Want to create interactive content? It’s easy in Genially!
Alla sera - Ugo Foscolo
Brinafico Marco
Created on November 7, 2023
Start designing with a free template
Discover more than 1500 professional designs like these:
Transcript
Alla sera
Forse perchè della fatal quïete tu sei l’immago a me sì cara, vieni, o Sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni, e quando dal nevoso aere inquiete tenebre e lunghe, all’universo meni, sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme che vanno al nulla eterno; e intanto fugge questo reo tempo, e van con lui le torme delle cure, onde meco egli si strugge; e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
Forse perché tu sei l’immagine della morte, giungi a me così gradita, o Sera! Sia quando le nubi estive e venticelli sereni ti accompagnano con dolcezza, sia quando dal cielo nevoso porti nel mondo ore di buio che durano molto e che sono inquietanti, giungi sempre desiderata, e occupi con dolcezza la parte più segreta del mio cuore. Mi fa vagare col pensiero sulle vie che conducono alla morte; e intanto questo tempo malvagio fugge, e con lui se ne va la moltitudine delle angosce, per cui esso si distrugge con me; e mentre contemplo la tua pace, si placa quello spirito combattivo che mi ruggisce dentro.
In morte del fratello Giovanni
Un giorno, se non andrò sempre errando(in esilio) da un paese all'altro, mi vedrai seduto sulla tua tomba, o fratello mio, mentre piango la tua giovinezza stroncata prematuramente. Ora solo la madre, trascinando a fatica la sua vecchiaia, parla di me con le tue ceneri mute, ma io, senza più speranze, tendo a voi le braccia e solo da lontano saluto la mia patria. Sento l'avveristà del destino e quelle angosce segrete che sconvolsero la tua vita, e prego di trovare anche io la pace nel tuo stesso porto. Questo mi resta oggi di tanta speranza! O uomini stranieri, quando sarò morto restituite almeno le mie ossa al petto di mia madre infelice.
Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo di gente in gente; me vedrai seduto su la tua pietra, o fratel mio, gemendo il fior de’ tuoi gentili anni caduto. La madre or sol, suo dì tardo traendo, parla di me col tuo cenere muto, ma io deluse a voi le palme tendo; e sol da lunge i miei tetti saluto. Sento gli avversi Numi, e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta, e prego anch’io nel tuo porto quiete. Questo di tanta speme oggi mi resta! Straniere genti, almen le ossa rendete allora al petto della madre mesta.
Riordino la poesia
S'io un dì non andrò sempre fuggendodi gente in gente, vedrai me seduto su la tua pietra, o fratel mio, gemendo il fior caduto dei tuoi gentili anni. La madre, traendo il suo dì tardo, or sol parla di me col tuo cenere muto, ma io tendo a voi le palme deluse e saluto i miei tetti sol da lunge. Sento gli avversi Numi e le cure secrete che furon tempesta al viver tuo, e prego quiete anch'io nel tuo porto. Oggi questo mi resta di tanta speme! Genti straniere, rendete almen le ossa allora al petto della madre mesta.
Perché così tanti enjambement?
Gli enjambement aumentano di numero nelle terzine. Ma non è un caso. L'idea di Foscolo è duplice:
- Dare l'idea del tempo che fugge;
- I versi sembrano "cadere" rovinosamente verso la conclusione della poesia, proprio come fa la vita verso la morte.
Che cos'è?
Si tratta di un sonetto, ovvero di un componimento poetico formato da due quartine e due terzine di versi endecasillabi.
- Le due quartine sono descrittive: il poeta racconta il suo legame con la sera, sempre positivo e profondo in ogni stagione dell'anno;
- Le due terzine sono riflessive e hanno toni drammatici: il poeta motiva il suo legame con la sera. Essa gli concede, dormendo, la possibilità di far tacere le sue angosce quotidiane, aspetto - questo - che la fa assomigliare in tutto e per tutto alla morte.
Riordino la poesia
O sera, forse vieni a me sì cara perché della fatal quiete tu sei l'immago! Scendi sempre invocata e [sia] quando le nubi estive e i zeffiri sereni ti corteggian liete, e [sia] quando meni all'universo lunghe e inquiete tenebre dal nevoso aere, e tieni soavemente le secrete vie del mio cor. Mi fai vagar co' miei pensier su l'orme che vanno al nulla eterno, e intanto questo reo tempo fugge e le torme delle cure van con lui, onde egli si strugge meco; e mentre io guardo la tua pace, quello spirto guerrier che mi rugge entro dorme.