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Transcript
L’opera è una scultura a tutto tondo di un guerriero morente che poggia su una base ovale sulla quale è accasciato, ferito al costato. Si tratta di una copia romana in marmo da un originale in bronzo, datato alla seconda metà del III secolo a.C.
Il guerriero, ferito e nudo, è semisdraiato sul proprio scudo; tutto il peso è sorretto dalla mano destra che preme con forza a terra. Dal punto di vista dello spettatore la composizione genera visivamente due diagonali: la prima a sinistra passante per la testa e il torso e la seconda che si sviluppa a destra lungo la gamba distesa.
La testa è piegata in avanti e leggermente inclinata verso destra, il torso è frontale ed è caratterizzato da una flessione e da una rotazione, anch’essa verso destra, date dalla posizione delle braccia. Il braccio destro poggia a terra in maniera arretrata rispetto al busto, mentre il sinistro poggia in avanti sopra la coscia destra. Le gambe del guerriero sono allungate verso sinistra.
La testa è caratterizzata dalla capigliatura tipica dei guerrieri galati che, per intimorire i nemici in battaglia, utilizzavano del grasso o forse gesso per dare volume ai capelli dividendoli in ciocche ben definite portate indietro, stoppose e pesanti, soprattutto sulla sommità del capo. La parte superiore della capigliatura non è rifinita e le superfici risultano lavorate con minore cura.
Sulla base sono rappresentati una serie di elementi: oltre allo scudo, sul quale l’uomo si è lasciato cadere, si notano un corno, una spada con il fodero e una cintura.
La copia esposta al museo fu rinvenuta a Roma, all’inizio del XVII secolo, insieme alla Galata suicida attualmente conservato a Palazzo Altemps, nell’area degli horti sallustiani, in occasione della costruzione della Villa Ludovisi, dove è attestato almeno dal 1623.