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HYBRIS

Rita

Created on November 12, 2023

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HYBRIS:

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Tracotanza, eccesso, superbia, orgoglio, prevaricazione. La hybris greca rappresentava il peccato peggiore di cui un uomo poteva macchiarsi. Altro non era che l’atteggiamento tracotante con cui un mortale, presuntuoso e arrogante, si opponeva alle divinità, protraendo per sempre gli strascichi di un destino funesto e condannando non solo egli stesso ma anche i suoi discendenti. Hybris era una personificazione di "Violenza e Dismisura"( in contrapposizione con Dike, "Giustizia"). Immediatamente l’hybris iniziò a non limitarsi più all’immenso mondo della letteratura greca, ma si diffuse in molte altre culture come un valore da condannare e da non perseverare, a partire dalla romanità fino all’età contemporanea.

“È la tragedia della hybris, della tracotanza che racconta la tremenda disfatta della flotta persiana nella battaglia di Salamina. Si tratta anche dell’unica tragedia che non ha un argomento mitologico, ma che tratta di un evento storico, avvenuto otto anni prima.”

(Gennaro Carillo)

I Persiani - Eschilo

La tragedia greca “I Persiani” di Eschilo fu un vero e proprio successo per il suo tempo; tale popolarità si ebbe soprattutto per la genialità fulminea del suo compositore. Non si tratta di una semplice tragedia con l’obiettivo di elogiare la grande potenza Ateniese contro gli invincibili Persiani, bensì venne ideata per rappresentare il peccato della Hybris punita dalle divinità. L’originalità dell’opera risiedeva nella scelta del punto di vista: non vi era nessun ateniese, a dominare la scena erano solo i Persiani (Regina Atossa, Spettro di Dario, Serse e il messaggero della Persia). Ad aver subito la katastrophe nella tragedia ed esser stato infettato dalla hybris fu lo stesso sovrano persiano Serse.

La narrazione di Eschilo non si limitava ad una mera esagerazione teatrale delle guerre persiane, ma ad una vera e propria trasposizione di quella che fu la realtà. Dopo la sconfitta dei Persiani presso la piana di Maratona, Serse (figlio di Dario) non si ritenne soddisfatto del fallimento del padre, così decise di allestire un colossale esercito di soldati per poter conquistare l’intera Grecia. Come è noto, la spedizione fu una disfatta e porse il punto d’inizio per la decadenza del grande impero Persiano. Nella tragedia si celebrava proprio il lamento struggente di Serse, sovrano sconfitto, umiliato e privato di tutta la sua potenza; fu in passato travolto dal desiderio di bramare sempre di più, non cogliendo il limite infrangibile dell’ολβος e del πλοῦτος (posseduto invece da Dario). La Tracotanza è dunque anche tradimento nei confronti dell’essenza stessa di uomo mortale, che deve godere della vita che gli è data. In quel momento Serse divenne così un uomo condannato all’agghiacciante conseguenza della Hybris, dal possedere le terre più lontane all’aver perduto anche l’ultimo dei suoi uomini.

Sette contro Tebe - Eschilo

Eschilo mise in scena il peccato di Hybris anche attraverso i"Sette contro Tebe", storia dei figli gemelli di Edipo, nonché Polinice ed Eteocle. Già dai loro nomi è possibile cogliere un preannuncio al marchio di Hybris: Polinice deriva da πόλυς + νείκος , ovvero “dalle molte contese”, mentre Eteocle da έυεός + κλεός, “dalla fama pura”. Alla morte del padre Edipo, il trono venne ripartito tra i due fratelli, che avrebbero dovuto governare alternandosi ogni anno. Eteocle, accecato dal potere, decise di infrangere l’accordo e si rifiutò di cedere il posto a suo fratello. Polinice, quindi, posizionò sette comandanti Argivi tra cui egli stesso dinanzi ciascuna porta della città di Tebe per poter riconquistarla; stessa cosa fece anche Eteocle, scegliendo i sette tebani più forti per opporsi ai nemici. I due fratelli finirono per stare l’uno di fronte all’altro, separati solo da un muro di mattoni.

Tutta la tragedia si incentra sullo scontro tra Polinice ed Eteocle, rimasti ultimi. La Hybris macchia così Eteocle, sporco di tracotanza, desideroso del dominio su tutta la città, che l’ha indotto ad un torto verso suo fratello. Eteocle per poter ringraziare il suo popolo, declama un discorso pubblico mettendo alla luce una falsa ingiustizia che gli avrebbe mosso Polinice; questo elemento manipolatorio volto a conquistarsi l’apprezzamento del popolo per il suo gesto di affrontare Polinice, sembra rientrare in quello che Kemberg ha indicato "Narcisismo maligno" che potrebbe essere collegato con la Hybris. Alla fine del duello Nemesi (“Distributrice di Giustizia”) giunse a portare equilibrio tra i due uomini, ponendo fine allo scontro, dove i due fratelli si diedero la morte a vicenda.

Il Prometeo di Platone

Chiaro esempio di contrapposizione tra “Hybris” e “Nemesis” è il mito di Prometeo. Gli era stato infatti ordinato da Zeus, padre degli dèi, di donare agli esseri viventi le migliori facoltà naturali. Tuttavia egli, essendosi dimenticato degli uomini, cercò di rimediare al proprio errore rubando dal monte Olimpo la memoria, l’intelligenza e il fuoco. Dunque si recò da Atena affinché gli permettesse di accedere al monte di notte. Quando Zeus si accorse dell’accaduto, si adirò al punto da imporre ad Efesto (o Vulcano, secondo la mitologia latina) di incatenare il Titano su un monte della catena del Caucaso per milioni di anni. Hybris è il grave atto che Prometeo compì disobbedendo alle cosiddette leggi “non scritte”, quelle divine: portando il fuoco sulla terra, sottrasse al mondo celeste e sovrumano uno dei suoi privilegi, una delle sue ricchezze. Il fuoco rappresentava infatti il vigore, la forza, l’energia divina e la capacità di devastare e nullificare ciò che non doveva essere mostrato agli occhi dei mortali.

Prometeo commettendo il furto si dimostrò ὑβριστικός, uomo superbo, arrogante, superficiale. Ciò che l’antichità intravide nella sua figura fu l’incarnazione di colui che con la propria opera e tracotanza mostrò come l’essere umano poteva giungere all’eccesso, al superamento dei limiti imposti dalla natura e dagli dèi, alla superbia, al sogno titanico di andare oltre tutto ciò posto sopra di lui. Ciò che il mito, narrato in primis dal filosofo greco Platone, incarna è l’uomo che utilizzando tutte le sue forze riuscì, nella sua tracotanza e nel suo orgoglio, a volgere lo sguardo oltre l’orizzonte umano e a porsi in consortium Dei, con la presunzione però che tutto ciò non avrebbe avuto conseguenze.

Ceramica a figure nere (550 a.C.) raffigurante Prometeo che sconta la pena, legato ad una colonna.

Icaro, colui che desiderava volare

Interessante è la presenza del tema della Hybris anche nel mito di Icaro, figlio di Dedalo noto non solo per aver costruito il labirinto, ma anche per l’ingegnosità delle ali e la triste fine del figlio. Infatti quest’ultimo, eccitato per l’invenzione del padre delle ali per fuggire dal labirinto, volò troppo in alto, sfiorando il Sole (simbolo della conoscenza, della grandiosità e della pienezza d’essere) che sciolse la cera delle ali e fece precipitare il giovane in mare, dove andò incontro alla morte. La triste vicenda di Icaro vuole trasmettere i tratti peculiari dell’essere umano: la sua ambizione, la sua sfrontatezza e il suo orgoglio nel voler sfidare le leggi della natura e del Cosmo. La sua caduta e il perdersi nell’abisso del nulla e della morte per voler raggiungere gli dei (sogno impossibile) è l’emblema di chi non accetta la propria natura, di chi vive irretito dal desiderio di possedere l’inafferrabile al punto di perdere il senso della misura e della contingenza.

Mai sfidare Apollo: Marsia e Fetonte

Quando si parla di Hybris si fa riferimento anche allo sfidare le stesse divinità: la tracotanza degli uomini non si limitava semplicemente alla brama di ricchezze, ma addirittura a volersi paragonare agli dèi e pensare di poter raggiungere la loro immensa potenza. Molti furono coloro che osarono peccare di ciò, tra cui il noto satiro Marsia che trovando un αὐλός, innamorandosi della sua dolce melodia, volle migliorare sempre di più il suo suono. Ma l’ambizione, si sa, è una belva famelica che divorò anche lui. Il satiro, stanco di doversi esibire solo con i comuni mortali, decise di puntare in alto sfidando Apollo; la sua bravura fu tanto inaspettata che il Dio, per poter vincere, giocò scorrettamente e così ricevette la vittoria dalle Muse. Per Apollo non bastò l’umiliazione della sconfitta per il satiro e decise addirittura di legarlo ad un albero e di scuoiarlo vivo.

A narrarci di tale punizione per essersi macchiato di hybris, fu il poeta latino Ovidio nelle Metamorfosi:

“Perché mi scortichi vivo? Urlava; mi pento, mi pento! Ahimè, non valeva tanto un flauto. Urlava, mentre dalla carne la pelle gli veniva strappata: altro non era che un'unica piaga. D'ogni parte sgorga il sangue, scoperti affiorano i muscoli, senza un filo d'epidermide pulsano convulse le vene; si potrebbe contargli le viscere che palpitano e le fibre che gli traspaiono sul petto”

Ovidio non scrisse solo del borioso Marsia, ma anche del superbo e arrogante Fetonte, che ha dimostrato che spingersi oltre i propri limiti ha delle conseguenze gravi per la vita stessa. Figlio di Apollo e di una ninfa, estremamente orgoglioso delle proprie origini, spesso si vantava con i suoi amici che tuttavia, non credendogli, preferivano prendersi gioco di lui; così Fetonte pregò il padre di fargli guidare il carro del Sole, così avrebbe potuto dimostrare di essere un semidio. Apollo cercò di negargli il consenso e farlo sviare da quella pazzia ma i suoi lamenti lo spinsero ad acconsentire. Fetonte, una volta giunto sul carro, iniziò ad avere paura del vuoto sottostante, così perse il controllo e volò troppo vicino al cielo oppure troppo vicino alla terra (a seconda della versione del mito), bruciando tutto ciò che sfiorasse con il carro. Ciò preoccupò Zeus, che provando pietà per gli uomini, folgorò Fetonte facendolo precipitare nel fiume Eridano (l’attuale Po).

Tantalo e Sisifo

La grandiosità del mito di Tantalo mostra come l’astuzia o la superbia fatta a scopo d’inganno sia sempre qualcosa di punibile e che pone l’essere umano in una situazione in cui ciò che pensa di raggiungere facilmente e senza sforzo appare invece lontano e difficile da attualizzare. Tantalo è infatti l’ “infelice perenne”, l’assiduo insoddisfatto. Osò ingannare gli dei, tentando di far loro mangiare le carni di suo figlio. Accecate dalla rabbia, le divinità decisero di condannarlo per l’eternità nel Tartaro, privandolo di viveri e acqua. Atteggiamento simile venne assunto da Sisifo, uomo astuto, scaltro, che attraverso le sue peripezie osò sfidare e burlarsi degli dèi. Molte vicende lo videro protagonista, come quella in cui si batté per risolvere il problema della scarsità dell’acqua a Corinto, portato a termine grazie alla sua astuzia, poiché aveva rivelato al dio fluviale Asopo il rapimento di sua figlia da parte di Zeus, cosa che costò molto cara al nostro eroe. Attraverso ingegnosi stratagemmi, però, riuscì sempre a sfuggire alla nefasta sorte. Ma la sua furbizia non durò a lungo perché Zeus lo condannò a spingere un masso pesante dalla base alla cima di un monte (senza mai riuscirci).

Così è delineato il grande messaggio lasciatoci dalla civiltà greca attraverso il mito: la Hybris, l’evento-colpa che viene commesso dall’uomo per orgoglio e tracotanza, ma soprattutto per sfidare gli dèi e andare oltre la propria limitatezza, non rimane mai impunito; a tale comportamento seguirà sempre la nèmesis, la vendetta divina, l’ira e lo sdegno della divinità di fronte ai misfatti umani e alla loro logica ed orgoglio.

La Genesi

Si tenga presente che la Hybris sia esistita anche nella tradizione religiosa ebraica, fin dall’episodio biblico del peccato originale, la prima e non ultima ribellione a Dio. Nella Bibbia il gesto di Adamo ed Eva di cogliere il frutto proibito, non è altro che un monito di ciò che i Greci tramandarono solo in un secondo momento. L’uomo volle porsi al pari di Dio che lo aveva creato, sfidando i limiti della propria umanità. Il desiderio di conoscenza superiore e superamento di sé stessi è insito nell’essere umano e radicato sin nell’etimologia del nome: non è un caso che ἄνϑρωπος significa proprio “colui che volge il capo all’insù”.

Nel racconto della Bibbia Dio creò Adamo con la terra e gli diede la vita soffiandogli un “respiro” sul volto; lo pose dunque nel giardino dell'Eden e creò come sua compagnia dapprima gli animali, poi una donna ricavata dalla sua stessa costola. Dio proibì loro di mangiare il frutto dell’albero “della conoscenza del bene e del male”, ma essi seguirono il consiglio di un serpente (incarnazione del Diavolo) e lo mangiarono. Per punizione egli li cacciò dall’Eden, li privò dell'immortalità e li condannò ad affrontare i dolori e le difficoltà dell’esistenza. Nell’Antico Testamento la creazione dell’uomo è narrata anche in altri passi, come nel Salmo 8 e nel libro del profeta Ezechiele (28, 12-19).

Epopea di Gilgamesh

La tracotanza umana non fu una negatività colta solo dal popolo greco e denunciata pubblicamente; essa ha radici molto più antiche, sino alla nascita del primo racconto epico della storia: L’Epopea di Gilgamesh, in cui venne cantato dell’eroe alla ricerca dell’immortalità. L’eroe sumero fin da subito svolse diverse prove, tra cui l’uccidere il mostro Huwawa, posto nella foresta dei Cedri per il volere degli dèi, affinché i mortali avessero paura delle divinità. Gilgamesh rimase scosso quando morì il suo amico Enkidu, così partì alla volta dell’immortalità, posseduta da una pianta negli abissi del mare. L’immortalità era cara solo alle divinità eccetto per un uomo che riuscì ad ottenerla, ma egli non fu Gilgamesh, bensì Un-napishtim tramite un dono divino. Il sumero cercò disperatamente di aggiudicarsela, combattendo anche contro la morte e mettendo in discussione il suo destino funesto, però il suo futuro aveva previsto che egli, una volta raggiunto il potere sulla città, sarebbe morto come un mortale e non come un dio.

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La Hybris è la personificazione di quali valori?

Eccesso e Insolenza

Equilibrio Giustizia

Furbizia e Ingegno

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portando il fuoco sulla terra, prometeo sottrasse al mondo celeste e sovrumano una delle sue ricchezze, Il fuoco. cosa rappresentava?

Fonte di calore proveniente dall'Olimpo

Il vigore e l'energia divina

L'elemento sacro ad Efesto

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Quale divinità e' sfidata da Marsia e Fetonte?

Zeus

Hermes

Apollo

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perche' gilgamesh, eroe protagonista dell'omonima epopea sumera, parti' alla ricerca dell'immortalita'?

Aveva intenzione di porsi al pari delle divinità

Rimase scosso dopo la morte dell'amico

Mosso dall'ambizione

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quale fu la punizione di sisifo?

Relegato nel Tartato e privarto di acqua e viveri

Dover spingere un masso pesante sulla cima di un monte

Venne folgorato e precipitò nel fiume Eridano

complImEntI

prosegui

NO! pEr l'Ira dI ZEUS!

TRY AGAIN

Ma vediamo come è stato affrontato il tema in tempi più recenti

Shakespeare

Shakespeare è senza ombra di dubbio l’autore della cristianità che, a cavallo tra XVI e XVII secolo ha più profondamente reinterpretato il concetto di Hybris, basti pensare a due opere della maturità: Macbeth e Re Lear. L’esposizione più lineare del concetto appare infatti nel protagonista Macbeth, roso dall’ambizione fino a divenire un vero e proprio tiranno. Le tre streghe e Lady Macbeth si rivelarono addirittura mezzi messi in atto dal divino per punire la sua tracotanza; quel soprannaturale che pareva legittimare i suoi piani egoistici venne spazzato dall’imprevedibile logica della natura. Le due profezie delle streghe, manipolatrici e mutevoli, predissero al sovrano un glorioso futuro, che avrebbe dovuto perseguire attraverso le proprie capacità. Egli arrivò ad uccidere Duncan, re di Scozia, ma anche il proprio migliore amico Banquo, per far sì che nessuno potesse ostacolare il proprio progetto. La punizione che lo attendeva era però ben più severa: ormai isolato, lo scozzese Macduff pose crudelmente fine alla sua vita.

In Re Lear, invece, la Hybris si fa frammentaria: il protagonista, per vanagloria, negò l’amore paterno alla sincera figlia Cordelia; lei stessa, d’altronde, per eccesso di onestà lo offese profondamente, così come le sorelle Regana e Gonerilla. L’atto venne considerato segno di bestialità; i vincoli di sangue, baluardi sui quali si reggeva la civiltà, vennero sepolti dalla Hybris. Re Lear non ebbe contatti col soprannaturale, ma trattò gli elementi naturali come se fossero personificazioni della punizione per la propria tracotanza.

Dottor Faust

Incontentabile, curioso, insaziabile, superbo: questo è l’uomo. Pecca di tracotanza, e forse è un bene che lo faccia; d’altronde può la sete di conoscenza essere considerata un peccato? Portavoce del desiderio di conoscere il proibito è il personaggio del Dottor Faust, figura realmente esistita come Johann Georg Faust: astrologo, mago, medico, alchimista e avventuriero tedesco del XVI secolo, le cui gesta ispirarono il genio del drammaturgo Christopher Marlowe. Faust è per alcuni versi proprio un Icaro moderno, perché si marchia di hybris e non ha paura del Cielo. È scettico riguardo al Bene e teso verso il Male, non crede negli dèi e paradossalmente è in compagnia del demonio, eternamente tentato, alla ricerca di una conoscenza infinita e impossibile.

Il tema principale all’interno dell’opera è il peccato: Faust sceglie continuamente e consapevolmente di peccare e non tornare sulla retta via. Scende a patti col diavolo per la propria avidità intellettuale; si sporca di superbia nel non voler riconoscere i limiti umani, sacrificando la salvezza della propria anima e quindi l’eterna libertà. Alla fine dei suoi ventiquattro anni di potere, Faust è solo pieno di paure e rimorsi, ma non si pente. La sua incapacità di pentirsi racchiude il senso intero dell’opera: non si chiede scusa per aver osato. L’uomo può, dunque fa. Agisce. Scopre. Crea. È un uomo fautore del proprio destino quello che conosce ogni cosa, non soggiogato dalla piaga dell’ignoranza ma illuminato dalla luce della conoscenza, anche se significa vendere “l’anima al diavolo”.

Napoleone

La Hybris non regnava sovrana solo all'interno della letteratura e della mitologia, la tracotanza e la superbia dell’uomo si poteva leggere dappertutto, anche dentro l’arte, come nell’opera del pittore francese Jacques-Louis David quando dipinse dell’immenso sovrano Napoleone Bonaparte. Nel quadro “L’Incoronazione di Napoleone”, realizzato nel 1805 e il 1807, rappresenta (come esprime lo stesso titolo) l'incoronazione di Napoleone avvenuta nel dicembre del 1804. In tale opera si può cogliere l’atteggiamento fortemente sacrale del francese durante la cerimonia, mentre papa Pio VII assiste alla scena e Napoleone porge la corona alla moglie. Il dipinto vuole sottolineare la superiorità del sovrano francese rispetto a qualsiasi altra autorità, e rompere gli schemi della tradizione e di tutto ciò che è avvenuto prima della Rivoluzione Francese.

Elon Musk

Wall Street non sarà Sofocle, Elon Musk non sarà Agamennone così come Zuckerberg difficilmente potrà vestire i panni di Odisseo; ciò non significa che i valori antichi non possano persistere anche nell’era contemporanea. Gli uomini che fanno tanto parlare di sé nella politica e nella società inevitabilmente si macchiano di tracotanza, ormai nota da millenni. Il successo ha forse dato alla testa al CEO di Tesla Elon Musk. La sua hybris – nonché eccessiva fiducia nelle proprie capacità – non è senza conseguenze sui mercati finanziari. È solo l’ennesimo scherzo del CEO che con un suo tweet (quello in cui parlava della sua intenzione di privatizzare Tesla) ha già provocato una volta il crollo del titolo a Wall Street. Elon Musk è nel mirino per la tracotanza con cui ha condotto l’acquisizione di Twitter, liquidando senza tanti complimenti parte del personale. Un atteggiamento, il suo, che starebbe mettendo a repentaglio non solo la sua azienda ma anche la sua stessa reputazione. E così, da personaggio controverso ma comunque ammirato per le sue capacità, Musk è diventato prigioniero di un’immagine di miliardario arrogante.

Secondo André Spicer, docente di comportamento organizzativo presso la CASS Business School di Londra:

“All’inizio, è stato ricompensato per questo suo comportamento: grazie ai suoi investimenti colossali nelle sue aziende e ai molti che lo vedevano come un semidio della tecnologia. Ma adesso, i lati negativi della sua hybris cominciano a saltare fuori.”

Silvio Berlusconi

Recentemente l’Italia ha perso una figura molto importante, colonna fondante della scena politica: Silvio Berlusconi, che similmente è stato accusato come Musk di tracotanza. La faccenda è piuttosto delicata, complessa e avvolta nel mistero: Berlusconi è stato un personaggio che ha dato filo da torcere a giornalisti, politici e anche gli stessi cittadini; ciò ha portato addirittura a diverse teorie e ipotesi proibite e nascoste, tra cui quella di esser stato coinvolto in affari di mafia e camorra. Citando Alfredo Russo di Scorta Civica:

“E poi c’è la la tracotanza e la sfacciataggine di Berlusconi, è un paese alla rovescia, se sei un delinquente puoi avere successo, ma non tutti ci stanno”

Bibliografia

I Persiani di Eschilo | Filosofia | Rai Cultura https://www.ilsuperuovo.it/perche-luomo-vuole-conoscere-il-proibito/ https://losbuffo.com/2018/02/23/la-tragica-storia-del-dottor-faust/ https://www.passaggilenti.com/hybris-greca-superbia-filosofia/ https://leggifuoco.it/2021/09/10/a-sua-immagine-e-somiglianza-la-tracotanza-di-elon-musk/ http://machiave.blogspot.com/2018/03/lhybris-tracotanza-e-caduta.html https://prezi.com/bkwtfyrblz29/hybris-la-malattia-delluomo/ https://www.zonagrigia.it/blog/2023/06/23/hybris-berlusconiana/ https://www.passaggilenti.com/apollo-e-marsia-mito/ https://mitologiagreca.blogspot.com/2007/07/fetonte.html

Fine