Want to create interactive content? It’s easy in Genially!

Get started free

IL PROCESSO FORMULARE NELLA ROMA CLASSICA

Letizia Bracciaferri

Created on January 31, 2024

Start designing with a free template

Discover more than 1500 professional designs like these:

Math Lesson Plan

Primary Unit Plan 2

Animated Chalkboard Learning Unit

Business Learning Unit

Corporate Signature Learning Unit

Code Training Unit

History Unit plan

Transcript

lezioni di diritto romano

prof. letizia bracciaferri

il processo

nella Roma Classica

Start

IL PROCESSO FORMULARE

Il processo formulare, nel diritto dell'antica Roma, costituì il procedimento processuale ordinario dal III secolo a.C. e per tutto il periodo classico.

E' nato per l'esigenza di offrire tutela anche a coloro che non potevano esercitare le legis actiones, cioè i non cittadini romani, e di tutelare nuove situazioni giuridiche nate con l'espansione dei territori romani. Tale schema non si basava come il lege agere sulla pronuncia di precise ed immutabili parole (certa verba) bensì sulla pronuncia di "formulae", ovvero il corrispondente delle "actiones", contenute nell'editto che il pretore urbano emanava ogni anno.

le legis actiones

Le legis actiones, eranofruibili soltanto dai cittadini romani (cives) e caratterizzate da un rigoroso formalismo. Infatti, ogni errore, anche minimo, nella pronuncia dei certa verba o nel compimento dei gesti previsti dal rituale avrebbe comportato la perdita della lite.

GAIO DIXIT

IL PROCESSO FORMULARE

Il processo formulare aveva carattere unitario in relazione al procedimento. Tale procedimento era bifasico: - una prima fase innanzi al magistrato giusdicente (fase in iure), - una seconda fase innanzi a un giudice privato (fase apud iudicem o in iudicio).

PRIMA FASE "IN IURE"

Nella fase "in iure" era richiesta la presenza di entrambe le parti in causa, non essendo consentito un processo contumaciale. Per questo scopo la parte che prendeva l'iniziativa processuale (l'attuale "attore", "ACTOR") avrebbe dovuto chiamare in giudizio l'altra parte (il convenuto, "VOCATUS") con un atto detto "in ius vocatio" = chiamata in giudizio.

PRIMA FASE

Successivamente,le parti illustravano informalmente le proprie ragioni al magistrato giusdicente, e sotto la sua direzione scrivevano i motivi della controversia nella formula, in base alla quale poi il giudice privato avrebbe dovuto giudicare nella seconda fase del processo.

PRIMA FASE -LITIS CONTESTATIO

Raggiunto l'accordo sulla redazione della formula, si aveva la litis contestatio , con cui si chiudeva la fase in iure. Con la litis contestatio, il Pretore concedeva formalmente la formula per quella causa, l'attore doveva leggere ad alta voce e lentamente- appunto dettare- la formula al convenuto (IUDICIUM DICTABAT) il quale l'accettava (IUDICIUM ACCIPIEBAT).

SECONDA FASE - "APUD IUDICEM"

Questa seconda fase si svolgeva innanzi a un giudice privato, che era scelto di comune accordo dalle parti da alcune liste periodicamente aggiornate. Il giudice poteva essere unico "iudex unus" o collegiale, i "recuperatores" che solitamente in numero di tre giudicavano in talune controversie su delitti più gravi.

SECONDA FASE

Il giudice privato veniva scelto dalle parti. Il PRETORE URBANO nominava il giudice privato, lo indicava all'inizio della formula e lo investiva del potere giusdicente, ma anche del dovere di giudicare "iussus iudicandi". Altrimenti non avrebbe potuto emettere la sentenza. Va ricordato che a fronte dell'oralità delle legis actiones il processo formulare si caratterizzava per l'uso della scrittura, la "formula".

SECONDA FASE

Questa seconda fase si svolgeva innanzi a un giudice privato, che era scelto di comune accordo dalle parti da alcune liste periodicamente aggiornate. Il giudice poteva essere unico "iudex unus" o collegiale, i "recuperatores", che solitamente in numero di tre giudicavano in talune controversie su delitti più gravi.

SECONDA FASE - CONDANNA E RIESAME

La sentenza di condanna era sempre espressa in una somma di denaro, e contro di essa non era ammessa la possibilità di proporre appello. Ciò si spiega con il fatto che la sentenza era emanata da un giudice già scelto dalle parti, che non aveva superiori gerarchici innanzi ai quali poter chiedere il riesame del giudizio (mentre per la "cognitio extra ordinem" era sempre ammesso il ricorso al Princeps).

Le carceri della Roma Antica

Nell’antica Roma il carcere non era una pena in sé, ma serviva a custodire il colpevole di un reato in attesa del processo ed il condannato alla pena capitale o alle altre pene corporali secondo la ius talioni, la legge del taglione. In età repubblicana le sentenze venivano eseguite immediatamente, poi durante l’impero le pene cominciarono ad essere meno rigide e le procedure più complicate per cui accadeva che passasse molto tempo tra la condanna e l’esecuzione.

Le Pene in età monarchica

- chi infrangeva il legame tra patrono e cliente veniva consacrato a Plutone, come fosse una vittima per un sacrificio, e chiunque poteva ucciderlo; - analogamente, consacrato a Giove, era invece chi spostava i confini di un terreno.

Nella Roma monarchica, dei Reges, le punizioni dovevano essere esemplari: - il tradimento contro lo Stato (perduellio) era punito bastonando a morte il reo dopo averlo appeso a un albero; - il parricidio con la poena cullei, il supplizio del sacco (l’assassino, chiuso in un sacco di cuoio assieme a un cane, un gallo e una vipera, veniva gettato in un fiume);

Le Pene in età repubblicana

Alcune violazioni oltre l'intenzione del colpevole “preterintenzionali” si potevano espiare sacrificando un animale sostitutivo. Questa regola e quelle sopra indicate confluirono nella prima normativa scritta di Roma, le Leggi delle XII tavole, redatta all’inizio del periodo repubblicano.

Le Pene dall'età repubblicana in poi...

In età repubblicana di solito la sentenza di morte viene eseguita subito dopo essere stata pronunciata.In seguito vi sarà un intervallo di tempo, anche di un anno. Le esecuzioni capitali sono di solito pubbliche e precedute dalla flagellazione.

Dove e Come?

In età arcaica e repubblicana ROMA si può indicare come nucleo atto ai supplizi.Ed, in particolare, il centro politico della città, all’estremità nord-ovest del foro e le pendici del Campidoglio, poco distante era il carcere, il Tullianum. Al campus sceleratus venivano sepolte le vestali colpevoli, mentre sull’Esquilino venivano suppliziati gli schiavi. .

Dove e Come?

Di fondamentale importanza, come ogni dettaglio del rituale delle esecuzioni capitali, era il corteo che, dopo la pronuncia della sentenza, accompagnava il condannato sul luogo del supplizio: anch’esso rappresentava un importante momento del consenso sociale. Partricolari problemi riguardavano l’anfiteatro: problemi del tutto particolari, legati al trasporto degli animali e alla sicurezza degli spettatori, poneva la damnatio ad bestias, per la quale c’era bisogno di uno spazio chiuso o della possibilità di creare protezioni provvisorie .

IL GIURISTA GAIO DISSE:

Lo stesso Gaio riporta l'esempio di un tale che aveva perso la lite relativa ad alcune viti tagliate (de vitibus succisis) perché aveva menzionato nel formulario le viti anziché gli alberi di cui si parlava nella legge delle Dodici Tavole (Gai. 4.11). Per questa loro eccessiva sottigliezza tutte le legis actiones furono odiate sempre di più ("paulatim in odium venerunt"): si litigò "per concepta verba, id est per formulas" (Gai 4.30).