Want to create interactive content? It’s easy in Genially!
Canto III
Matteo Cassano
Created on November 2, 2023
Start designing with a free template
Discover more than 1500 professional designs like these:
View
Higher Education Presentation
View
Psychedelic Presentation
View
Vaporwave presentation
View
Geniaflix Presentation
View
Vintage Mosaic Presentation
View
Modern Zen Presentation
View
Newspaper Presentation
Transcript
III Canto - Purgatorio
Presentazione di Matteo Cassano e Fabrizio Gatti
index
Introduzione e Contesto
Lettura del Canto
Divisione in sequenze
Manfredi e Temi
Figure Retoriche
Introduzione e contesto
Nel Canto III del Purgatorio della Divina Commedia, troviamo un affascinante scenario nell'Antipurgatorio, dove Dante intreccia un profondo dialogo con le anime dei peccatori scomunicati che, grazie al pentimento sincero poco prima della loro morte, hanno ottenuto il perdono divino. Questo straordinario passaggio ci mostra l'infinita misericordia di Dio, un concetto che trascende la comprensione razionale umana.
Lettura del canto
Divisione in sequenze
Prima e Seconda
Paura di Dante e rimprovero di Virgilio (vv. 19-45) Dante vede all'improvviso che c'è solo la sua ombra sul terreno e non quella di Virgilio, quindi si volta a lato col terrore di essere abbandonato: il maestro ovviamente è lì e lo rimprovera perché continua a diffidare e non crede che sia accanto a lui per guidarlo. Virgilio spiega che il corpo mortale nel quale lui faceva ombra riposa a Napoli, dove fu traslato da Brindisi e dove adesso è già sera, quindi Dante non deve stupirsi che la sua anima non proietti un'ombra proprio come i cieli non fanno schermo al passaggio della luce.
Ripresa del cammino (vv. 1-18) Dopo i rimproveri di Catone e la fuga precipitosa delle anime verso la montagna, Dante si stringe a Virgilio, senza la cui guida fidata non potrebbe certo proseguire il viaggio. Il maestro sembra essere punto dalla propria coscienza, così monda e dignitosa che anche il più piccolo errore le provoca un forte rimorso. Quando Virgilio prende a camminare senza la fretta che toglie decoro a ogni gesto, Dante inizia a guardarsi attorno e osserva la montagna, che si erge verso il cielo più alta di qualunque altra. Il sole brilla rossastro dietro di lui e proietta l'ombra davanti, dal momento che Dante ne scherma i raggi col proprio corpo.
Divisione in sequenze
Terza
Virgilio chiede loro dove sia l'accesso al monte, dal momento che essi non vogliono perdere tempo. Le anime iniziano ad avanzare, simili alle pecorelle che escono dal recinto una dietro l'altra senza sapere dove vanno e perché, poi le prime vedono che Dante proietta l'ombra e si arrestano, tirandosi indietro e inducendo le altre a fare lo stesso. Virgilio le rassicura dicendo che Dante è effettivamente vivo, ma non è certo contro il volere divino che egli cerca di scalare il monte. I penitenti fanno cenno con le mani di tornare indietro e procedere nella loro stessa direzione.
Incontro coi contumaci (46-102) I due poeti intanto sono giunti ai piedi del monte: la parete è così ripida che è impossibile scalarla, tanto che la roccia più impervia della Liguria sarebbe un'agevole scala al confronto. Virgilio si ferma e si chiede da quale parte ci sia un accesso più facile al monte; e mentre lui riflette guardando a terra, e Dante osserva in alto la montagna, da sinistra appare un gruppo di anime che si muovono lentissime verso di loro. Virgilio esorta il discepolo ad andare verso di esse poiché si muovono piano, e lo invita a rafforzare la speranza poiché saranno loro a fornire indicazioni. Dopo mille passi le anime sono ancora molto lontane, quando esse si accorgono dei due poeti e si stringono alla roccia.
Divisione in sequenze
Quarta
far disseppellire il suo corpo che giaceva sotto un mucchio di pietre vicino a un ponte e a farlo trasportare a lume spento fuori dai confini del regno di Napoli, lungo il fiume Liri. La scomunica della Chiesa infatti non impedisce di salvarsi finché c'è un po' di speranza, anche se chi muore in contumacia deve poi attendere nell'Antipurgatorio un tempo superiore trenta volte al periodo trascorso come scomunicato, a meno che qualcuno con le sue preghiere non accorci questo periodo. Manfredi prega dunque Dante di rivelare tutto questo alla figlia Costanza, perché lei con le sue preghiere abbrevi la sua permanenza nell'Antipurgatorio.
Incontro con Manfredi (103-145) Una delle anime si rivolge a Dante e lo invita a guardarlo, per capire se lo ha mai visto sulla Terra. Il poeta lo osserva e lo guarda con attenzione, vedendo che è biondo, bello e di nobile aspetto, e ha uno dei sopraccigli diviso da un colpo. Dopo che il poeta gli ha risposto di non averlo mai visto, il penitente gli mostra una piaga che gli attraversa la parte alta del petto, quindi si presenta come Manfredi di Svevia, nipote dell'imperatrice Costanza d'Altavilla. Egli prega Dante, quando sarà tornato nel mondo, di dire a sua figlia Costanza di Sicilia la verità sul suo stato ultraterreno. Manfredi racconta che dopo essere stato colpito a morte nella battaglia di Benevento, piangendo si pentì dei suoi peccati e nonostante le sue colpe fossero gravissime fu perdonato dalla grazia divina. Male fece il vescovo di Cosenza, istigato da papa Clemente IV,
Manfredi
Il protagonista del Canto III del Purgatorio e' Manfredi, Figlio di Federico II di Svevia, egli nacque le 1232. Fu educato alla corte palermitana e si distinse per la sua cultura, divenne Re di Sicilia nel 1250 dopo la morte del padre, pero' lascio' il trono al legittimo erede, Corrado IV, appena torno' dalla Germania. Quando egli mori' nel 1254 Manfredi si sontro' con la chiesa per il possesso del regno di Napoli, considerato dal Papato come proprio feudo, venne incoronato poi nel 1258 a Palermo e continuo' ad opporsi al Papato a causa della ricerca dei Papi di potere temporale, in sostegno alle fazioni ghibelline italiane. Fu scomunicato una prima volta da Innocenzo IV, ma poi fu perdonato e nominato vicario della Chiesa, con la salita di Alessandro IV al trono Papale, viene scomunicato una seconda volta e con questo si segna l'inizio della guerra contro la Chiesa e i guelfi.
Triplice Funzione di Manfredi
Glorificazione della misericordia Divina
Celebrazione della dinastia Svevia
Esaltazione dei valori Cortesi
Il massimo esempio di condotta civile ed etica: Manfredi, infatti, si distingue per la sua bellezza, il suo coraggio, la nobiltà delle sue origini e la nobiltà d'animo.
Incomprensibile tramite la pura ragione e chiaramente superiore al malgoverno del papato, il quale, abusando dell'arma della scomunica per fini politici, si arroga il diritto di usurpare il ruolo divino nel giudizio delle anime.
e quindi dell'impero (Analizzato nei Temi)
Temi
La dinastia Sveva
Attraverso la figura di Manfredi nel Canto III del Purgatorio, Dante esalta la dinastia sveva, che nel Duecento rappresentava l'ideale imperiale, un'istituzione che doveva portare ordine e giustizia. Dante attribuisce a questa dinastia un'onore paritario rispetto al papato. Nel suo trattato De Vulgari Eloquentia (I, XIII, 4), Dante aveva già riconosciuto Manfredi e suo padre Federico II come gli ultimi veri sovrani italiani. Tuttavia, c'è un particolare significativo nella scelta di Manfredi di menzionare sua nonna Costanza d'Altavilla come suo legame di sangue, senza fare alcun riferimento a suo padre. Questa scelta ha radici teologiche, poiché, secondo la visione di Dante, mentre Costanza è beata nel Cielo della Luna tra gli spiriti difettivi per inadempienza di voto, Federico II è dannato nel sesto Cerchio dell'Inferno tra gli epicurei, come illustrato nel Canto X dell'Inferno. La dinastia sveva, dunque, emerge come un elemento costante nell'opera di Dante, evidenziando le diverse sfaccettature e interpretazioni del potere e della giustizia attraverso le tre cantiche della Commedia.
L'insufficienza della ragione
All'interno del Canto III del Purgatorio, viene evidenziata una particolare attenzione verso la figura di Virgilio. In questa fase del viaggio, Virgilio si trova in un regno sconosciuto, diverso dall'Inferno di cui aveva conoscenza diretta. Qui, come le anime purganti, egli è sottoposto a un processo di crescita e maturazione. Virgilio dovrà affrontare situazioni problematiche alle quali non riesce a fornire soluzioni immediate. Questo sottolinea il limite della ragione umana, la quale, sebbene necessaria, non è più sufficiente per avanzare verso il Paradiso. Per progredire nel percorso di redenzione, è essenziale anche la grazia divina, la comunione con i credenti e l'assistenza sacramentale della Chiesa. In questo contesto, emerge il rimprovero implicito di Dante a coloro che, pur essendo saggi, come Platone, Aristotele, e persino l'autore dell'Eneide, sono stati esclusi dalla salvezza perché hanno erroneamente creduto che la pura ragione umana potesse portarli alla piena comprensione dei misteri divini. Questo concetto sottolinea il limite della conoscenza razionale nell'affrontare i misteri trascendenti. Tale riflessione offre una chiave di lettura per comprendere l'atteggiamento malinconico di Virgilio nel terzo Canto del Purgatorio. Egli si sente turbato, poiché è eternamente escluso dalla conoscenza diretta di Dio, riconoscendo che la ragione umana da sola non può condurlo alla salvezza.
La colpa e il contrappasso
Nel Canto III del Purgatorio, Dante ci mostra un aspetto importante del viaggio di redenzione delle anime. Anche se queste anime sono già state salvate, devono purificarsi nel Purgatorio per espiare i peccati commessi durante la loro vita terrena al fine di ascendere al Paradiso. Questo concetto è particolarmente evidente nelle anime scomunicate che, pentite in punto di morte, ora procedono con umiltà come pecorelle. Questo è un contrappasso che riflette il loro comportamento ribelle in vita. Un aspetto notevole è il periodo di attesa fuori dalla porta del Purgatorio, il quale è trenta volte la durata della loro scomunica. Questo dettaglio sottolinea il concetto di purificazione e penitenza. Oltre alla redenzione individuale di queste anime, Dante trasmette un importante monito sia alla Chiesa che agli esseri umani. Alla Chiesa, ricorda di non cercare di prevaricare con le proprie leggi l'infinita misericordia di Dio. A tutti gli esseri umani, suggerisce di evitare giudizi affrettati sulla condotta degli altri, poiché nessuno è in grado di penetrare nella coscienza altrui. Questo invita alla compassione e alla riflessione sulla natura umana e divina della misericordia.
Figure Retoriche
• v. 56: "del cammin la mente" è un'anastrofe. • v. 57: "io mirava suso intorno al sasso" è una sineddoche per diminuzione di quantità con sasso che si riferisce alla montagna del purgatorio • vv. 79-84: "Come le pecorelle escon dal chiuso" sono similitudini introdotte dal “Come” iniziale • v. 87: "pudica in faccia e ne l’andare onesta" è un chiasmo con una costruzione incrociata ABBA qui abbiamo un aggettivo-complemento-complemento-aggettivo • v. 120: "quei che volontier perdona" è una perifrasi dove è presente un giro di parole per riferirsi a Dio
• v. 8: "o dignitosa coscienza e netta" è un'apostrofe con cui Dante si rivolge a Virgilio mentalmente dopo che lui era stato rimproverato da Catone nel canto precedente • vv. 19-20: "Io mi volsi dallato con paura/d’essere abbandonato" è un enjambement. • v. 24: "non credi tu me teco" è un'ellissi dove in questo caso c’è la mancanza delverbo essere • v. 46: "noi divennimo intanto a piè di monte" metafora-personificazione?