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AMORE ENEA E DIDONE

Veronica Imbrogno

Created on January 22, 2024

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Transcript

Amore crudele tra enea e didone

indice

amore in saffo

VULNUS AMORES

storia d'amore

AMORE COME FOLLIA...

AMORE COME MALATTIA..

didone INNAMORATA

"LOVE'S NOT TIME'S FOOL"

AMORE IN UNGARETTI

chi era enea?

un altra prospettiva...

AMORE IN CATULLO

amore come FIAMMA..

CURIOSITà..

01

UN AMORE IMPOSSILE

Un amore ingiusto, un amore crudele, un amore che consuma in tutta la usa ferocia, senza umana pietà. Due personaggi, Enea e Didone. Una storia tanto remota e lontana nel mito quanto vicina e tangibile oggigiorno nella disperazione di mille fanciulle tradite dal più nobile dei sentimenti. Un uomo e una donna vittime del capriccio del Fato

  • L'incontro: fuggito da una Troia in fiamme, è proprio a Cartagine che Enea, il pio eroe per eccellenza, trova rifugio. I racconti di Enea hanno affascinato la regina Didone. E, grazie all’intervento di due dee, Venere e Giunone, , i due si innamorano.
  • Il nuovo sentimento infiamma l’animo di Didone che, trovato sostegno nella sorella Anna, si abbandona alla passione e, colma di attenzioni per il suo amato, smette di amministrare il regno e portare a compimento le opere iniziate. Per ricorrere al suo stato d'animo Virgilio utilizza una similitudine:

"La fiamma le divora le tenere midolla e sotto il petto vive una muta ferita. L’infelice Didone arde ed erra furiosa per tutta la città, come una cerva incauta che –dopo averla inseguita con le frecce- un cacciatore tra le selve di Creta di lontano ha ferito con un’acuta saetta, lasciando senza saperlo confitto nel suo fianco il ferro alato. Lei corre in fuga, affannata, per le foreste e le balze dittèe, recando infitta nel fianco la canna mortale."(l.IV, vv.85-94)

  • Durante una battuta di caccia, infatti, a causa di un fortissimo temporale, Didone ed Enea sono costretti a rifugiarsi in una caverna, dove viene finalmente celebrata la loro unione. Come ci racconta l’autore, però,:
"Fu quello il primo giorno di morte e l’origine prima d’ogni sventura; non bada al suo decoro Didone, né alla sua fama e non più vagheggia un amore furtivo; lo chiama connubio, vela con questo nome la colpa.”( l.IV, vv.169-172)
  • Una terribile notizia giunge infatti a Cartagine: Mercurio, inviato da Giove, riferisce ad Enea che il volere divino prevede che lui riparta immediatamente per l’Italia, per realizzare il compito voluto dal Fato. L’eroe, seppur sgomento, non si oppone e pur sapendo quanto doloroso sia dare la notizia, fa preparare di nascosto delle navi per la partenza,
  • E quando lei lo scopre e, adirata, gli si scaglia contro, lui si difende alla meglio. Dicendo che, se avesse avuto scelta, avrebbe preferito vincere la guerra e non perdere né Troia né sua moglie Creusa. Ma il Fato ha voluto così. E, del resto, lui non ha mai celebrato nozze ufficiali con la regina, né ha inteso farlo. Perché non poteva privare né sé stesso, né il proprio figlio, né i Troiani che lo avevano seguito della grandezza che li aspettava. Come se non bastasse, così l’eroe conclude il discorso:
"Cessa di affliggere, perciò, te stessa e me coi tuoi lamenti: non per mio volere vado inseguendo le spiagge d’Italia. (Eneide, IV, vv. 558-562)"
  • Disperazione, pazzia e rabbia iniziano ad entrare nel cuore dell'anima della regina. La mente diventa insana e l'idea di una vita senza quell'animo che si era specchiato nel suo diventa insopportabile. Didone, nel pieno del suo sentimento amoroso che, si erge sempre sul confine con l’odio, alterna parole di immensa rabbia a suppliche, conscia della terribile solitudine e disonore a cui sarà esposta dopo l’abbandono. Ogni parola è vana: questo atteggiamento irremovibile la trascina in un’ira ancor più bruciante; nemmeno Anna riesce a convincere Enea a rimandare la partenza. Su questi presupposti, la regina medita la propria morte.
  • Didone,con un inganno, convince la sorella Anna ad allestire un rogo su cui viene deposta la spada di Enea. L’ultima notte di Didone è segnata da mille pensieri che si affollano nella sua mente, la morte appare come liberatrice e giusta punitrice allo stesso tempo. Enea, nel frattempo, affretta la partenza e si allontana
  • Didone, dopo aver appiccato il fuoco e maledetto il suo amato ancora una volta, si getta sulla sua spada. Anna, ignara del reale motivo di quel rogo, giunge troppo tardi, non riuscendo a fermarne il sangue che scorre copioso. Giunone, mossa a pietà per quella vita che si spegne ancora nel fiorire degli anni,invia sulla Terra Iride a liberare la sventurata da quei tormenti. Iride le recide il capello che lega il mortale alla vita terrena. Soltanto allora l’anima di Didone abbandona il corpo e si dissolve nell’aria.

DIDONE

Didone, bella, piena di fascino e aristocratica, era una principessa fenicia, figlia del re di Tiro e moglie di Sicheo. Alla morte del padre salì al trono insieme a suo fratello Pigmalione ma quest’ultimo, avido di potere e geloso delle ricchezze del cognato, uccise Sicheo. Didone lasciò Tiro con buona parte della corte al suo seguito e con l’oro del marito defunto cominciò una lunga peregrinazione, fin quando approda sulle coste dell’Africa settentrionale. Qui ottiene dal re Iarba, di lei invaghitosi, il permesso di potersi stabilire ottenendo tanto terreno «quanto ne poteva contenere una pelle di bue».Didone astuta come poche e dimostrando di avere doti di grande intraprendenza, tagliò la pelle di bue in striscioline talmente sottili, le mise in fila e delimitò con esse il territorio sul quale avrebbe fondato la nuova città Cartagine. Didone, la regina che un tempo era forte, arguta, abile a fuggire i pericoli mortali e capace di far sorgere dal nulla un regno per sé e per il suo popolo, si trasforma in una donna che perde il ben dell’intelletto, smarrita e in preda alla follia. Risulta totalmente impreparata al sentimento, soccombe all’amore come una sprovveduta qualunque.

"Quanto alla divina follia ne abbiamo distinto quattro forme […]. La quarta, la più eccelsa, è sotto l’influsso di Afrodite e di Amore” – Fedro, Platone

Enea e la sua colpa

Enea è figlio della “tessitrice d’inganni” Venere, la quale lo ha destinato a grandi onori. Dovrà fondare una nuova città sulle coste italiche e perpetrare così la discendenza troiana.Qual è dunque, la colpa di Enea? Il suo comportamento. Enea appena venuto a conoscenza che dovrà lasciare Cartagine, pensa di svignarsela nottetempo, come un codardo all’insaputa della regina.Enea, intrepido eroe in battaglia diventa un pavido omuncolo quando si tratta di assumere le proprie responsabilità di fronte ad una donna.

Enea le ha dato la ragione di morte e una spada. Didone è caduta di sua propria mano

Ovidio

aMORE COME MALATTIA

aMORE COME FIAMMA...

Il mito di Didone è un mito preesistente, che viene dall'antica Fenicia, e anche Ovidio attingerà ad esso. L'autore immagina la regina come scrittrice, che affida tutto alla poesia. Le parole sono l'unica ancora di salvezza per Didone per convincere Enea a rimanere, nonostante nell'Heroides VII scriva "E non mi rivolgo a te nella speranza di poterti commuovere: questa iniziativa è contro il volere del dio." In questa lettera si noti la fiamma che arde in Didone "Brucio come le fiaccole di cera impregnate di zolfo, come l'incenso delle devozioni versato sui roghi fumanti."

Entra in scena il tema del vulnus amoris ricorrente nella letteratura, dai lirici greci in poi...

VULNUS AMORIS

  • «Volnus alit venis et caeco carpitur igni» (Eneide, IV, v. 2):

nutre la ferita nelle vene ed è consumata da un fuoco nascosto,

  • «Solus hic inflexit sensus animunque labanter /impulit» (Eneide, IV, vv. 22-23)

egli soltanto ha toccato i miei sensi e mi ha smosso l’animo così da renderlo vacillante

UN PASSO INDIETRO: I LIRICI GRECI E LA FERITA D'AMORE

Archiloco, fr. 193 West

Una ferita inflitta nelle vene per Didone,attraverso le ossa per Arcchiloco.

"Miserabile giaccio senza respiro struggendomi nel desiderio, trafitto fino alle ossa da dolori acuti per volere degli dei"

L'AMORE COME MALATTIA...

PER DIIDONE NON È FELICE, È PIEGATA DA PROFONDA PASSIONE, SOFFRE PER QUELLA MALATTIA CHE SI CHIAMA AMORE. GIÀ ARISTOTELE AVEVA CLASSIFICATO L'AMORE NELL'AMBITO DELLE MALATILE, ANZI LO CONSIDERAVA UN MALE GRAVISSIMO PERCHÉ PORTA ALLA PAZZIA

"Post ubi digressi, lumenque obscura vicissim / luna premit suadentque cadentia sidera somnos, / sola domo maeret uacua stratisque relictis / incubat". (Eneide, IV, vv. 80-83) "Poi una volta che si sono separati E la luna a sua volta oscurata nasconde la luce e le stelle tramontando invitano al sonno, (Didone) si affligge sola nel palazzo vuoto e giace sulle coperte abbandonate."

La descrizione dell'amore come malattia non è una novità virgiliana. Prima del poeta, a Roma, basti pensare a Catullo, ma soprattutto in Grecia, non erano mancati illustri esempi letterari. La lirica greca, come la poesia di Saffo, e successivamente anche la tragedia, avevano descritto la passione amorosa come un terribile tormento, capace di fiaccare le forze e di togliere il senno.

Virgilio recupera dunque una tradizione consolidata, adattandola perfettamente alla propria storia, di cui cura ogni dettaglio in ogni momento: il dissidio interiore della regina, il tormento bruciante, la ricerca della compagnia dell'eroe e la difficoltà di comunicare con lui quando le è vicino, i danni subiti dalla città, della cui sicurezza Didone non si occupa più, dunque trascura quelli che rappresentano i suoi doveri

"Ora il vento s'è fatto silenzioso"

di Giuseppe Ungareltti

La malattia d’amore: Nello scenario di una natura silenziosa risuona il grido solitario di Didone per Enea che l’ha abbandonata, per l’amore tradito, per l’umiliazione subìta, per il dolore di non essere altro che cosa abbandonata, oggetto debole, senza più forza, senza più vita (Da quando più non sono). La fine dell’amore rappresenta la fine della vita, della bellezza, che sfiorisce, men- tre la vecchiaia avanza.

"O E silenzioso il mare; Tutto tace; ma grido Il grido, sola, del mio cuore, Grido d’amore, grido di vergogna Del mio cuore che brucia Da quando ti mirai e m’hai guardata E più non sono che un oggetto debole. Grido e brucia il mio cuore senza pace Da quando più non sono Se non cosa in rovina e abbandonata.

CATULLO E GLI EFFETTI DELL'AMORE NEL CARME 51

TRADUZIONE:Assomiglia a un dio, superiore, se è lecito, agli dei colui che guarda e insistentemente ascolta che ridi dolcemente te stando seduto di fronte ciò a me misero strappa tutti i sensi: infatti o Lesbia, appena ti vedo non mi rimane un filo di voce; ma la lingua si intorpidisce, una fiamma sottile si diffonde sotto le membra, le orecchie risuonano di un rimbombo particolare. Gli occhi si appannano di notte. L’ozio, o Catullo, ti è dannoso a causa dell’ozio ti esalti e sfreni troppo; l’ozio un tempo rovinò re e città prospere.

TESTO;Ille mi par esse deo videtur, ille, si fas est, superare digos, qui sedens adversus identidem te spectat et audid dulce videntem, misero quod omnis elidit sensus mihi: non simul te, Lesbia aspexi, mihi est super mi vocis in ore; lingua sed torpet, tenuis sub ertus clon demovet, sonitu suopte tintinant aures, genita teguntur lumina nocte. Otium Catulle tibi molestum est, otio exultasminiumque gestis; otium et veges prius et beatos perdidit urbes.

Amore in saffo NELL'ODE DELLA GELOSIA (FR.31VOIGT

L’ode di Saffo descrive la potenza dell’amore e i suoi effetti devastanti sull’animo. Esprime l’amore che la poetessa prova per una fanciulla, appartenente al tiaso, che deve partire perché promessa in sposa ad un uomo tramite un “contratto matrimoniale”:

φαίνεταί μοι κῆνος ἴσος θέοισιν ἔμμεν' ὤνηρ, ὄττις ἐνάντιός τοι ἰσδάνει καὶ πλάσιον ἆδυ φωνεί- σας ὐπακούει καὶ γελαίσας ἰμέροεν, τό μ' ἦ μὰν τό μοι μὰν καρδίαν ἐν στήθεσιν ἐπτόαισεν, ὠς γὰρ <ἔς> σ' ἴδω βρόχε' ὤς με φώναισ' ὠς σε γὰρ ἴδω φώνας οὐδ' ἒν ἔτ' εἴκει, ἀλλ' †κὰμ μὲν γλῶσσα †ἔαγε λέπτον ἄκαν δ' αὔτικα χρῶι πῦρ ὐπαδεδρόμηκεν, ὀππάτεσσι δ' οὐδὲν ὄρημμ', ἐπιρρόμ- οὐδ' ἒν ἐπιβρόμεισι βεισι δ' ἄκουαι, †έκαδε μ' ἴδρως [ψῦχρος] κακχέεται τρόμος δὲ κὰδ δέ μ…

Mi sembra simile agli dei quell’uomo, che siede davanti a te e vicino ti ascolta parlar dolcemente e ridere amorosamente. A me questo sconvolge il cuore nel petto, ti vedo appena e non riesco più a parlare, la lingua si spezza, un fuoco sottile mi corre sotto la pelle, gli occhi non vedono più, le orecchie rimbombano, mi prende un sudore gelido. Mi afferra tutta un tremito e sono più verde dell’erba Mi sembra di morire Ma tutto si può sopportare…

Qui Saffo vede come un dio l’uomo, poiché siede di fronte alla fanciulla e l’ascolta ridere e parlare; la gelosia ha il sopravvento, come hanno il sopravvento le emozioni che prova in quel momento: il cuore perde il battito, la lingua non riesce più a muoversi, il fuoco la pervade e la fa sudare freddo, non vede e non sente niente; pensa che sta per morire. Si è lasciata trasportare troppo da questo sentimento, tanto che la sta conducendo fino alle porte dell’Ade. Rispetto a Catullo nel carme 51, Saffo esprime ancora meglio la sofferenza che la pervade. Ha scritto un’ode che rappresenta l’amore femminile, incondizionato, un amore da cui dipende la vita stessa. Esprime completamente i suoi sentimenti, rivelando il suo animo al lettore, aprendo la sua mente e il suo cuore, mostrando non solo gli effetti interni di questo amore (la lingua spezzata, le orecchie che rimbombano, il cuore sconvolto, gli occhi che non vedono più, un fuoco che passa sotto le membra), ma anche quelli esterni (è verde come l’erba, la prende un sudore gelido e sente che sta per morire). Catullo, invece, non dimostra esternamente ciò che sta provando, tiene tutto dentro sé. Ma una cosa in comune è che entrambi soffrono per il medesimo motivo… l’amore.

amore come follia...

«Uritur infelix Dido totaque vagatur urbe furens qualis coniecta cerva sagitta» «Brucia infelice Didone e vaga in preda a furore per tutta la città, come una cerva colpita da una freccia» (ENEIDE IV, vv 68-69) "Iliacosque iterum demens audire labores / exposcit pendetque iterum narrantis ab ore" (Eneide, IV,vv, 78-79) "Chiede, pazza, di ascoltare di nuovo le sofferenze troiane e pende di nuovo dalle labbra del narratore."

«Illum absens absentem auditque videtque». ( ENEIDE IV, v. 83) Con questa frase si insiste sulla follia amorosa: Didone vede e sente Enea anche quando non c’è. In questa frase oltre che a marcare la distanza fisica tra i due, sottolinea la condizione di Didone, ovvero il suo essere appunto assente rispetto se stessa.

"love's not time fool"

TESTO: "Let me not to the marriage of true minds admit impediments. Love is not love which alters when it alteration finds, or bends with the remover to remove: o no! it is an ever-fixed mark that looks on tempests and is never shaken; it is the star to every wandering bark, whose worth’s unknown, although his height be taken. Love’s not Time’s fool, though rosy lips and cheeks within his bending sickle’s compass come: love alters not with his brief hours and weeks, but bears it out even to the edge of doom. If this be error and upon me proved, I never writ, nor no man ever loved."

TRADUZIONE: "Non sarò io ad ammettere ostacoli per l’unione delle anime sincere. L’amore non è amore se cambia al cambiare delle circostanze o si arrende scomparendo con chi scompare: oh no! È invece un faro sempre acceso che veglia nella tempesta e non vacilla; è, per ogni barca che si perde al largo, la stella dal valore ignoto, anche se ne è nota la distanza. L’amore non è zimbello del Tempo, anche se labbra e guance oggi rosee, saranno accerchiate dalla sua falce ricurva: l’amore non cambia nel giro di brevi giorni o ore, ma sa resistere fino alla fine dei tempi. Se io m’inganno e questo sarà dimostrato, io non ho mai scritto, né nessun uomo ha mai amato."

Ribaldiamo le prospettive...

E' appena uscito un libro che ribarta le prosettive; lo ha scritto Marilù Oliva, un’autrice che di mito se ne intende. E’ fresca reduce dal gran successo di un’altra rivisitazione classica al femminile, L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre (Solferino 2020) e ha avuto il coraggio e la competenza per rispondere alla domanda che in molte ci siamo fatte, : è andata davvero così? «Siamo quasi tutti/e rimasti delusi per il modo in cui una regina dal carattere così risoluto ha posto fine alla sua vita e abbandonando il progetto per cui si era impegnata verso il suo popolo» dice Marilù. Il suicidio di Didone, pur attestato dalla leggenda africana, «stona col personaggio, ma si inserisce perfettamente nella visione che Virgilio, che l’Eneide l’ha scritta, aveva della donna: varium et mutabile semper femina»

Marilù Oliva nel suo libro L’Eneide di Didone ci racconta un’altra verità. Una verità possibile, addirittura probabile. Che Didone «già guerriera, regina, viaggiatrice, colei che sfidò sovrani e popoli» si è innamorata, sì, ma forse non di Enea, del resto anche Virgilio ha commesso un’enorme forzatura, inventando la love story tra Enea e Didone: dal punto di vista cronologico, il loro incontro è incompatibile, poiché, secondo alcuni studiosi, la regina fenicia è vissuta nel IX secolo a.C., mentre Enea risale ai tempi della guerra di Troia, collocabile tra il XIII e il XII secolo a.C.!

Curiosità: complesso di didone

"viene definito Complesso di Didone, ogni volta che una donna forte si invaghisce di un uomo incapace, un inetto appunto."

Il "complesso di Didone" fa riferimento al sentimento di abbandono e dolore provato da Didone, la regina fenicia nell'Eneide di Virgilio. Dopo essere stata abbandonata da Enea, il fondatore di Roma, Didone si suicida. Il complesso di Didone è spesso evocato per descrivere la sofferenza di chi è stato abbandonato e vive un intenso senso di perdita amorosa, spesso associato a un amore non corrisposto. Questo termine è utilizzato in ambito psicologico e letterario per esprimere le profonde emozioni legate a un abbandono amoroso.

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I dubbi di didone e la sorella convincente

Didone è tormentata dalla promessa fatta sulla Tomba del suo defunto marito Sicheo:

Anna, però, non sembra preoccupata, anzi sostiene che, a maggior ragione, alla sorella convenga unirsi ai Troiani, formare con loro un solo popolo. Per di più dall’unione potrebbe nascere anche una gloria futura degli stessi Punici. La logica del suo discorso convince anche Didone, ma l’aver allontanato per il momento il dubbio tormentoso della mancata fede alla parola data, non la rasserena più di tanto.

"Se non avessi deciso irrevocabilmente di non voler mai più sposarmi con nessuno dopo che il primo amore se l’è preso la morte […] avrei forse potuto cedere a quest’unica colpa."(l.IV, vv.21-23 e 25)

Ma la sorella Anna, molto meno passionale e molto più pratica, senza mezzi termini le fa capire che la promessa di fedeltà al defunto è alquanto ridicola: "Credi che questo importi alla cenere e all’Ombra di chi è morto e sepolto?"(l.IV, vv.44-45)

Il fatto assume una connotazione tanto negativa perché si sa che l’unione con Enea non è destinata ad avere un futuro, si sa che Didone morirà suicida. L’unica a non saperlo è proprio la regina né ha piena coscienza di aver appena preso una decisione a scapito del suo buon nome. Però, essendo vittima di una congiura divina tramata alle sue spalle, la sua mente offuscata dall’amore non le permette nemmeno di immaginare i risvolti del suo gesto: infatti, la Fama si affretta a diffondere la notizia

La vita matrimoniale dei due è riassunta dall’autore in pochi versi, in riferimento alle voci che si erano diffuse per tutta la Libia: [la Fama] narrava: ch’era lì giunto Enea, di sangue troiano, che a lui come a sposo or si degna d’unirsi la bella Didone; or tutto l’inverno si godono in mutui piaceri, obliosi del regno e presi dal turpe diletto. (l.IV, vv.190-194)

"L'EFFERA DIDO"

L’effera Dido, con gli occhi iniettati di sangue e la pelle pallida, nel vedere all’alba, le vele dei Troiani già lontane, si trafigge con la spada che Enea stesso le aveva donato. Lancia un feroce anatema all’amato fuggitivo che legherà le stirpi di Troiani e Cartaginesi nell’odio per i secoli a venire.(come non menzionare le Guerre Punich

Nell'Heroides

-Didone disperata scrive una lettera ad Enea per distoglierlo dalla partenza. ( a volte meschina e opportunista) -la regina fa leva sui sensi di colpa, pietas, e dubbi di Enea per convincerto a rimanere a cartagine (annuncia la probabilità di essere incinta). -Didone ha più dignità: non si umilia, non supplica, non condanna Enea .- non vi è il dramma, phatos di Virgilio

-definisce, solo una volta, l'amato "Dardanide scellerato" (Ovidio, Heroides VII 133) -Didone utilizza l'immagine del fuoco per descrivere la sua passione d'amore che l'ha ridotta in 'ceneri', 'divorata dal fuoco.