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IX canto inferno
Giuseppe Guidone
Created on February 7, 2024
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Transcript
IX CANTO
Divina Commedia
riassunto
Il canto è ambientato dopo la mezzanotte del venerdì santo dell'8aprile nel VI Cerchio, all'ingresso della città di Dite all’interno della quale sono puniti gli eretici. Qui appaiono le (le Erinni) che invocano , in grado di pietrificare chiunque incroci il suo sguardo, ma Dante viene prontamente avvertito dal suo maestro e protetto dalle sue stesse mani. Le cose vanno migliorando quando sul posto giunge un che minaccia pene più severe a coloro che osano opporsi alla volontà divina (ovvero al cammino di Dante voluto da Dio) e con un piccolo scettro rende ai due poeti accessibile il passaggio per la città di Dite. Appena all’interno, Dante curioso cerca di scorgere ogni minimo dettaglio e gli si presenta davanti i suoi occhi una distesa “piena di duolo e di tormento rio” ricolma di sepolcri dentro i quali, come spiega Virgilio, si trovano gli eresiarchi e i loro seguaci .
TRE FURIE
MEDUSA
MESSO CELESTE
arroventati nel fuoco
IX
La figura dell’eretico ha subito un’evoluzione significativa nel corso della storia. Antichità e Costantino I Nell’antichità, prima dell’Imperatore Costantino I, non esisteva la categoria giuridica di eretico. Costantino ha introdotto la categoria giuridica di eretico, inserendo nella legge il discorso eresiologico e le corrispettive categorie, ma anche l’ethos dell’eretico. Questo ha portato alla diffusione delle leggi antiereticali come strumenti per combattere l’avversario nella controversia religiosa. li eretici venivano puniti in vari modi. Secondo il diritto romano, gli eretici erano privi della testamenti factio, tuttavia la norma giustinianea faceva salvi i diritti successori dei figli ortodossi. La disciplina nell’esercito romano era estremamente rigorosa rispetto agli standard moderni, e il generale aveva il potere di effettuare anche un processo sommario ad un qualsiasi soldato alle sue dipendenze.Quando un soldato si arruolava nell’ esercito romano, giurava solennemente la sua fedeltà alle istituzioni romane (sacramentum): in origine al Senato ed al popolo romano, in seguito al generale o all’ imperatore. Con il sacramentum egli dichiarava che avrebbe soddisfatto tutte le condizioni di servizio, in caso contrario sarebbe stato punito anche con la morte. Durante il Medioevo, la figura dell’eretico è stata associata culturalmente e iconograficamente alla figura della volpe. In questo periodo, gli eretici venivano puniti con il fuoco, simbolo della purificazione; inoltre, la Chiesa e i tribunali dell’Inquisizione avevano l’autorità di processare gli eretici per eresia e condannarli a morte, spesso tramite l’esecuzione pubblica. Questo metteva a rischio la loro vita e la loro integrità fisica. Gli eretici subivano anche privazioni materiali e confiscazioni dei loro beni. Questo era un modo per privarli del loro potere e della loro influenza nella società. Queste pene erano inflitte a coloro che venivano accusati di eresia o di atti blasfemi contro Dio e i Santi, se si rifiutavano ostinatamente di confessare la propria colpa. Oggi, la figura dell’eretico è vista in modo diverso, spesso associata a individui che sfidano le convenzioni e cercano nuove verità. Tuttavia, la storia degli eretici ci ricorda l’importanza della libertà di pensiero e di espressione nelle società moderne.
TEMI E SIMBOLISMO
Il nono canto dell’Inferno, della Divina Commedia di Dante Alighieri, è un passaggio ricco di simbolismo e significato. ad esempio la lotta tra bene e male: Nel canto, assistiamo alla lotta tra il bene e il male. La tensione dei due poeti, Dante e Virgilio, in attesa dell’aiuto divino, rappresenta la battaglia che il bene deve sostenere contro il male. La Provvidenza divina interviene per aiutare l’uomo di buona volontà a superare le avversità e a continuare il proprio cammino verso la salvezza.
LE FIGURE RETORICHE
Infine, le figure retoriche utilizzate nel canto, contribuiscono a enfatizzare i temi e a rendere il testo più ricco di significato come:
- Anastrofe:Questa figura retorica consiste nell’inversione dell’ordine abituale delle parole in una frase. Ad esempio, “Di fuor mi pinse” (v. 1) significa “mi colorò sul viso”, “Il duca mio” (v. 2) significa “la mia guida”, e “Più tosto dentro il suo novo ristrinse” (v. 3) significa “subito fece ritirare quello insolito di Virgilio”.
- Similitudine:Questa figura retorica consiste nel paragonare due elementi attraverso l’uso di una parola comparativa. Ad esempio, “Attento si fermò com’uom ch’ascolta” (v. 4) significa “si fermò attento come l’uomo che ascolta”.
- Perifrasi:Questa figura retorica consiste nell’usare più parole per esprimere un concetto che potrebbe essere espresso con meno parole o con un singolo termine. Ad esempio, “Trista conca” (v. 16) si riferisce alla “dannata cavità”, ovvero l’Inferno.
GRAZIE!
LE TRE FURIE
Dette anche Erinni, sono creature del mito classico collegate alla dimensione dell'Oltretomba: figlie di Acheronte e della Notte, rappresentavano i rimorsi che tormentavano chi si era macchiato di delitti di sangue. Erano tre (Megera, Aletto e Tesifone) e compaiono in vari poemi e opere greco-latine, inclusa l'Eneide dove Aletto è evocata da Giunone per istigare l'odio mortale di Turno contro Enea. Le tre Furie compaino improvvisamente sulle mura della città, con sembianze femminili e capelli serpentini, coperte di sangue e dalle tempie cinte di serpentelli e ceraste. Si squarciano il petto con le unghie e urlano così forte da terrorizzare Dante, per poi evocare Medusa allo scopo di pietrificare il viaggiatore. Virgilio ne indica a Dante i nomi e il discepolo le definisce meschine / de la regina de l'etterno pianto, ovvero ancelle di Proserpina o Persefone, figlia di Cerere cui nel mito classico le Erinni erano spesso collegate. Rappresentano la cattiva coscienza, la vendetta, i rimorsi che tormentavano chi aveva commesso delitti di sangue.
MEDUSA
Una delle tre Gorgoni della mitologia classica, la più pericolosa perché in grado di pietrificare chiunque la guardasse. Venne uccisa dall'eroe Perseo grazie all'aiuto di Atena, aiutandosi con lo scudo come di uno specchio (Perseo ne tagliò la testa, da cui uscì il cavallo alato Pegaso). Dante la colloca fra i demoni a guardia della città di Dite benché essa non compaia direttamente ma venga solo evocata dalle tre Furie allo scopo di pietrificare Dante. Simboleggia il terrore, il dubbio religioso e la disperazione della salvezza.
MESSO CELESTE
È l'inviato divino che giunge alla città di Dite per vincere l'opposizione dei diavoli e consentire così il passaggio di Dante e Virgilio, che i demoni avevano invano tentato di ostacolare. Il suo arrivo è preannunciato da Virgilio alla fine del Canto VIII “tal che per lui ne fia la terra aperta”. Dopo aver ammonito i lettori a intendere bene il senso dell'allegoria, Dante descrive l'arrivo del messo come un vento impetuoso, che travolge alberi e rami. Il messo attraversa la palude Stigia con le piante asciutte, facendo fuggire i dannati e rimuovendo con la mano dal viso gli spessi vapori del pantano. Dopo aver aperto le porte della città il messo se ne va e i due poeti possono entrarvi senza alcun impedimento. Il personaggio è stato variamente interpretato, essendo molto vaga la descrizione che ne fornisce Dante: si è pensato ovviamente a un angelo (forse l'arcangelo Michele o Gabriele), per quanto alcuni suoi atteggiamenti sembrino poco adatti a un essere celestiale, specie quando attraversa la palude. Altri hanno proposto personaggi mitologici (Perseo, uccisore di Medusa; Mercurio...), altri ancora hanno pensato a contemporanei del poeta, ma questa sembra ipotesi poco probabile. Non è da escludere che il messo sia semplicemente un angelo inviato da Dio a vincere le resistenze dei demoni, senza una precisa identificazione. Rappresenta la dottrina cristiana e la Grazia divina che soccorre chi vuole redimersi.
LA PENA
I capi delle sette eretiche giacciono entro tombe infuocate insieme a tutti i loro seguaci e sono tormentati in misura maggiore o minore a seconda del peccato commesso; Il fuoco che li fa soffrire richiama la tragica ed effimera luce delle dottrine che seguirono. L’eresia, essendo cecità dell’intelletto, ora li rende parzialmente ciechi: conoscono il futuro ma non il presente. Dopo il giudizio finale la cecità sarà assoluta. Contrappasso: gli eretici in vita proclamarono la mortalità dell'anima e ora, nella morte, le loro anime giacciono entro dei sepolcri.