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Gli attentatori di mussolini
Marta Canovari
Created on December 7, 2023
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Transcript
Gli attentatoridi benito mussolini
Gli attentati del 1926
3.1 L'attentato del 31 ottobre 1926
1. Violet Gibson
1.1. L'attentato del 7 aprile 1926
2 Gino Lucetti
2.1 L'attentato dell'11 settembre 1926
3 Anteo Zamboni
antroposofia steineriana
Violet albina gibson
Figlia di Edward Gibson, avvocato e politico irlandese nominato barone di Ashbourne nel 1885 e Lord Cancelliere d'Irlanda, e della cristiana scientista Frances Colles, Violet sperimentò la teosofia prima di diventare cattolica romana nel 1902. Fu presentata come debuttante a corte durante il regno della regina Vittoria. Rifiutando gli ideali, la religione e lo stile di vita britannici, diventò pacifista, venendo schedata da Scotland Yard. Nel 1916 divenne seguace dell'antroposofia steineriana.Violet soffrì di gravi problemi di salute per tutta la sua vita. Ebbe un esaurimento nervoso nel 1922, venendo dichiarata pazza e internata in un istituto mentale per due anni. Tentò il suicidio all'inizio del 1925. Nello stesso anno si trasferì a Roma.
L'attentato del 7 aprile 1926
Mercoledì 7 aprile 1926 Mussolini era appena uscito dal palazzo del Campidoglio, dove aveva inaugurato un congresso di chirurgia, quando la Gibson gli sparò un colpo di pistola, ferendolo di striscio al naso. Secondo gli studiosi, a salvarlo sarebbe stato un saluto romano che porgeva proprio nel momento dello sparo: tirando indietro il capo e irrigidendosi come sua abitudine nel saluto, avrebbe inconsapevolmente portato la testa fuori traiettoria. La Gibson, faticosamente sottratta a un tentativo di linciaggio, fu condotta in questura; interrogata, non rivelò la ragione dell'attentato. Romano Mussolini, figlio di Benito, ebbe a raccontare che il padre, subito soccorso da decine di chirurghi che erano appunto sul posto per il congresso. L'attentatrice venne assolta in istruttoria dal Tribunale speciale per totale infermità di mente e, successivamente, espulsa dall'Italia verso l'Inghilterra. Rimase per trent'anni ricoverata in una clinica psichiatrica, il St Andrew' s Hospital a Northampton, dove morì.
Il giorno dopo l'attentato, Mussolini compì un viaggio in Libia e si mostrò a Tripoli con un vistoso cerotto sul naso, come testimoniano le foto dell'epoca. Il giornalista inglese, James Strachey Barnes, nel suo libro "Io amo l'Italia" edito nel 1939, afferma che la Gibson si trovava al Tripoli il giorno dopo l'attentato e in quella sede, sulla banchina del porto, insieme ad altri giornalisti, salutó il Duce
il quale chiese: "lei è la Gibson che fece questo?", indicando con un dito il suo naso incerottato. Ne seguì un colloquio che condusse ad altri incontri nei quali Mussolini invitó la signora a dargli lezioni d'inglese. La storia risulta però quanto meno dubbia essendo la Gibson il giorno dopo sotto arresto e successivamente espulsa dall'Italia.
gino lucetti
Nato da famiglia contadina benestante, da ragazzo lavorava nelle terre di Avenza, di proprietà della madre Adele Crudeli, e militava nell'organizzazione giovanile del Partito Repubblicano, in aperto contrasto con il padre Filippo, fervente anarchico carrarese. Nel 1918, durante la prima guerra mondiale, fu chiamato alle armi, e prestò servizio militare nei Reparti d'assalto, senza però partecipare ad alcun fatto d'arme, vista la quasi immediata fine delle ostilità. Dopo la guerra maturò una coscienza politica che lo portò ad opporsi al fascismo, aggregandosi agli anarchici individualisti.
L'attentato dell'11 settembre 1926
Mussolini uscì completamente illeso dall'attentato e dichiarò inoltre che se la bomba fosse riuscita a penetrare all'interno della vettura l'avrebbe potuta tranquillamente raccogliere per scagliarla a sua volta contro l'attentatore.
L'11 settembre 1926,Lucetti si appostò sul piazzale di Porta Pia a Roma e lanciò una bomba contro la Lancia Lambda Coupé de ville che trasportava Mussolini nel consueto tragitto da casa a Palazzo Chigi.La bomba rimbalzò sul bordo superiore del finestrino posteriore destro dell'automobile e, qualche secondo dopo, esplose a terra ferendo otto passanti e lasciando illeso l'obiettivo. Lucetti fu immediatamente immobilizzato da un passante, Ettore Perondi, e poi raggiunto dalla polizia. Dalla perquisizione subito effettuata Lucetti fu trovato armato anche di una pistola di piccolo calibro. Nel corso delle indagini la polizia cercò invano le prove di un complotto, arrestò la madre, il fratello e la sorella di Lucetti, vecchi amici carraresi e anche chi aveva alloggiato con lui.
Lucetti fu processato nel giugno 1927 davanti al Tribunale speciale e condannato a 30 anni di carcere. Con lui furono condannati come complici, a pene di circa vent'anni, anche Leandro Sorio e Stefano Vatteroni. Sull'organizzazione dell'attentato non è mai stata fatta piena luce. Una parte della storiografia ha avanzato l'ipotesi che il gesto di Lucetti fosse stato accuratamente preparato e l'organizzazione avesse coinvolto numerose persone di varie città italiane. Nel 1943 Lucetti fu liberato dagli Alleati da poco giunti a Napoli. Lucetti prese quindi alloggio sull'isola di Ischia, ma il 17 settembre 1943, durante un bombardamento effettuato da bombardieri tedeschi, cercò rifugio su un motoveliero. Il mezzo fu però colpito e affondato, trascinando Lucetti con sé.
anteo zamboni
Figlio di Viola Tabarroni e Mammolo Zamboni, tipografo ex anarchico convertitosi al fascismo per ragioni economiche (faceva affari stampando i fogli di propaganda della sezione bolognese), era fratello minore di Assunto e Lodovico. Nato ufficialmente col nome di Ateo, in onore alle idee antireligiose di suo padre, venne successivamente rinominato legalmente in quello di mitologica reminiscenza di Anteo solo al momento dell'iscrizione alla scuola elementare in seguito anche ad un riavvicinamento del padre al cristianesimo. Di carattere solitario e taciturno, in famiglia veniva soprannominato il Patata, sembra per via della sua presunta scarsa intelligenza.
L'attentato del 31 ottobre 1926
La sera di domenica 31 ottobre 1926, quarto anniversario della sua nomina a primo ministro in seguito alla marcia su Roma, Mussolini si trovava a Bologna.Alla fine delle celebrazioni, Mussolini venne accompagnato verso la stazione a bordo di un'automobile scoperta. Alle 17:40 il corteo aveva raggiunto l'angolo tra via Rizzoli e via dell'Indipendenza. Anteo Zamboni, fattorino nella tipografia del padre, era in questa via, appostato tra la folla e mentre l'automobile rallentava per svoltare, sparò contro Mussolini, mancandolo. Il proiettile aveva seguito una traiettoria dall'alto verso il basso: perforò il bavero della giacca del Duce, attraversò il cappello a cilindro del sindaco Umberto Puppini e si conficcò nell'imbottitura della portiera dell'automobile. In reazione a tale gesto, gli squadristi di Leandro Arpinati e gli arditi milanesi capitanati da Albino Volpi si gettarono sullo studente quindicenne e lo linciarono. Il tenente del 56º fanteria che per primo individuò e bloccò il giovane attentatore fu Carlo Alberto Pasolini, padre del futuro regista Pier Paolo.
Le conseguenze sulla famiglia zamboni
Mussolini ebbe modo di condannare il linciaggio di Zamboni con queste parole: «Degli attentati da me subiti, quello di Bologna non fu mai completamente chiarito. Certo che me la cavai per miracolo. L'esecutore, o presunto tale, fu invece linciato dalla folla. Con questo atto barbarico, che deprecai, l'Italia non dette certo prova di civiltà.»
I procedimenti penali condannarono a 30 anni di prigione Mammolo Zamboni e Virginia Tabarroni per aver comunque influenzato il giovane nelle sue scelte. Lodovico e Assunto, i due fratelli maggiori di Anteo, furono condannati a cinque anni di confino in quanto elementi potenzialmente pericolosi, rispettivamente a Ponza e a Lipari. Pochi anni dopo Mussolini decise di graziare i due condannati. Mammolo Zamboni, che negli anni del processo e della detenzione aveva sempre proclamato l'innocenza di Anteo e l'estraneità assoluta di tutta la famiglia alla vicenda, nel secondo dopoguerra sostenne invece che la colpa dell'attentato era del figlio, il quale aveva agito "con pieno senso di responsabilità". A chi gli chiese il motivo di questo cambiamento di opinione, rispose che l'aver sostenuto l'innocenza di Anteo era stato, durante il procedimento giudiziario, l'unico modo per scagionare se stesso e la famiglia.