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Schopenhauer a confronto con Kierkegaard

Fabiana

Created on November 10, 2023

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Filosofia, autori pessimisti del romanticismo

Top 3

KIERKEGAARD VS SCHOPENHAUER

SCHOPENHAUER

Kierkegaard

Top 1

Schopenhauer

Info: Danzica, 1788 - Francoforte, 1860
Vita appartata scrisse le sue opere filosofiche
Opera più importante "Mondo come volontà e Rappresentazione"
e non solo
Influenze orientali
4:00
1:55
Top 2

Kierkegaard

Info: Copenaghen, 1813 - 1855
Si dedica unicamente ai suoi studi
Opera più importante: "Aut-Aut"
La sua vita appare segnata da una "paralisi"
3:40
2:25
Top 3

Kierkegaard VS Schopenhauer

Info: Punto di partenza, Concetti chiave (Volontà e Possibilità), Libertà, Dio e l'uomo, Dinamiche fondamentali (Aut-Aut e il Pendolo), Amore
Distinzione kantiana tra fenomeno e noumeno
PUNTO DI PARTENZA
Concetto hegeliano di esistenza
Singolo
0:40
15:45
Volontà: - Inconscia - Unica - Eterna - Libera e Cieca
CONCETTI CHIAVE
Possibilità possibilità che-si, possibilità che-non
4:30
15:45
3 stadi dell'esistenza:
  • Estetico
  • Etico
  • Religioso
3 vie di liberazione:
  • Arte
  • Vita morale
  • Ascesi
LIBERTA'
"La libertà è infinita possibilità di potere"
6:50
15:45
Molto religioso; attraverso Dio l'uomo supera la disperazione
Ateo; l'unico assoluto è la volontà, che si trova in ogni uomo
DIO E L'UOMO
9:05
15:45
NO
SI
NOIA
DOLORE
PIACERE
DINAMICHE FONDAMENTALI
11:50
15:45
Paura di amare
AMORE
“Non v’è rosa senza spine, vi sono molte spine senza rose”
14:45
15:45
“Ciò che io sono è un nulla; questo procura a me e al mio genio la soddisfazione di conservare la mia esistenza al punto zero, tra il freddo e il caldo, tra la saggezza e la stupidaggine, tra il qualche cosa e il nulla come un semplice forse”

Nasce a Danzica, in Polonia, nel 1788 da un banchiere e una nota scrittrice di romanzi. Grazie al consenso della madre iniziò gli studi filosofici e divenne docente di filosofia. La sua opera più famosa è “Il mondo come volontà e rappresentazione” che inizialmente raccolse pochi consensi perché Schopenhauer trattava di una filosofia anticonvenzionale, andava con l’idealismo, che era molto in voga in quei tempi. In particolare attaccava Hegel, contemporaneo, perché secondo lui la filosofia di Hegel era utile solo agli interessi della chiesa e dello stato. Schopenhauer invece rivendicava la libertà e l’autonomia della filosofia e sfidava apertamente Hegel organizzando lezioni nella stessa università e negli stessi giorni e nelle stesse ore. Le aule di Hegel erano sempre piene, tutti ascoltavano le sue lezioni, pochi invece andavano a seguire le lezioni di Schopenhauer a tal punto che lui giustificò questa cosa dicendo “Io non ho scritto per gli imbecilli. Per questo il mio pubblico è ristretto”. Morì infine a Francoforte nel 1860. (Viene anche citato da Benigni ne La vita è bella. "Schopenhauer dice che con la volontà si può fare tutto. Io sono ciò che voglio. E in questo momento voglio essere uno che dorme". Viiene detta da un amico di Benigni.)Sul pensiero di Schopenhauer influirono fortemente:

  • Kant, la distinzione tra fenomeno e noumeno, l’idea delle forme a priori della conoscenza.
  • Romanticismo, la riflessione sull’uomo (un essere finito) che tende all’infinito, la riflessione sul dolore.
  • Platone, la distinzione tra idee e cose.
  • Filosofie orientali, in particolar modo la filosofia buddista dalla quale prende un elemento, “il Velo di Maya”, che caratterizzerà la sua filosofia.

S= Schopenhauer era Ateo e affermava che Dio (quindi essere assoluto, infinito) non esiste e che l’unico assoluto è la volontà di vivere che contraddistingue gli uomini. Tutto dipende da essa, vista al contrario il corpo (finito) è manifestazione della volontà (infinito) stessa. Mentre l'ascesi cristiana si conclude con l'estasi, cioè con lo stato di unione con Dio, nel misticismo ateo di Schopenhauer l'ascesi conduce al nirvana buddista. Il nirvana è l'esperienza del nulla, un nulla che non è niente, bensì una negazione del mondo stesso. K= Aveva molto a cuore la religione tanto da arrivare a dire che grazie a Dio l’uomo riesce ad uscire dalla disperazione che lo pervade, in qualche modo lo guarisce. Tra Dio e l'uomo c'è una differenza, in quanto l'uomo vive la continuità della storia, mentre Dio vive l'eternità. Posta tale differenza assoluta tra Dio e l'uomo, il loro incontro non può avvenire nella storia, ovvero nella continuità del divenire umano, ma nell'attimo. Quindi, se Dio è verità e l'incontro con Lui avviene solo nell'attimo, allora l'uomo vive costantemente nella non-verità. Allora socratismo e cristianesimo sono contrapposti:

  • Per Socrate l'uomo possiede la verità.
  • Nel caso del cristianesimo, invece, l'uomo è non-verità, pertanto deve essere salvato, in modo da renderlo adatto alla verità.

S= Il punto di partenza della filosofia di Schopenhauer è la distinzione kantiana tra fenomeno e cosa in sé (noumeno):

  • Per Kant il fenomeno è l'unica realtà conosciuta e il noumeno è un concetto-limite che serve da promemoria per ricordarci i limiti della coscienza. Quindi per Kant il fenomeno/rappresentazione era un qualcosa di oggettivo, cioè tutti conoscono una cosa allo stesso modo.
  • Per Schopenhauer invece il fenomeno è parvenza, illusione, ciò che nell'antica sapienza indiana è detto «velo di Maya»(qui si vede che è stato influenzato dalle filosofie orientali con le quali era venuto a contatto), mentre il noumeno è una realtà che si nasconde dietro al fenomeno e che il filosofo ha il compito di scoprire. Quindi per Schopenhauer la rappresentazione era un qualcosa di soggettivo.
Schopenhauer all'inizio della sua opera principale, Il mondo come volontà e rappresentazione, afferma: IL MONDO È LA MIA RAPPRESENTAZIONE. La rappresentazione comprende due elementi essenziali ed inseparabili: da un lato c'è il soggetto rappresentante, dall'altro c'è l'oggetto rappresentato (Kant: oggetto conosciuto e soggetto che conosce, due volti della stessa medaglia): nessuno dei due esiste se non esistono insieme. Per cui:
  • Il MATERIALISMO di Marx è falso, perché nega il soggetto riducendolo all'oggetto, e pari meriti l'idealismo;
  • L’IDEALISMO è errato perché compie il tentativo opposto di negare l'oggetto riducendolo al soggetto.
Schopenhauer accetta le forme a priori di Kant, ma ne ammette solo 3: spazio, tempo e causalità. L’unica riconosciuta da Schopenhauer è la causalità, perché?: tutte le altre categorie si riconducono ad essa l'essenza (cioè ciò che definisce qualcosa, in questo caso l’oggetto) dell'oggetto è essere causa, tant'è vero che dire materia equivale a dire azione causale. Secondo Schopenhauer le forme a priori agiscono come vetri sfaccettati che deformano la realtà. Per questo la realtà che conosciamo attraverso le forme a priori è sogno, incantesimo. Andando alla ricerca di precedenti Illustri di questa intuizione, Schopenhauer cita: Shakespeare (il quale scrive che «noi siamo di tale stoffa, come quella di cui son fatti i sogni, e la nostra breve vita è chiusa in un sonno»). Al di là del sogno esiste la vera realtà, che Schopenhauer, a differenza di Kant, ritiene conoscibile. Ma com'è possibile "lacerare" il velo di Maya e trovare il "filo d'Arianna" per orientarci nel labirinto della realtà e attingere l'Assoluto? Come si può raggiungere la vera realtà? Se noi fossimo solo una «testa d'angelo alata», cioè solo conoscenza e rappresentazione, non potremmo mai uscire dal mondo fenomenico e raggiungere la vera realtà. Ma poiché noi non siamo solo rappresentazione ma anche corpo, non ci limitiamo a vederci dal di fuori, bensì ci viviamo dal di dentro, godendo e soffrendo. Questa esperienza ci permette di cogliere la cosa in sé, infatti ci rendiamo conto che la nostra essenza (ciò che ci definisce) è la volontà di vivere, cioè un impulso che ci spinge a esistere e ad agire. K= Il punto di partenza della filosofia di Kierkegaard è il concetto di esistenza, infatti Kierkegaard muove una grande critica ad Hegel riguardo questo concetto. Infatti, alla pluralità e alla totalità dialettica hegeliana si contrappose: Il Singolo. Il Singolo era così considerato un "filtro", grazie a cui era possibile interpretare l'intera realtà. Il "Singolo" deve essere considerato come una "categoria" Infatti la "singolarità" rappresenta un'importante categoria per la comprensione della realtà. Quindi possiamo affermare a questo punto che Hegel insegue il tentativo di dare un senso a "tutto", dall'altra parte, invece, Kierkegaard si concentra su un'unica esistenza, ovvero modi d'essere che restano uguali per tutta la vita. Il singolo è l’uomo. L'uomo ad un certo punto della sua vita cerca di diventare consapevole di sé e si imbatte così in 2 tipologie di problemi proprio perché si accorge di essere un umano imperfetto:
  • Il primo problema è quello del "non voler essere se stessi", in cui l'uomo si vede sbagliato e inadeguato e si vuole diverso;
  • Il secondo è il problema del “voler essere se stessi" ma di sapere che, in quanto limitato, non ci si può realizzare.
Questi sono proprio i 2 dilemmi che compongono la disperazione umana ma Kierkegaard trova una soluzione e dice che nonostante l'uomo sia destinato a vivere nell'angoscia e nella disperazione, esiste una via di fuga, ovvero: la fede. Questo "salto" viene proprio definito "il salto mortale". L'uomo vive nella costante contraddizione, è egli stesso una contraddizione e continua ad angosciarsi per le scelte fatte o che dovrà fare, continua a disperarsi di essere se stesso MA ha la possibilità di salvarsi con il salto mortale nella fede. Quindi la disperazione trova sollievo proprio nella religione.

“Ogni volere scaturisce da bisogno, sofferenza. A questa da fine l’appagamento, ma perché un desiderio venga appagato, ne rimangono almeno 10 insoddisfatti”
Infatti Schopenhauer subi' l'influenza di:Platone: distinzione tra idee e cose; Kant: distinzione tra fenomeno e noumeno, l'idea delle forme a priori della conoscenza; Romanticismo: la riflessione sul dolore, la riflessione sull’uomo (essere finito) che tende all’infinito.

Nasce a Copenaghen nel 1815, condusse una vita priva di eventi particolari e si dedicò unicamente ai suoi studi, grazie anche ad una cospicua somma di denaro ereditata dopo la morte del padre. La sua vita fu segnata, sin dalla giovane età da un grande senso di colpa. Il filosofo credeva infatti di aver ereditato dal padre una maledizione, infatti la madre e i fratelli di Kierkegaard morirono tutti prematuramente e il padre a questo punto credeva di essere caduto vittima di una maledizione secondo cui avrebbe visto morire tutti i suoi figli. La colpa di tale destino era quella di aver maledetto Dio incolpandolo della miseria che incombeva sulla sua famiglia. La morte del padre e dei fratelli convinsero il filosofo che ormai il suo destino era segnato e questo lo portò a scrivere più che poteva. La sua opera più importante è “Enten-Eller”, meglio conosciuta come Aut-Aut, nella quale scrive una frase che ci fa comprendere al meglio il suo pensiero: “Ciò che io sono è un nulla; questo procura a me e al mio genio la soddisfazione di conservare la mia esistenza al punto zero, tra il freddo e il caldo, tra la saggezza e la stupidaggine, tra il qualche cosa e il nulla come un semplice forse”. La sua vita appare segnata da una “paralisi”, cioè un’incapacità di scegliere tra le alternative che gli si presentano nella vita. Quindi egli in questo modo si distaccava dalla vita più che viverla scegliendo.

“Esistere significa poter scegliere, anzi essere possibilità. Ma ciò non costituisce la ricchezza, bensì la miseria dell’uomo. La sua libertà di scelta non rappresenta la sua grandezza, ma il suo permanente dramma”

S= Per Schopenhauer il filosofo ha il compito di andare oltre la volontà, di scoprire cosa c’è oltre per raggiungere la libertà, e per poterlo fare, per giungere alla libertà, dalla volontà si deve passare attraverso 3 vie di liberazione. Secondo Schopenhauer per liberarci dal dolore dobbiamo liberarci dalla stessa volontà di vivere. Ma come è possibile liberarsi dalla volontà se quest'ultima costituisce l'essenza dell'uomo? Le vie di liberazione sono 3:

  • ARTE. Per Schopenhauer l'arte è essere immersi nelle proprie idee, estraniarsi dal mondo. L'arte libera l'individuo dalla catena dei desideri e dei bisogni, e lo porta al di sopra del dolore. Le varie arti vanno dall'architettura fino alla scultura, alla pittura e alla poesia. Un posto tutto per sé lo ha la musica, attraverso la quale la volontà si manifesta immediatamente. Tuttavia la funzione liberatrice dell'arte è temporanea e parziale, quindi essa non è una via d'uscita dalla volontà, ma solo un modo per avere conforto. La via della redenzione comincia con la vita morale.
  • VITA MORALE. Schopenhauer, contro Kant, sostiene che la morale non si basi sulla ragione, ma su un sentimento di «pietà» attraverso cui avvertiamo come nostra le sofferenze degli altri. La morale è sia intesa come: LA GIUSTIZIA, che ha un carattere negativo poiché consiste nel non fare il male e sia come LA CARITÀ, che si identifica invece con la volontà positiva e attiva di fare del bene al prossimo. Tuttavia anche se la carità è una vittoria sull'egoismo, essa rimane pur sempre all'interno della vita e presuppone un attaccamento ad essa. L'unica vera via di liberazione è l'ascesi.
  • ASCESI. L'ascesi è l'esperienza per la quale l'individuo si propone di estirpare il proprio desiderio di esistere, di godere e di volere mediante una serie di accorgimenti (castità perfetta, povertà, digiuno, sacrificio, auto macerazione). Mentre l'ascesi cristiana si conclude con l'estasi, cioè con lo stato di unione con Dio, nel misticismo ateo di Schopenhauer l'ascesi conduce al nirvana buddista. Il nirvana è l'esperienza del nulla, un nulla che non è niente, bensì una negazione del mondo stesso.
K= Anch’egli come Schopenauer cerca di giungere ad un qualcosa, punta alla libertà. (“La libertà ė infinita possibilità di potere”, cioè possibilità di scegliere tra molteplici altre possibilità). Senza libertà non ci sono possibilità. Quindi per poter vivere in modo corretto, così da raggiungere la libertà, l’uomo deve passare necessariamente attraverso 3 stadi: i 3 stadi dell’esistenza. Stadio dell’esistenza= momenti cronologici della vita di un singolo individuo, cioè modi d’essere che restano uguali per tutta la vita. Gli stadi sono 3:
  • Estetico. È la forma di vita di chi esiste nell'attimo. Simbolo dello stadio estetico, infatti, è don Giovanni, il quale sa trarre piacere vivendo la propria esistenza istante per istante, senza guardare al futuro e tantomeno al passato. Ogni scelta si basa sull'unico principio del piacere, ma alla fine ci si rende conto che ogni istante è incompleto poiché il piacere non è mai abbastanza e, pertanto, questo stadio conduce inevitabilmente l'uomo alla disperazione.
  • Etico. È la forma di vita dell'uomo che si impegna in un compito al quale rimane sempre fedele. Simbolo dello stadio etico è il padre o il marito, che vivono a beneficio dei figli e delle mogli. Tuttavia lo stadio etico ha un limite: l'ente vive la propria esistenza trascurando le sue vere esigenze, non riuscendo a trovare il vero se stesso.
  • Religioso. Simbolo dello stadio religioso è Abramo. Dopo settant'anni vissuti nel rispetto della legge morale, Abramo riceve da Dio l'ordine di uccidere il figlio Isacco, infrangendo così la legge per la quale ha vissuto. Questo stadio è tipico di chi si «getta tra le braccia dell'Assoluto», scegliendo di eseguire i comandi divini anche a costo di infrangere le leggi. Lo stadio religioso è quello del paradosso.

(Schopenhauer afferma che bisogna oscillare tra le decisioni, Kierkegaard afferma che bisogna stare al centro, non prendere posizioni). K=La dinamica dell'Aut Aut si ricollega esattamente al concetto di angoscia proprio perché di fronte ad una scelta il risultato dovrà essere necessariamente uno solo. Per questo, l'uomo che decide di prendersi la responsabilità delle sue scelte sarà destinato ad un futuro di angoscia. L'angoscia è quindi "possibilità di libertà" e Kierkegaard dice: "Più profonda è l'angoscia, più grande è l'uomo". L'angoscia non si deve intendere come la intendiamo noi oggi perché l'angoscia è SENZA OGGETTO, quindi se dico di essere angosciato per causa di qualcosa, allora sto provando timore, preoccupazione o paura. L'angoscia ha un soggetto, non un oggetto! in contrapposizione all'angoscia troviamo la disperazione. La DISPERAZIONE invece nasce quando l'individuo si rapporta con se stesso e si dispera sia perché capisce di essere non abbastanza per sé, sia perché sa che non può andare oltre il suo limite, ed è quindi costretto a vivere la "morte dell'io". Quindi, l'angoscia riguarda il rapporto con il mondo mentre la disperazione riguarda il rapporto dell'uomo con se stesso. S= “Ogni volere scaturisce da bisogno, sofferenza. A questa da fine l’appagamento, ma perché un desiderio venga appagato, ne rimangono almeno 10 insoddisfatti”. Quindi se l’uomo vive per vivere, non sa in realtà per cosa vivere, vuol dire che la vita è dolore, cioè non sai per cosa vivi, è molto triste questa cosa. Infatti volontà, volere significa desiderare, e desiderare significa trovarsi in uno stato di bisogno per la mancanza di qualcosa che non si ha e si vorrebbe avere. Il desiderio risulta quindi assenza, vuoto, ossia dolore. Riprendendo la teoria Giacomo Leopardi, Schopenhauer afferma che ciò che gli uomini chiamano godimento (fisico) e gioia (psichica) non è nient'altro che una cessazione momentanea del dolore, dopo questa fase ci saranno altri desideri e quindi altro dolore. Accanto alla condizione esistenziale permanente (il dolore) e a quella momentanea (il piacere), Schopenhauer pone una terza condizione esistenziale, la NOIA, la quale subentra quando viene meno il desiderio. Di conseguenza, conclude Schopenhauer: la vita umana è come un pendolo che oscilla tra dolore e noia, passando attraverso l'intervallo fugace del piacere. Poiché tutte le cose sono manifestazione della volontà, il dolore investe tutto l'universo. Per questo anche Schopenhauer come Leopardi sono affini al PESSIMISMO COSMICO. Il dolore quindi diventa universale. Il dolore non riguarda soltanto l'uomo ma ogni creatura. Tuttavia, più consapevolezza si ha di questo dolore, più si soffre. È per questo che il saggio, avendo maggiore sensibilità rispetto agli uomini comuni, prova una maggiore sofferenza.

Nasce a Copenaghen nel 1815, condusse una vita priva di eventi particolari e si dedicò unicamente ai suoi studi, grazie anche ad una cospicua somma di denaro ereditata dopo la morte del padre. La sua vita fu segnata, sin dalla giovane età da un grande senso di colpa. Il filosofo credeva infatti di aver ereditato dal padre una maledizione, infatti la madre e i fratelli di Kierkegaard morirono tutti prematuramente e il padre a questo punto credeva di essere caduto vittima di una maledizione secondo cui avrebbe visto morire tutti i suoi figli. La colpa di tale destino era quella di aver maledetto Dio incolpandolo della miseria che incombeva sulla sua famiglia. La morte del padre e dei fratelli convinsero il filosofo che ormai il suo destino era segnato e questo lo portò a scrivere più che poteva. La sua opera più importante è “Enten-Eller”, meglio conosciuta come Aut-Aut, nella quale scrive una frase che ci fa comprendere al meglio il suo pensiero: “Ciò che io sono è un nulla; questo procura a me e al mio genio la soddisfazione di conservare la mia esistenza al punto zero, tra il freddo e il caldo, tra la saggezza e la stupidaggine, tra il qualche cosa e il nulla come un semplice forse”. La sua vita appare segnata da una “paralisi”, cioè un’incapacità di scegliere tra le alternative che gli si presentano nella vita. Quindi egli in questo modo si distaccava dalla vita più che viverla scegliendo.

IL DILEMMA DEI PORCOSPINI “In una fredda giornata d’inverno un gruppo di porcospini si rifugia in una grotta e per proteggersi dal freddo si stringono vicini. Ben presto però sentono le spine reciproche e il dolore li costringe ad allontanarsi l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li porta di nuovo ad avvicinarsi si pungono di nuovo. Ripetono più volte questi tentativi , sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non trovano quella moderata distanza reciproca che rappresenta la migliore posizione, quella giusta distanza che consente loro di scaldarsi e nello stesso tempo di non farsi male reciprocamente”
“Voglio perché voglio. C’è in me una volontà irresistibile che mi spinge a volere…miliardi di esseri umani non vivono che per vivere e continuare a vivere”

S= Volontà. “Voglio perché voglio. C’è in me una volontà irresistibile che mi spinge a volere…miliardi di esseri non vivono che per vivere e continuare a vivere” (Opera:Il mondo come volontà e rappresentazione) Da questa frase possiamo dedurre le varie caratteristiche della volontà. La volontà è:

  • INCONSCIA, essendo un impulso inconsapevole.
  • UNICA, poiché esistendo al di fuori delle forme di spazio e tempo, si sottrae al «principio di individuazione» (un ente esiste nella sua individualità ed è differente dagli altri enti), diciamo che è in una quercia come in un milione di querce.
  • ETERNA, non ha né un inizio né una fine essendo inconscia.
  • LIBERA E CIECA, essendo oltre lo spazio e il tempo esiste senza uno scopo, esiste e basta, infatti se chiedessimo ad un uomo perché voglia quella cosa in realtà non sappiamo perché vuole in generale.
Si trova al di là del fenomeno presenta caratteri opposti a quelli del mondo della rappresentazione, in quanto si sottrae alle forme a priori di quest'ultimo: lo spazio, il tempo e la causalità. Essendo al di là del fenomeno, questa viene coperta dal velo di maya. Schopenhauer ritiene inoltre che la volontà di vivere si manifesti nel mondo fenomenico attraverso 2 fasi: nella prima fase la volontà si oggettiva, cioè diventa unica, nelle idee (modelli perfetti delle cose), nella seconda fase la volontà si oggettiva nelle cose (copie delle idee). K=Possibilità “Esistere significa poter scegliere, anzi essere possibilità. Ma ciò non costituisce la ricchezza, bensì la miseria dell’uomo. La sua libertà di scelta non rappresenta la sua grandezza, ma il suo permanente dramma”. (Opera:Aut-Aut) La possibilità è un’altra categoria che serve per comprendere l’esistenza umana.
  • Per Kant, qualcosa di positivo, seppur limitata, proprio nel limite trovava la spinta per realizzarsi.
  • Per Kierkegaard, qualcosa di negativo, qualunque possibilità può essere possibilita che si e che non, in altre parole, la possibilità implica la minaccia del nulla.
Egli vive sotto questa minaccia e per questo viene pervaso da un senso di angoscia, infatti sarà definito il discepolo dell’angoscia. Secondo lui nella vita non si deve scegliere e quindi bisogna rimanere nell’indecisione (che lui chiama punto zero), perché? per non essere angosciati.

“Che io sia veramente innamorato me lo dice... quell'aria tutta di mistero di cui ho avvolto, perfino ai miei occhi stessi, il fatto in sé. Ogni amore, perfino quello sleale, è misterioso in quanto ha in sé il necessario momento estetico”

(Abbiamo visto che entrambi i filosofi sono molto pessimisti riguardo i sentimenti, e allora come si comportano davanti all’amore, che oggi viene considerato un qualcosa di positivo, bello, appagante?) S= “Non v’è rosa senza spine, vi sono molte spine senza rose”. (Le cose belle possono celare problemi che inizialmente non si vedono. Proprio come le rose, che nonostante la loro bellezza hanno un lato pungente, così tutte le cose belle hanno un lato negativo). L'amore per Schopenhauer è uno stratagemma di cui si serve il saggio per far durare in eterno la vita. L'amore procreativo viene inconsapevolmente avvertito come "peccato" e "vergogna". Esso commette infatti il maggiore dei delitti: la creazione di altre creature destinate a soffrire. Ma se l'amore è nient'altro che due infelicità che si incontrano, due infelicità che si scambiano e una terza infelicità che viene creata, l'unico amore che può esistere è quello disinteressato della bontà, la compassione. Infatti Schopenhauer individua 2 tipi di amore:

  • Eros, amore carnale, passionale, sessuale, inteso come rapporto sessuale.
  • La carità, o agape, è invece vista come il vero amore, l’amore disinteressato per il prossimo, la compassione. Infatti, per il filosofo, l’uomo può superare l’egoismo che lo caratterizza se riesce a compatire gli altri. Compatire significa “soffrire con”, dunque provare le stesse sofferenze di chi gli sta accanto, avere empatia. Solo in questo modo l’uomo riesce realmente a comprendere che il dolore è di tutti.
Questo dolore può essere ricondotto alla paura di amare e a proposito di questo Schopenhauer ha scritto una poesia proprio su questa paura: “il dilemma dei porcospini” che rappresenta una metafora di alcune relazioni umane distruttive dove è impossibile separarsi e, allo stesso tempo, poter vivere insieme. “In una fredda giornata d’inverno un gruppo di porcospini si rifugia in una grotta e per proteggersi dal freddo si stringono vicini. Ben presto però sentono le spine reciproche e il dolore li costringe ad allontanarsi l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li porta di nuovo ad avvicinarsi si pungono di nuovo. Ripetono più volte questi tentativi , sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non trovano quella moderata distanza reciproca che rappresenta la migliore posizione, quella giusta distanza che consente loro di scaldarsi e nello stesso tempo di non farsi male reciprocamente”. Grazie a questa poesia capiamo che l’uomo ha bisogno di vivere in società, non vuole stare da solo con se stesso altrimenti è triste, questo spinge gli uomini l’uno verso l’altro; le loro molteplici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l’uno lontano dall’altro. E' proprio qui che sorge la paura di amare, perchè magari si ha paura di proprio di questo tira e molla, come si supera tale paura? Con la distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere. K= “Che io sia veramente innamorato me lo dice... quell'aria tutta di mistero di cui ho avvolto, perfino ai miei occhi stessi, il fatto in sé. Ogni amore, perfino quello sleale, è misterioso in quanto ha in sé il necessario momento estetico”. Simbolo dello stadio estetico, infatti, è don Giovanni, è sempre alla ricerca dell’amore, sa trarre piacere vivendo la propria esistenza istante per istante, senza guardare al futuro e tantomeno al passato. Ogni scelta si basa sull'unico principio del piacere, ma alla fine ci si rende conto che ogni istante è incompleto poiché il piacere non è mai abbastanza e, pertanto, questo stadio conduce inevitabilmente l'uomo alla disperazione. L’unica forma di amore che lui riconosce quindi è quella cristiana, amore verso Dio. L'amore ha un doppio oggetto: il bene che si vuole e il soggetto per cui si vuole quel bene. Distingue 2 tipi di amore:
  • L'amore vero, quello cristiano, è rispettoso verso la persona amata, perché vuole il suo bene e ha un fondamento divino, non invecchia mai perché non è secondo la carne ma secondo lo spirito, non è finito ma infinito.
  • L’amore pagano invece è egoista e possessivo, non è legato all’eternità, è un tipo di amore che si ribella all’Amore (amore cristiano).