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Dante Prof. Russo
Sonia Russo
Created on November 30, 2023
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Transcript
Dante Alighieri
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Illustrazioni Gabriele Dell'Otto
Inferno
La vita e le opere
Paradiso
Gironi
La commedia: struttura
Purgatorio
Prof.ssa Sonia Russo
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Colle
Selva
La porta dell'inferno
Antinferno: ignavi
Fiume Acheronte: verso gli incontinenti
I cerchio: limbo
II cerchio: lussuriosi
III cerchio: golosi
IV cerchio: avari e prodighi
V cerchio: iracondi e accidiosi
Città di Dite; verso i violenti
VI cerchio: eretici
I girone: violenti contro gli altri (omicidi e predoni)
II girone: violenti contro sè stessi (suicidi e scialacquatori)
III girone: violenti contro Dio (bestemmiatori, sodomiti, usurai)
Ripa scoscesa: verso i fraudolenti
I bolgia: seduttori
II bolgia: adulatori
III bolgia: simoniaci
IV bolgia: indovini
V bolgia: barattieri
VI bolgia: ipocriti
VII bolgia: ladri
VIII bolgia: consiglieri fraudolenti
IX bolgia: seminatori di discordia e scismi
X bolgia: falsari
Pozzo dei giganti: verso i traditori
I zona: Caina (parenti)
Clicca sui cerchi rossi per entrare nei gironi
II zona: Antenora (patria)
III zona: Tolomea (ospiti)
IV zona: Giudecca (benefattori)
Uscita
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
“E quindi uscimmo a riveder le stelle”.
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Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Dante e Virgilio giungono alla Giudecca, qui i traditori dei benefattori sono supini nel ghiaccio e piangono. Le lacrime ghiacciano e provocano un dolore di mille frecce negli occhi. Dante sente un vento gelido e chiede da dove provenga, Virgilio gli mostra Lucifero che, con le gigantesche ali di pipistrello, crea il vento freddo che ghiaccia le acque del Cocito.
Inferno, canto XXXIV (vv. 40-51)
Con sei occhi piangëa, e per tre menti gocciava 'l pianto e sanguinosa bava. Da ogne bocca dirompea co' denti un peccatore, a guisa di maciulla, sì che tre ne facea così dolenti. A quel dinanzi il mordere era nulla verso 'l graffiar, che talvolta la schiena rimanea de la pelle tutta brulla.
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Esso è conficcato fino alla vita nel ghiaccio e ha tre facce su una sola testa, quella al centro è rossa, le altre due sono gialla e nera; dai sei occhi piange e le sue lacrime gocciolano lungo i suoi tre menti, mescolandosi a una bava sanguinolenta. Da ognuna delle bocche spunta un peccatore: Giuda, che tradì Gesù, e Bruto e Cassio, che tradirono Cesare. Qui si trovano, divorati in eterno, i traditori dei benefattori e il re dell’Inferno. Virgilio comunica a Dante che ormai ha visto tutto, quindi possono iniziare la discesa che li porterà fuori da quel posto maledetto. I due entrano in un tunnel naturale (natural burella) e senza fermarsi nonostante la stanchezza, giungono all’esterno. E Dante, come prima cosa, guarda il cielo e, dopo tanto orrore, si commuove per la sua bellezza…
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Nella Tolomea i traditori degli ospiti sono nel ghiaccio fino a metà testa con lo sguardo rivolto in alto. Qui Dante si trova davanti ad una scena feroce: due dannati sono immobilizzati nel ghiaccio fino al collo e uno sta affondando i denti nella nuca dell’altro divorandola. Il poeta parla scopre che si tratta di Ugolino della Gherardesca.
Inferno, canto XXXIII (vv. 1-9; 13-15; 55-79)
e disser: "Padre, assai ci fia men doglia se tu mangi di noi: tu ne vestisti queste misere carni, e tu le spoglia". Queta'mi allor per non farli più tristi; lo dì e l'altro stemmo tutti muti; ahi dura terra, perché non t'apristi? Poscia che fummo al quarto dì venuti, Gaddo mi si gittò disteso a' piedi,dicendo: "Padre mio, ché non m'aiuti?". Quivi morì; e come tu mi vedi, vid' io cascar li tre ad uno ad uno tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond' io mi diedi, già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due dì li chiamai, poi che fur morti. Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno». Quand' ebbe detto ciò, con li occhi torti riprese 'l teschio misero co' denti, che furo a l'osso, come d'un can, forti.
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La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a' capelli del capo ch'elli avea di retro guasto. Poi cominciò: «Tu vuo' ch'io rinovelli disperato dolor che 'l cor mi preme già pur pensando, pria ch'io ne favelli. Ma se le mie parole esser dien seme che frutti infamia al traditor ch'i' rodo, parlar e lagrimar vedrai insieme. [...] Tu dei saper ch'i' fui conte Ugolino, e questi è l'arcivescovo Ruggieri: or ti dirò perché i son tal vicino. […] Come un poco di raggio si fu messo nel doloroso carcere, e io scorsi per quattro visi il mio aspetto stesso, ambo le man per lo dolor mi morsi; ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia di manicar, di sùbito levorsi
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Insieme a lui è conficcato nel ghiaccio l'arcivescovo Ruggieri. Il conte si ferma e racconta la sua straziante prigionia, la sua drammatica storia di padre mandato a morte insieme ai suoi figli, e motiva la sua “fame di vendetta".
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Inferno, canto XXXII (vv. 97-111)
Allor lo presi per la cuticagna e dissi: «El converrà che tu ti nomi, o che capel qui sù non ti rimagna». Ond' elli a me: «Perché tu mi dischiomi, né ti dirò ch'io sia, né mosterrolti, se mille fiate in sul capo mi tomi». Io avea già i capelli in mano avvolti, e tratti glien' avea più d'una ciocca, latrando lui con li occhi in giù raccolti, quando un altro gridò: «Che hai tu, Bocca? non ti basta sonar con le mascelle, se tu non latri? qual diavol ti tocca?». «Omai», diss' io, «non vo' che più favelle, malvagio traditor; ch'a la tua onta io porterò di te vere novelle».
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I due poeti procedono verso il centro di Cocito ed entrano nella Antenòra, la zona dei traditori della patria; dove i peccatori sono conficcati nel ghiaccio fino a metà testa. Dante, che trema di freddo, urta col piede la testa di un dannato che piangendo lo sgrida e chiede se è venuto a vendicare il tradimento della battaglia di Montaperti. Il poeta, punto sul vivo, chiede al dannato di rivelare il proprio nome: il traditore gli chiede a sua volta chi è lui, che va colpendo le teste dei dannati.
Dante afferma di essere vivo, e domanda ancora il nome del dannato, ma, poiché lo spirito invita Dante ad allontanarsi con male parole, il poeta lo afferra per la collottola e gli intima di dire il proprio nome, ma il dannato si ostina nel suo silenzio. Dante continua a strappargli i capelli mentre quello latra come un cane, quando un compagno di pena si rivolge a lui chiamandolo Bocca e invitandolo a non urlare oltre a battere i denti. Dante dice che non ha più bisogno che lui parli e che provvederà a portare nel mondo notizie veritiere sul suo destino ultraterreno.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Dante e Virgilio iniziano a muoversi sulla superficie del lago di Cocito,quando sentono un dannato che urla e gli dice di stare attento di non calpestarlo: si volta e vede che il lago è totalmente ghiacciato e le anime dei traditori dei parenti sono imprigionate nel ghiaccio fino al collo, tremando e soffrendo. Essi piangono e tengono la faccia rivolta all'ingiù, per non far congelare le lacrime. Il poeta vede due anime imprigionate nel ghiaccio, così vicini
Inferno, canto XXVIII (vv. 40-51)
Quando noi fummo sor l’ultima chiostra di Malebolge, sì che i suoi conversi potean parere a la veduta nostra, lamenti saettaron me diversi, che di pietà ferrati avean li strali; ond’io li orecchi con le man copersi. Qual dolor fora, se de li spedali, di Valdichiana tra ’l luglio e ’l settembre e di Maremma e di Sardigna i mali fossero in una fossa tutti ’nsembre, tal era quivi, e tal puzzo n’usciva qual suol venir de le marcite membre.
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che i capelli si confondono tra loro. Essi sollevano il collo per guardare Dante, ma così facendo le lacrime gocciolano lungo il viso fino alle labbra e, ghiacciandosi, rinserrano i loro occhi; per questo reagiscono rabbiosamente, battendo la testa fra loro come due caproni. Un altro dannato, cui il freddo ha fatto cadere entrambe le orecchie, tenendo il viso basso dichiara che i due dannati vicini vissero furono fratelli e figli di Alberto di Mangona.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Arrivati alla fine dell’VIII cerchio, trovano un pozzo gigantesco in cui sono stati rinchiusi e bloccati nel ghiaccio i giganti. Uno di loro, legato per il collo, cerca di comunicare con Dante ma riesce a pronunciare solo parole senza senso (“Raphèl maì amècche zabì almi”); è Nembrod, che ebbe l'iea di costruire la torre di Babele. Con il braccio sinistro legato avanti e quello destro legato dietro a una catena che parte dal collo, c'è Fiatte che sfidò Giove. Ma è Anteo, quello più grande e feroce di tutti, che dovrà aiutarli a scendere, deponendoli sul lago Cocito, ghiacciato dal vento infernale prodotto dal battito delle ali di Lucifero.
Inferno, canto XXXI (vv. 28-45)
Poi caramente mi prese per mano, e disse: «Pria che noi siamo più avanti, acciò che ’l fatto men ti paia strano, sappi che non son torri, ma giganti, e son nel pozzo intorno da la ripa da l’umbilico in giuso tutti quanti». Come quando la nebbia si dissipa, lo sguardo a poco a poco raffigura ciò che cela ’l vapor che l’aere stipa, così forando l’aura grossa e scura, più e più appressando ver’ la sponda, fuggiemi errore e cresciemi paura; però che come su la cerchia tonda Montereggion di torri si corona, così la proda che ’l pozzo circonda torreggiavan di mezza la persona li orribili giganti, cui minaccia Giove del cielo ancora quando tuona.
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Contrariamente al suo aspetto, Anteo obbedisce al comando di Virgilio e li depone dolcemente sul fondo dell’inferno, in cambio della fama che avrà per essere nominato nell’opera di Dante.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
I due poeti scendono alla X bolgia dove apaiono: i falsari. Sono a terra, deturpati e devastati da malattie ripugnanti. I falsari di metalli (gli alchimisti) sono colpiti dalla scabbia, pieni di pustole che provocano prurito; quelli di cose dalla lebbra con piaghe purulenti; quelli di persone dalla rabbia che li fa sbavare e addentare tra di loro; quelli di monete dall'idropisia, con il ventre gonfio e perennemente assetati; quelli di parola dalla febbre altissima.
Inferno, canto XXVIII (vv. 40-51)
Quando noi fummo sor l’ultima chiostra di Malebolge, sì che i suoi conversi potean parere a la veduta nostra, lamenti saettaron me diversi, che di pietà ferrati avean li strali; ond’io li orecchi con le man copersi. Qual dolor fora, se de li spedali, di Valdichiana tra ’l luglio e ’l settembre e di Maremma e di Sardigna i mali fossero in una fossa tutti ’nsembre, tal era quivi, e tal puzzo n’usciva qual suol venir de le marcite membre.
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In questa bolgia Dante riconosce un suo concittadino: mastro Adamo, che gli mostra alcuni dannati e gli spiega le torture a cui sono sottoposti. Tra questi cita
Gianni Schicchi e Sinone, sentitosi nominare, Sinone inizia a colpire con pugni e morsi mastro Adamo. I due continuano ad insultarsi e a picchiarsi sotto lo sguardo curioso di Dante, che quasi prova piacere da quella lite, tanto che Virgilio lo sgrida duramente e Dante si vergogna a tal punto che sembra non avere più la forza di camminare. A quel punto Virgilio lo rassicura, dicendogli che il suo pentimento è tale che chiunque lo perdonerebbe e lo invita a proseguire.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Dopo questo incontro, Dante giunge alla nona bolgia, dove si trovano i seminatori di discordie e scissioni, divisi e mutilati da spade impugnate da demoni. Qui Dante parla con molti dannati, tra i quali Maometto, responsabile di una delle più grandi scissioni della Chiesa.
Inferno, canto XXVIII (vv. 64-69)
Un altro, che forata avea la gola e tronco 'l naso infin sotto le ciglia, e non avea mai ch'una orecchia sola, ristato a riguardar per maraviglia con li altri, innanzi a li altri aprì la canna, ch'era di fuor d'ogne parte vermiglia
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Maometto è diviso in due dalla bocca all'intestino e Dante è impressionato nel vedere le interiora che cadono fuori dalla ferita. Ma è ancora più sconcertato
dalla visione di un peccatore che cammina tenendo la propria testa mozzata in mano, come fosse una lanterna: è Bertrand de Born. Parla poi con altri peccatori che lo supplicano di aiutarlo, ma Virgilio lo scuote dalla sua compassione dicendogli che la punizione assegnata da Dio è giusta e meritata, quindi è peccato farsi impietosire.
Inferno, canto XXVIII (vv. 118-126)
Io vidi certo, e ancor par ch’io ’l veggia, un busto sanza capo andar sì come andavan li altri de la trista greggia; e ’l capo tronco tenea per le chiome, pesol con mano a guisa di lanterna; e quel mirava noi e dicea: «Oh me!». Di sé facea a sé stesso lucerna, ed eran due in uno e uno in due: com’esser può, quei sa che sì governa
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Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Nell'VIII bolgia Dante trova i consiglieri fraudolenti, che usarono la loro intelligenza per compiere azioni malvagie, condannati a soffrire avvolti nelle fiamme. Tra questi Dante vede due eroi della mitologia greca, Ulisse e Diomede, avvolti nella stessa fiamma biforcuta. Dante è curioso di sapere come finì la vita dell'eroe di Itaca, e Ulisse risponde con il racconto del suo ultimo viaggio: era giunto fino alle colonne d'Ercole e in quel luogo i suoi compagni terrorizzati volevano tornare indietro. Ulisse li convinse con un breve discorso in cui li esortava a non piegarsi all'ignoranza, ma seguire la curiosità della conoscenza. Li convinse a proseguire e così giunsero, attraverso l'emisfero Australe con le sue stelle nuove e meravigliose, fino alla montagna del Purgatorio. Ma ben presto
Inferno, canto XXVI (vv. 85-102)
Lo maggior corno de la fiamma antica cominciò a crollarsi mormorando, pur come quella cui vento affatica; indi la cima qua e là menando, come fosse la lingua che parlasse, gittò voce di fuori e disse: «Quando mi diparti' da Circe, che sottrasse me più d'un anno là presso a Gaeta, prima che sì Enëa la nomasse, né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né 'l debito amore lo qual dovea Penelopè far lieta, vincer potero dentro a me l'ardore ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore; ma misi me per l'alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto.
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Inferno, canto XXVI (vv. 118-120)
Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.
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l'allegria si tramutò in pianto: da quella nuova terra sorse una tempesta che investì la prua della nave, facendola affondare.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Dalla strada secondaria giungono alla bolgia dei ladri, che camminano con le mani legate dietro la schiena e vengono tormentati dai serpenti; quando una serpe morde il collo di una di quelle anime, si traforma e prende il suo aspetto, mentre la "vittima" viene trasformata in un tizzone ardente. Dalla cenere del tizzone, il peccatore rinasce a forma di serpe e va a mordere il collo di un altro peccatore.
Tra questi Dante riconosce Vanni Fucci, che, dopo aver narrato la sua vicenda, racconta con piacere sadico l’esilio di Dante e se ne rallegra molto, finendo il suo monologo con una bestemmia. Per questo motivo dei serpenti neri lo attaccano e lo legano mentre lo straziano con il veleno e i denti.
Inferno, canto XXIV (vv. 121-126)
Lo duca il domandò poi chi ello era; per ch'ei rispuose: «Io piovvi di Toscana, poco tempo è, in questa gola fiera. Vita bestial mi piacque e non umana, sì come a mul ch'i' fui; son Vanni Fucci bestia, e Pistoia mi fu degna tana».
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Inferno, canto XXVI (vv. 1-6)
Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande che per mare e per terra batti l'ali, e per lo 'nferno tuo nome si spande! Tra li ladron trovai cinque cotali tuoi cittadini onde mi ven vergogna, e tu in grande orranza non ne sali.
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Dante incontra molti toscani, molti dei quali sono fiorentini. L’inizio dell’ottava bolgia è un’invettiva contro Firenze e i suoi abitanti, che sono così famosi in tutto l’inferno…
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Inferno, canto XXIII (vv. 133-148)
Arrivati al ponte Dante sente parlottare i diavoli e guarda Virgilio come per chiedere spiegazioni, ma questi lo prende per mano e inizia a correre come il vento per passare il ponte prima di essere catturato dai dieci diavoli, che speravano di straziarli non appena giunti al ponte. Dante entra nella VI bolgia, dove si trovano gli ipocriti, che camminano coperti da pesantissime cappe d’oro fuori e dentro di piombo. Tra questi riconosce e parla con Catalano e Loderingo, ma si distrae quando vede un
Rispuose adunque: «Più che tu non speri s’appressa un sasso che de la gran cerchia si move e varca tutt’i vallon feri, salvo che ’n questo è rotto e nol coperchia: montar potrete su per la ruina, che giace in costa e nel fondo soperchia». Lo duca stette un poco a testa china; poi disse: «Mal contava la bisogna colui che i peccator di qua uncina». E ’l frate: «Io udi’ già dire a Bologna del diavol vizi assai, tra ’ quali udi’ ch’elli è bugiardo, e padre di menzogna». Appresso il duca a gran passi sen gì, turbato un poco d’ira nel sembiante; ond’io da li ’ncarcati mi parti’ dietro a le poste de le care piante.
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dannato crocifisso in terra e calpestato da tutti: è Caifas. Virgilio chiede a Catalano
come uscire dalla bolgia e il peccatore, un po' ironicamente, sottolinea che Virgilio si è fatto beffare dai diavoli... c'è una strada secondaria che si poteva prendere sin dalla bolgia precedente. Virgilio si arrabbia un po' per la propria ingenuità e prosegue verso la strada alternativa.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Inferno, canto XXII (vv. 25-39)
Dante e Virgilio giungono alla V bolgia, dove i barattieri sono immersi in un lago di pece. Un diavolo li supera, lanciando nel liquame un dannato; urla agli altri diavoli che è un politico di Lucca e che ne porterà amolti da quela città. Il dannato fuoriesce dalla pece bollente, ma i diavoli gli intimano restare immerso se non vuole subire una sorte peggiore. Il peccatore non presta ascolto e i diavoli lo arpionano con uncini affilati, straziando il suo corpo e lanciandolo nella pece, dove si ricomporrà. Ad un tratto due diavoli inziano ad azzuffarsi e crollano nella pece rimanendo invischiati e Dante e Virgilio ne approfittano per fuggire. Però la loro fuga dura poco, perchè la strada è crollata e quindi non possono proseguire. Virgilio si reca da Malacoda,
E come a l'orlo de l'acqua d'un fosso stanno i ranocchi pur col muso fuori, sì che celano i piedi e l'altro grosso, sì stavan d'ogne parte i peccatori; ma come s'appressava Barbariccia, così si ritraén sotto i bollori. I' vidi, e anco il cor me n'accapriccia, uno aspettar così, com' elli 'ncontra ch'una rana rimane e l'altra spiccia; e Graffiacan, che li era più di contra, li arruncigliò le 'mpegolate chiome e trassel sù, che mi parve una lontra. I' sapea già di tutti quanti 'l nome, sì li notai quando fuorono eletti, e poi ch'e' si chiamaro, attesi come. «O Rubicante, fa che tu li metti li unghioni a dosso, sì che tu lo scuoi!», gridavan tutti insieme i maladetti.
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il capo dei diavoli Malebranche; parlamenta con lui e ottiene un passaggio dai diavoli per superare il lago. Dante teme questa compagnia demoniaca e Virgilio lo tranquillizza ricordandogli che il loro viaggio è protetto da Dio, così Malacoda urla ai compagni di non fare del male ai due viandanti. Come risposta i diavoli fanno linguacce
e versacci e uno di loro, Barbariccia, risponde in altro modo... "ed elli avea del cul fatto trombetta".
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Inferno, canto XX (vv. 4-18; 25-30)
Virgilio conduce Dante giù per un sentiero e gli mostra gli indovini e i maghi che abitano la quarta bolgia. Essi hanno la testa girata verso la schiena e devono camminare all’indietro, soffrendo in ogni movimento, mentre si bagnano la schiena con le lacrime.Tra questi dannati Dante riconosce gli indovini Tiresia e.
Io era già disposto tutto quanto a riguardar ne lo scoperto fondo, che si bagnava d’angoscioso pianto; e vidi gente per lo vallon tondo venir, tacendo e lagrimando, al passo che fanno le letane in questo mondo Come ’l viso mi scese in lor più basso, mirabilmente apparve esser travolto ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso; ché da le reni era tornato ’l volto, e in dietro venir li convenia, perché ’l veder dinanzi era lor tolto. Forse per forza già di parlasia si travolse così alcun del tutto; ma io nol vidi, né credo che sia. [...[ Certo io piangea, poggiato a un de’ rocchi del duro scoglio, sì che la mia scorta mi disse: «Ancor se’ tu de li altri sciocchi? Qui vive la pietà quand’è ben morta; chi è più scellerato che colui che al giudicio divin passion comporta?
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Calcante. Dante prova pena per questi peccatori e piange nel vederli così deformi, ma Virgilio lo sgrida duramente, perché hanno avuto la presunzione di vedere il futuro, potere riservato solo a Dio. L'elenco dei peccatori è interrotto dalla spiegazione della nascita della città di Mantova, che non fu fondata dalla maga Manto, come vuole la leggenda, ma da un gruppo di saggi che le diedero il nome in ricordo dei luoghi in cui visse e morì la maga... sembra che Virgilio voglia "ripulire" la reputazione della propria città con queste parole.
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Quando giunge nella terza bolgia Dante vede una lastra di pietra tutta piena di buchi; da questi spuntano delle gambe con le piante dei piedi infuocate da fiammelle, come se fossero state unte.
Virgilio spiega che sono i simoniaci, cioè quelli che avevano comprato e venduto le cose sacre (oggetti, cariche, perdoni...). Dante sente urlare un'anima più delle altre e le parla: è Papa Niccolò III, che fa due profezie sui papi che verranno dopo di lui.
Inferno, canto XIX (vv. 54-72)
Ed el gridò: «Se' tu già costì ritto, se' tu già costì ritto, Bonifazio? Di parecchi anni mi mentì lo scritto. Se' tu sì tosto di quell' aver sazio per lo qual non temesti tòrre a 'nganno la bella donna, e poi di farne strazio?» Tal mi fec’io, quai son color che stanno, per non intender ciò ch’è lor risposto, quasi scornati, e risponder non sanno. Allor Virgilio disse: «Dilli tosto: "Non son colui, non son colui che credi"» e io rispuosi come a me fu imposto. Per che lo spirto tutti storse i piedi; poi, sospirando e con voce di pianto, mi disse: «Dunque che a me richiedi? Se di saper ch’i’ sia ti cal cotanto, che tu abbi però la ripa corsa, sappi ch’i’ fui vestito del gran manto; e veramente fui figliuol de l'orsa, cupido sì per avanzar li orsatti, che sù l'avere e qui me misi in borsa.»
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Dante sa già che i papi seguenti saranno Bonifacio VIII e Clemente V, due pontefici che si erano macchiati di simonia e che erano avversari politici di Dante stesso, così maledice violentemente tutti i papi simoniaci, colpevoli di aver portato la Chiesa nel peccato e di averla sottomessa al potere temporale. A sentire quelle parole, Niccolò scalcia e urla ancora di più, anche Dante è stremato dall'indignazione e Virgilio lo prende in braccio e lo porta sul ponte all'inizio della bolgia successiva.
CONTRAPPASSO: I simoniaci sono capovolti, visto che capovolsero le parole di Dio asservendole al denaro e hanno le fiamme sui piedi, invece che sulla testa come la ebbero gli apostoli (una specie di aureola).
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Tra le bolge ci sono dei dislivelli, e quando Dante si avvicina alla seconda bolgia, una puzza tremenda lo colpisce: qui si trovano gli adulatori, che si lamentano e si colpiscono con le loro stesse mani. Dante e Virgilio salgono su un ponte e da lì riescono a vedere bene: il fondo della bolgia è un lago di sterco come quello delle latrine, i vapori che salgono creano una muffa puzzolente su tutte le pareti della bolgia. In quel lago orrendo Dante riconosce Alessio Interminelli, un lucchese famoso per essere un leccapiedi.
Inferno, canto XVIII (vv. 115-123)
E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco, vidi un col capo sì di merda lordo, che non parea s’era laico o cherco. Quei mi sgridò: «Perché se’ tu sì gordo di riguardar più me che li altri brutti?». E io a lui: «Perché, se ben ricordo, già t’ho veduto coi capelli asciutti, e se’ Alessio Interminei da Lucca: però t’adocchio più che li altri tutti». Ed elli allor, battendosi la zucca: «Qua giù m’hanno sommerso le lusinghe ond’io non ebbi mai la lingua stucca».
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Dopo questo incontro Virgilio indica una donna sudicia, che si graffia con le unghie piene di sterco e urla in modo sguaiato. Si tratta della prostituta Taide, che rappresenta le persone che giurano amore e devozione a tutti. A quel punto i due si allontanano e passano nella bolgia successiva.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Nella prima bolgia Dante vede centinaia diavoli inferociti che frustano le schiene delle anime dei ruffiani e dei seduttori, che corrono sotto i loro colpi. Essi si differenziano dai lussuriosi perché i lussuriosi sono stati travolti dalla passione, mentre i seduttori hanno usato l'inganno per costringere gli altri a prostituirsi o a giacere con loro, per il loro tornaconto o la loro vanità.
Inferno, canto XVIII (vv. 82-96)
Tra i ruffiani Dante riconosce il bolognese Venedico Caccianemico: il dannato cerca di nascondersi, ma Dante lo riconosce e Venedico aggiunge che non è il solo bolognese fra i ruffiani, ma anzi, a Bologna moltissimi sono ruffiani perché molto furbi e avidi.
E ’l buon maestro, sanza mia dimanda, mi disse: «Guarda quel grande che vene, e per dolor non par lagrime spanda: quanto aspetto reale ancor ritene! Quelli è Iasón, che per cuore e per senno li Colchi del monton privati féne. Ello passò per l’isola di Lenno, poi che l’ardite femmine spietate tutti li maschi loro a morte dienno. Ivi con segni e con parole ornate Isifile ingannò, la giovinetta che prima avea tutte l’altre ingannate. Lasciolla quivi, gravida, soletta; tal colpa a tal martiro lui condanna; e anche di Medea si fa vendetta.
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Tra i seduttori invece Virgilio indica Giasone, che procede con portamento regale indifferente alle percosse ricevute.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Dopo aver conversato con altre anime dannate, Virgilio e Dante arrivano al punto in cui il Flegetonte crea una cascata e Dante chiede come farà a scendere, visto che non ci sono scale o sentieri. Virgilio risponde mostrando con il dito una creatura che si sta avvicinando, è il mostro Gerione, essere con il volto di uomo buono, il corpo di serpente e coda da scorpione...
Inferno, canto XVII (vv. 1-15)
Ecco la fiera con la coda aguzza, che passa i monti e rompe i muri e l'armi! Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza!». Sì cominciò lo mio duca a parlarmi; e accennolle che venisse a proda, vicino al fin d'i passeggiati marmi. E quella sozza imagine di froda sen venne, e arrivò la testa e 'l busto, ma 'n su la riva non trasse la coda. La faccia sua era faccia d'uom giusto, tanto benigna avea di fuor la pelle, e d'un serpente tutto l'altro fusto; due branche avea pilose insin l'ascelle; lo dosso e 'l petto e ambedue le coste dipinti avea di nodi e di rotelle.
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Questo mostro accompagna in groppa i due poeti, che stanno molto attenti a non farsi colpire dalla coda da scorpione; quindi scendono nell’VIII cerchio, detto anche Malebolgie, perché diviso in dieci bolge (cerchi concentrici), con al centro un pozzo profondissimo. Qui vengono puniti coloro i quali hanno commesso il male con l’inganno. Le bolge sono unite tra di loro da ponti di pietra a dorso d'asino su cui camminano i due visitatori.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
I due giungono ad un’enorme spiaggia dove si trovano le anime dei violenti contro natura, Dio e l’arte. Tutti sono colpiti da una pioggia di fuoco che incendia anche la sabbia. I bestemmiatori, che hanno offeso Dio con le parole, sono seduti; gli usurai , che hanno offeso Dio guadagnando dai soldi senza lavorare, sono sdraiati; i sodomiti, che secondo la mentalità medievale hanno offeso la natura, corrono. In mezzo alla spiaggia, sdraiato fieramente senza lamentarsi si trova Capaneo.
Tra i sodomiti passa Brunetto Latini che riconosce Dante e si avvicina per salutarlo. I due parlano elegantemente e si capisce che si stimano. Brunetto si rammarica solo di esser morto troppo presto e non aver avuto la possibilità di difendere Dante dall'esilio, ma lo consola con una profezia: diventerà così famoso che tutti i fiorentini lo vorranno al loro fianco, bianchi e neri... Dante chiede al suo vecchio maestro cosa può fare per lui una volta tornato sulla Terra; Brunetto risponde di tenere con cura la sua opera, come se fosse un figlio, e di diffondere il suo nome come poeta.
Inferno, canto XIV (vv. 46-60)
Chi è quel grande che non par che curi lo ’ncendio e giace dispettoso e torto, sì che la pioggia non par che ’l marturi?» E quel medesmo, che si fu accorto ch’io domandava il mio duca di lui, gridò: «Qual io fui vivo, tal son morto. Se Giove stanchi ’l suo fabbro da cui crucciato prese la folgore aguta onde l’ultimo dì percosso fui; o s’elli stanchi li altri a muta a muta in Mongibello a la focina negra, chiamando "Buon Vulcano, aiuta, aiuta!", sì com’el fece a la pugna di Flegra, e me saetti con tutta sua forza, non ne potrebbe aver vendetta allegra».
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Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Giunto dall’altra parte del fiume infernale, Dante nota rovi e alberi secchi su cui si trovano i nidi delle arpie, sente orribili lamenti, ma non vede nessuno; Virgilio spiega che qui si trovano i violenti contro sè stessi, i suicidi, e lo invita a staccare un ramo per poter vedere con i suoi occhi la metamorfosi...
Inferno, canto XIII (vv. 28-45)
Il pruno dice di essere l’anima di Pier delle Vigne: spiega che Minosse scaraventa le anime dei suicidi in questo girone; in quel punto il loro corpo germoglia a forma di cespuglio e le arpie li torturano strappando i rami e mangiando le foglie. D'un tratto Dante vede delle anime che corrono spaccando i rami, inseguite da feroci cagne nere che, quando riescono a raggiungere le anime, le sbranano, sparpagliando pezzi di corpo; quindi i pezzi si ricompongono e la fuga ricomincia. Sono i dilapidatori o scialacquatori, coloro che distrussero le proprie ricchezze e le usarono per fare il male.
Però disse 'l maestro: «Se tu tronchi qualche fraschetta d'una d'este piante, li pensier c'hai si faran tutti monchi». Allor porsi la mano un poco avante e colsi un ramicel da un gran pruno; e 'l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?» Da che fatto fu poi di sangue bruno, ricominciò a dir: «Perché mi scerpi? non hai tu spirto di pietade alcuno? Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: ben dovrebb' esser la tua man più pia, se state fossimo anime di serpi». Come d'un stizzo verde ch'arso sia da l'un de' capi, che da l'altro geme e cigola per vento che va via, sì de la scheggia rotta usciva insieme parole e sangue; ond' io lasciai la cima cadere, e stetti come l'uom che teme.
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Tra loro c'è Jacopo da Sant'Andrea, che, correndo, distrugge un pruno vicino a Dante,
la pianta chiede a Dante di essere pietoso, raccogliere i suoi rametti e metterli vicini al tronco: egli rappresenta tutti quei fiorentini che non sono stati capaci di affrontare la crisi economica.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Mentre conduce Dante verso il burrone che separa il VI e il VII cerchio, Virgilio spiega che, a partire da questo girone, si trovano i dannati più colpevoli, perché hanno usato l’intelletto per compiere i loro peccati. A guardia del burrone c’è il Minotauro, simbolo della violenza bestiale: in questo cerchio sono torturati i violenti. I primi ad apparire ai poeti sono i violenti contro il prossimo, immersi nel Flegetonte, un fiume di sangue bollente e puzzolente.
Ma, prima di arrivare dai dannati, un gruppo di centauri ferma i due poeti: le creature hanno il compito di colpire con le frecce i dannati che emergono dal fiume. Il loro capo è Chirone, che interroga Virgilio sul loro viaggio.
Inferno, canto XII (vv. 76-87)
Quando viene a conoscenza del fatto che il viaggio dei due poeti è voluto da Dio, il saggio Chirone ordina al centauro Nesso di condurre in groppa Dante e Virgilio per attraversare il fiume.
Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle: Chirón prese uno strale, e con la cocca fece la barba in dietro a le mascelle. Quando s'ebbe scoperta la gran bocca, disse a' compagni: «Siete voi accorti che quel di retro move ciò ch'el tocca? Così non soglion far li piè d'i morti!». E 'l mio buon duca, che già li er' al petto, dove le due nature son consorti, rispuose: «Ben è vivo, e sì soletto mostrar li mi convien la valle buia; necessità 'l ci 'nduce, e non diletto.”
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Qui Dante vede i briganti, gli assassini, i vandali, i tiranni, tra tutti riconosce Alessandro Magno, Attila, Dionisio, Ezzellino da Romano, tutti politici che avevano agito da dittatori violenti.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
I due giungono dagli eretici, o epicurei, che sono sdraiati dentro sepolcri infuocati.
Tra questi si trova il capo ghibellino Farinata degli Uberti, concittadino di Dante. Nonostante sia un avversario politico, il dialogo tra i due si mantiene rispettoso, perché Farinata si è sempre mostrato coerente, fiero e dignitoso. Farinata chiede a Dante della situazione politica di Firenze e gli profetizza l’esilio.
Mentre parla con Farinata, un altro dannato gli domanda come mai un vivo si trovi all’inferno; Dante lo riconosce: è Cavalcante Cavalcanti, padre del suo più caro amico Guido; ma gli risponde sovrappensiero…
Inferno, canto X (vv. 60-63)
E io a lui: «Da me stesso non vegno: colui ch'attende là, per qui mi mena forse cui Guido vostro ebbe a disdegno».
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Sentendo il verbo al passato, Cavalcante chiede se il figlio sia morto, e poiché Dante tentenna nel dare una risposta, il dannato strabuzza gli occhi e sviene. Il poeta allora si rivolge di nuovo a Farinata giurando: Guido è vivo e sano! Dante aveva titubato nel rispondere perché stava pensando ad altro, ovvero: come mai due dannati gli hanno predetto il futuro, ma non sanno cosa succede nel presente? Farinata spiega che i dannati vedono solo il passato e il futuro e gli promette che riferirà della buona salute di Guido a Cavalcante, non appena si riprenderà dallo spavento.
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
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Inferno, canto IX (vv. 42-60)
Attraversata la palude, i due giungono alle mura della città infernale di Dite, difesa da migliaia di diavoli che vogliono ricacciare indietro Dante e imprigionare Virgilio. Il duca va a parlare con i diavoli lasciando solo Dante immerso nell’oscurità e nella nebbia. Quando Virgilio torna, Dante è ancora più preoccupato, perché per la prima volta vede la sua guida inquieta, in attesa di qualcosa che non arriva… Improvvisamente da una delle torri infuocate delle mura, si alzano di scatto tre furie infernali: le erinni, che si precipitano minacciose verso i due con l'intenzione di pietrificarli.
E quei, che ben conobbe le meschine de la regina de l’etterno pianto, «Guarda», mi disse, «le feroci Erine. Quest’è Megera dal sinistro canto; quella che piange dal destro è Aletto; Tesifón è nel mezzo»; e tacque a tanto. Con l’unghie si fendea ciascuna il petto; battiensi a palme, e gridavan sì alto, ch’i’ mi strinsi al poeta per sospetto. «Vegna Medusa: sì ’l farem di smalto», dicevan tutte riguardando in giuso; «mal non vengiammo in Teseo l’assalto». «Volgiti ’n dietro e tien lo viso chiuso; ché‚ se ’l Gorgón si mostra e tu ’l vedessi, nulla sarebbe di tornar mai suso». Così disse ’l maestro; ed elli stessi mi volse, e non si tenne a le mie mani, che con le sue ancor non mi chiudessi.
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A queste parole Virgilio ordina a Dante di chiudere gli occhi e aggiunge anche le sue mani per evitare che Medusa lo trasformi in pietra. Quando ormai tutto sembra andare male, appare un angelo che, camminando sulla palude, scaccia i demoni e giunge alle porte della città, le tocca con un piccolo scettro e le fa spalancare, quindi se ne va, senza degnare di uno sguardo Dante o Virgilio.
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Inferno, canto VIII (vv. 31-63)
I poeti scendono al V cerchio e si trovano davanti la palude Stigia; a causa di una fitta nebbia maleodorante riescono a vedere solo un puntino luminoso che si avvicina a loro: è la velocissima barca del demone Flegias, che li deve portare sull'altra riva. Nella palude si trovano gli accidiosi (pigri) e gli iracondi che si azzuffano tra di loro. Giunti in mezzo alla palude, Dante riconosce un dannato: Filippo Argenti, Dante non prova alcuna pietà per lui, anzi lo insulta e chiede a Virgilio di attendere per poterlo guardare mentre si immerge nel fango di nuovo, come un maiale. Virgilio benedice questo desiderio di vendetta, così acconsente e gli fa cenno di guardare, mentre tutte le altre anime graffiano e straziano quel dannato.
Mentre noi corravam la morta gora, dinanzi mi si fece un pien di fango, e disse: "Chi se' tu che vieni anzi ora?". E io a lui: "S'i' vegno, non rimango;ma tu chi se', che sì se' fatto brutto?". Rispuose: "Vedi che son un che piango". E io a lui: "Con piangere e con lutto, spirito maladetto, ti rimani; ch'i' ti conosco, ancor sie lordo tutto". Allor distese al legno ambo le mani; per che 'l maestro accorto lo sospinse, dicendo: "Via costà con li altri cani!". [...] E io: "Maestro, molto sarei vago di vederlo attuffare in questa broda prima che noi uscissimo del lago". Ed elli a me: "Avante che la proda ti si lasci veder, tu sarai sazio: di tal disio convien che tu goda". Dopo ciò poco vid'io quello strazio far di costui a le fangose genti, che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio. Tutti gridavano: "A Filippo Argenti!"; e 'l fiorentino spirito bizzarro in sé medesmo si volvea co' denti
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Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
Scendendo ancora i due poeti si trovano nel IV cerchio, quello degli Avari e Prodighi, cioè di chi ha dato troppo importanza al denaro accumulandone in quantità, e chi lo ha sperperato, sminuendolo. Poiché la virtù sta nel dare il giusto peso al denaro, qui i peccatori sono divisi in due schiere e condannati a spingere con il petto e le braccia dei massi enormi, insultandosi l’un l’altro quando si incontrano.
A guardia di questo girone si trova Pluto, che pronuncia parole incomprensibili, una sorta di invocazione a Lucifero. Virgilio lo chiama "lupo maledetto", ma sembra più per insultare la sua avidità (come fosse la lupa del colle, che più mangia più ha fame), che per fare intendere che abbia realmente sembianze di lupo.
Inferno, canto VII (vv. 3-6)
«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!», cominciò Pluto con la voce chioccia; e quel savio gentil, che tutto seppe, disse per confortarmi: «Non ti noccia la tua paura; ché, poder ch'elli abbia, non ci torrà lo scender questa roccia».
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Quando si sveglia, Dante si trova nel III cerchio dove incontra i golosi, sdraiati in un putrido fango puzzolente, colpiti da una pioggia eterna di ghiaccio e neve. Tra i peccatori di questo girone, Dante trova il suo concittadino Ciacco, che profetizza il futuro di Firenze e l’esilio di Dante.
Inferno, canto VI (vv. 13-32)
Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi è sommersa. Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, e 'l ventre largo, e unghiate le mani; graffia li spirti ed iscoia ed isquatra. Urlar li fa la pioggia come cani; de l'un de' lati fanno a l'altro schermo; volgonsi spesso i miseri profani. Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo, le bocche aperse e mostrocci le sanne; non avea membro che tenesse fermo. E 'l duca mio distese le sue spanne, prese la terra, e con piene le pugna la gittò dentro a le bramose canne. Qual è quel cane ch'abbaiando agogna, e si racqueta poi che 'l pasto morde, ché solo a divorarlo intende e pugna, cotai si fecer quelle facce lorde de lo demonio Cerbero, che 'ntrona l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.
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Il mostro a guardia di questo cerchio è Cerbero caratterizzato da tre teste e da una fame insaziabile. Virgilio lo inganna buttando nelle fauci del mostro manciate di fango, e il cane è così ingordo che non si rende nemmeno conto di stare mangiando terra e continua a masticare lasciandoli passare.
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Inferno, canto V (vv. 88-142)
«O animal grazïoso e benigno che visitando vai per l'aere perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno, se fosse amico il re de l'universo, noi pregheremmo lui de la tua pace, poi c'hai pietà del nostro mal perverso. Di quel che udire e che parlar vi piace, noi udiremo e parleremo a voi, mentre che 'l vento, come fa, ci tace. Siede la terra dove nata fui su la marina dove 'l Po discende per aver pace co' seguaci sui. Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense». Queste parole da lor ci fuor porte. Quand' io intesi quell' anime offense, china' il viso, e tanto il tenni basso, fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?»
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la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante». Mentre che l'uno spirto questo disse, l'altro piangëa; sì che di pietade io venni men così com' io morisse. E caddi come corpo morto cade.
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Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso, quanti dolci pensier, quanto disio menò costoro al doloroso passo!». Poi mi rivolsi a loro e parla' io, e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri a lagrimar mi fanno tristo e pio. Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri, a che e come concedette amore che conosceste i dubbiosi disiri?». E quella a me: «Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore. Ma s'a conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto, dirò come colui che piange e dice. Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto. Per più fïate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disïato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso,
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Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
I dannati del limbo (da "lembo", "orlo") non soffrono pene corporali, ma psicologiche, perché desiderano vedere Dio ed essere illuminati dalla sua luce, quindi appaiono come anime tranquille che camminano e conversano malinconicamente con la sensazione perenne di non essere soddisfatti.
Inferno, canto IV (vv. 25-42)
Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che di sospiri, che l’aura etterna facevan tremare; ciò avvenia di duol sanza martìri ch’avean le turbe, ch’eran molte e grandi, d’infanti e di femmine e di viri. Lo buon maestro a me: «Tu non dimandi che spiriti son questi che tu vedi? Or vo’ che sappi, innanzi che più andi, ch’ei non peccaro; e s’elli hanno mercedi, non basta, perché non ebber battesmo, ch’è porta de la fede che tu credi; e s’e’ furon dinanzi al cristianesmo, non adorar debitamente a Dio: e di questi cotai son io medesmo. Per tai difetti, non per altro rio, semo perduti, e sol di tanto offesi, che sanza speme vivemo in disio».
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Qui Virgilio mostra a Dante gli uomini retti che non hanno ricevuto il battesimo e una zona elevata c’è un nobile castello che ospita filosofi, pensatori e uomini importanti nati prima di Cristo. Al termine di questo girone inizia l’inferno vero e proprio, a guardia del quale si trova Minosse, che ha l’aspetto di un mostro enorme con una coda lunghissima che gli serve ad indicare con tanti giri della coda, quanti cerchi dovrà scendere il dannato.
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Inferno, canto III (vv. 82-99; 109-111)
Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: «Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i' vegno per menarvi a l'altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo. E tu che se' costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti». Ma poi che vide ch'io non mi partiva, disse: «Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare: più lieve legno convien che ti porti». E 'l duca lui: «Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare». Quinci fuor quete le lanose gote al nocchier de la livida palude, che 'ntorno a li occhi avea di fiamme rote. [...] Caron dimonio, con occhi di bragia loro accennando, tutte le raccoglie; batte col remo qualunque s'adagia.
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In un’altra zona della spiaggia si trovano le anime dei dannati che attendono spaventati l’arrivo della barca che li traghetterà, guidata da Caronte. E’ il primo diavolo che Dante incontra ed ha l’aspetto di un vecchio muscoloso e malvagio. Egli carica le anime picchiandole con il remo e insultandole; vorrebbe impedire a Dante di salire perché è ancora vivo, ma Virgilio gli ordina di obbedire, così fa salire Dante e inizia la spaventosa traversata…
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Inferno, canto III (vv. 1-24)
"E io: «Maestro, che è tanto greve a lor, che lamentar li fa sì forte?». Rispuose: «Dicerolti molto breve. Questi non hanno speranza di morte e la lor cieca vita è tanto bassa, che ’nvidiosi son d’ogne altra sorte. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa» E io, che riguardai, vidi una ’nsegna che girando correva tanto ratta, che d’ogne posa mi parea indegna; e dietro le venìa sì lunga tratta di gente, ch’i’ non averei creduto che morte tanta n’avesse disfatta. Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto.
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Superata la porta dell’inferno, Dante e Virgilio cominciano la discesa e giungono sulla riva di un fiume: è l’Acheronte, oltre il quale inizia l’inferno vero e proprio. Dante osserva le anime degli ignavi che inseguono una bandiera, punzecchiati e tormentati in eterno da vespe e tafani; tra loro riconosce il papa Celestino V.Dante vorrebbe sapere di più su questi peccatori, ma Virgilio non li ritiene degni neppure di attenzione.
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Inferno, canto III (vv. 1-24)
"Per me si va ne la città dolente, Per me si va ne l'etterno dolore, Per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore: Fecemi la divina podestate, La somma sapienza e 'l primo amore. Dinanzi a me non fuor cose create Se non etterne, e io etterno duro. Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate". Queste parole di colore oscuro vid'io scritte al sommo d'una porta; per ch'io: «Maestro, il senso lor m'è duro». Ed elli a me, come persona accorta: «Qui si convien lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta. Noi siam venuti al loco ov'i' t'ho detto che tu vedrai le genti dolorose c'hanno perduto il ben de l'intelletto». E poi che la sua mano a la mia puose con lieto volto, ond'io mi confortai, mi mise dentro a le segrete cose. Quivi sospiri, pianti e alti guai risonavan per l'aere sanza stelle, per ch'io al cominciar ne lagrimai.
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Dante accetta di seguire la sua nuova guida nei luoghi dell'aldilà, ma prima ringrazia Dio, Beatrice e Virgilio, perché attraverso questo viaggio può evitare la dannazione eterna. Ricorda anche che prima di lui pochi uomini vivi sono entrati negli inferi. Parlando, i due poeti arrivano fino alla porta dell’inferno, sui cui si trova una scritta nera e minacciosa e tremenda...
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Inferno, canto I (vv. 31-54)
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Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta; e non mi si partia dinanzi al volto, anzi 'mpediva tanto il mio cammino, ch'i' fui per ritornar più volte vòlto. Temp' era dal principio del mattino, e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle ch'eran con lui quando l'amor divino mosse di prima quelle cose belle; sì ch'a bene sperar m'era cagione di quella fiera a la gaetta pelle l'ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m'apparve d'un leone. Questi parea che contra me venisse con la test' alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame, questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza.
… arrivato alla base del colle, Dante inizia a salire, ma improvvisamente arrivano tre fiere (belve) che lo spaventano tanto da costringerlo a tornare indietro: la lonza, una specie di ghepardo (la lussuria); il leone (la superbia) e la lupa (l'avarizia). Sono i peccati di cui Dante si è macchiato e, mentre riesce a superare i primi due, la lupa lo terrorizza a tal punto che preferisce tornare nella selva oscura. Lì, gli appare un fantasma: Virgilio, che tranquillizza Dante spiegandogli che lo guiderà attraverso l'inferno grazie a Beatrice, che ha pregato Dio affinché salvasse il suo amato Dante dal peccato.
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Inferno, canto I (vv. 1-21)
I livello di lettura
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte. Io non so ben ridir com’i’ v’intrai, tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto, là dove terminava quella valle che m’avea di paura il cor compunto, guardai in alto, e vidi le sue spalle vestite già de’ raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle. Allor fu la paura un poco queta che nel lago del cor m’era durata la notte ch’i’ passai con tanta pieta.
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II livello di lettura
III livello di lettura
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
La vita e le opere
L'amore
Politica
Morte
Esilio
Opere
Infanzia
Testi e progetto prof.ssa Sonia Russo
La commedia: struttura
Finalità
Linguaggio
Metrica
Nome e tempi
Guide
Focus
VANNI FUCCI: Guelfo nero vissuto a lungo a Firenze e acerrimo nemico di Dante. Sottrasse gli arredi sacri dal Duomo di Pistoia accusando ingiustamente Rampino di Ranuccio Foresi, che poi fu condannato al posto suo.
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Allora rispose: «Più vicino di quanto speri c'è un ordine di ponti che parte dal cerchio esterno e sovrasta tutti i crudeli fossati, ma su questa Bolgia è crollato e non la sovrasta: potrete arrampicarvi sulla rovina di rocce che giace sulla parete e si ammucchia sul fondo». Il maestro rimase un poco con la testa bassa, poi disse: «Mi ha raccontatouna bugia colui che uncina i peccatori dell'altra Bolgia». E il frate: «Io ho già sentito dire a Bologna che il diavolo ha molti vizi, tra i quali udii che è bugiardo e padre di menzogna». Dopodiché il maestro se ne andò a grandi passi, un poco turbato dalla collera nel suo aspetto; allora io mi separai dai dannati gravati dal peso e seguii i cari passi di Virgilio.
Parafrasi
Focus
GIANNI SCHICCHI: famoso per le imitazioni delle persone; quando morì Buoso, ricchissimo vedovo senza figli, egli, su richiesta del nipote di Buoso, si intrufolò nel letto del defunto poco dopo la sua scomparsa e, chiamato un notaio dettò testamento a favore diel nipote. SINONE: il greco che inganna i troiani fingendosi loro amico per far funzionare la trappola del cavallo di Troia.
EPICUREI: sono un gruppo di Eretici nati in Grecia al cui capo era Epicuro, filosofo e matematico. Essi parlavano dell'anima come se fosse qualcosa di corporeo e che sparisse assieme al corpo alla morte della persona. La parola Epicureo, per Dante, indica genericamente l'eretico.
Focus
Lucifero: Lucifero era il più bello e luminoso, ora è un guscio vuoto, animalesco e abbruttito; egli volle essere come Dio e ora si trova ad avere un’unica testa con tre facce (come una trinità deformata, meccanica, senza anima) e tre bocche che divorano in eterno i tre traditori supremi, come un'eucarestia al contrario.
Contrappasso
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«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!», cominciò a dire Pluto con la voce roca; e quel nobile saggio che sapeva ogni cosa, per confortarmi disse: «Non farti sopraffare dalla paura, poiché, anche se il demone ha potere non ci impedirà di scendere questa roccia».
Parafrasi
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“Ecco la bestia con la coda biforcuta, che sovrasta i monti e distrugge mura e armi! Ecco chi appesta con la puzza tutto il mondo!”. Così comincia a parlarmi la mia guida e gli fece segno di avvicinarsi alla riva, fino alle pietre che avevamo percorso. E quella schifosa immagine di inganno, arrivò e portò la testa e il busto sull’argine, ma non la coda. La sua faccia era quella di uomo onesto tanto benevolo era il suo aspetto esteriore, ma il resto del corpo era quello di un serpente aveva sue zampe pelose fino alle ascelle; il dorso e il petto e tutte e due i fianchi disegnati con nodi e rotelle.
Parafrasi
MINOSSE: è il padre del minotauro e re di Creta; è stato in vita un uomo giusto e saggio, per questo sin dalle narrazioni di Ovidio è colui che assegna a ciascun peccatore il proprio girone infernale
Focus
Contrappasso
Barattieri: sono immersi nella pece bollente, che ricorda il loro lasciarsi invischiare in traffici illeciti.
Omicidi e predoni: in vita si macchiarono di sangue e usarono violenza contro gli altri, ora subiscono le stesse condizioni. I centauri simboleggiano l'unione tra uomo e bestia, anche se nel mondo greco e romano erano simbolo di saggezza.
Contrappasso
Focus
UGOLINO DELLA GHERARDESCA: nobile pisano che, sebbene ghibellino, si accordò con il genero per far trionfare la parte guelfa nella propria città, tradendo la sua parte politica. In realtà avrebbe dovuto scontare la sua pena nella Antenora, ma il suo destino segue quello di Ruggieri, che è sepolto nel ghiaccio della Tolomea.
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Così il maestro disse: “Se tu stacchi qualche rametto di una di queste piante, tutte le domande che hai si chiariranno”. Allora portai la mano un po’ avanti e strappai un ramoscello da un grosso pruno; e il suo tronco gridò: “Perché mi spezzi?” Quando poi si colorò di sangue scuro, riprese a dire: “Perché mi tormenti? Non hai alcuna pietà nel tuo animo? Fummo uomini e ora siamo arbusti secchi: la tua mano dovrebbe essere più pietosa, anche se fossimo stati anime di serpenti”. Come un tizzone giovane che sia bruciato da uno dei capi, e dall’altro fa rumore e cigola per l’umidità che esce, così dal ramo rotto uscivano insieme parole e sangue; così io lasciai il ramo cadere, e rimasi impaurito e meravigliato.
Parafrasi
Poi mi prese per mano con dolcezza, e disse: «Prima che noi ci spingiamo più avanti, e affinché la cosa ti sembri meno strana, sappi che quelle non sono torri ma giganti, e sono incastrati nel pozzo circondato dalla riva tutti quanti dall'ombelico in giù». Come quando la nebbia si dirada e lo sguardo poco a poco distingue ciò che il vapore che riempie l'aria nasconde, così, attraversando l'aria spessa e oscura, mentre ci avvicinavamo al limite del pozzo, svaniva in me l'errore e cresceva la mia paura; infatti come sulla cerchia tonda di mura Monteriggioni è coronata di torri così l'argine che circonda il pozzo svettavano come torri per metà corpo gli orribili giganti, che ancora Giove minaccia dal cielo quando emette i tuoni.
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Parafrasi
JACOPO DA SANT'ANDREA: nobiluomo veneto dell'epoca di Dante; durante una gita in barca sul Brenta si divertì a svuotare nell'acqua una grnade borsa piena di monete; in un'altra occasione fece incendiare la propria villa per il solo desiderio di vedere un grande fuoco.
Focus
Focus
CAIFAS: il sommo sacerdote che è stato responsabile dell'arresto e della crocifissione di Gesù Cristo.
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Un altro, che aveva la gola forata e il naso spaccato fino a sotto le ciglia, e ormai aveva solo un orecchio, rimase a guardarmi meravigliato insieme agli altri, prima degli altri aprì la bocca, che faceva fuoriuscire sangue dappertutto.
Parafrasi
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Allora lo presi per la collottola e dissi: “Ti conviene dire tuo nome, o non ti rimarrà neppure un capello in testa”. E lui a me: “Anche se mi rendi calvo io non ti dirò chi sono e non te lo rivelerò mai anche se mi colpisci sulla testa mille volte”. Io gli avevo già afferrato i capelli, e gliene avevo strappati più di una ciocca, mentre egli latrava con gli occhi in basso, quando un altro gridò: " Che ti prende, Bocca? Non ti basta battere i denti? Devi anche latrare? quale diavolo ti tortura?” “Ormai” dissi io “non voglio più che parli schifoso traditore; perché della tua vergogna racconterò in tutto il mondo”.
Parafrasi
Focus
NAPOLEONE E ALESSANDRO DI MANGONA: figli di Alberto di Mangona, sono divisi da un odio feroce per ragioni di interesse economico. Nel suo testamento il conte Alberto lasciò la parte maggiore del suo patrimonio e dei suoi possedimenti ad Alessandro, diseredando Napoleone, il maggiore. A nulla giovò un giuramento di pace imposto ai due fratelli dal Cardinal Latino: morirono in uno scontro fratricida nel 1284.
CENTAURI: esseri mitologici con il corpo da cavallo e il busto di uomo, tra loro ci sono Chirone, figlio di Crono e Filira, mitico precettore di Achille; Nesso, che si era invaghito di Deianira e aveva tentato di rapirla, venendo ucciso da Ercole (prima di morire il centauro aveva dato alla donna la tunica pregna di sangue avvelenato che poi avrebbe ucciso Ercole stesso).
Focus
Traditori dei parenti: come in vita ebbero il cuore così duro e freddo da tradire le persone più care, così ora sono immersi nel duro ghiaccio, immobili.
Contrappasso
Focus
RUGGIERI DEGLI UBALDINI: arcivescovo di Pisa che aveva catturato il conte Ugolino offrendogli ospitalità e quindi lo aveva accusato di aver tradito Pisa nella battaglia della Meloria. Lo condanna a morire di fame nella torre della Muda ("muta", perché era una piccionaia) a Pisa, che da quel momento prende il nome di "torre della fame".
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Focus
EZZELLINO DA ROMANO: tiranno della Marca Trevigiana, era dipinto dalla propaganda guelfa come despota spietato e addirittura generato dal demonio.
Traditori degli ospiti: come in vita ebbero il cuore così duro e freddo da tradire le persone a cui avrebbero dovuto offrire ospitalità, così ora sono immersi nel duro ghiaccio, immobili.
Contrappasso
Dante a metà della sua vita si trova perduto nel peccato (selva) e non riesce più a trovare la strada giusta verso Dio (diritta via). Ad un tratto capisce che l’unico modo di uscire è impegnarsi a vivere una vita basata sulla virtù (colle illuminato dal sole).
Focus
CATALANO E LODERINGO: sono due podestà guelfi chiamati a Firenze per pacificare la città dopo la battaglia di Benevento del 1266 e che invece hanno contibuito alla dissoluzione della città.
MINOSSE: è il padre del minotauro e re di Creta; è stato in vita un uomo giusto e saggio, per questo sin dalle narrazioni di Ovidio è colui che assegna a ciascun peccatore il proprio girone infernale
Focus
Focus
GIANNI SCHICCHI: famoso per le imitazioni delle persone; quando morì Buoso, ricchissimo vedovo senza figli, egli, su richiesta del nipote di Buoso, si intrufolò nel letto del defunto poco dopo la sua scomparsa e, chiamato un notaio dettò testamento a favore diel nipote. SINONE: il greco che inganna i troiani fingendosi loro amico per far funzionare la trappola del cavallo di Troia.
Contrappasso
Ipocriti: sono costretti a camminare appesantiti da delle cappe di piombo, dorate esternamente. Sono mascherati così come in vita mascherarono la verità.
Focus
FLEGIAS: è un personaggio della mitologia classica, figlio di Marte e Crise; preso dall'ira e dalla vendetta incendiò il tempio di Apollo a Delfi perché il dio aveva sedotto sua figlia.
Contrappasso
GOLOSI: in vita hanno voluto soddisfare la gola, ora vengono puniti nei cinque sensi (grigio, puzza, latrati, monotonia del gusto e pioggia gelida).
Contrappasso
Ruffiani e seduttori: vengono colpiti dalle fruste dei diavoli. Si rifà alla punizione usata nel medioevo per i protettori delle prostitute, ovvero la pubblica fustigazione.
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Quando giungemmo sopra l'ultima fossa delle Malebolge, così che i suoi dannati potevano essere visti da noi, vari lamenti mi colpirono che inducevano alla pietà tanto che mi tappai le orecchie con le mani. Ci sarebbe la stessa sofferenza, se dagli ospedali della Valdichiana, tra luglio e settembre, e se i malati della Maremma e di Sardegna si radunassero tutti i malati in una sola fossa, tale era qui, e il puzzo che ne usciva era simile a quello delle membra in putrefazione.
Parafrasi
Focus
VENEDICO CACCIANEMICO: capofazione dei guelfi della città di Bologna, sembra abbia venduto la sorella Ghisolabella al marchese Obizzo II d'Este per ottenere vantaggi politici.
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e dissero: "Padre, soffriremo meno se tu ci mangi: tu hai dato la vita a questi miseri corpi, tu toglila”. Allora mi quietai per non rattristarli; rimanemmo tutti in silenzio; ahi, terra crudele, perché non ci inghiottisti? Quando giungemmo al quarto giorno, Gaddo si gettò disteso ai miei piedi, dicendo: "Padre, perché non m’ aiuti?" Morì lì; e così come tu vedi me in quest’istante, vidi morire gli altri tre uno dopo l’altro tra il quinto e il sesto giorno; per cui incominciai, ormai cieco, a brancolare sopra ciascuno di loro, e li chiamai per due giorni, dopo che furono morti: poi, più del dolore, ebbe potere su me il digiuno ". Quando ebbe detto ciò, con gli occhi biechi, afferrò nuovamente il miserabile cranio coi denti, che furono, sull’osso, forti come quelli di un cane
Parafrasi
Contrappasso
Adulatori: si sono sporcati con le loro adulazioni e ora sono nello sterco.
Focus
BARATTIERI: sono quelle persone che avevano mercanteggiato con le cose pubbliche (ricchezze, denaro, cariche)
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La bocca sollevò dal pasto bestiale quel peccatore, pulendola con i capelli della testa che egli aveva rosicchiato sulla nuca. Poi incominciò a dire: "Tu vuoi che io rinnovi un dolore disperato che mi opprime il cuore al solo pensarci, prima che io ne parli. Ma se le mie parole devono essere causa d’infamia per il traditore che io tormento, mi vedrai piangere e parlare nello stesso tempo. [...] Devi sapere che fui il conte Ugolino, e questo è l’arcivescovo Ruggieri: adesso ti dirò perché sono vicino a lui. [...] Non appena un po’ di luce riuscì a penetrare nella cella dolorosa, ed intravidi sui quattro volti il mio stesso aspetto, mi morsi entrambe le mani per il dolore; ed essi, credendo che lo facessi per desiderio di mangiare, si alzarono immediatamente,
Parafrasi
Ladri: come in vita le loro mani furono leste a prendere le cose altri, ora sono legate da serpi (il serpente ingannatore è un chiaro riferimento alla Genesi); rubarono agli altri i loro averi ora derubano l'un l'altro l'aspetto umano.
Contrappasso
CARONTE: Personaggio della mitologia classica, figlio di Erebo e di Notte, traghettatore delle anime dei morti al di là del fiume Acheronte. Per Dante traghetta solo le anime dannate, mentre le anime salve destinate in Purgatorio sono trasportate da un angelo nocchiero, su un "lieve legno" (Caronte dice che su quella barca salirà Dante, predicendogli la salvezza).
Focus
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Il duca gli domandò chi fosse; a questa domanda rispose: “Venni dalla Toscana, poco tempo fa, in questa bolgia crudele. Mi piacque la vita bestiale e non quella umana degna del bastardo che fui; sono Vanni Fucci la bestia, e Pistoia fu la mia degna tana.”.
Parafrasi
Suicidi: si sono "strappati" dalla vita, ora hanno un corpo vegetale che non possono muovere e sono in balia della crudeltà delle arpie che "strappano" il loro corpo e li torturano. Dilapidatori: hanno distrutto i loro beni vantandosene, ora cercano di nascondersi nel bosco, ma sono raggiunti da una muta di cagne nere che li straziano.
Contrappasso
Ed ecco venire verso di noi su una barca un vecchio con i capelli bianchi per la vecchiaia gridando “Maledette voi, anime malvagie! Non sperate di vedere mai più il cielo: io vengo per trasportarvi sull’altra riva nelle tenebre eterne, nel fuoco e nel gelo. E tu, che sei ancora vivo in questo luogo vattene da questi che sono morti.” Ma quando vide che non me ne andavo disse: “Devi seguire un’altra via, per altri porti dovrai arrivare a quella spiaggia, non da qui: è necessario che ti porti una barca più leggera”. E Virgilio disse: “Caronte, non ti preoccupare è stato deciso là dove si può tutto ciò che si vuole, non domandare altro.” Da quel momento si zittirono le guance barbute del nocchiero della palude limacciosa che aveva due cerchi di fuoco intorno agli occhi.[...] Il demone Caronte, con gli occhi di fuoco facendo dei cenni li raccoglie tutti; picchia con il remo chiunque rallenti
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Parafrasi
Qui, stando ad ascoltare con attenzione, si sentivano non pianti ma solo dei sospiri, che facevano tremare l'aria eterna; ciò era dovuto al dolore senza tormenti che provavano le anime, che erano molto numerose, di bambini, donne e uomini. Il buon maestro mi disse: «Non mi chiedi chi sono questi spiriti che vedi? Voglio che tu sappia, prima di procedere oltre, che essi non peccarono; e se essi hanno meriti ciò non basta, perché non sono stati battezzati che ammette alla fede in cui tu credi; e se essi sono vissuti prima del Cristianesimo, non adorarono Dio nel modo dovuto: io stesso faccio parte di questa categoria. Per questa colpa, non per un altro peccato siamo perduti, e la nostra unica pena è di vivere in un desiderio senza speranza».
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Parafrasi
Parafrasi
E io a lui: “non vengo per mia volontà: Virgilio mi accompagna per questi luoghi grazie a colui che forse il vostro Guido disprezzò”
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Io ero già completamente pronto a guardare nel fondo della bolgia che si stava bagnando di pianto angoscioso; e vidi i dannati nel fossato tondo camminare, in silenzio e piangendo, con quel passo che fanno le processioni nel mondo dei vivi. Appena il mio sguardo scese su di loro, incredibilmente mi apparve che fosse capovolto ognuno di loro, tra il mento e l'inizio del petto; perchè il viso era girato dalla parte della schiena e dovevano camminare indietro dato che era loro impossibile guardare avanti. Forse a causa di una qualche paralisi qualcuno avrebbe potuto essere così sfigurato, ma io non lo vidi mai e non credo che esista. [...] Certo piangevo, appoggiato a uno delle sporgenze della dura roccia, finché la mia guida mi disse: "Anche tu fai parte degli sciocchi? Qui la pietà vale solo se è morta del tutto; chi è più colpevole di colui che vuole forzare il giudizio divino?"
Parafrasi
Focus
BOCCA DEGLI ABATI: comandante fiorentino che, secondo la tradizione, tradì i suoi tagliando con un colpo di spada la mano di Jacopo de’ Pazzi, il porta insegne dei guelfi, facendo cadere in tal modo lo stendardo; ciò provocò la dispersione dei guelfi e ne determinò la sconfitta.
Focus
GIANNI SCHICCHI: famoso per le imitazioni delle persone; quando morì Buoso, ricchissimo vedovo senza figli, egli, su richiesta del nipote di Buoso, si intrufolò nel letto del defunto poco dopo la sua scomparsa e, chiamato un notaio dettò testamento a favore diel nipote. SINONE: il greco che inganna i troiani fingendosi loro amico per far funzionare la trappola del cavallo di Troia.
Contrappasso
Falsari: come in vita sfigurarono in vario modo la realtà, così ora sono loro stessi sfigurati nei corpi.
CIACCO: Il nome poteva forse essere un soprannome spregiativo col senso di «porco», ma potrebbe essere anche un nome proprio. Probabilmente era un parassita che a Firenze veniva invitato ai banchetti per allietare i commensali con le sue facezie, quindi doveva essere ben noto ai lettori contemporanei della Commedia.
Focus
Focus
BONIFACIO VIII: della famiglia Caetani, è colui che si intromette nella vita di Firenze e, secondo Dante, è l'artefice dell'inizio della distruzione della Chiesa. CLEMENTE V: è il papa che trasferisce la sede papale ad Avignone e agisce come se la Chiesa fosse una sua proprietà.
Dante avverte gli uomini che vivere nel peccato porta alla dannazione eterna, per convincere l’umanità ad abbandonare il peccato descrive con minuzia tutti gli orrori dell’inferno e la gioia del paradiso, in modo che chiunque possa seguire la giusta via.
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Ci avvicinammo a quelle bestie eleganti: Chirone prese una freccia, e con la cocca tirò la barba dietro alle mascelle. Quando scoprì la grande bocca, disse ai suoi compagni: “Vi siete accorti che quello dietro muove ciò che tocca? Di solito non fanno così i piedi dei morti!” E la mia buona guida, che gli era andata vicino, dove parte umana ed equina si incontrano, rispose: “Eì vivo davvero, e solo a lui devo mostrare l’inferno; il nostro è un viaggio di dovere, non di piacere.”
Parafrasi
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Quando giungemmo sopra l'ultima fossa delle Malebolge, così che i suoi dannati potevano essere visti da noi, vari lamenti mi colpirono che inducevano alla pietà tanto che mi tappai le orecchie con le mani. Ci sarebbe la stessa sofferenza, se dagli ospedali della Valdichiana, tra luglio e settembre, e se i malati della Maremma e di Sardegna si radunassero tutti i malati in una sola fossa, tale era qui, e il puzzo che ne usciva era simile a quello delle membra in putrefazione.
Parafrasi
Focus
TIRESIA: è un indovino tebano dell'epica classica. Gli dei lo resero cieco per punirlo di aver rivelato i progetti delle divinità grazie alla sua preveggenza.
IGNAVI: non seguirono alcun ideale, ora seguono un’insegna bianca che cambia continuamente; non sentivano alcuno stimolo nobile che li movesse, ora sono stimolati a muoversi da insetti e vermi. Evitarono scelte per paura di mettersi in mostra, ora sono una folla anonima, torturata e dimenticata.
Contrappasso
Focus
CALCANTE: è il sacerdote di Apollo, che ha guidato i Greci nella guerra troiana.
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A metà della mia vita mi ritrovai in un bosco scuro perché avevo smarrito la giusta via. Ah, come è difficile descrivere questo bosco selvaggio, impenetrabile e fitto che solo a ripensarci provo ancora paura! La selva è poco meno spaventosa della morte, ma per spiegare il bene che trovai lì dentro racconterò tutto ciò che ho visto. Non so bene dire come ci sono entrato visto che ero così profondamente addormentato da perdere la via giusta. Ma quando giunsi ai piedi di un colle al termine di quel bosco che mi aveva riempito il cuore di terrore, guardai in alto e vidi i pendii del colle illuminati dai raggi del pianeta che conduce ogni uomo sulla via giusta. Allora si calmò un pochino la paura che era rimasta nel mio cuore durante la notte che trascorsi con tanto affanno
Parafrasi
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La punta più alta dell’antica fiamma cominciò a scuotersi rumoreggiando proprio come quella agitata dal vento; quindi muovendo la fiamma qua e là quasi fosse la lingua che parlava, gettò fuori la voce, e disse: "Quando mi allontanai da Circe, che mi trattenne per oltre un anno là vicino a Gaeta, prima che Enea la chiamasse così, né la tenerezza per il figlio, né l’affetto per il vecchio padre, né il dovuto amore che doveva rendere felice Penelope, poterono vincere dentro di me il desiderio che ebbi di conoscere il mondo, e i vizi e le virtù degli uomini: ma mi spinsi per il mare aperto solo con una nave, e con quei pochi compagni dalla quale non fui abbandonato.
Parafrasi
Contrappasso
LIMBO: in vita sono stati senza la luce della fede, ora sono privi della luce di Dio; è l'unico canto in cui la punizione non è fisica, ma psicologica.
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Gioisci, Firenze, poiché sei così famosa, che voli per mare e per terra, e il tuo nome si diffonde per l’inferno! Tra i ladri incontrai cinque tra i tuoi più importanti cittadini tanto che ne sento vergogna, e tu Firenze non ne sali in grande onore.
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Parafrasi
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Io vidi di certo, e mi sembra di vederlo ancora, un tronco privo del capo che procedeva insieme agli altri di quel tristo gregge; e teneva la testa mozzata per i capelli, penzoloni con la mano come una lanterna, e quella ci guardava e diceva: «Ahimè!» Faceva lume a se stesso con una parte di sé ed erano due individui e uno solo al tempo stesso: come può avvenire, lo sa Colui che lo rende possibile.
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Parafrasi
Focus
BATTAGLIA DI MONTAPERTI: una delle più sanguinose battaglie del medioevo fra la guelfa Firenze e la ghibellina Siena, avvenuto nel 1260, impegnò oltre 55.000 soldati, un numero esorbitante per i combattimenti dell’epoca, e la sconfitta dei fiorentini garantì a Siena la propria autonomia per qualche secolo.
CELESTINO V (Pier da Morrone): è un eremita, nominato papa nel 1294. Dopo pochi mesi rinuncia al pontificato, perché perché si sentiva inadeguato. Dante lo accusa di aver aver lasciato il soglio pontificio a Bonifacio VIII, artefice con le sue compravendite simoniache della vittoria dei Neri a Firenze e dell'esilio politico di Dante.
Focus
Indovini: hanno voluto guardare il futuro e ora sono costretti a vedere solo il passato, il loro sguardo infatti è rivolto alle loro spalle.
Contrappasso
ERETICI: in vita seguirono una luce sbagliata, ora sono bruciati nelle fiamme; in vita non videro la verità, nell'inferno vedono solo il passato e il futuro e non il presente.
Contrappasso
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“O creatura cortese e benevola che stai guardando attraverso l’aria oscura noi, che macchiammo di peccato il mondo, se Dio ci fosse amico pregheremmo per la tua pace, visto che hai pietà del nostro peccato atroce. Di ciò che volete sentire e parlare noi ascolteremo e parleremo con voi finché il vento ci dà un po’ di tregua. La terra dove sono nata si trova sul litorale dove sfocia il Po e si getta in mare con i suoi affluenti. L’amore, che colpisce rapido il cuore gentile, colpì Paolo grazie alla bellezza dell’aspetto che mi venne tolto; e il modo mi turba ancora L’Amore, che impone a chi è amato di riamare, mi prese per la bellezza di Paolo così fortemente che, come vedi, ancora non mi lascia. L’Amore ci condusse alla morte. La Caina attende chi ci ha tolto la vita”. Queste parole ci furono dette da loro. Quando io sentii quelle anime disperate chinai il viso e lo tenni basso fino a che Virgilio mi chiese. “Che pensi?”
Parafrasi
Focus
INVETTIVA: discorso violento contro qualcuno o qualcosa.
Focus
CATALANO E LODERINGO: sono due podestà guelfi chiamati a Firenze per pacificare la città dopo la battaglia di Benevento del 1266 e che invece hanno contibuito alla dissoluzione della città.
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Parafrasi
Riflettete sulla vostra natura: non foste creati per vivere come bruti, ma per seguire la virtù e il sapere.
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Focus
MASTRO ADAMO: è il falsario più famoso del periodo trecentesco fiorentino; fu condannato a morte per il reato commesso e bruciato vivo dalla Signoria fiorentina. Era affetto dall’idropisia, una malattia deformante.
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Cerbero, belva crudele e strana, con tre gole latra come fanno i cani sopra la gente che qui è immersa. Ha gli occhi rossi, la barba unta e nera il ventre gonfio e le zampe con grosse unghie; graffia gli spiriti e li scuoia e li squarta. La pioggia li fa urlare come cani; con uno dei fianchi proteggono l’altro perciò si girano di continuo i miseri dannati. Quando Cerbero, l’orribile mostro, ci vide aprì le bocche e ci mostrò i denti aguzzi un fremito di rabbia lo agitava tutto. Così Virgilio aprì le mani prese la terra e, con i pugni pieni, la gettò dentro a quelle gole affamate. Come il cane che abbaiando chiede il cibo e si quieta quando riesce a mangiare, perché ormai è impegnato a divorare, così divennero quei musi sporchi del diavolo Cerbero, che stordisce così tanto le anime, che vorrebbero essere sorde.
Parafrasi
Focus
CAPANEO: era uno dei sette re che assediarono Tebe e che dopo la vittoria salì sulle mura della città per bestemmiare contro gli dei e fu fulminato da Zeus.
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Quando giungemmo sopra l'ultima fossa delle Malebolge, così che i suoi dannati potevano essere visti da noi, vari lamenti mi colpirono che inducevano alla pietà tanto che mi tappai le orecchie con le mani. Ci sarebbe la stessa sofferenza, se dagli ospedali della Valdichiana, tra luglio e settembre, e se i malati della Maremma e di Sardegna si radunassero tutti i malati in una sola fossa, tale era qui, e il puzzo che ne usciva era simile a quello delle membra in putrefazione.
Parafrasi
ACIDIOSI e IRACONDI: in vita erano immersi nell'ira e impaludati nella pigrizia, ora sono in una melma fangosa e puzzolente. Gli iracondi sono anche carnefici e si puniscono l'un l'altro, infatti non ci sono demoni a controllarli: la loro ira fa tutto il lavoro.
Contrappasso
Focus
CAIFAS: il sommo sacerdote che è stato responsabile dell'arresto e della crocifissione di Gesù Cristo.
Focus
TORRE DI BABELE: secondo la Bibbia esisteva una sola lingua, ma quando Anteo decise di erigere una torre tanto alta da raggiungere Dio, Costui, offeso da tale presunzione, confuse le parole dei costruttori che fallirono, perchè non riuscivano più a capirsi; da quel momento nascono le lingue del mondo, differenti l'una dall'altra.
Focus
LUCIFERO: era l’angelo più luminoso (Lucifero = portatore di luce) ma, essendosi ribellato a Dio, venne scagliato nel centro della Terra, creando l'inferno e bruciandosi le ali e il corpo nella caduta.
Focus
GIASONE: è l'eroe degli argonauti, colpevole di aver sedotto e abbandonato la giovinetta Isifile sull'isola di Lemno, e ingannato Medea.
Focus
MALEBRANCHE: e sono: Malacoda (il capo della banda), Scarmiglione (arruffato o "arruffone"), Barbariccia (il "sergente" della truppa che accompagna Dante e Virgilio lungo l'argine della bolgia), Alichino (da cui poi deriverà l' Arlecchino delle commedie), Calcabrina, Cagnazzo, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto (porco), Graffiacane, Farfarello, Rubicante (rosso/rabbioso).
Focus
MALEBRANCHE: e sono: Malacoda (il capo della banda), Scarmiglione (arruffato o "arruffone"), Barbariccia (il "sergente" della truppa che accompagna Dante e Virgilio lungo l'argine della bolgia), Alichino (da cui poi deriverà l' Arlecchino delle commedie), Calcabrina, Cagnazzo, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto (porco), Graffiacane, Farfarello, Rubicante (rosso/rabbioso).
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“E il buon maestro, senza chi io domandassi nulla, mi disse: «Guarda quel grande che avanza e che non sembra versare lacrime per il dolore: quale aspetto regale conserva ancora! Quello è Giasone, che col coraggio e con l'astuzia privò i Colchi del vello d'oro. Egli passò per l'isola di Lemno, dopo che le ardite e spietate donne avevano messo a morte tutti i loro uomini. Qui, con gesti e parole eleganti, ingannò Isifile, la giovinetta che per prima aveva ingannato tutte le altre. La lasciò qui, sola e incinta: questa colpa lo condanna a tale pena e anche per vendicare l'inganno a Medea.
Parafrasi
Ecco che, quasi all’inizio della salita appare una lonza agile e molto veloce che era coperta di pelo maculato; e non si allontanava dal mio sguardo anzi ostacolava il mio cammino così tanto che io mi girai più volte per tornare indietro Era il primo momento del mattino e il sole saliva nel cielo insieme a quelle stelle che erano con lui quando Dio diede per la prima volta il movimento agli astri così che avevo ragione di sperare in bene di averla vinta su quella bestia maculata grazie all’alba e alla primavera che si mostrava; ma non tanto che non mi incutesse paura l’immagine che mi apparve di un leone. Sembrava che questo venisse contro di me con la testa alta e una fame rabbiosa tanto che l’aria sembrava tremare. E infine una lupa che di tutte le golosità sembrava piena nella sua magrezza e che aveva costretto tanta gente all’infelicità, questa mi causò così tanta angoscia a causa del terrore che mi suscitava il suo aspetto che persi la speranza di giungere in cima al colle.
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Parafrasi
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Quando giungemmo sopra l'ultima fossa delle Malebolge, così che i suoi dannati potevano essere visti da noi, vari lamenti mi colpirono che inducevano alla pietà tanto che mi tappai le orecchie con le mani. Ci sarebbe la stessa sofferenza, se dagli ospedali della Valdichiana, tra luglio e settembre, e se i malati della Maremma e di Sardegna si radunassero tutti i malati in una sola fossa, tale era qui, e il puzzo che ne usciva era simile a quello delle membra in putrefazione.
Parafrasi
Nel I canto Dante narra che a 35 anni, mentre è immerso in un sonno profondo, si perde per una notte intera in un bosco fitto e spaventoso e non è più capace di trovare una via d’uscita. Tuttavia scorge una collina illuminata dal sole e cerca di salirci per riuscire ad orientarsi…
Focus
VIRGILIO (I sec a.C.): è il più grande poeta epico latino; è autore dell'Eneide, epopea che narra la vicenda del troiano Enea, l'unico sopravvissuto dell'assedio di Troia e fondatore di Roma.
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E io: «Maestro, che cosa è tanto fastidioso per loro, che si lamentano così fortemente?» Mi rispose: «Te lo dirò molto brevemente. Queste anime non possono sperare di morire, e la loro attuale condizione è tanto spregevole che invidiano qualunque altra sorte. Il mondo non lascia che ci sia di loro alcun ricordo; la misericordia e la giustizia divina li sdegnano; non occupiamoci con loro, ma guarda e vai oltre». E io, guardando, vidi una insegna che, girando correva tanto rapidamente che mi sembrava non dovesse fermarsi mai; e dietro essa correva una così lunga fila di anime, che non avrei mai creduto che la morte ne avesse disfatte tante. Dopo che ebbi riconosciuto qualcuno di loro, vidi e riconobbi l'ombra di colui che per viltà fece il grande rifiuto.
Parafrasi
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“E mentre scrutavo giù con lo sguardo, vidi un dannato con la testa così sporca di sterco che non si capiva se fosse chierico o laico . Quello mi gridò: «Perché sei così ingordo di guardare me più degli altri dannati?» E io a lui: «Perché, se ben ricordo, ti ho già visto coi capelli asciutti e sei Alessio Interminelli da Lucca: per questo ti fisso più di tutti gli altri». E allora lui, colpendosi la testa, disse: «Mi hanno sommerso quaggiù le lusinghe di cui la mia lingua non fu mai stanca».
Parafrasi
Simoniaci: hanno messo in tasca i soldi vendendo i beni della chiesa ora sono anche loro messi in una tasca dell'inferno, incapaci di muoversi e spinti sempre più in basso dai peccatori che arrivano. Inoltre sono capovolti, perché hanno capovolto le parole di Dio e hanno la fiamma sui piedi, come una specie di aureola capovolta.
Contrappasso
AVARI e PRODIGHI: In vita si affaticarono inutilmente per accumulare o sperperare ricchezze, ora continuano questo sforzo vano. Mentre da vivi nascondevano la loro colpa ora se la rinfacciano gridando. La loro smania di ricchezza li rese privi di conoscenza, ora sono irriconoscibili.
Contrappasso
MANENTE DEGLI UBERTI, detto FARINATA: è uno dei principali capi dei Ghibellini a Firenze nel primo Duecento. Con l'appoggio di Federico II di Svevia nel 1248 caccia i Guelfi, che tornano dopo il 1250; è uno degli artefici della disfatta guelfa di Montaperti (1260), ma nel successivo convegno di Empoli è stato l'unico a opporsi alla proposta di radere al suolo Firenze.
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mi baciò la bocca emozionato e commosso. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: da quel giorno non leggemmo più oltre.” Mentre Francesca diceva queste parole, l’altro piangeva, tanto che di pietà svenni, come se morissi. E caddi come cade un corpo morto.
Parafrasi
MINOTAURO: Personaggio della mitologia classica, nato dall'unione di Pasifae, moglie del re di Creta Minosse, e del toro bianco di Poseidone. Il minotauro fu relegato nel labirinto creato da Dedalo e ucciso da Teseo con l'aiuto di Arianna, figlia di Minosse, che gli fornì il filo necessario a ritrovare l'uscita. Il mostro, non appena vede Dante e Virgilio, si morde dalla rabbia, ma il poeta latino lo ammansisce ricordandogli che nessuno dei due è Teseo e che sono in visita ai dannati. Il demone a quel punto si allontana saltellando come un toro che ha ricevuto il colpo mortale.
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CAVALCANTE DE' CAVALCANTI: appartiene a una delle più antiche famiglie fiorentine di parte guelfa e avversario di Farinata Degli Uberti, è stato cacciato da Firenze dopo Montaperti (1260) e vi è rientrato dopo la battaglia di Benevento (1266). Nel 1267 fece sposare il figlio Guido con Beatrice, figlia dello stesso Farinata, nel tentativo di riappacificare le due casate.
Bestemmiatori e sodomiti: subiscono la stessa punizione di Sodoma e Gomorra, che sono state distrutte da Dio con il fuoco. Usurai: non si sono mossi e hanno fatto lavorare il denaro per loro, devono stare sdraiati senza potersi muovere per proteggersi dal fuoco.
Contrappasso
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NICCOLO III: proviene dalla potentissima famiglia romana degli Orsini, ed era noto per aver venduto e acquistato le cariche religiose.
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CATALANO E LODERINGO: sono due podestà guelfi chiamati a Firenze per pacificare la città dopo la battaglia di Benevento del 1266 e che invece hanno contibuito alla dissoluzione della città.
BRUNETTO LATINI: era un celebre scrittore toscano che morì pochi anni prima della stesura della Commedia; il suo Tresor o Tesoretto, è una raccolta di vari saperi in lingua francese d’oc e volgare italiana. Egli conosceva Dante e lo stimava come poeta, Dante riteneva Brunetto uno dei suoi maestri.
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BERTRAM DE BORN: signore del castello di Hautefort, soprannominato "poeta delle armi", perchè poeta e condottiero. Passato al servizio del re Enrico II d'Inghilterra mise Enrico III, il figlio del re, contro suo padre e incitandolo ad usurpare il trono del padre..
CENTAURI: esseri mitologici con il corpo da cavallo e il busto di uomo, tra loro ci sono Chirone, figlio di Crono e Filira, mitico precettore di Achille; Nesso, che si era invaghito di Deianira e aveva tentato di rapirla, venendo ucciso da Ercole (prima di morire il centauro aveva dato alla donna la tunica pregna di sangue avvelenato che poi avrebbe ucciso Ercole stesso).
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Ed egli gridò: “Sei già qui dritto in piedi? Sei già qui dritto in piedi, Bonifacio? Di molti anni si sbagliò il libro del futuro. Ti sei saziato così presto di quegli averi per i quali non temesti di prendere con l’inganno la Chiesa e poi distruggerla?”. Io diventai come quelli che impietriscono, per non aver capito ciò che era stato risposto, quasi confusi e non sanno più ribattere. Allora Virgilio disse: “Digli subito “Non sono quello, non sono quello che credi”; e io risposi come mi fu detto. Per questo lo spirito contorse i piedi; poi, sospirando e con voce lamentosa mi disse: “Allora cosa vuoi sapere da me?” Se hai così tanto desiderio di sapere chi io sia tanto che sei disceso sulla riva infernale, sappi che io fui vestito del manto papale; e fui figlio della famiglia Orsini, così desideroso di rendere ricchi i miei parenti che sulla Terra intascai ricchezze e qui me stesso.
Parafrasi
“Attraverso me si entra nella città del dolore attraverso me si entra nel dolore eterno attraverso me di va tra la gente senza speranza. La Giustizia ha mosso il mio superemo creatore: sono stata creata dalla divina sapienza dall’alta sapienza e dal sommo amore. Prima di me non ci furono cose create che non fossero eterne e io ci sarò in eterno. Abbandonate ogni speranza, voi che entrate.” Queste parole di colore nero vidi scritte sulla parte alta di una porta: e allora io dissi:” Maestro, non capisco”. Ed egli mi rispose, come una persona saggia: “Qui conviene lasciare ogni esitazione devi abbandonare ogni paura. Siamo giunti nel luogo di cui ti ho parlato, e qui vedrai le persone dannate che hanno perso la luce della ragione”. E dopo che pose la sua mano sulla mia con un sorriso, che mi confortò, mi introdusse a quella realtà misteriosa. Qui i sospiri, i pianti e urla risuonavano in quest’aria senza stelle e io, ascoltandole per la prima volta, piansi.
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Parafrasi
PIER DELLE VIGNE: era un famoso poeta della corte di Federico II che, accusato di tradimento per l’invidia dei compagni, fu arrestato e fatto accecare; così, disperato per l’ingiustizia subita, morì suicida in carcere.
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Dante entra nel girone dei lussuriosi in cui le anime vagano solitarie e travolte da un vortice di vento impetuoso e senza fine. Tra queste anime Dante ne vede due abbracciate che non urlano, così chiede il permesso a Virgilio di parlare con loro, ma è solo una delle due a parlare e lo fa alla maniera del dolce stilnovo e dell'amor cortese, senza mai rimpiangere né pentirsi del suo peccato, come a sottolineare che lo avrebbe rifatto. Appena si presenta Dante sa subito di chi si tratta, la storia di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta e il loro omicidio da parte del fratello di Paolo, Gianciotto, era molto famosa all'epoca di Dante.Paolo piange, quasi di vergogna perché si sente responsabile di aver condotto Francesca all'inferno, perché non è stato più forte. Egli rappresenta anche Dante, che si sente in colpa per aver condotto al peccato molti amanti con i suoi scritti stilnovistici.
Lancillotto Il cavaliere è innamorato di Ginevra, la moglie di re Artù e, sebbene abbia giurato di servire fedelmente il suo re, spinto da Galeotto (che fa da intermediario), bacia Ginevra e le dichiara il suo amore. Ginevra e Lancillotto iniziano una relazione, ma Artù li scopre mettendo in fuga il giovane e condannando al rogo la moglie. Lancillotto libera Ginevra e la porta con sé, dando così inizio ad una guerra nel regno.
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E Virgilio, che riconobbe subito le seguaci orride della regina dell'Inferno (Proserpina), «Guarda - mi disse - le feroci Erinni (Furie). Questa a sinistra è Megera; quella che piange a destra è Aletto; Tesifone è al centro»; a quel punto tacque. Ciascuna si squarciava il petto con le unghie; si battevano con le palme, e gridavano così forte che io, per paura, mi strinsi a Virgilio. «Venga Medusa, così lo faremo di pietra!», dicevano tutte guardando in basso; «avremmo dovuto vendicare l'assalto di Teseo! » «Voltati indietro e tieni gli occhi chiusi: infatti, se la Gorgone si mostrasse e tu la vedessi, non avresti alcuna speranza di tornare sulla Terra». Così disse il maestro; ed egli stesso mi volto, e non si accontentò delle mie mani ma aggiunse le sue per chiudermi gli occhi.
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MEDUSA: è una delle tre Gorgoni della mitologia classica, la più pericolosa, perché in grado di pietrificare chiunque la guardasse. Viene uccisa dall'eroe Perseo grazie all'aiuto di Atena, aiutandosi con lo scudo come di uno specchio (Perseo ne taglia la testa, da cui esce il cavallo alato Pegaso).
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Mentre percorrevamo quella palude stagnante, mi si avvicinò un dannato pieno di fango che disse: «Tu chi sei, che giungi all'Inferno da vivo?» Io risposi: «Se vengo, non rimango certo; tu invece chi sei, che sei reso irriconoscibile?» Rispose: «Vedi bene che sono un'anima afflitta». E io a lui: «Ed è bene che afflitto e in lutto, spirito maledetto, tu resti infatti ti riconosco, anche se sei sporco di fango». Allora lui si appese con le mani alla barca; perciò il maestro, che se ne era accorto, lo spinse via dicendo: «Va' via di qui, torna con gli altri cani!» E io: «Maestro, avrei gran desiderio di vederlo sprofondare in questa melma, prima di lasciare la palude». E lui a me: «Prima che la riva avvisteremo, sarai soddisfatto: è opportuno che tale desiderio sia appagato». Poco dopo vidi lo strazio che fecero di lui i dannatinel fango, cosa di cui ancora lodo e ringrazio Dio. Tutti gridavano: «Addosso a Filippo Argenti!»; e quel bizzarro spirito fiorentino si mordeva da sé coi denti.
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ERINNI: sono Megera, Aletto e Tisifone. Secondo la mitologia, il loro compito era quello di vendicare i delitti, soprattutto quelli compiuti contro la propria famiglia, torturando l'assassino fino a farlo impazzire. Le furie rappresentano il rimorso, la vendetta e la colpa; vogliono bloccare i due viandanti e farli rimanere nello sconforto del peccato, ecco perché si agitano sulle mura di Dite, bloccando Dante sulla spiaggia della palude infernale.
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GERIONE: personaggio della mitologia classica, figlio di Crisaore e Calliroe definito «tricefalo» da Esiodo mentre la tradizione successiva lo descrisse con tre busti uniti all'altezza del bacino. Una leggenda medievale descriveva Gerione come un re che uccideva i suoi ospiti, mentre le locuste dell'Apocalisse avevano faccia umana e coda di scorpione. Non si può escludere che Dante abbia fuso insieme tutti questi elementi per creare il demonio che custodisce le Malebolge e che rappresenta l'inganno malevolo.
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Chi è quell'essere che non sembra curarsi dell'incendio e giace sprezzante e adirato, tanto che il fuoco non sembra colpirlo?» E quello stesso dannato, che capì che chiedevo di lui a Viriglio, gridò: «Io sono da morto come fui da vivo. Se anche Giove stancasse il suo fabbro da cui, adirato, prese la folgore aguzza che mi colpì il giorno della mia morte; o se stancasse gli altri Ciclopi senza posa nell'Etna, presso la nera fucina, gridando "Buon Vulcano, aiuto, aiuto!, proprio come fece nella battaglia di Flegra, e mi fulminasse con tutta la sua forza, non potrebbe vendicarsi di me».
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CATALANO E LODERINGO: sono due podestà guelfi chiamati a Firenze per pacificare la città dopo la battaglia di Benevento del 1266 e che invece hanno contibuito alla dissoluzione della città.
PLUTO: L'identificazione è problematica, dal momento che potrebbe essere Pluto, dio greco delle ricchezze (figlio di Iasione e Demetra), oppure Plutone, dio classico degli Inferi e sposo di Proserpina. È più probabile la seconda ipotesi, anche perché Plutone (detto anche Dite) era spesso interpretato nel Medioevo come figura diabolica ed era accostato alle ricchezze che sono custodite sottoterra
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Seminatori di discordia e scismi: come in vita divisero le genti e le istituzioni con le loro opere, così sono ora divisi e mutilati nelle parti del corpo.
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CATALANO E LODERINGO: sono due podestà guelfi chiamati a Firenze per pacificare la città dopo la battaglia di Benevento del 1266 e che invece hanno contibuito alla dissoluzione della città.
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Consiglieri fraudolenti: come in vita con la loro lingua (i loro consigli) provocarono guai ed incendi, così sono avvolti in una fiamma a forma di lingua.
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LUSSURIOSI: in vita sono stati trasportati dalla bufera della passione, ora sono trasportati dalla bufera infernale.
Contrappasso
Traditori della patria: come in vita ebbero il cuore così duro e freddo da tradire la propria patria, così ora sono immersi nel duro ghiaccio, immobili.
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E come sull’orlo dell’acqua di un fosso stanno i ranocchi con il muso fuori così che nascondono le zampe e il corpo, stavano in quella pece i peccatori; ma appena si avvicinava Barbariccia, mettevano la testa sott’acqua. Io vidi, e il cuore ancora ne prova terrore, uno di loro stare in attesa, come accade che una rana stia ferma mentre le altre scappano; e Graffiacane che più degli altri gli era di fronte, gli afferrò con l’uncino i capelli appiccicosi di pece e lo sollevò, tanto che mi sembrò una lontra. Io conoscevo già il nome di tutti quanti i diavoli, poiché li memorizzai quando vennero scelti, e poi ascoltai quando si chiamavano l’un l’altro. " O Rubicante, fa in modo di mettergli addosso gli artigli, in modo da scuoiarlo!" urlavano tutti insieme i malvagi.
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Quando risposi, inziai: “Ahime quanti dolci pensieri, quanto grande amore condusse questi due al grave peccato.” Poi mi rivolsi a loro e parlai io, e iniziai: “Francesca, le tue sofferenze mi fanno essere triste e pietoso fino alle lacrime. Ma dimmi: al tempo del vostro innamoramento quando e in che modo l’amore vi ha concesso di conoscere i timorosi desideri?” E lei mi risspoose: “Non c’è maggior dolore che ricordarsi dei momenti felici quando si è infelici; e questo lo sa Virgilio. Ma se di conoscere l’inizio del nostro amore hai così tanto desiderio te lo dirò come una persona che piange e parla. Noi leggevamo un giorno, per divertimento, di come l’amore assalì Lancillotto ; eravamo soli e senza nessun presentimento. Per molte volte ci guardammo negli occhi a causa di quella lettura, e impallidimmo; ma fu solo un punto quello che ci fece peccare. Quando leggemmo che la bocca desiderata fu baciata da un uomo così innamorato, Paolo, che non sarà mai diviso da me,
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CERBERO: personaggio della mitologia classica, figlio di Tifeo ed Echidna, ha l'aspetto di cane a tre teste e custodisce l'ingresso degli Inferi. Il mostro è descritto da Virgilio nell'Eneide, mentre si oppone alla discesa agli Inferi di Enea ed è ammansito dalla Sibilla che gli getta un'offa (focaccia) di miele intrisa di erbe soporifere.
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