'obiettivo della sua argomentazione: dimostrare che la morte come punizione estrema non è né utile né necessaria. Se può dimostrare ciò, sostiene di aver "vinto la causa dell'umanità", suggerendo che la sua posizione contro la pena di morte è in linea con i valori umanitari. Inoltre nella tesi è presente anche un'antitesi tra la considerazione della pena di morte come necessaria o utile e l'affermazione dell'autore, secondo il quale la morte non è né utile né necessaria. Questo contrasto serve a sostenere la posizione critica di Beccaria nei confronti della pena di morte.
TESI E STRUTTURA DEL TESTO
Il testo in analisi, intitolato "Della pena di morte" di Cesare Beccaria, presenta una struttura MISTA, infatti possiamo individuare la tesi subito dopo l'introduzione e l'antitesi all'interno della tesi. TESI: "Non è dunque la pena di morte un diritto, mentre ho dimostrato che tale esser non può, ma è una guerra della nazione con un cittadino; perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere: ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità". La tesi del testo è incentrata sulla critica della pena di morte e si suddivide in diversi punti: 1. Negazione del diritto: L'autore mette in dubbio l'idea che la pena di morte possa essere considerata un diritto. Sostiene che non può essere legittimata come un aspetto dei diritti umani o delle leggi, ma piuttosto come una sorta di conflitto o guerra tra la nazione e il cittadino condannato. 2. Interpretazione come guerra della nazione: Beccaria usa l'espressione "guerra della nazione con un cittadino" per sottolineare l'aspetto conflittuale della pena di morte. Questa definizione fa un confronto estremo e drammatico tra il potere dello Stato e il condannato.
3. Necessità e utilità della pena di morte:Viene posta una serie di domande sulla pena di morte, mettendo in dubbio la sua necessità e utilità. Beccaria si interroga sulla giustificazione per uccidere il condannato, che deve essere valida, necessaria o utile per essere accettabile.4. Obiettivo di dimostrare l'inutilità e la non necessità della morte: L'autore espone chiaramente l'obiettivo della sua argomentazione: dimostrare che la morte come punizione estrema non è né utile né necessaria. Se può dimostrare ciò, sostiene di aver "vinto la causa dell'umanità", suggerendo che la sua posizione contro la pena di morte è in linea con i valori umanitari. Inoltre nella tesi è presente anche un'antitesi tra la considerazione della pena di morte come necessaria o utile e l'affermazione dell'autore, secondo il quale la morte non è né utile né necessaria. Questo contrasto serve a sostenere la posizione critica di Beccaria nei confronti della pena di morte.
TESI E STRUTTURA DEL TESTO
Il testo in analisi, intitolato "Della pena di morte" di Cesare Beccaria, presenta una struttura MISTA, infatti possiamo individuare la tesi subito dopo l'introduzione e l'antitesi all'interno della tesi. TESI: "Non è dunque la pena di morte un diritto, mentre ho dimostrato che tale esser non può, ma è una guerra della nazione con un cittadino; perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere: ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità". La tesi del testo è incentrata sulla critica della pena di morte e si suddivide in diversi punti: 1. Negazione del diritto: L'autore mette in dubbio l'idea che la pena di morte possa essere considerata un diritto. Sostiene che non può essere legittimata come un aspetto dei diritti umani o delle leggi, ma piuttosto come una sorta di conflitto o guerra tra la nazione e il cittadino condannato. 2. Interpretazione come guerra della nazione: Beccaria usa l'espressione "guerra della nazione con un cittadino" per sottolineare l'aspetto conflittuale della pena di morte. Questa definizione fa un confronto estremo e drammatico tra il potere dello Stato e il condannato.
ARGOMENTAZIONI CONTRO LA PENA DI MORTE
Beccaria vuole dimostrare che la pena di morte non è efficace come punizione per l’uomo. Per avvalorare la sua tesi si avvale di tre argomentazioni di tipo storico. Nella prima argomentazione (dalla riga 18 alla 23) afferma che l’esperienza storica dimostra che la pena di morte non dissuade dal compiere delitti, come conferma l’analisi della natura dell’uomo, ed è anzi un’inutile atrocità che suscita sdegno. Infatti la presenza della pena di morte non ha mai impedito agli uomini determinati di raggiungere il proprio obiettivo. Beccaria porta l’esempio dei cittadini romani e del regno di Elisabetta di Moscovia. Con il primo esempio, l’autore fa riferimento alla legge Porcia del diritto romano che stabiliva che un cittadino non potesse essere flagellato o ucciso senza il consenso di tutto il popolo. Il secondo esempio si riferisce a Elisabetta Petrovna la quale abolì la pena di morte tra il 1753 e il 1754 sostituendola però con pene atroci e dolorose di cui Beccaria non tiene conto.
ARGOMENTAZIONI CONTRO LA PENA DI MORTE
Nella seconda argomentazione (dalla riga 23 alla 32) afferma che non è l’intensità della pena a impressionare gli uomini bensì la sua estensione. Questo, secondo l’autore, accade poiché la sensibilità dell’essere umano è scossa più facilmente da impressioni minime, ma replicate, rispetto a un movimento forte ma passeggero. A sostegno di questo concetto sono presentati due esempi: il primo fa comprendere che, come un uomo soddisfa i suoi bisogni per abitudine, allo stesso modo si delineano le idee morali. Il secondo esempio sottolinea che il freno più potente contro i delitti non è assistere all’esecuzione rapida di un altro individuo, bensì di vedere un uomo privato della libertà a causa dei crimini commessi che dovrà scontare.
ARGOMENTAZIONI CONTRO LA PENA DI MORTE
Nella terza ed ultima argomentazione (dalla riga 32 alla 40), egli sostiene che la pena di morte possa valere come deterrente solo in situazioni di emergenza, ma non nella vita «normale» di una nazione. Infatti, l’uomo dimentica velocemente anche gli accaduti più violenti poiché è nella sua natura. Inoltre le passioni contribuiscono ad accelerare questo processo. Queste ultime sorprendono l’uomo per un lasso di tempo determinato ma sono adatte a innescare rivoluzioni, come nel caso dei Lacedemoni contro i Persiani. Infatti i Lacedemoni e i Persiani si sfidarono nella battaglia delle Termopili, avvenuta nel 480 a. C. presso lo stretto passaggio delle Termopili in Grecia. L'esercito persiano era comandato da Serse I e quello spartano da Leonida I, che guidava soltanto 300 soldati. Nonostante ciò, ebbero la meglio sul numeroso schieramento persiano proprio a causa della violenta passione che li animò in quel frangente. Per il filosofo, però, è preferibile che, in un governo tranquillo e libero, le impressioni non debbano essere forti ma frequenti.
La ballade des pandus
Frères humains, qui après nous vivez, N’ayez les cœurs contre nous endurcis, Car, si pitié de nous pauvres avez, Dieu en aura plus tôt de vous mercis. Vous nous voyez ci attachés, cinq, six : Quant à la chair, que trop avons nourrie, Elle est piéça dévorée et pourrie, Et nous, les os, devenons cendre et poudre. De notre mal personne ne s’en rie ; Mais priez Dieu que tous nous veuille absoudre !
Se frères vous clamons, pas n’en devez Avoir dédain, quoique fûmes occis Par justice. Toutefois, vous savez Que tous hommes n’ont pas bon sens rassis. Excusez-nous, puisque sommes transis, Envers le fils de la Vierge Marie, Que sa grâce ne soit pour nous tarie, Nous préservant de l’infernale foudre. Nous sommes morts, âme ne nous harie, Mais priez Dieu que tous nous veuille absoudre !
La pluie nous a bués et lavés, Et le soleil desséchés et noircis. Pies, corbeaux nous ont les yeux cavés, Et arraché la barbe et les sourcils. Jamais nul temps nous ne sommes assis Puis çà, puis là, comme le vent varie, A son plaisir sans cesser nous charrie, Plus becquetés d’oiseaux que dés à coudre. Ne soyez donc de notre confrérie ; Mais priez Dieu que tous nous veuille absoudre !
Prince Jésus, qui sur tous a maistrie, Garde qu’Enfer n’ait de nous seigneurie : A lui n’ayons que faire ne que soudre.
FILM SULLA PENA DI MORTE
The Life of David Gale
La ballata del boia (El verdugo) è un film del 1963 diretto da Luis García Berlanga. José luis Rodriguez è un uomo giovane addetto alle pompe funebri .Conosce la figlia del boia e se ne innamora ,insieme avrano anche una figlia.Per ottenere l'assegnazione di un appartamento ,deve accettare di succedere al suocero che sta andando in pensione.Lui spera di non dover esercitare mai ,dopo un periodo di effettiva tranquillità j è costretto a ricoprire il ruolo di boia .
The Life of David Gale è un film del 2003 diretto da Alan Parker, qui al suo ultimo lavoro come regista, e scritto da Charles Randolph. Nel film, Parker invita a riflettere circa la pena capitale e la sua fallibilità, interrogando lo spettatore sul ruolo dell'attivismo e sul confine tra passione ideologica e fanatismo, servendo un paradigmatico finale.David Gale era un professore di filosofia che si impegnava per abolire la pena di morte insieme all'amica Costance Harraway.La sua vita cambia drasticamente quando viene accusato di violenza sessuale di un'ex studentessa durante una festa universitaria .Questo evento tragico rovina la sua reputazione ,Gle perde il lavoro e la donna con la quale era sposato .Si ritrova solo e con molti problemi da affrontare solamente la sua amica Harraway ,i due scopriranno di essere innamorati e passeranno una notte insieme.Il giorno dopo verrà trovato il corpo dell'amica privo di vita e Gale verra accusato di aver commesso un omicidio.Al termine del film si scoprirà che la vittima non era stata uccisa ma si era suicidata.
LA BALLATA DEGLI IMPICCATI-FABRIZIO DE ANDRÈ la "Ballata Degli Impiccati", ispirata dalla "Ballade des Pendus" di François Villon. I versi di De André sono scarni, ruvidi, sarcastici e non cedono mai al sentimentalismo. La canzone si apre con le parole che danno nome all'intero disco, come a significare che qui siamo all'apice della morte. La morte fisica. Causata dagli altri uomini in nome della giustizia. Sono gli ultimi istanti di vita di un impiccato: muoiono tutti con difficoltà, con le ultime parole strozzate, mentre scalciano appesi. L'urlo strozzato e cristallizzato con la gola stretta dalla corda e le ultime parole, ovviamente sono bestemmie. nell'ultimo istante, ricordiamo ai vivi che ci guardano che stiamo pagando con la pena di morte l'errore di un momento. Poi comincia ad arrivare il freddo che non ci ha mai abbandonato nella vita, il freddo che sente chi è solo e non perdonato. Infine augura la medesima fine sua a chi si compiace della sua morte. Chi ci ha coperti di terra seppellendoci rimanendo tranquillo, possa morire a sua volta nell'ombra senza essere ricordato. La donna che ha sorriso alla nostra disgrazia e ci ha negato la memoria, possa svegliarsi ogni giorno col viso più segnato dalle ingiustizie della vita. L'impiccato ha rancore per tutti, odia tutti, è furente.
IL MIGLIO VERDE
Paul Edgecombe è un agente penitenziario che ha operato per molti anni nel “miglio verde”, il braccio della morte del carcere di Cold Mountain, dove i detenuti trascorrono i loro ultimi giorni in vista della loro esecuzione sulla sedia elettrica. La monotona vita di Paul cambia all’improvviso, quando un giorno un gigantesco uomo di colore di nome John Coffey giunge nel miglio. L’uomo si mostra difatti molto sensibile e timoroso, cosa che porta i suoi supervisori ad interessarsi al motivo della sua carcerazione. Dimostra di non essere in grado di far male a nessuno, e di nascondere un importante quanto miracoloso dono. In maniera cruda ci viene mostrato, in un dettaglio quasi maniacale, l’esecuzione di ogni detenuto sulla sedia elettrica. Sono crudeli le parole di odio dei parenti delle vittime e i loro sguardi mentre sono seduti in prima fila per vedere il macabro spettacolo dell’esecuzione del colpevole che si contorce, brucia, urla per il dolore al loro cospetto. E nonostante tutto, non smettono di odiare, non vanno al di là del disprezzo, del desiderare la morte per chi ha ucciso le loro figlie, il loro marito o chicchessia, bensì vogliono solo vedere l’interruttore dell’elettricità andare giù per l’ultima volta. Si potrebbe pensare, data l’ambientazione, che sia un metodo ormai in disuso, ma in molti Paesi del mondo, anche fra i più evoluti, la pena di morte è ancora largamente utilizzata, e in molti altri numerose persone la richiedono o richiedono pene ben peggiori per chi stupra, molesta, violenta o uccide.
GRAZIE PER LA VISIONE!
Lavoro realizzato da: -Petroselli Sofia -Scaccuto Elisa -Oliveri Giulia -Micci Letizia -Turchetti Irene
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