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La licantropia e il doppio
Carol Stumpo
Created on January 4, 2024
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by carol stumpo 5H
La licantropia e il doppio
Tra letteratura, arte e cinema
La licantropia
termine ed origine
l'origine del termine
lupo mannaro e licantropia
Il termine lupo mannaro deriva da un termine latino medioevale ‘melanconia lupina’ o ‘morbo lupino’ e venne introdotto nell’uso comune nel 1500 come trasformazione del termine volgare latino ‘lupus hominarius’ che pone efficacemente in risalto il contemporaneo aspetto ferino e umano di questo essere.Il termine LICANTROPO deriva dal greco λύκος [lykos] e ἄνθρωπος [antropos], che significano lupo e uomo (alludendo alla duplice natura di lupo e di uomo). Il termine Licantropo non indica un qualunque tipo di creatura mannara, ma solamente l’uomo che diventa lupo. Per i latini era il versipellis (l'essere che muta pelle e quindi aspetto).
la licantropia
L'OrigineE IL SIGNIFICATO
il lupo mannaro incarna l'atavica paura che l'uomo prova per il lupo, da sempre considerato, sia nelle società pastorali sia in quelle contadine, un temibile rivale nella lotta per la sopravvivenza in quanto perseguiva le stesse prede. Ed era inoltre più abile, perché più veloce, dotato di sensi più acuti, in grado di vedere di notte e munito di terribili armi, le sue zanne e artigli. Per tale motivo, si cercava di ingraziarsene lo spirito: questo nelle culture sciamaniche avveniva per via imitativa; cioè, facendosi «invasare» dal dio della bestia sino ad assumerne i poteri, il comportamento e anche l'aspetto. È proprio all'interno dei rituali sciamanici delle culture nomadi paleolitiche che gli antropologi rintracciano le radici di quella che, più avanti, venne chiamata «licantropia»: ovvero la capacità, da parte di alcuni esseri umani, di trasformarsi, in determinate condizioni, nell'animale totemico, l'essere rappresentativo e protettivo della tribù di appartenenza.
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lo sciamano delle steppe, con l'aiuto dei rituali estatici e con l'assunzione di un fungo considerato sacro, l'Amanita Muscaria che aveva la proprietà di dilatare la coscienza, era in grado di far discendere nel proprio corpo lo spirito del lupo. Inoltre indossando una pelle dell'animale totemico stesso, ne assumeva anche l'aspetto. Alcuni aspetti del comportamento sociale dei lupi , come l'organizzazione gerarchica e la capacità di cacciare in gruppo, ma anche l'amorevole cura dei cuccioli, hanno sempre affascinato e, al tempo stesso, spaventato gli esseri umani.
LE LEGGENDE
TRA GRECIA E ROMA: ovidio
Esistono diverse «leggende delle origini» che narrano della nascita di dèi ed eroi, di popoli e stirpi, o della fondazione di città o luoghi sacri che vedono protagonista proprio il lupo. Nel mito greco, ad esempio, Apollo e Artemide, le divinità legate al Sole e alla Luna, cioè gli astri luminiferi, vennero partoriti da Latona trasformatasi in lupa. Licaone, il capostipite dei Pelasgi, fondatore sul Monte Liceo della prima città, Licosura, si identifica, per via del nome, con il lupo (lykos, in greco); e in lupo vero e proprio verrà trasformato, quando il mito, col mutare delle condizioni culturali, assumerà valenze negative. «Figli del lupo» si proclamavano tanto i Celti quanto i Sabini: ed è per questo, forse, che a una lupa venne affidata la protezione dei due divini gemelli, Romolo e Remo, fondatori di Roma. Una delle più famose leggende legate ai licantropi è quella che ci racconta Ovidio nelle metamorfosi: Zeus, il padre di tutti gli dèi, un giorno decise di recarsi, in incognito, in visita a Licaone per verificarne le empietà. Questi, incerto sulla natura mana o divina del suo visitatore, decise di sottoporlo a una prova, e gli organizzò un ricco banchetto ospitale, in cui vennero servite delle carni animali miste ad altre di origine umana. Il sovrano si servì e gustò per primo le carni, confidando che una divinità avrebbe scoperto la vera natura del sacrificio. In risposta, Zeus, sdegnato da tanta efferatezza, arse con le sue folgori la reggia di Licaone e trasformò quest'ultimo in un lupo feroce destinato a cibarsi di carne umana.
“Le vesti si trasformano in pelo, le braccia in zampe:ed è lupo, ma della forma antica serba tracce. La canizie è la stessa, uguale la furia del volto, uguale il lampo degli occhi e l’espressione feroce.”
LE LEGGENDE
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TRA GRECIA E ROMa: Erodoto e petronio
Ancora è lo stesso Erodoto a raccontarci nelle sue Storie di come il popolo dei Neuri in un dato periodo dell'anno si tramutavano in lupi per poi ritornare in forma umana dopo alcuni giorni. Un'ulteriore trasformazione in lupo, la si trova in una novella contenuta nel Satyricon, il capolavoro dello scrittore Petronio. La storia viene narrata da un commensale durante il banchetto pantagruelico offerto dall'ex schiavo arricchito Trimalcione. Il protagonista della novella è l'ex schiavo Nicerote che nottetempo, approfittando dell'assenza del padrone, decide di raggiungere l'amante Melissa, rimasta da poco vedova, per sicurezza chiede di farsi accompagnare almeno per un tratto di strada da un soldato che ospite presso la casa del suo padrone. Il soldato mutaforma del racconto viene indicato con il termine di versipellis, che significa letteralmente "rovescia-pelle", e questo perché si pensava che tali individui avessero uno strato di peli nascosto al di sotto della propria pelle, la quale durante le notti di luna piena veniva rigirata come un calzino per attuare la mutazione in uomini-lupo.
“…Ed ecco che quello si mette a pisciare tutto intorno aivestiti e di colpo si trasforma in lupo. Non pensate che stia scherzando: non mentirei nemmeno per tulto l'oro del mondo. Ma, come stavo dicendo, appena trasformato in lupo, attacca a ululare e poi si va a imboscare nella macchia.”
Il simbolismo
Teorie e scienza
Secondo alcuni, il lupo mannaro rappresenterebbe simbolicamente le conseguenze del sopravvento dell'aspetto ferino su quello umano: l'uomo che perde l'autocontrollo diviene in tutto simile al lupo. Secondo altri la sua origine va ricercata nelle antiche cerimonie di iniziazione, in cui i giovani che stavano per entrare nel mondo degli adulti indossavano pelli di lupo e venivano mandati nella foresta. Si è anche supposto che l'illusione di essere un lupo, o di vedere un uomo trasformarsi in lupo, potesse essere provocata dall'ingestione, volontaria o involontaria, di sostanze tossiche contenute in alcune piante, come la belladonna o la segale cornuta. Si teorizza che all'origine possa esservi uno squilibrio mentale chiamato "zoopsia", ovvero la visione di animali durante gli stati di allucinazione. Oppure molte delle azioni attribuite ai licantropi possano essere opera di veri lupi, oppure di uomini travestiti da lupo, o di uomini rimasti allo stato selvaggio.
LA LICANTROPIA
NELLA LETTERATURA
La letteratura incentrata sui licantropi subisce un forte arresto a causa del clima oscurantista durante la caccia alle streghe. Diciamo che in quel periodo, siamo tra il XVI e il XVII secolo, le storie sui licantropi vengono sostituite da narrazioni in cui la figura dell’uomo lupo è trasformata in quella del lupo cattivo, come nella favola di Perrault: Cappuccetto Rosso. La licantropia è considerata credenza pagana o possessione diabolica, come cristallizzato nel celeberrimo Malleus Maleficarum, un libro di fede utilizzato in tutta Europa nella lotta contro il demonio. Il trattato, nato per estirpare tutte le credenze pagane, diffida dall’esistenza dei licantropi spiegando che non sono null’altro che lupi che per un motivo o per l’altro diventano cattivi. Ovviamente una delle motivazioni care all’Inquisizione è la stregoneria: il licantropo è quindi un lupo posseduto dal demonio.
tra XVI e il XVII
In Francia
In Italia
Arriviamo al Novecento e precisamente al 1913 con Luigi Pirandello e la novella Male di luna, prima pubblicata sul “Corriere della Sera” e poi inserita tra le Novelle per un anno, nel volume Dal naso al cielo. In questa storia, lo scrittore siciliano gioca sulla superstizione senza avere la pretesa di creare una storia horror: Sidora è costretta dalla madre a sposare un uomo che non ama, per giunta soffre di licantropia poiché lasciato sotto i raggi lunari.
In Francia, nel 1857, Alexander Dumas scrive Le meneur de loups che parla di uno stregone che ha il potere di controllare la volontà dei lupi indicando loro chi uccidere. E nel 1883 abbiamo un altro lupo: Le loup di Guy Maupassant, pubblicato nella raccolta Clair de Lune, che racconta di un enorme lupo con gli occhi da demonio che divorava bambini nell’inverno del 1764.
Il topos della Licantropia come abbiamo visto era già molto diffuso nelle epoche più remote, questa dissociazione all’interno di una sola persona tra natura umana e animale può essere considerata come la prova del fatto che all’interno dell’animo umano sono presenti nature differenti e inconciliabili: ragione e passione, autocontrollo e follia. Al tema della Licantropia è collegabile il tema del doppio, un topos che ha sempre molto affascinato gli intellettuali di tutti i tempi fin dall’epoca classica.
il DOPPIO
NELLA LETTERATURA
il tema del doppio
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tra grecia e roma
Lo si trova già nel teatro ellenico, il cui più noto esempio è “Elena” (412 a.C.) di Euripide. Particolare perché presenta Elena non come seduttrice adultera, ma fedele. Elena non è né colpevole né vittima degli dei. Il doppio è rappresentato dalla conflittualità interna di Elena.Oltre all’ analisi delle conseguenze fisiche del doppio vi è un’attenzione per quelle morali.Tuttavia fu nella commedia latina che il doppio divenne importante. In particolare grazie alle opere di Plauto. La più famosa basata sul doppio è “Menecmi”. Già il titolo presenta il tema, infatti Menecmi si riferisce ai gemelli protagonisti, Menecmo I e Menecmo II. Il doppio serve a Plauto per confondere e divertire piuttosto che riflettere sulla molteplicità dell’animo umano. Anche l'Anfitrione è basata sul doppio, infatti vi sono equivoci causati dalla dualità tra i personaggi umani e le divinità che ne prendono le sembianze. Una curiosità sta nel fatto che da uno dei personaggi chiamato Sosia deriva il sostantivo usato in italiano.
EDGAR ALLAN POE: WILLIAM WILSON
il doppio nella letteratura americana
Nella letteratura più moderna il tema del doppio è stato affrontato da innumerevoli autori tuttavia uno dei primi è stato Edgar Allan Poe nel racconto "William Wilson" (1839). Il protagonista, che ci racconta la sua vicenda in prima persona, si trova ad essere perseguitato dalla presenza di un suo rivale, uguale in tutto a lui ma più capace, meno dotato di scrupolidi coscienza e assai più cattivo. Vedendosi rovinata l'esistenza da questo William Wilson, il protagonista decide di sopprimerlo. Ma quando porta a compimento l'uccisione, in realtà uccide se stesso, perché il suo doppio esisteva in realtà solo nella sua mente.
STEVENSON: LO STRANO CASO DEL DOTTOR JEKYLL E MR.HYDE
il doppio nella letteratura inglese
Nella letteratura inglese il tema del doppio viene sviluppato in pieno da un altro scrittore della stessa epoca: Robert Louis Stevenson con "Lo strano caso del dottor Jekvll e mr. Hvde" (The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde, 1886). Ispirata all'autore da una serie di delitti avvenuti a Edinburgo, l'opera usci proprio mentre Scotland Yard dava inutilmente la caccia a Jack lo Squartatore e questo ne decretò l'immediato successo. Con questo racconto Stevenson anticipó la moderna psichiatria ipotizzando che dentro di noi ci fosse una metà oscura, un istinto animale che ci spingeva verso la crudeltà, l'asocialità e alla sessualità violenta. Il protagonista è il dottor Jekyll, la perfetta incarnazione dell’ideale dell’uomo dell’elevata classe sociale. Uomo di scienza, stimato da tutti ma con quell’unico difetto di avere “un’impaziente vivacità”, che non riesce a conciliare con il voler mantenere un’apparenza decorosa, tanto da abbandonarsi ai piaceri più vergognosi di nascosto. Lui è convinto che l’uomo non è uno ma doppio, che abbia in sé sia il bene che il male.
Jekyll arriva quindi a creare una pozione per dividere le due entità, per poter vivere due vite completamente diverse. Attratto dal male, ha la possibilità come Mr. Hyde di dar libero sfogo ai desideri proibiti. Di giorno è l’illustre scienziato, di notte si dedica ai piaceri più indecorosi. Ma Jekyll perde il controllo sulla parte malvagia di sé, la distanza tra l’originale e il doppio si riduce finché non svanisce. Con l’uccisione del proprio doppio, Jekyll tenta di proteggersi dalla persecuzione del suo io, ma in realtà ci si trova di fronte a un suicidio. Il doppio si ha quindi prima di tutto nel confronto buono e cattivo. Il sé non è più diviso in due persone diverse: la dualità permane solo a livello caratteriale. La dualità tra la luce e l’oscurità rappresentate dai due personaggi incarna la contrapposizione intrinseca della società vittoriana, in cui le rigide convenzioni comportamentali venivano sottese di nascosto. Ci troviamo di fronte a una critica sociale da parte dell’autore che critica l’eccessivo rigore delle regole della società che fa compiere azioni terribili. Questa riflessione avveniva negli stessi anni in cui a Vienna Sigmund Freud studiava e pubblicava i primi risultati su lo ed Es.
“ l’uomo non è autenticamente uno, ma è autenticamente due”. “In ognuno di noi, due nature sono in conflitto, il bene e il male. Per tutta la vita esse si combattono, e una deve vincere l’altra. Ma nelle nostre mani risiede il potere di scegliere: noi siamo ciò che vogliamo maggiormente essere”."
stevenson
OSCAR WILDE: IL RITRATTO DI DORIAN GRAY
Ancora nella letteratura inglese Oscar Wilde si appropriò del tema per il suo "Ritratto di Dorian Gray" (The portrait of Dorian Gray, 1890). Il protagonista Dorian Gray, giovane bellissimo rampollo della Londra dell’epoca, mentre si fa fare un ritratto dal pittore e amico Basil Hallward, conosce Lord Henry. Egli trascina Dorian nel suo mondo frivolo e spietato, dicendogli che il massimo raggiungimento del piacere lo si ottiene solo abbandonandosi al desiderio e la giovinezza non va sciupata, perchè è l’unica cosa che vale la pena possedere. La paura di invecchiare rende il giovane e innocente Dorian vulnerabile alle teorie di Lord Henry e alla sua cinica filosofia di vita. Il protagonista a questo punto diventa così ossessionato dall’edonismo e dal culto di sé che non si ferma più davanti a niente, non sapendo neppure riconoscere il male che fa agli altri arrivando persino a commettere un’omicidio.
Ogni volta che commette un delitto o una perversione, Dorian rimane sempre uguale a se stesso, bello e giovane, mentre il suo ritratto invecchia e si imbruttisce sempre di più. Il ritratto è diventato lo specchio della sua anima. Uno specchio che nasconde la sua metà più oscura e malvagia e che registra l’immoralità e la corruttibilità del giovane. Nell’opera di Wilde il doppio viene messo in relazione all’arte, nel senso di imitazione e nel suo valore etico-estetico. Il doppio viene incarnato in un’opera d’arte: è il ritratto del protagonista a incarnare il suo doppio. Anche in quest’opera vi è una dualità tra reputazione e indole. L’apparenza e la realtà sono messe a confronto. Così come Stevenson, anche Wilde contrappone luce e ombra. Infatti non a caso Il ritratto è tenuto nascosto nell’oscurità di una soffitta: lo stesso Dorian si rifiuta di guardarlo. Wilde ci offre un vivido quadro dell’età vittoriana. L’autore condanna il moralismo vittoriano e lo critica attraverso i suoi personaggi, i quali si comportano in modo deprorevole, sebbene siano visti come morali solo per il bel aspetto che hanno. Memorabile è la frase conclusiva del romanzo: ciascuno uccide la cosa che più ama. E infatti Dorian, quando distrugge il suo ritratto, uccide anche se stesso.
ITALO CALVINO: IL VISCONTE DIMEZZATO
Le opere di Stevenson e di Oscar Wilde hanno influenzato a lungo la letteratura arrivando fino in Italia con Italo Calvino, nel suo romanzo "Il Visconte dimezzato" (1952). All'inizio della vicenda il visconte Medardo viene diviso verticalmente in due da una palla di cannone: ognuna delle due metà è di segno opposto. A casa fa ritorno solo la metà cattiva, mentre quella buona è persa non si sa dove. Soltanto quando le due metà saranno riunite il visconte tornerà ad essere una persona completa. Calvino tratta il tema del doppio in maniera sì divertita, ma molto consapevole. L’autore riflette sul dimezzamento della personalità come vera identità dell’essere, dal momento che il protagonista Medardo “intero dell’inizio, indeterminato com’è, non ha personalità né volto; del Medardo reintegrato della fine non si sa più nulla; e chi vive nel racconto è solo Medardo in quanto metà di se stesso”. Questa divisione diventa l’allegoria dell’uomo contemporaneo, “mutilato, incompleto, nemico a se stesso” proprio perché “tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra”.
LUIGI PIRANDELLO: IL FU MATTA PASCAL E UNO, NESSUNO E CENTOMILA
Il tema del doppio compare in due opere di Luigi Pirandello “Il fu Mattia Pascal” (1904) e in “Uno, nessuno e centomila” (1926). In entrambe è presente una vera e propria crisi d’identità. Nel primo si racconta di un uomo dato per morto, equivoco che porta il protagonista a perdere la propria identità. La dualità alla fine sarà tra Pascal e Meis. La crisi nasce dalla consapevolezza che Pascal è morto e Meis mai nato, per ciò il protagonista non esiste. In “Uno, nessuno e centomila” invece il protagonista è già consapevole della conclusione di Pascal. Vitangelo capisce che non è Uno, perché non visto da tutti alla stessa maniera. Sa di essere Nessuno, perché può essere uno dei Centomila che gli altri vedono in lui.
“Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data; cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano.”
HERMAN HESSE: IL LUPO DELLA STEPPA
Herman Hesse, influenzato dal concentro di Psicoanalisi di Freud, tratta il tema del doppio: qui l’Io non è un’unica forma bensì uno strato multiforme di più elementi. Il protagonista di questo romanzo, Harry, è un uomo di mezza età scisso tra due mondi sempre diversi e contrapposti: civiltà e natura, spirito e istinto, borghesia e proletario, uomo e lupo. Attraverso questa consapevolezza che lo costringe a situazioni sgradevoli, inizia ad apprezzare il pensiero ormai maturo di dover porre fine ai dolori uccidendosi. L'argomento centrale riflette l'ostilità dell’autore nei confronti della società borghese del suo tempo. A questo scopo, Hesse usa la figura dell'animale come metafora per contrapporre due modi di vivere: l'umano e il lupo. Da una parte c’è l'uomo che, in quanto umano, si preoccupa delle idee positive, dei sentimenti nobili, del comportamento civile e dell’apprezzamento della bellezza delle cose. Dall’altra, c’è il lupo, figura ostile che riserva scherno e ironia sul suo ambiente e su coloro che lo circondano. In questa metafora con il lupo, il carnivoro notturno è un nemico dell'umanità e dei costumi socialmente accettati e tende a preservare la vera natura selvaggia dell'uomo. La storia ruota intorno a un incessante dibattito morale della coscienza del protagonista scissa e apparentemente inconciliabile.
“ “C’era una volta un tale di nome Harry, detto “il lupo della steppa”. Camminava con due gambe, portava degli abiti ed era un uomo, ma a rigore era un lupo. Aveva imparato parecchio di quello che possono imparare gli uomini dotati d’intelligenza, ma una cosa non aveva imparato: a essere contento di sé e della sua vita. Ciò dipendeva probabilmente dal fatto che in fondo al cuore sapeva di non essere veramente un uomo, ma un lupo venuta dalla steppa”.
HERMAN HESSE
DOSTOEVSKIJ: IL SOSIA
Nella letteratura russa Dostojevski invece rappresenta il doppio nel legame con la società. Nel “Sosia” (1846) l’autore russo innesta la visione di Plauto allo stato di alienazione da lui indagato. Si tratta di un caso di dissociazione di personalità. La patisce Gojadkin schiacciato dal peso di una società in cui fatica ad affermarsi. Si trova davanti il suo sosia che incarna tutto ciò che vorrebbe essere. Sconvolto Goljadkin commetterà così un errore dietro l’altro. Arrivando ad inimicarsi amici, colleghi e autorevoli esponenti della società. Goljadkin incolpa il sosia, decide di inseguirlo. Giungendo alla scoperta che altro non è che lo specchio della sua follia, una creazione della sua coscienza inascoltata. Proprio qui sta il recupero dell’autore. La comicità del doppio viene inserita in una vicenda grottesca. Dostoevskij ha anticipato le tematiche novecentesche. Il Novecento infatti fu il secolo del dubbio e dell’indagine psicologica. Il tema del doppio si inserisce quindi nell’interrogazione sulla molteplicità della natura umana.
NEL cinema
LA LICANTROPIA e il doppio
I FILM
I LUPI MANNARI COME PROTAGONISTI
Azzannato da un lupo mannaro in una brughiera inglese, Jack si rende conto di essere a sua volta diventato un licantropo che, nelle notti di plenilunio, si trasforma in mostro sanguinario.
il giovane nel difendere la sua ragazza aggredita da un lupo mannaro viene morso dal mostro prima di riuscire a ucciderlo. Ben presto diventa anche lui un licantropo e, dopo aver ammazzato il guardiano del cimitero, sta per far fuori anche la sua ragazza, quando il suo stesso padre, ignaro, l'uccide."
Remus Lupin l' insegnante di Difesa contro le Arti Oscure è un lupo mannaro.
Harry potter e il prigioniero di Azkaban
Un lupo mannaro americano a londra(John Landis)
l’uomo lupo
I FILM
non solo lupi mannari
l’ululato
Un lupo mannaro imperversa per una città americana, finché la polizia non lo abbatte, con l'aiuto di una coraggiosa giornalista. La ragazza però riporta uno shock, da cui pensa di cavarsi con un breve soggiorno in una clinica sui monti, diretta da un simpatico dottore. Dalla padella nella brace. Il posto è pieno di uomini (e donne) lupo. Anzi ci sono solo quelli. Il loro capo tenta di fare la festa alla giornalista, che si salva. Ma per poco. È stata morsa anche lei.
psycho
Norman Bates abita in un motel semi abbandonato, nessuno immagina che dentro la sua mente coabitano due personalità: una è lo stesso Norman e l'altra è quella di sua madre, che lo ha sempre dominato e represso. Quando la madre è morta. Norman ne ha imbalsamato il corpo e ha accolto la sua personalità dentro di sé. Se un malcapitato viaggiatore si ferma al Bates Motel, rischia di imbattersi nella personalità sbagliata e di fare una brutta fine..
la mosca
Uno scienziato riesce a costruire un avveniristico congegno in grado di teletrasportare la materia, ma commette un errore durante un esperimento e si trasforma lentamente in un disgustoso ibrido tra un umano e una mosca."
licantropia e altro
NELL'ARTE
nella musica
- Thriller famosa canzone di Michael Jackson
- She Wolf, She Wolf (album) Shakira
- Of wolf and man, dei Metallica.
- Licantropi di Bobo Rondelli nell'album Per amor del cielo
Charles Le Brun
nei fumetti (marvel)
- Licantropus
- The Incredible Hulk
- The Amazing Spider-Man
il doppio
nell'arte
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Rene Magritte Decalcomania (1966)
caravaggio narciso 1597
RENE MAGRITTE IL DOPPIO SEGRETO 1927
Magritte, "Riproduzione Vietata", 1937
Magritte, Alta società”, 1962.
Giorgio De Chirico Autoritratto con due volti (1922)
grazie per l'attenzione!
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Prima della comparsa di Freud e dell’avvento della psicoanalisi, si pensava che per ognuno esistesse da qualche altra parte nel mondo un essere umano uguale a noi: non un semplice sosia ma un duplicato, un gemello cattivo con le nostre stesse caratteristiche fisiche ma di segno opposto per quanto riguarda la mente e lo spirito. E' come se dentro ognuno di noi ci fossero due o più persone, che lottano per il predominio sui nostri comportamenti. Infatti il personaggio del doppio è spesso mosso da due istanze diverse e contrapposte: una che lo porta a cercare di vivere la vita vera, a realizzare tutte quelle aspirazioni ‘normali’ che si nutrono vivendo; l’altra, invece, che gli impedisce di mettere in atto e realizzare tutte o alcune di queste esigenze. Dal punto di vista medico il termine psichiatrico odierno di “schizofrenia” è nato per indicare proprio questo e nasce dai termini greci che significano appunto divido (skizo) e cervello/mente (phren).
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"Il ritratto del dottor Gachet",Vincent Van Gogh,1890
"Nel dottor Gachet ho trovato senz'altro un amico, e anche qualcosa come un fratello, talmente ci 7 assomigliamo fisicamente e interiormente. Anche lui è molto nervoso e molto eccentrico".
Frida Kahlo, le due Frida 1939
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Alcuni aspetti del comportamento sociale dei lupi , come l'organizzazione gerarchica e la capacità di cacciare in gruppo, ma anche l'amorevole cura dei cuccioli, hanno sempre affascinato e, al tempo stesso, spaventato gli esseri umani. Altri aspetti poi, considerati più a torto che a ragione caratteristici di questo animale, come la crudele furia distruttrice o l'insaziabile voracità, erano visti anche come rappresentazione simbolica della componente ferina della natura umana. Non è casuale che Platone nella Repubblica (VII, 565d) paragoni il difensore del popolo che diventa un tiranno ad un uomo che si trasforma in lupo, o che Plauto nell'AsiNaria (v. 495) affermi: "lupus est homo homini".
Il potere della metamorfosi, ovvero la capacità di mutare acquisendo le caratteristiche dell'animale totemIco, gia prerogativa sacerdotale, diventa segno di una punizione divina o frutto di un'alleanza con i poteri delle tenebre. Al lupo, animale originariamente propiziatorio, vengono associate le caratteristiche di mostro antropofago, di belva feroce generata nelle profondità delle tenebre e pertanto di creatura infernale. Certo la credenza nel lupo mannaro era molto diffusa se Esopo (Favole 301) la rende il tema conduttore di una truffa organizzata da un ladro ai danni di un oste, a cui fa credere, per potergli rubare il mantello, che si trasformerà in lupo, o se Agostino cerca di fornirne una spiegazione e, pur ritenendo che non sia il caso di prestar fede a tali favole, constata che si va contro una convinzione popolare ben radicata.