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PPT STORIA

ivanamanca06

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PRESENTAZIONE STORIA

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Ivana- Maria Luisa- Chiara-Jaime- Stefano

le guerre di conquista di Luigi XIV

Luigi XIV si impegnò in una serie di guerre con l'obiettivo di imporre la supremazia francese in Europa: come prima cosa dichiara guerra alla Spagna con lo scopo di ottenere i Paesi Bassi Spagnoli, questo scontro è noto come Guerra di Devoluzione e durò due anni (1667-1668). L’esercito del Re Sole occupò le Fiandre (attuale Belgio) e la Franca Contea, preparandosi per invadere le Province Unite. Questi avvenimenti portarono poi allo scoppio della Guerra d’Olanda (1672-1678): gli olandesi per rallentare l’avanzata di Luigi XIV allagarono tutto il territorio riuscendo nel loro intento ma nonostante ciò egli ne uscì comunque vincitore, ottenendo così le Fiandre e la Franca Contea. Per la corona francese inizia un periodo di massima potenza il quale viene meno nel momento in cui nacque una coalizione anti-francese chiamata Lega di Augusta, alla quale presero parte Inghilterra, Austria, Olanda, Spagna e Svezia.

Maria Luisa

Le guerre di successione

L’inizio del Settecento fù caratterizzato da diversi conflitti tutti per le successioni dinastiche di Spagna, Polonia e Austria. In primis vi è quella spagnola: interessa gli anni dal 1701 al 1714 e inizia con la morte di Carlo II di Spagna il quale non aveva lasciato eredi che potessero prendere il suo posto facendo così in modo che la dinastia asburgica in Spagna terminasse. Egli designa quindi Filippo d'Angiò che quindi divenne Filippo V di Spagna. Nasce una nuova coalizione anti-francese poiché si temeva un'alleanza tra Francia e Spagna ma gli scontri terminano con due paci, quella di Utrecht nel 1713 e di Rastadt nel 1714: Filippo V mantiene il trono spagnolo ma deve rinunciare a qualsiasi annessione in Francia e viene costretto a cedere i domini in Italia e Paesi Bassi all'Austria. L'Inghilterra è quella che ne trae più vantaggi ovvero privilegi commerciali, dalla Francia Terranova e Nuova Scozia (nel Nord America) e dalla Spagna Minorca e Gibilterra.

guerre di successione

Alla morte di Augusto II, re della Polonia, riniziano gli scontri: si scatenerà quindi la Guerra di successione Polacca (1733-1738) tra Austria e Russia da un lato e Francia dall'altro, con la quale si alleano Spagna e Piemonte. Dopo tali scontri ci furono parecchi cambiamenti nella cartina geografica della penisola italiana: l'Austria deve Napoli e la Sicilia ai Borbone ma ottiene in cambio il ducato di Parma e Piacenza, mentre la Toscana passa ai Lorena, parenti degli Asburgo. L'ennesimo conflitto scoppia dopo il rifiuto da parte del re di Prussia Federico II, di riconoscere Maria Teresa d'Asburgo come erede al trono e ciò potrà allo scoppio della Guerra di successione Austriaca (1740-1748). Gli schieramenti furono Austria e Prussia contro Francia e Spagna: inizialmente la prima resiste è Maria Teresa riesce a conservare la corona ma alla fine con la Pace di Aquisgrana nel 1748 deve cedere la Slesia alla Prussia e il Ducato di Parma a Filippo di Borbone.

La guerra dei sette anni

L'Austria e la Russia ormai hanno compreso che la minaccia principale non è la corona francese bensì la Prussia che si stava espandendo quindi la scelta migliore era di allearsi con la Francia proprio contro la Prussia che però si era alleata con L'Inghilterra. Ciò che ne viene fuori è la Guerra dei Sette Anni, dal 1756 al 1763 e le conseguenze non furono tanto in Europa quanto nel Nord America e sul fronte indiano: è proprio in questi territori che si svolge uno scontro parallelo unicamente fra gli eserciti spagnolo e francese con il risultato che l'impero coloniale francese si indebolì e al contrario si consolidò quello inglese.

L'espansione degli Asburgo e i domini dei Borbone

L'espansione degli Asburgo d'Austria intacca soprattutto l'impero ottomano ma diventano padroni anche della Lombardia, dell'attuale Belgio e della Toscana; cedono però la Slesia alla Prussia. Dal 1713 sono in possesso della corona spagnola. Altri Borbone di Spagna governano dal 1734 il Regno di Napoli, di Sicilia, il Ducato di Parma e Piacenza. I Borbone di Francia invece dopo aver scatenato una miriade di guerre riescono a conservare nel 1748 alcuni dei territori che avevano conquistato ovvero la Franca Contea e una piccola parte delle Fiandre

Nuovo assetto geopolitico nell’Europa della metà del Settecento

Le guerre che tra Seicento e Settecento opposero le maggiori potenze europee, divisero il continente in numerosi possedimenti che in gran parte facevano capo alle dinastie degli Asburgo d'Austria e dei Borbone di Spagna e di Francia. In questo scenario acquistò importanza la Prussia, mentre l'Impero ottomano continuava il suo inesorabile declino.

Ivana

Per comprendere meglio i cambiamenti territoriali causati dalle guerre del Sei-Settecento, possiamo confrontare due carte geopolitiche, che raffigurano l'Europa rispettivamente nel 1648 nel 1748. Tali carte rappresentano un continente diviso non tanto in nazioni, quanto in possedimenti dinastici.

+ info

Uno sguardo alla composizione del Regno di Prussia nel 1748 può aiutarci a focalizzare meglio questo fenomeno, tutt'altro che raro negli equilibri geopolitici dell'Europa del tempo. La Prussia era formata da due nuclei: uno occidentale e uno orientale, tra loro separati da territori del Regno di Polonia. La situazione prussiana non era eccezionale, L'Europa era insomma una sorta di mosaico, e non sempre i molti tasselli che la costituivano risultavano contigui l'uno all'altro.

GLI ASBURGO D'AUSTRIA

I BORBONE DI SPAGNA E DI FRANCIA

Nel confrontare le due carte, ci colpisce inoltre l'ampliamento dei domini degli Asburgo d'Austria, che si concretizzò soprattutto grazie alla sottrazione di vasti territori all'Impero ottomano. Se ancora nel 1683 i turchi si erano presentati minacciosi sotto le mura di Vienna, alla metà del Settecento il dominio della Porta di Istanbul risultava ormai fortemente ritratto verso il Sud-Est europeo e gli Asburgo si erano impadroniti dell'intera Ungheria, della Serbia e della Transilvania. Nel frattempo, i sovrani d’Austria erano divenuti padroni del Ducato di Milano, dei Paesi Bassi ex Spagnoli e della Toscana; mentre avevano ceduto la Slesia alla Prussia.

Accanto agli Asburgo, l'altra grande dinastia europea che emerge dalla carta del 1748 è quella dei Borbone, detentori sia della Corona di Francia sia di quella di Spagna. Sul trono spagnolo era quindi salito Filippo V di Borbone, mentre altri esponenti dei Borbone di Spagna erano tornati a governare il Regno di Napoli e quello di Sicilia, oltre al Ducato di Parma e Piacenza. Quanto ai Borbone di Francia, dopo le continue guerre condotte da Luigi XIV conservavano, nel 1748, almeno una parte di quanto il re Sole aveva conquistato, in particolare la Franca Contea e una ristretta porzione dei Paesi Bassi ex spagnoli.

Gli altri regni e domini

L'area meridionale e centrale

Osservando la carta dell'Europa del 1748 e muovendo lo sguardo da ovest a est, incontriamo altri territori: nella porzione meridionale il Regno del Portogallo, il Regno di Sardegna, la Repubblica di Genova, quella di Lucca, il Ducato di Modena e Reggio. Nella parte centrale del continente troviamo la Confederazione elvetica, le Province Unite e poi l'area tedesca, ovvero il cuore del Sacro romano impero germanico. Quest'ultimo si presentava come una federazione composta da numerosi Stati, città e signorie indipendenti, i quali tradizionalmente erano affidati alla tutela degli Asburgo di Vienna, che avevano il compito di arbitrarne i conflitti interni. Tra le molte unità che costituivano Impero spiccava la Prussia, che nel tempo aveva ampliato i propri confini fino a comprendere la Slesia e si era trasformata da ducato in regno.

Gli altri regni e domini

L'area settentrionale

Nell'area settentrionale, accanto al Regno di Gran Bretagna (nato nel 1707 dall’unione di Inghilterra, Scozia e Irlanda) e a quello di Danimarca e Norvegia emerge per estensione il Regno di Svezia, che nel 1748 comprendeva gran parte della penisola Scandinava. Spostandosi ancora verso est si incontra infine la Russia, che all'epoca aveva annesso ai territori imperiali anche la Livonia e l'Estonia.

La decadenza dell’impero ottomano

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1683

Nel 1748 l'Impero ottomano mostrava i segni di un lento ma inesorabile declino, che era cominciato fin dal 1683, anno del fallito assedio di Vienna. In realtà la decadenza aveva avuto inizio già alla fine del XVI secolo con la progressiva perdita di prestigio dei sultani, i quali non erano più stati in grado di controllare i regni arabi vassalli situati lungo le coste dell'Africa settentrionale. Dalla fine del Seicento e per tutto il Settecento, i turchi furono inoltre impegnati in guerre che li opposero sia ai tradizionali nemici (Venezia e l'Austria) sia alla Russia, che rivendicava la supremazia sul mar Nero e nel Caucaso.

LA DECADENZA DELL'IMPERO OTTOMANO

Una sconfitta decisiva fu quella subita dagli ottomani nel lungo conflitto contro la "Lega santa", costituitasi nel 1684 dalla coalizione di Austria, Polonia, Venezia e Stato pontificio. Dopo anni di guerre, con la pace di Carlowitz (1699), l’impero ottomano dovette riconoscere all’Austria, la sovranità su Ungheria, Transilvania e Serbia; a Venezia i porti della Dalmazia e dell’Albania; alla Russia il porto di Azov in Crimea. Un ulteriore disfatta fu sancita nel 1719 dalla Pace di Passarowitz, con la quale gli austriaci ottennero anche parte della Serbia e della Valacchia. A metà del Settecento il dominio turco nei Balcani era ridotto a sud del Danubio.

Il mondo coloniale e le sue trasformazioni

Tra il Seicento e il Settecento l’Inghilterra fu una delle potenze protagoniste nei conflitti che scandirono i passaggi di mano dei vari domini, essa però non si concentrò sull’estensione del potere sul continente ma cercò di assicurarsi il controllo delle rotte combattendo in mare. Perciò dovette entrare in conflitto con l’Olanda , la principale potenza marittimo-mercantile del tempo che alla fine fu costretta ad accettare la supremazia inglese. Londra cercò inoltre di impedire il rafforzamento di altri rivali oceanici come Francia e Spagna , ne è un esempio la guerra di successione spagnola (1715) nella quale l’inghilterra si assicurò il dominio su Minorca e Gibilterra, posizioni strategiche per mantenere il dominio sul mediterraneo e sulle rotte verso America e Africa.

Jaime

L'espansione coloniale

Tra la metà del Seicento e la metà del Settecento le espansioni inglesi si concentrarono al di fuori dell’Europa:

In America nel 1664 si impadronirono del territorio Olandese, La nuova Amestardam, che ribattezzarono New York

Nel 1759 avevano sottratto alla Spagna la Florida e alcune delle Antille, alla Francia i territori nordamericani a Est del Missisipi e alcune postazioni coloniali sulle coste dell’India al fine di controllare il subcontinente Indiano

nel 1714 strapparono alla Francia l’isola di Terranova e la Nuova Scozia

L’iniziale primato di Spagna e Portogallo

Con la pace di Parigi (1763) che sancì la fine della guerra dei sette anni, il quadro degli insediamenti Europei nel resto del mondo appare profondamente mutato rispetto a quello del Cinquecento e Seicento. La situazione di partenza si era definita nel Cinquecento, quando l’Europa coloniale si identificava sostanzialmente in soli due paesi : La Spagna, che ancora agli inizi del Settecento possedeva gran parte dell’America, il Texas e California a Nord, e vasti territori delle Ande nell’America meridionale, a sua volta L’America Spagnola possedeva le Filippine. E il Portogallo che aveva possedimenti in Brasile, in India, in Indonesia, In Cina e nell’Africa meridionale.

Le compagnie delle Indie

Nel Seicento si assistette alla fioritura delle Compagnie delle Indie occidentali (America del nord e del sud) e orientali (India ed estremo oriente). Si trattava di associazioni private di mercanti e armatori dedite al commercio con i territori d’oltremare. Ma tali associazioni furono strumento dell’affermazione degli interessi politici-diplomatici nelle zone di insediamento. Come l’Olanda che superò la concorrenza Portoghese nell’Asia orientale insediandosi a Giava, nelle Molucche, a Ceylon, nelle Antille, in parte del Brasile e nell’America del nord. Poi gli Inglesi che nel seicento si insediarono nell’America del Nord ,nelle Antille , e nel settecento nell’Asia orientale soprattutto nel subcontinente Indiano. Infine i Francesi presenti in Canada , nella Louisiana e nelle Antille

Le cause del declino Spagnolo e Portoghese

Nel corso del 1600 ci fu un declino delle rotte commerciali di Spagna e Portogallo causato dalle abili imbarcazioni olandesi e inglesi. Ad esempio la produzione Portoghese di zucchero in Brasile entrò in crisi a causa dell’introduzione di un sistema di piantagioni a lavoro schiavile nelle Antille inglesi e francesi. Già all’inizio del Settecento il volume del commercio portoghese di spezie asiatiche risultava ridotto di un quinto rispetto a quello di un secolo prima, e sulle rotte tra Asia e Europa si era affermata la supremazia olandese. Riguardo alla Spagna il flusso di metalli preziosi dall’America alla madrepatria si impoverì. Inoltre il colonialismo mercantile spagnolo, a differenza di quello delle altre potenze, era di tipo stanziale e perciò necessitava di un costoso apparato burocratico e militare , che trasformò il governo delle Americhe in un onere finanziario, più che in una fonte di profitto.

Il panorama coloniale alla metà del settecento

Nella metà del 1700 si assistette a una riformulazione generale dei rapporti fra i paesi impegnati oltremare. Al termine della Guerra dei sette anni gli Inglesi conquistarono il primato commerciale posseduto dall’Olanda. Aumentò anche il rapporto con le colonie nell’interscambio economico delle principali potenze del continente. Proprio per questo la guerra divenne uno strumento da usare non tanto all’interno del continente, bensì nel resto del mondo al fine di conquistare nuovi territori e posizioni strategiche. Tuttavia la presenza europea in Asia risultava ancora marginale rispetto ad altre potenze come quella dell’impero ottomano. E ciò vale a maggior ragione per quanto riguarda l’Africa.

La guerra, un’esperienza divenuta normale

Tra la seconda metà del Seicento e la prima del Settecento, per la popolazione dei principali Paesi Europei la guerra non era considerata più come un eccezione, bensì come normalità. Come la Francia che guerreggiò per 53 anni, l’Inghilterra per 44, l’Olanda per 45, e la Russia per 33. Naturalmente si trattava di una normalità dolorosa, alla quale si aggiunse una carestia (dovuta da un irrigidimento del clima) e le frequenti epidemie di peste. Tale situazione mise a dura prova la popolazione ma nel settecento ci fu un risanamento per via di un ristabilimento del clima, e per via di un miglioramento delle condizioni igieniche che provocarono un incremento demografico. Tuttavia le guerre spesso non coincidevano con scontri militari. Le campagne belliche si impegnavano a dissuadere l’avversario dal proseguire nello scontro, per indurlo a stabilire la contrattazione di un accordo. Anche quando la guerra veniva ufficialmente dichiarata, raramente si andava a cercare un combattimento frontale al fine di risparmiare su uomini e mezzi.

Tra guerre di conquista e guerre dinastiche

Il tentativo di preservare le popolazioni

Generalmente le guerre erano lunghe ma non intense, infatti l’intento non era quello di eliminare il nemico tramite logoranti assedi bensì di costringerlo ad arrendersi per fame e mancanze di rifornimenti. Inoltre le battaglie si svolgevano in alcuni mesi dell’anno, quando le condizioni erano meno disagevoli e risultava più facile cacciare il nemico, tuttavia le popolazioni locali restavano perlopiù escluse. Tutto ciò aveva infatti solo l’intento di ampliare i possedimenti territoriali e di preservare il più possibile la vita e l’attività dei sudditi. Ne è un esempio l’agire di Federico II di Prussia nella Guerra dei sette anni e nella Guerra per la successione Austriaca.

Oltre la religione e la nazione

II nuovi eserciti statali

La formazione di eserciti statali professionali e permanenti fu la novità che caratterizzò l’etàdell’assolutismo. Prima di tale novità gli eserciti erano composti perlopiù da mercenari, ma a partire dal seicento quello del soldato divenne un mestiere stabile. Inizialmente erano volontari reclutati, alla quale veniva dato uno stipendio regolare per tutto il tempo del servizio. Successivamente la figura del soldato e anche le cariche ufficiali (che prima potevano essere acquistate) divennero cariche professionali che si potevano ottenere solo tramite l’iscrizione a istituti statali di formazione.

I motivi delle guerre erano perlopiù territoriali e legati a questioni dinastiche, la religione non rappresentava più un motivo di guerra. Ne è un esempio la concorrenza delle dinastie, entrambe cattoliche tra gli Asburgo e i Borbone per la supremazia continentale.

La riscossa dell’aristocrazia dopo la morte di Luigi XIV

La messa in discussione dell’assolutismo monarchico

Nel 1715, appena un anno dopo l’ascesa del primo Hannover al trono d’Inghilterra, a Parigi moriva Luigi XIV. In Francia ebbe infatti inizio una nuova fase, durante la quale il potere monarchico, venne ripetutamente messo in discussione. A intralciare le iniziative regie furono da una parte i vecchi ceti privilegi (aristocrazia e clero), che nel corso degli anni avevano riacquistato vigore, dall’altra parte gli illuministi che con le loro idee progressiste davano voce e sostegno teorico al malcontento popolare e alla cosiddetta “opinione pubblica”. Durante questo periodo le alleanze e le convergenze mutarono più volte

Chiara

La reggenza di Filippo d’Orléans

Il successore di Luigi XIV era il nipote Luigi XV, che però all’epoca aveva solo cinque anni, così a reggere il paese fu all’inizio Filippo II di Borbone, duca d’Orléans il cui era influenzato dalle opere di un nucleo di intellettuali che si battevano per il rilancio dell’aristocrazia e dei suoi poteri tradizionali. Tra questi vi erano l’arcivescovo Fénelon, e lo storico e teorico politico Henri de Boulainvilliers. Sotto la reggenza di Filippo, il Parlamento di Parigi riacquisì immediatamente quel diritto di rimostranza, che aveva perduto durante il regno del re Sole. Filippo istituì infatti il sistema della polisinodìa, ovvero un sistema di governo articolato in sei consigli (consiglio di coscienza per i temi religiosi e morali; consiglio delle relazioni esterne; consiglio di guerra; consiglio della marina; consiglio delle finanze; consiglio degli interni e del commercio), ciascuno composto da dieci membri, molti dei quali appartenenti alla vecchia aristocrazia. L’insieme di questi consigli costituiva il consiglio di reggenza che ricalcasse la tradizione, ribaltando le tendenze eccentriche del governo di Luigi XIV.

La politica finanziaria di John Law

L’iniziale successo

All'epoca la quantità di cartamoneta emessa da una banca non poteva superare il valore dei metalli preziosi in essa depositati, in modo che, su richiesta, il denaro potesse essere immediatamente convertito in oro e in argento. Law riteneva che questo metodo fosse superato e che la base delle emissioni di cartamoneta potesse essere legata anche ad altri beni, come la terra e il capitale azionario. Allo scopo di potenziare il mercato azionario per attrarre investitori e mettere in circolazione nuovi capitali, egli ottenne dunque il permesso di istituire una compagnia commerciale finalizzata allo sfruttamento delle potenzialità economiche della Louisiana. Le azioni di questa compagnia "Compagnia delle Indie occidentali" vennero inizialmente molto apprezzate dagli investitori, i quali ne fecero incetta causando un notevole aumento della circolazione di capitale, Sull'onda di tali successi, nel 1720 Law venne nominato controllore generale (cioè ministro delle Finanze) della Francia.

Durante la reggenza di Filippo d'Orléans, lo Stato francese rischiò la bancarotta. Non intendendo aumentare le tasse ai ceti privilegiati nel timore di una nuova Fronda, Filippo pensò di portare qualche sollievo al dissesto economico ricorrendo all'operato di John Law, uno spregiudicato finanziere scozzese che fu autorizzato a fondare una banca abilitata a emettere cartamoneta, nella speranza che l'aumento della massa monetara in circolazione potesse rianimare l'economia del paese.

L’esito negativo della manovra

Le iniziative di Law avevano tuttavia alimentato una vera e propria bolla speculativa, che poco tempo dopo cominciò a sgonfiarsi. La Compagnia delle Indie occidentali si rivelò un fallimento e vi fu una corsa febbrile a sbarazzarsi delle azioni e a riconvertirle in moneta. Sopraffatta dalle richieste, la banca di Law, che faceva da garante alle operazioni, non poté che annunciare la sospensione dei pagamenti e il finanziere scozzese, fuggì precipitosamente dalla Francia, lasciando sul lastrico molti creditori. Questa vicenda evidenziò in modo paradigmatico la diversa situazione di Francia e Inghilterra: sebbene in entrambi i paesi fossero state fatte scelte liberistiche, gli investitori francesi non erano tutelati da un'istituzione come il Parlamento inglese, ovvero da un organo che, essendo elettivo, non avrebbe abbandonato la popolazione in difficoltà.

Il lungo regno di Luigi XV

Il governo di Fleury

Nel 1723, alla morte di Filippo d'Orléans, Luigi XV continuava ad essere minorenne; ad assumere di fatto la guida del Regno fu pertanto il suo precettore, il cardinale André-Hercule de Fleury. Per una ventina d'anni questi si sforzò di trovare un punto di equilibrio tra le diverse fazioni che si contendevano l'iniziativa politica. Dopo i fasti assolutistici di Luigi XIV, il controllo della corte era tornato nelle mani delle varie famiglie aristocratiche e Fleury nel 1730 decise di assecondare i desideri della fazione di corte più fedele alla Chiesa romana. Egli cercò dunque di trasformare in legge dello Stato la bolla Unigenitus Dei Filius ("Figlio unigenito di Dio") emanata nel 1713 da papa Clemente XI contro i giansenisti e accolta all'epoca da Luigi XIV. Di fronte a questo tentativo il Parlamento di Parigi, geloso custode dell'autonomia della Chiesa gallicana, ingaggiò un nuovo prolungato conflitto con la monarchia.

Luigi XV e le “rimostranze” del parlamento

Alla morte di Fleury (1743), Luigi XV ritenne che fosse giunto ormai il momento di governare in prima persona. Il sovrano sarebbe morto nel 1774: se si contano anche gli anni della minore età, il suo regno (1715-1774) fu dunque lungo quasi quanto quello del predecessore, mentre il suo potere - diversamente da quello di Luigi XIV, che era costantemente cresciuto - venne continuamente sottoposto a tensioni centrifughe. In particolare, trovatosi di fronte alla possibilità di una nuova stretta accentratrice e statalista, nel 1753 il Parlamento parigino pubblicò le Grandes remontrances ("Grandi rimostranze"), nelle quali riaffermava la propria funzione di custode e difensore delle leggi fondamentali dello Stato e adombrava la possibilità di dare vita a una nuova Fronda.

Il rinnovato potere dell'aristocrazia

Nel 1763 i Parlamenti imposero al re il licenziamento del ministro delle Finanze Henri- Léonard Bertin. Questi aveva proposto la creazione di un catasto moderno, sulla base del quale sarebbe stato possibile introdurre un più capillare ed equo sistema di tassazione, applicando le imposte sui beni privati in base alla loro capacità di produrre reddito, senza alcuna esenzione per le proprietà nobiliari ed ecclesiastiche. Il licenziamento del suo promotore era la prova evidente del fatto che i vecchi ceti privilegiati - le cui aspirazioni erano parzialmente espresse proprio dai Parlamenti - avevano ormai riacquistato il controllo della situazione. Del resto, ciò era già accaduto negli anni Cinquanta, quando i Parlamenti avevano sabotato la nuova imposta del vingtième, la quale era destinata a colpire tutti, compresi i ceti che fino ad allora avevano a vario titolo goduto di esenzioni fiscali. Introdotta dal controllore delle Finanze Jean-Baptiste Machault, tale imposta si era rivelata assai efficace, ma aveva scatenato una reazione così forte da parte degli aristocratici da obbligare il governo a tornare sui propri passi.

Luigi XV contro i Parlamenti

Il “colpo di stato” di Maupeou

L’ascesa della borghesia

Nel 1768 divenne cancelliere di Francia René Nicolas de Maupeou, il quale riuscì a convincere Luigi XV a effettuare una svolta antiparlamentare che per la sua radicalità assomigliava molto a un colpo di Stato. A partire dal 1770 le leggi che regolamentavano l'operato e le prerogative dei Parlamenti vennero infatti trasformate in vista di un rafforzamento dell'autorità regia.Il re mise inoltre mano al governo: al dicastero degli Esteri il filoparlamentare Étienne-François de Choiseul che guidava la politica estera della Francia dal 1758, venne sostituito dal duca di Aiguillon qualche anno prima era stato allontanato dal Parlamento locale della Bretagna (dove rappresentava il re) con l'accusa di volere trasformare il governo monarchico in puro e semplice dispotismo. A controllare le finanze pubbliche, formando con Maupeou e Aiguillon una triade di governo filomonarchica, era stato nel frattempo chiamato Joseph-Marie Terray (anch'egli tutt'altro che ben disposto nei confronti delle pretese dei Parlamenti. I tre nuovi governanti si impegnarono a ricondurre questi ultimi entro quelli che ritenevano dovessero essere i loro limiti, ed ebbero qualche successo nel temperarne e circoscriverne le continue resistenze al potere regio.

Al tempo stesso la politica di Maupeou, Aiguillon e Terray si indirizzò verso la promozione del commercio transoceanico, specialmente con le Indie occidentali. Malgrado gli insuccessi di Law e la perdita del Canada e di altri territori nell'America del Nord al termine della Guerra dei sette anni, si prospettava per la Francia il promettente scenario di un rilancio economico: il rinnovarsi e il rafforzarsi dei commerci erano la prova dell'esistenza di un'emergente borghesia degli affari, la quale cominciava ad affiancarsi ai vecchi ceti privilegiati nel pretendere un'adeguata considerazione da parte del governo.

Abiti diversi per diversi contesti sociali

Poniamo qui a confronto il ritratto di un aristocratico francese con quello di un ingiete appartenente alla borghesia di campagna (la gentry). Pur vivendo all'incirca nella stessa epoca, i due personaggi raffigurati appartenevano a società diverse per valor e consuetudini: la Francia, che ancora si faceva custode di privilegi legati al ceto di appartenenza, e l'Inghilterra, che invece si muoveva in direzione di una modernizzazione sia politica sia sociale.

L'abito del borghese, di colore scuro e ravvivato da un gilet chiaro è essenziale e discreto. Inoltre, a differenza dell'alto dignitario francese, egli non porta la parrucca.

Per gli esponenti dell'alta aristocrazia francese (come il dignitario di corte qui raffigurato), la parrucca era un elemento irrinunciabile di autorappresentazione e di dimostrazione del proprio status. Più che offrire un'autentica protezione contro eventuali colpi di arma da taglio o da fuoco, un’armatura costituiva un elemento ornamentale e simbolico.

Le trasformazioni economico-sociali del 700

+ info

Nel corso del Settecento gli abitanti dell'Europa e dei paesi collegati al suo sistema economico, vissero un'esperienza di graduale ma continuo mutamento; i risultati diventarono evidenti verso la fine del secolo. Il cambiamento basilare fu quello dell'incremento demografico, che alla fine del Settecento risultava notevolmente in crescita. Inoltre vi fu un'espansione dei centri urbani, dunque un miglioramento dei trasporti e delle comunicazioni, e nel mondo del lavoro si instaurarono nuovi rapporti tra "padroni" e dipendenti. In Europa dunque, si passò dai 115 milioni di abitanti del 1700 ai 188 del 1800; in America sị passò dai 13 milioni di abitanti dell'inizio del secolo ai 24 durante la fine di esso, in Asia, si passò da poco più di 400 ad oltre 600 milioni. In passato erano già accaduti episodi di crescita demografica, ma a causa di pestilenze, guerre o carestie, vi furono delle fasi di regolamentazione della popolazione. Nel 700 invece si avviò un ciclo costante, ciò vuol dire che la popolazione continuò a crescero in modo stabile.

Stefano

Le trasformazioni del mondo agricolo e del paesaggio

Il miglioramento delle tecniche agricole

Nel Settecento aumentarono le superfici di suolo coltivate necessarie per sfamare la popolazione; in alcune aree vennero sperimentate nuove tecniche agricole grazie allo studio dell'agronomia. Da un'agricoltura di tipo estensiva, cioè finalizzata ad un'espansione della superficie coltivata, si passò ad un agricoltura di tipo intensivo, cioè ad un aumento della resa a parità di terra lavorata. Tutto questo fu reso possibile grazie all'investimento di capitali impiegati per migliorare le tecniche di coltivazione e il mantenimento del bestiame.

Le trasformazioni del mondo agricolo e del paesaggio

La recensione dei campi

Altrettanto importante fu la realizzazione delle recinzioni dei campi che, partita dall'Inghilterra, si estese in tutta Europa. Grazie alla chiusura dei terreni, fu possibile segnare confini e limitare il pascolo del bestiame all'interno del campo privato. Cominciò così a prendere forma un nuovo paesaggio agrario. Furono impiantate nuove colture, come il mais e la patata, in quanto il ciclo di coltivazione molto breve permetteva un rendimento eccellente. Questi due alimenti, furono fondamentali per la sopravvivenza di alcune popolazioni durante carestie, guerre, pestilenze o periodi di infertilità del terreno. In Europa però la patata venne vista con occhio discriminatorio in quanto somigliava ad un tubero velenoso, successivamente venne svalorizzato come alimento da dare in pasto ai suini o ai galeotti. Il primo paese ad utilizzarla eliminando i pregiudizi fu l'Irlanda.

L'organizzazione e il miglioramento dei trasporti e delle comunicazioni

La nuova vita in città

Mentre le campagne e i suoi abitanti continuarono ad espandersi, le città e i suoi abitanti percepivano l'aumento della popolazione come un peso. Con l'eccezione delle capitali, l'Europa era un continente di piccoli insediamenti. Molti di essi erano racchiusi dalle mura e venivano chiamati città, ad oggi invece per la concezione odirna invec essi possono essere assimilati a paesi oppure villaggi. Nella Gran Bretagna del 1750, meno di un quinto della popoiazione viveva in centri con più di 5000 abitanti e solo cinque di essi ne contavano più di 25.000. Nel 1790, appena due città superavano i 50.000 abitanti, mentre nel 1801 ve ne erano già otto. Nel 1850, un quarto degli inglesi faceva parte di insediamenti urbani con più di 25.000 abitanti e ben 29 ne contavano più di 50.000.

L'organizzazione e il miglioramento dei trasporti e delle comunicazioni

L'urbanizzazione e il miglioramento dei trasporti e delle comunicazioni

Il cambiamento del tenore di vita, delle abitudini e del consumo di nuovi prodotti, si verificò maggiormente nelle città. Vennero utilizzati nuovi prodotti come il tè, il caffè, lo zucchero, e il tabacco, provenienti dalle colonie europee e successivamente commerciati in tutto il mondo. Mentre le città e i terreni coltivati diventavano sempre più estesi, il tempo necessario per spostarsi da un luogo all'altro si accorciava. Nel 700 ci furono miglioramenti nel sistema di trasporti e nella rete delle comunicazioni via terra e via mare, che interessarono paesi come la Francia e l'Inghilterra. Nel passato, per recarsi da Londra a Edimburgo occorrevano 15 giorni; successivamente solo tre. Si viaggiava sempre più in fretta e a costi più bassi. Dunque con uno sviluppo delle reti di comunicazione, in molti paesi nacque il servizio delle poste, creato per contribuire a ridurre la distanza tra le persone.

I cambiamenti del mondo del lavoro

Il 700 fu importante anche per il cambiamento nel mondo del lavoro.

Nel medioevo le attività lavorative erano organizzate nel sistema delle corporazioni di arti e mestieri. Esso era basato su una rigida gerarchia di funzioni. Ad esempio il garzone, aveva il dovere di aiutare il maestro e doveva giurare di rimanere fedele solo alla bottega che lo aveva accolto. Inoltre i maestri aveva un patto, ossia dovevano fornire tutte le comodità consono per un buon lavoro del garzone e del "lavorante", successivamente finito il contratto di lavoro, i maestri non lasciavano andare via i loro "apprendisti", in quanto dovevano assicurarsi che essi fossero divenuti maestri. Tutto ciò faceva parte dell'ordine sociale dell'antico regime, segnato da autoritarismo e solidarismo. Il sistema delle arti e dei mestieri era dunque funzionale al mantenimento dell'ordine sociale, ma costituiva comunque una comunità chiusa e autosufficiente. Tra la fine del seicento e i primi decenni del settecento, si assistette a un indebolimento dei vincoli gerarchici e solidaristici delle corporazioni. Da un lato, i governi iniziarono a pretendere per sé, sottraendo il potere alle corporazioni; dall'altro i lavoranti persero quelle garanzie di un futuro inserimento nei livelli superiori dell'arte che gli avevano motivati a sopportare condizioni di dipendenza spesso opprimenti. I maestri-mercanti, cominciarono a sentirsi come capi e padroni dei maestri-artigiani. Successivamente iniziò ad affermarsi il principio di concorrenza che le corporazioni avevano sempre contrastato, si indeboli la rigida struttura gerarchica delle arti, con il conseguente indebolimento deile garanzie di assistenza e di sicurezza per i lavoratori. All'inizio del 700, nel mercato del lavoro irruppe anche la manodopera femminile, che nell'ambiente tipicamente misogino (maschilista) in cui si svolgeva gran parte del lavoro corporativo costituiva quasi un'eresia, e, a causa della minore retribuzione pretesa dalle donne, fini per diventare un importante fattore concorrenziale.

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INCREMENTO DEMOGRAFICO

Gli storici sono incerti sulle cause di questo fenomeno; tuttavia si può pensare ad un miglioramento generale del clima, il quale consentì un miglior tenore di vita. Altri invece pensano che sia stata la minor incidenza delle pestilenze, probabilmente dovuta al rafforzamento di difese immunitarie. Altri ancora attribuiscono ciò alla capacità dei governi di controllare il territorio ed intervenire tempestivamente in soccorso alla popolazione in caso di carestia. In Europa le cause principali dell'aumento della popolazione furono: il calo della mortalità, l'aumento della natalità e l'abbassamento di alcuni anni dell'età media delle donne al momento del matrimonio; importante perché esse poterono godere di un ciclo riproduttivo più lungo, mettendo al mondo più figli.

I Paesi Bassi spagnoli e il Ducato di Milano, ad esempio, erano entrambi possedimenti spagnoli nel 1648 e austriaci nel 1748, ed entrambi erano molto lontani dalla sede della corte che li governava. Allo stesso modo l'Italia meridionale e insulare era separata dal Regno di Spagna (di cui fece parte fino al 1713 e poi nuovamente dal 1735) da un'ampia porzione di mare, e quando per un certo periodo (1713-1734) divenne un dominio austriaco, tra il suo territorio e Vienna si trovavano molti altri Stati italiani

Battaglia di Vienna 1683

Nonostante l’inizio di un periodo di decadenza, gli Ottomani erano decisi a riprendere l’offensiva in direzione dei domini austriaci. Il 13 maggio 1683 partì l’offensiva da Belgrado che portò le truppe turche del visir Kara Mustafa, alle porte della capitale austriaca. Per due mesi la città resistette ai tentativi di assalto ottomani, ma all’inizio del mese di settembre sembrò sul punto di cedere, la diplomazia austriaca si diede da fare per formare un’alleanza anti-turca, caldeggiata dal papa Innocenzo XI: a rispondere all’appello furono soprattutto i principi tedeschi e il re polacco Jan Sobieski, forte di una cavalleria tra le più potenti d’Europa attaccò in forze le truppe ottomane, che colte di sorpresa vennero travolte dall’impatto con la forte cavalleria polacca e vennero costrette alla fuga. L’assedio di Vienna e la sua conclusione favorevole alle forze cristiane, segnò l’inizio del lento abbandono dell’area balcanica da parte degli Ottomani.