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intellettuali e potere nell'antichità
giulii
Created on January 12, 2024
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Transcript
GIULIA PASSINO VA a.s. 2023/2024
rapporto tra intellettuali e potere
intellettuali e potere
Antica Grecia
Il rapporto tra intellettuali e potere costituisce un tema che si ripete nella storia dell'umanità, assumendo di volta in volta connotazioni diverse in varie epoche e contesti. Nell'Antica Grecia i filosofi, come Socrate e Platone, detenevano una grande importanza nella formazione dell’opinione pubblica, di conseguenza, spesso, erano sospettati dalle autorità politiche. Socrate, ad esempio, fu condannato a morte per il suo ruolo critico nei confronti del sistema politico ateniese. D'altra parte Platone tentò di implementare le sue idee politiche nella Repubblica ideale. Dunque l'Antica Grecia si prefigurava come un luogo in cui la libertà di pensiero poteva trovarsi in conflitto con il potere politico.
ANTICA GRECIA
Archiloco
trascorse un'esistenza da soldato mercenario partecipando alle guerre locali che per diverso tempo afflissero la Grecia, egli ripone nella sua lancia tutti i mezzi di vita e di sostentamento. Dalle sue parole traspare una sensibilità e una visione del mondo arcaica. Archiloco è un ribelle, in lui contrasto tra la volontà dell’uomo e la necessità di accettare le decisioni degli dèi è molto accentuato: egli non si lascia abbagliare dai falsi valori che regolano la società della sua epoca. Egli al contrario di ciò che era consuetudine nella sua epoca non esaltava i comandantiche rispettavano i canoni tipici della kalokaghatia della poesia epica, ma preferiva un capo piccolo e con le gambe storte, ma che nella battaglia sta saldo e pieno di coraggio. Il dramma più profondo dell’uomo greco arcaico è quello di riconoscere che l’uomo può decidere della sua vita e del suo destino in misura molto modesta. il rimedio è dunque riconoscere la propria condizione e saperla accettare virilmente.
ANTICA GRECIA
Archiloco: la satira politica
Egli è noto per la sua poesia satirica spesso pungente. Le sue opere prendono di mira individui specifici, istituzioni e convenzioni sociali, in un tentativo di esprimere la sua protesta contro le ingiustizie sociali e il potere corrotto. Nei suoi versi, critica apertamente le classi politiche e militari, rivelando un disprezzo per l'ipocrisia, la corruzione e la vanità dell'aristocrazia. Gli attacchi di Archiloco a coloro che ricoprivano ruoli di comando nelle forze armate evidenziano il lato brutale e ingiusto della guerra. La sua poesia spesso rifletteva le sue esperienze personali, inclusi conflitti familiari e rivalità amorose, utilizzate come pretesto per esprimere critiche più ampie sulla società e sulla corruzione.
ANTICA GRECIA
Archiloco: l'abbandono dello scudo
In una delle sue opere si vanta di aver abbandonato lo scudo sul campo di battaglia: il codice d’onore dell’epoca, in cui la società della vergogna era ancora nel suo splendore, prevedeva che il combattente non si separasse mai dal suo scudo: “O torni vivo col tuo scudo o torni cadavere sopra di esso”, dicevano le madri di Sparta. Ma per Archiloco abbandonare lo scudo voleva dire avere salva la vita, quindi opporre un valore concreto a una convenzione che: «L’ho abbandonato contro la mia volontà. Ma ho salvato me stesso. Che m’importa di quello scudo? In malora lo scudo. Presto ne comprerò uno non peggiore».
ANTICA GRECIA
Alceo
Visse in un periodo caratterizzato da intense lotte e tensioni interne. Infatti le fazioni aristocratiche si contendevano la conquista del potere, che spesso veniva assunto da un tiranno. Il poeta nutrì sempre una profonda avversione per la tirannide, al punto che si oppose agli sforzi dei governanti aristocratici di concentrare il potere nelle loro mani. Partecipò con i fratelli alla lotta contro Mirsilo, che uccisero in combattimento. Al potere seguì Pittaco, che in un primo tempo aveva lottato con Alceo, egli mandò in esilio gli aristocratici più contrari alla nuova dittatura, tra cui Alceo che fu mandato in Egitto. Pittaco tenne il potere per dieci anni, pacificò la città e fece tornare gli esuli. Tutta la vita di Alceo si svolse tra i due poli dell’impegno politico e letterario. La sua produzione letteraria comprende componimenti simposiaci, ma anche componimenti politici, i “canti della lotta civile”. Le poesie politiche erano spesso ispirate da un odio contro i nemici e i tiranni.
ANTICA GRECIA
Alceo e lo scudo gettato
Insieme con Pittaco Alceo combatté contro gli Ateniesi per il possesso del Sigeo, ma in un combattimento i Mitilinesi furono sconfitti e Alceo dovette gettare lo scudo: un’azione di cui provò sempre un’immensa vergogna, a differenza del poeta Archiloco che si ripromise di procurarsi uno scudo ‘non peggiore’ del primo. L'episodio viene spesso interpretato come un atto di codardia o di rifiuto di combattere in battaglia, ma vi sono diverse ipotesi: Come atto di codardia, Alceo avrebbe gettato via il suo scudo in un momento di paura di fronte al pericolo della battaglia; Come espressione di protesta, un gesto simbolico nei confronti delle autorità militari dell'epoca.
ANTICA GRECIA
Alceo: impegno letterario e politico
Alceo fu un poeta impegnato politicamente che utilizzò la sua poesia come mezzo per esprimere le sue opinioni e partecipare attivamente alle lotte politiche del suo tempo. Nelle sue poesie esprime il suo sostegno per una forma di governo più aperta e inclusiva. Alceo sembrava quindi sostenere idee più democratiche schierandosi per una partecipazione più ampia alla vita politica, esprimendo il desiderio di giustizia e di una società in cui il potere non fosse concentrato nelle mani di pochi. Per ridicolizzare i suoi nemici politici e per esprimere il suo dissenso e Alceo adoperava spesso l'espediente della satira politica. La sua satira era un modo di influenzare l'opinione pubblica e di sostenere il cambiamento politico. La sua critica agli aristocratici e il suo sostegno a idee più democratiche evidenziano il suo rapporto diretto con il potere politico nella sua comunità.
ANTICA GRECIA
Epicuro
La filosofia epicurea si basa sulla ricerca della felicità e della tranquillità dell'anima attraverso la minimizzazione del dolore e la massimizzazione del piacere. La filosofia epicurea non si concentra sulla partecipazione al potere politico, anzi egli consigliava di ritirarsi dalla politica e dalle questioni pubbliche. Riteneva che disturbasse la tranquillità dell'anima. Gli affari politici, con i loro conflitti e preoccupazioni, generavano turbamenti a discapito del benessere interiore.Temeva anche che l'impegno nella politica esponesse alla corruzione morale. Si incontravano situazioni in cui la virtù e la rettitudine morale venivano compromesse per raggiungere obiettivi. Inoltre l'epicureismo promuove uno stile di vita semplice e moderato. Egli credeva che la ricerca della felicità dovesse concentrarsi su piaceri duraturi.
ANTICA GRECIA
Epicuro: la ricerca della felicità
Due concetti fondamentali nella filosofia di Epicuro sono l'atarassia e l'apolitia.
Il termine "apolitia"(letteralmente "senza politica") indica l'invito epicureo al ritiro dalla politica. Nonostante ciò, Epicuro non era completamente indifferente alla società. Riconosceva la necessità di leggi e ordinamenti sociali per mantenere l'ordine, ma suggeriva la ricerca di tranquillità attraverso una vita semplice e il distacco dalle agitazioni politiche.
L'atarassia è uno stato di imperturbabilità e tranquillità dell'anima, raggiunta minimizzando il dolore e ricercando il massimo piacere quotidiano. Ciò non significa cedere ad ogni desiderio ed emozione, ma di raggiungere la tranqillità interiore moderando i desideri e di ricercare il piacere in modo saggio e bilanciato. Incoraggia alla moderazione e alla riflessione sulle proprie scelte.
ANTICA GRECIA
Socrate: il processo per empietà
Il rapporto di Socrate con il potere politico è caratterizzato da un certo grado di antagonismo, derivante dalla sua critica aperta nei confronti della democrazia ateniese e dal suo rifiuto di conformarsi alle aspettative delle autorità dell'epoca. Subì molti attacchi diretti alla sua persona: Aristofane scrisse una commedia contro di lui, le Nuvole. Ciononostante solo la democrazia restaurata dopo la caduta dei trenta tiranni procedette contro di lui accusandolo di ateismo e di corrompere la gioventù con i suoi insegnamenti. Fra gli accusatori il più influente era Anito, stratega della guerra del Peloponneso, aveva guidato a fianco di Trasibulo gli esiliati democratici a File ed al Pireo, uno degli uomini politici dirigenti. Egli era convinto che le dottrine socratiche rappresentavano un pericolo per lo Stato.
ANTICA GRECIA
Socrate: critica alla democrazia
Nelle opere di Platone, che tramandano i dialoghi di Socrate, emerge il suo scetticismo verso il sistema democratico. Alcuni punti principali della critica di Socrate alla democrazia sono:
Incapacità della folla di distinguere il bene dal male: la democrazia poteva portare a decisioni sbagliate a causa dell'incapacità della folla di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. La massa poteva essere facilmente ingannata dai demagoghi.
Il pericolo della demagogia: Socrate temeva che la democrazia potesse degenerare in demagogia, dove i leader popolari avrebbero cercato di attirare la folla, anziché impegnarsi in una governance basata sulla virtù e sulla giustizia.
Popolarità basata sulla persuasione retorica: la democrazia ateniese, basandosi sulla persuasione retorica e sull'abilità di parlare, poteva essere influenzata da discorsi persuasivi piuttosto che da un'autentica comprensione della verità. i politici potevano guadagnare consenso non attraverso la saggezza, ma manipolando la folla.
Ruolo della competenza e dell'educazione: Sottolineava inoltre l'importanza della competenza e dell'educazione per prendere decisioni politiche informate. Credeva che solo coloro che avevano ricevuto una formazione filosofica e comprendevano il bene comune dovessero partecipare al processo decisionale.
Paradosso della libertà individuale:metteva in discussione il concetto di libertà individuale nella democrazia, suggerendo che l'illusione di libertà potesse portare a un eccesso di individualismo che minacciasse la coesione sociale e la stabilità politica.
ANTICA GRECIA
Socrate: il processo per empietà
Durante il processo davanti all'Assemblea dei cittadini ateniesi, egli mantenne una posizione critica e provocatoria, sottolineando la sua missione di stimolare la riflessione e il pensiero critico. Nell'Apologia di Socrate, Platone dipinge l'atteggiamento del maestro come una scelta consapevole di rimanere fedele al suo scopo pedagogico fino alla fine. Per il suo atteggiamento Socrate fu condannato a morte. Nonostante avesse varie opportunità di sottrarsi alla sua prigionia, come descrive Platone all'interno del Critone, egli accettò la sua condanna pur di non corrompere quelle leggi che erano la base della convivenza civile.I suoi ultimi giorni sono raccontanti nel Fedone, dove Socrate, ci viene narrato, continua ad impartire i suoi insegnamenti alla cerchia di discepoli radunata intorno a lui, discorrendo del destino dell'anima dopo la morte.
ANTICA GRECIA
Platone: la Repubblica
L’idea è quella di una polis con un ordinamento tripartito in: filosofi, mirano al bene comune; guardiani, proteggono lo Stato, popolo. A ognuno di questi gruppi corrisponde una parte dell’anima e una virtù: parte razionale, sapienza; parte irascibile, coraggio; parte concupiscibile, temperanza. La giustizia risiede nell’equilibrio delle componenti della polis, così come la giustizia individuale nell’equilibrio delle componenti dell’anima. le classi dirigenti non possiedono nulla: perchè Platone individua nell’unione di ricchezza e potere uno dei mali della polis. sostiene che i guardiani dovrebbero condividere la proprietà e la ricchezza, eliminando così le differenze sociali. In questa visione, non c'è proprietà privata, che corrode i rapporti tra uomini, e tutti i cittadini condividono risorse e responsabilità. Introduce, inoltre, l'idea di una comunità di donne e di bambini, in modo che l'identità familiare non interferisse con l'unità della città.
ANTICA GRECIA
Platone
Fu allievo di Socrate e visse in un'epoca tumultuosa della storia ateniese e delle polemiche politiche che coinvolgevano varie figure di potere. Mentre il discorso di Socrate era improntato all’autonomia morale: la cura dell’anima era per il presupposto della giustizia politica; Platone pensa alla città come a un’impresa educativa collettiva verso l’anima dell’individuo. La sua visione della politica traspare dai suoi scritti, maggiormente attraverso i dialoghi in cui Socrate è il protagonista o le opere filosofiche come "La Repubblica". In quest'ultima è esposto il progetto platonico per la città. Nel corso del dialogo, diviso in dieci libri, Socrate discute con vari interlocutori su temi filosofici, politici ed etici, esplorando le idee di giustizia, virtù e natura umana.
ANTICA GRECIA
Platone: la Repubblica
Nel Libro VIII Platone esplora come le diverse forme di governo possano evolvere e decadere. Ne individua tre tipi: Aristocrazia in oligarchia: caratterizzata dal potere concentrato nelle mani di pochi ricchi. Ciò porterebbe alla corruzione morale e all'ingiustizia. Politia in democrazia: descrive la democrazia come una forma di governo in cui la libertà individuale è accentuata. Tuttavia critica il suo eccesso di libertà, che può portare all'anarchia e alla mancanza di ordine sociale. Monarchia in tirannide: temeva che la democrazia portasse a un governo irrazionale e instabile, che sarebbe degenerato nella tirannia della maggioranza, a scapito del benessere delle minoranze.Ma criticava soprattutto l'eccessiva enfasi sulla libertà individuale, che poteva degenerare in anarchia e mancanza di disciplina sociale. Platone suggerisce che solo attraverso l'educazione filosofica e la formazione delle élite virtuose può essere possibile mitigare questi rischi e stabilire una forma di governo più giusta e stabile.
ANTICA GRECIA
Platone: la Repubblica
La riflessione sulla decadenza dell'individuo e della città è ripresa nel Libro IX. Platone discute il modo in cui la giustizia, la virtù e la stabilità possono declinare a livello individuale e nella struttura di una città. Inizia analizzando il declino dell'individuo: l'anima dell'individuo, originariamente guidata da ragione, coraggio e temperanza, può essere sopraffatta dal desiderio di ricchezza. L'individuo diventa preda di passioni, perdendo la capacità di governarsi. Estende poi il discorso alla città. Ciò porta alla perdita di coesione sociale, alla lotta di classe e alla frammentazione politica. Solo attraverso la promozione della virtù e della giustizia attraverso il sistema educativo è possibile prevenire il declino morale. Ma nonostante le sue critiche alla democrazia, Platone accettava la realtà delle istituzioni politiche. In alcune opere, come le "Leggi", presenta una visione più pragmatica della politica, suggerendo che le leggi e le istituzioni esistenti possono comunque contribuire a un buon governo.
ANTICA GRECIA
Platone: rapporto con Dionigi I e Dionigi II
Platone ebbe un'esperienza diretta con il potere quando cercò di implementare le sue teorie a Siracusa.Visitò Siracusa per la prima volta nel 387 a.C., durante il regno di Dionisio I, un tiranno potente e ambizioso, sperava di influenzare il governo di Dionisio I attraverso la sua filosofia. Tuttavia, non riuscì a ottenere l'obiettivo e si scontrò con Dionisio I. Fu coinvolto in alcune dispute e arrestato prima di tornare ad Atene. Platone tornò a Siracusa nel 367 a.C., durante il regno di Dionisio II. Platone sperava di poter educare il giovane formando un governante filosofo. Ma alla fine si rivelò frustrante e inconcludente. Platone ritornò ad Atene deluso, Il rapporto di Platone con i Dionisii simboleggia la sfida di coniugare la filosofia e la politica. Aveva sperato di influenzare i tiranni di Siracusa attraverso l'educazione filosofica, ma si scontrò con la dura realtà del potere politico e delle ambizioni individuali dei governanti.
ANTICA GRECIA
I Tolomei
I Tolomei governarono sull'Egitto, includendo la regione dell'Antico Egitto e alcune parti della Grecia (l'Epiro e la Macedonia). La loro influenza sulla cultura greca fu notevole, furono grandi mecenati delle arti e delle scienze, e promossero la costruzione di biblioteche e musei. La Biblioteca di Alessandria, fondata da Tolomeo II Filadelfo, divenne uno dei centri culturali più importanti del mondo antico. Essa attrasse numerosi intellettuali greci, offrendo patronato e supporto finanziario. La politica di accoglienza dei Tolomai contribuì all'arricchimento della cultura e alla diffusione del sapere ellenistico.Essi riuscirono ad amalgamare la cultura greca con quella egizia, promuovendo la creazione di opere che riflettessero la fusione di entrambe le tradizioni, portando a una sinergia di influenze culturali e alla creazione di una cultura unitaria e condivisa dall'intera popolazione.
ANTICA GRECIA
Callimaco
Viene considerato da molti studiosi il massimo rappresentante del legame in epoca alessandrina con il potere politico. La ricerca da parte di questi sovrani di un punto di vista comune con i letterati creò le condizioni per la costruzione di un legame tra poeta, impegnato nella sua opera di diffusione del libero pensiero, e le figure impegnate nell’amministrazione dello stato. Callimaco fu il cantore ufficiale degli eventi di questa corte. A Tolomeo II successe Tolomeo III. I Il poeta scrisse in onore della nuova regina Berenice un poemetto, intitolato “La Chioma di Berenice”, per la devozione dimostrata dalla regina nei confronti del marito: secondo la tradizione quando il marito partì per la guerra, si tagliò i lunghi capelli, motivo di grande vanto(i capelli corti erano portati dalle prigioniere e le anziane) e li consacrò perchè il marito potesse ritorna vittorioso dalla guerra. Quando Tolomeo tornò, il sacerdote di corte scoprì che la chioma di Berenice era stata trasformata in una costellazione. Quest'opera fu poi ripresa da Catullo che vi scrisse un carme.
intellettuali e potere
Antica Roma
A Roma, gli imperatori giocarono un ruolo determinante nell'orientare la cultura in base alle loro visioni politiche e personali. Furono patroni delle arti, sostenendo poeti, scrittori e artisti, e in parte a ciò è dovuta l'età d'oro della letteratura latina, caratterizzata dalla produzione di autori come Virgilio. La cultura romana assimilava spesso gli intellettuali nel sistema politico, creando una classe aristocratica di eruditi che potevano contribuire alla gestione dello stato. Il rapporto tra intellettuali e potere, però, non fu sempre lineare. Gli oratori e gli scrittori svolsero un ruolo essenziale nel contesto politico. Ma alcuni intellettuali si trovarono in contrasto con il potere, come nel caso di Seneca, costretto al suicidio per ordine dell'imperatore Nerone.
ANTICA ROMA
Cicerone
Cicerone fu un oratore e uomo politico vissuto nell'ultima fase della Repubblica Romana. Cicerone iniziò la sua carriera politica come avvocato e oratore. Grazie alle sue abilità retoriche, guadagnò popolarità e nel 63 a.C., fu eletto console, consolidando la sua posizione nel panorama politico. Nel 63 a.C. pronunciò le Catilinarie: una serie di discorsi contro la congiura di Catilina, attraverso le quali smascherò la cospirazione e consolidò la sua reputazione di difensore della Repubblica. Tuttavia, Cicerone non ebbe una relazione senza conflitti con il potere. Durante il periodo del primo triumvirato, fu emarginato dalla politica a causa delle tensioni tra Cesare, Pompeo e Crasso. Nel 58 a.C., fu addirittura costretto all'esilio per evitare la crescente minaccia di Cesare. Dopo il ritorno dall'esilio, cercò di riconciliarsi con il nuovo potere emergente di Ottaviano, tuttavia, con la formazione del secondo triumvirato, tornò ad opporsi al potere. Contro Antonio Cicerone pronunciò le Filippiche, una serie di discorsi dove sottolineava la sua preoccupazione per il futuro della Repubblica. Nel 43 a.C., con la formazione del secondo triumvirato, Cicerone fu inserito nella lista dei proscritti e fu condannato a morte. Fuggì, ma venne catturato e ucciso quello stesso anno.
ANTICA ROMA
Cicerone
Legato ai valori tradizionali del mos maiorum e all'ordinamento repubblicano, elaborò un pensiero per garantire la sopravvivenza della Repubblica, entrata in crisi. In questa direzione si muove l'ideologia della concordia ordinum, l'accordo di collaborazione tra gli optimates e il ceto equestre, che Cicerone elaborò durante i primi anni della sua attività politica e che divenne realtà durante il suo consolato. Dopo l'esperienza dell'esilio sviluppò il suo disegno politico con l'intento di ottenere un coinvolgimento più ampio e di creare una reale alternativa al potere dei triumviri: la concordia ordinum si trasformò nel consensus omnium bonorum. Elaborò anche una nuova interpretazione del ruolo del princeps, che non intese mai come una figura estranea all'ordinamento repubblicano, ma come garante e tutore delle strutture repubblicane stesse. Il pensiero politico di Cicerone fu fortemente influenzato dalle vicende politiche e istituzionali della storia a lui contemporanea. La riflessione politica di Cicerone fu influenzata dalla sua condizione di homo novus di provenienza equestre.
ANTICA ROMA
Seneca: i rapporti con gli imperatori
Egli seguì il cursus honorum e rivestì prima la questura. i suoi rapporti con gli imperatori furono difficili e percorsi da continue tensioni. Il priNcipato di Caligola è considerato da Seneca in modo decisamente negativo: l'imperatore progettò di farlo uccidere e fu dissuaso dal suo scopo soltanto perchè convinto che le condizioni di salute di Seneca lo avrebbero portato alla morte in breve tempo. Nel De Ira egli considera Caligola come il più crudele e immorale tiranno. Invece Claudio, istigato dalla moglie Messalina, nel 41 mandò Seneca in esilio, con l'accusa di adulterio. Quest'esperienza influì molto sull'attività letteraria di Seneca. Successivamente, però, nel 49 l'imperatore richiama Seneca a Roma nominandolo precettore del figlio Nerone. Perciò il giudizio su Claudio è oscillante: se nel periodo dell'esilio pronuncia lodi e adulazioni, alla morte del princeps compone l'Apolokyntosis, nella quale si prendeva gioca di quest'ultimo. I rapporti con Nerone, invece, furono ancora più tormentati. Infatti nel quinquennium felix, periodo in cui Seneca era al potere, nutriva grandi speranze per il futuro regno di Nerone. Speranze che espresse nel De Clementia: che conteneva precetti ed esempi di giusto governo per il princeps. Ma alla morte di Agrippina e del prefetto del pretorio Burro, Seneca si ritirò dalla vita politica fino al 65 quando fu accusato di aver preso parte alla congiura dei Pisoni e costretto al suicidio.
ANTICA ROMA
Seneca
Egli non fu mai in durevole sintonia con il potere politico e nonostante la sua consapevolezza che il principato era una realtà di fatto, riconobbe che l'accentramento dei poteri senza alcuna intermediazione finiva per corrompere l'individuo. Essendo il suo scopo in quanto intellettuale di prodesse al prossimo egli cercò di dare il suo contributo, senza però intraprendere la via dell'opposizione. Il suo discorso sulla politica si concentrò esclusivamente sull'etica politica: seguendo la dottrina stoica egli indicava la monarchia come miglior forma di governare a condizione che il re fosse un saggio che pone al centro la virtù politica per eccellenza, ovvero la clemenza. Inizialmente egli individuava in Nerone la figura di re-saggio, ma dopo che quest'ultimo fece uccidere la madre Agrippina, tutte le illusioni di Seneca si infransero e sclese di abbandonare ogni attività pubblica. egli giustifico questo suo allontamamento dalla politica nelle sue opere: nel De tranquillitate animi afferma che il filosofo deve ritirarsi dalla vita politica soltanto quando inevitabile necessità e se le condizioni gli impedisconon di agire secondo virtù; nel De otio afferma che il compito dell'uomo è di essere utile agli altri. E per essere utile, non deve sottrarsi alle sue responsabilità umane e civili.
ANTICA ROMA
Lucano
Nerone stesso lo fece entrare nel suo cohors amicorum e gli conferì la carica di questore. Alla prima celebrazione dei Neronia, i giochi indetti da Nerone, cantò le Laudes Neronis, per eslatare la figura del princeps. la sua carriera politica però subì un brusco arresto quando perse il favore dell'imperatore, che anzi si dimostrò apertamente ostile nei suoi confronti, vietandoli di pubblicare i suoi versi. Probabile causa di questa ostilità risiede nella posizione dichiaratamente filorepubblicana di Lucano. Inoltre la caduta in disgrazia di Seneca, zio di Lucano, contribuì a ciò. nel 65 il poeta aderì alla congiura dei Pisoni e una volta scoperto fu costretto a darsi la morte. all'interno del suo Bellum civile egli non presenta l'evento con intento celebrativo, ma come il racconto di un evento funesto, la fine della libertas repubblicana e conseguentemente della gloria romana.
ANTICA ROMA
Lucano: Bellum civile
Nell'opera egli rappresenta Cesare come una figura ambivalente: ne riconosce il genio militare e le abilità di condottiero, ma lo dipinge anche come un uomo che ha superato i limiti della sua natura. La sua ambizione e desiderio di potere assoluto porterà ad una tirannia crescente. Vi contrappone la figura di Catone, avvolta da nobiltà d'animo, virtù stoiche e un impegno verso la libertà e la repubblica. Il suo carattere è eretto come l'antitesi morale di Cesare. La sua decisione di scegliere la morte piuttosto che sottomettersi a Cesare è esaltata come un atto di eroismo e coerenza ideale. La utilizza questi personaggi per riflettere la sua visione sulla caduta della Repubblica e le conseguenze della guerra civile.
ANTICA ROMA
Catone
Era un sostenitore delle virtù repubblicane tradizionali, convinto che la Repubblica dovesse essere preservata attraverso la salvaguardia di queste e il rifiuto della tirannia. Uno degli episodi più noti del rapporto di Catone con il potere fu la sua strenua opposizione a Cesare. Catone temeva la crescita del potere Cesare e il rischio che rappresentava per la Repubblica. Si oppose apertamente a lui durante il suo consolato e successivamente durante la guerra civile. Durante la Guerra si unì alla fazione senatoriale e, dopo la sconfitta di Pompeo, cercò di resistere alla tirannia cesariana. Ma quando Pompeo morì, lottò per preservare la causa repubblicana, ma alla fine fu costretto ad arrendersi. Per non sottomettersi e mantenere la sua integrità, rifiutò la clemenza di Cesare e si tolse la vita, scegliendo il suicidio piuttosto che vivere sotto un regime che considerava tirannico. Questo atto fu visto come un gesto di coerenza, un esempio di resistenza contro il potere autoritario. La sua decisione di morire piuttosto che sottomettersi a Cesare lo ha reso una figura cardinale nella resistenza contro il potere autoritario.
ANTICA ROMA
Marziale
Fu un poeta epigrammatico. Le sue opere spesso riflettono la sua connessione con figure di potere, la sua aspirazione a un patronato e la sua critica sottile nei confronti della società del suo tempo. Marziale cercò costantemente il sostegno e il patronato dei potenti. I suoi epigrammi sono spesso indirizzati a patroni, dei quali esalta le virtù e le qualità. Egli dimostra di essere consapevole di dipendere dai patroni: riconosce la sua necessità di essere finanziariamente supportato per poter continuare la sua carriera poetica. Ma pur cercando il patronato, Marziale non esita a criticare la società e le sue elite. Spesso ne prende di mira l'ipocrisia, critica coloro che, pretendono di essere virtuosi, ma si comportano in modo moralmente discutibile. Mette in discussione i valori tradizionali e lamenta la perdita di integrità nella sua società, devota alla ricchezza materiale piuttosto che alle qualità morali o intellettuali. Non esita a rivolgere satire ai politici e agli uomini di potere, lamentando dell'abuso di potere, della corruzione politica e della mancanza di moralità tra coloro che detengono cariche pubbliche.
ANTICA ROMA
Marziale: il rapporto con Domiziano
Il suo rapporto con Domiziano è di particolare rilevanza, poiché Marziale dedicò molte delle sue opere all'imperatore. Alcune opere di Marziale sono caratterizzate da una dedica e adulazione dell'imperatore, tuttavia, è importante notare che era comune tra i poeti dell'epoca, considerando che era spesso una strategia necessaria per la sopravvivenza e il successo Questi componimenti, che esaltano la grandezza e la virtù di Domiziano, sono noti come "laudationes" e rappresentano un esempio della pratica dell'encomio imperiale. Tuttavia in alcune occasioni, Marziale è critico nei confronti di Domiziano,ad esempio, in alcuni versi, sembra lamentarsi della mancanza di ricompense e riconoscimenti adeguati da parte dell'imperatore. I componimenti successivi alla damnatio memoriae di Domiziano riflettono una maggiore cautela e una minore enfasi sulla lode diretta all'imperatore.