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Schopenhauer e Kierkegaard

Alarico Gherardi

Created on December 18, 2023

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Transcript

FILOSOFI DELLA RIFLESSIONE UMANA

Soren Kierkegaard

Arthur Schopenhauer

Arthur Schopenhauer

Indice

1. Vita

2. Il suo pensiero

3. Il mondo come rappresentazione

4. La conoscenza e il mondo come volontà

5. La liberazione dalla volontà

“La vita dei più non è che una battaglia diuturna per l'esistenza, con la certezza della sconfitta finale.”

Schopenhauer, ''Il mondo come volontà e rappresentazione''

VITA

  • Nasce nel 1788 a Danzica, in Polonia, da una ricca famiglia borghese. Grazie alla condizione familiare, viaggia per l'Europa (Francia, Olanda, Svizzera, Austria e Germania)
  • Dopo la morte del padre, il giovane Arthur si trasferisce a Weimar.
  • Nel 1807 si dedica allo studio della letteratura, dell'arte e della filosofia
  • Nel 1813 si laurea a Jena
  • Tra il 1814-1818 vive a Dresda, dove inconterà J.W. Goethe, in un salotto letterario.
  • Nel 1818 pubblica la sua opera magna:
"Il mondo come volontà e rappresentazione"

Il pensiero di Schopenhauer

Dopo la morte di hegel,il pensiero filosofico è caratterizzato da irrazionalità (ABBANDONO DELLA RAGIONE) che si manifesta in vari modi.Per Schopenhauer , la realtà è volontà , una volontà cieca e senza senso. Questa sua filosofia viene espressa nella sua opera più importante "Il mondo come volontà e rappresentazione" 1818 Per Schopenhauer l'idealismo è una filosofia sbagliata,un rapporto casuale tra soggetto e oggetto,per l'idealismo la realtà e il mondo sarebbero generati dall'io, Schopenhauer respinge l'Idealismo. Il suo pensiero si collega a Kant , per lui è il maggior punto di riferimento , ovvero le 3 forme a priori.

Le forme a priori

CASUALITA'

TEMPO

SPAZIO

Il mondo è uno, ma la griglia che il soggetto impone alla realtà, le strutture del soggetto che filtrano la luce che viene dal mondo, lo fanno rifrangere in tanti fenomeni, per cui abbiamo l'impressione di trovarci di fronte a tantissimi individui, a un'infinità di esseri, mentre invece la realtà è unitaria. Schopenhauer chiama questo “l'effetto del velo di Maya”.

«Basta che ci sia un solo soggetto che guarda il mondo, perché il mondo sia».

«Conosciamo il mondo fenomenico, ma esiste anche la realtà in sé. La realtà in sé per definizione è inconoscibile». - Kant

Il mondo come rappresentazione

L'opera di Schopenhauer si apre con l'affermazione: ''il mondo è una mia rappresentazione'' Dire che il mondo è una mia rappresentazione significa che non è possibile sapere come le cose siano in se stesse, ma soltanto come il soggetto le percepisce, come diceva Kant.

Gnoseologica

Psicologica

Cosa si intende con rappresentazione?

La realtà è soggettiva e dipende dal soggetto

La realtà è oggettiva e indipendente dal soggetto

Per rappresentazione, secondo Schopenhauer, è il mondo nel suo essere oggetto delle conoscenza da parte di un soggetto; è l'oggetto in relazione al soggetto.

'Il soggetto non può prevalere sull'oggetto né l'oggetto sul soggetto'

La conoscenza

Nel periodo Romantico, l'arte e la letteratura non incita più i lumi della ragione, bensì l'intuizione, il sentimento e l'interiorità dell'individuo. Lo stesso Schopenhauer non usa l'intelletto, ragione, ma utilizza il corpo per scoprire l'essenza stessa delle cose.

“ Se considero il mio corpo non come un esteriorita come fa Kant, come oggetto, ma sprofondo in sorta di abisso interiore, avvertirò che il mio corpo è un insieme di bisogni, cioè è volontà “

Arthur Schopenhauer

Ma cos'è la volontà?

La volontà è una forza che muove il mondo. E' un instinto, la volontà di rimanere in vita per soddisfare i bisogni del nostro essere; si tratta di una volontà cieca, che non ha nessuno scopo, se non quello di rimanere in vita.

Il mondo come volontà

Secondo ciò che enuncia Schopenhauer, la volontà non ha alcuno scopo tranne che appunto quello di mantenersi in vita. Grazie a quest'intuizione interiore vengo a sapere che la mia essenza è volontà di vivere. A questo punto Schopenhauer applica quello che chiama “principio di analogia”: tutti gli altri esseri sono anch'essi parti della natura, presenteranno perciò un'analogia con me stesso, e se il cuore della mia esistenza consiste nella volontà di vivere, tutti gli altri esseri, dallo stelo d'erba fino agli animali piú vicini all'uomo, saranno anch’essi animati dalla volontà di vivere. Schopenhauer si riferisce anzi anche alla natura inorganica, alle forze magnetiche, elettriche: per analogia con l'uomo tutta la natura gli sembra animata dalla volontà di vivere. È volontà - afferma Schopenhauer - ciò che vediamo «nella forza che fa crescere e vegetare la pianta, in quella che dà forma al cristallo, in quella che dirige l’ago calamitato al nord».

La visione Leopardiana

Nella filosofia di Schopenhauer, la volontà possiede delle ''caratteristiche'' che ricordano la natura nella visione di Giacomo Leopardi, come nella sua famosa poesia 'A se stesso'.

Le analogie con Schopenhauer sono evidenti: «Amaro e noia la vita, altro mai nulla», “amaro” è termine poetico per “dolore”. L'altro elemento di forte analogia sta negli ultimi versi: «Omai disprezza te, la natura, il brutto, poter che, ascoso, - cioè nascosto- a comun danno impera»: c'è un potere nascosto sotto le apparenze, che impera, cioè comanda, ci fa vivere come marionette per un comune danno, solo per farci soffrire, e c'è «l'infinita vanità del tutto»: il tutto è assolutamente privo di significato, è cieco.

Estratto originale di 'A me stesso'

La liberazione dalla volontà

L'arte
La morale
L'ascesi

L'arte, in particolare la musica, ci aiuta a dimenticarci di noi stessi, ci spinge a fare tutt'uno con l'opera d'arte; per esempio una sinfonia travolgente ci fa dimenticare di noi stessi.Purtroppo il piacere dato dalla musica dura poco.

Una più duratura liberazione dai mali della vita può derivare, invece, dalla morale.

Ragiunta la compassione, lo stadio supremo è quello dell'ascesi, lo stadio definitivo, il distacco completo dal mondo, dal prossimo, da tutti i beni terreni, da tutto, per approdare alla noluntas.

La morale consente di oltrepassare le manifestazioni fenomeni mediata della volontà

La Noluntas

Definizione dal dizionario Treccani:noluntas -atis, der. di nolle «non volere» sul modello di voluntas «volontà»]. – Termine filosofico, che in san Tommaso designa la fuga dal male, il non volerlo, il rifiuto di esso, mentre, in alcuni filosofi moderni, indica la resistenza volontaria a un impulso, l'inibizione di un atto che sta per compiersi. Grazie a questa definizione, si può comprendere che la noluntas è la negazione della volontà, il non volerlo Per Schopenhauer equivale a il Nirvana, ovvero il paradiso indiano (altra influenza orientale)

Søren Kierkegaard

Indice

1. VITA

2. Le tre possibilità esistenziali dell'uomo

3. L'uomo come possibilità

4. La fede come rimedio alla disperazione

VITA

Si laurea a 28 anni, con una tesi che dove critica l'ironia dei romantici e apprezza l'ironia socratica, mezzo per condurre gli uomini alla consapevolezza della serietà della vita Per Kierkgaard Socrate era un modello da seguire, nei riassunti del filosofo K. vede i temi che gli stanno più a cuore come indagine filosofica come impegno che arriva a mettere a repentaglio la vita stessa.

Considerato come il precursore dell esistenzialismo, complesso culturale che si sviluppa in Europa dopo la seconda guerra mondiale . Nasce a Copenaghen nel 1813 , si forma in un clima dove era forte il senso del peccato. Crede con l'incubo del peccato , che lo porta ad avere una convenzione negativa dei rapporti umani e dell'essere dell'uomo . Si fidanza con Regina Olsen, ma dopo pochi mesi si rompe il fidanzatamento, perché convinto di non poter realizzare una vita normale , questa scelta sconvolge Regina al punto di suicidarsi. Anche per Kierkegaard questa scelta è causa di dolore. Lui confessa: ”Rimarrà sempre di regina Olsen” .

Per Kierkegaard Dio era al di sopra di qualsiasi cosa, ma c'è da non confordersi con il cristianesimo. La chiesa viene accusata dal filosofo di avere interessi mondani e critica gli

uomini di chiesa per avere ridotto il messaggio di Cristo. Per i cristiani, il cristianesimo è una scelta facile, il filosofo critica chi ignora il volto severo di Dio. Kierchegaard afferma che ciò che dà valore a un uomo non è l'ampiezza delle conoscenze ma assumersi responsabilità della propria vita.

Le tre possibilità esistenziali dell'uomo

La vita etica
La vita religiosa
La vita estetica

Superato un tetto limite, per Kierkegaard giunge il tempo di gettare la maschera, di confrontarsi con la realtà e di dover scegliere. Questo momento si raggiunge attraverso la disperazione; ed è proprio qui che si compie la scelta. E la ''scelta'' è ciò che caratterizza lo stadio etico, dominato dalla responsabilità. Il simbolo della vita etica è quella del marito; la famiglia esprime l'ideale del dovere morale più elevato. Qui l'amore acquisisce spessore e profondità, e la donna diventa emblema della concretezza e dell'amore stabile e duraturo. Dal concetto di famiglia ci si espande verso quella dello Stato, quindi il dovere civico. Nonostante la stabilità, non si raggiunge la piena serenità a causa della minaccia del conformismo, che trasforma i doveri in superficialità

Questo via di vita è propria dell'uomo che vive nella ricerca del piacere, sfugge da ciò che appare noioso. K. rappresenta la vita estetica con la figura di Johannes ("Diario di un seduttore", Aut-Aut) e Don Giovanni (Mozart). Johannes è un seduttore intellettuale, vuole godere i momenti in cui la sua partner cede e si abbandona all'amore. Ma per Kierkegaard la vita estetica non è sufficiente, chi si dedica al piacere cade nella noia e nella disperazione.

Poco a poco, l'individuo si rende conto dello squilibrio tra le cose effimere e la dimensione dell'eterno, sentendosi inadeguato di fronte a Dio e dunque si pente. Il simbolo della vita religiosa è Abramo, il quale ricevette lo strano ordine da dio di uccidere suo figlio Isacco trovandosi di fronte ad un bivio: obbedire o non obbedire a questo comando incomprensibile di Dio? Egli compie il salto della fede e sceglie Dio, ma la sua scelta risulta essere totalmente irrazionale e dettata dal fatto che egli fosse stato scelto da Dio. La fede è dunque senza giustificazioni razionali ed un paradosso perché contraria all'opinione degli uomini e ciò implica un rapporto individuale uomo - Dio.

UOMO COME POSSIBILITÀ

Il pensiero Kierkegaardiano assume le principali caratteristiche proprio dalla fede e ciò porta a una visione fondata sulla scienza. Secondo il filosofo, infatti, l'uomo è ex-sistenza, cioè un essere che, a differenza degli animali che si basano sull'istinto, può uscire da sé trascendendo la propria condizione. Questa possibilità che l'individuo ha porta però ad un senso di angoscia, infatti l'uomo nel rapportarsi alle varie alternative non ha garanzia della realizzazione.

FEDE COME RIMEDIO ALLA DISPERAZIONE

L'uomo, oltre che dall'angoscia, è caratterizzato dalla disperazione e può esserlo per due motivi:

quando si accetta per quello che è

quando non riesce ad accettarsi per quello che è

In entrambi i casi, infatti, la possibilità si rivela impossibile in quanto io non posso volermi come sono, quindi l'io è tormentato da una lacerazione continua tra finito e infinito, cioè realtà e possibilità. Il paradosso più grande della fede lo abbiamo con cristo, cioè Dio che si è fatto uomo ed è morto per noi. Ciò rappresenta l'infinito che si congiunge al finito.

Ricapitolando, l'estraneità di Kierkegaard sul suo tempo si esprime nell'esigenza di fondare l'esistenza umana su Dio. Infine la sua è una prospettiva filosofica impegnativa, difficile da accettare, ma di grande suggestione perché i temi che tratta riguardano da vicino gli uomini.

Grazie per l'attenzione

Presentazione di: Alarico Gherardi, Elias di Battista e Simone Sasso