Want to create interactive content? It’s easy in Genially!

Get started free

GIUSEPPE DI MATTEO

Vincenzo Palaia

Created on October 30, 2023

Start designing with a free template

Discover more than 1500 professional designs like these:

Transcript

GIUSEPPE DI MATTEO

“Strangolato e gettato nell'acido”.

“La mafia non uccide i bambini”.

Con questo trionfante quanto falso slogan è stato dato senso di onore alla mafia e al suo operato. “Le donne e i bambini non si toccano!”. Sono oltre 100 i minorenni e quasi 160 le donne che la mafia ha ucciso, la maggior parte dei quali prima del 1996. Giuseppe Di Matteo è un ragazzino che non ha ancora compiuto tredici anni.

Giuseppe di Matteo, rapito dalla mafia e sciolto nell’acido, era il figlio di Santino Di Matteo, che, accusato di dieci omicidi mafiosi, una volta arrestato, ha deciso di collaborare con la giustizia e la “vendetta” di Cosa Nostra non tarda ad arrivare.

Venticinque mesi di prigionia, 779 giorni.

LA VITA E IL RAPIMENTO

Ha un forte legame con il nonno Giuseppe, anch’egli vicino a Cosa Nostra, che lo aiuta a coltivare la sua passione per i cavalli. Il piccolo Di Matteo pratica l’equitazione e la segue con interesse anche in tv: “il suo sogno” è quello di “saltare a piazza di Siena con i colori della Nazionale”. Vince alcune gare e molti premi, è molto promettente: fa sua la coppa al XXVIII Concorso Ippico Internazionale di Marsala, nel maggio del 1992. Tra le altre passioni, quella per i videogiochi. A proposito, il fratello di Giuseppe, Nicola, ricorda: “Un giorno arrivò Giovanni Brusca, a me e mio fratello Giuseppe regalò un Nintendo, è ancora a casa da qualche parte, quanto ci abbiamo giocato nei due mesi che rimase a casa nostra con la sua compagna. Allora non sapevo che fosse un mafioso latitante, non sapevo neanche del ruolo di mio padre”

iuseppe Di Matteo nasce a Palermo il 19 gennaio del 1981. È il primogenito di Mario

Giuseppe Di Matteo fu rapito il pomeriggio del 23 novembre 1993, quando aveva quasi 13 anni, in un maneggio di Altofonte, da un gruppo di mafiosi che agivano su ordine di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato. Secondo le deposizioni di Gaspare Spatuzza, che prese parte al rapimento, i sequestratori si travestirono da poliziotti della Dia ingannando facilmente il bambino, che credeva di poter rivedere il padre in quel periodo sotto protezione lontano dalla Sicilia.Giuseppe fu ucciso nel tentativo di far tacere suo padre Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia ed ex-mafioso. Per 779 giorni Giuseppe non può parlare con i suoi cari, non ha modo di svagarsi, non ha alcuna compagnia. I rapitori, per il timore di essere riconosciuti, evitano il più possibile i contatti diretti. Solo negli ultimi mesi, un carceriere gli procura riviste e giornali da leggere.

Santo Di Matteo conosciuto come Santino Di Matteo. Il padre, nato in una famiglia mafiosa da diverse generazioni, durante l’infanzia del piccolo Giuseppe è vicino al clan dei Corleonesi con alcune attività. Copre anche l’inizio della latitanza di Giovanni Brusca nelle tenute di famiglia. Santino è ufficialmente allevatore, ma lavora per un certo periodo anche al mattatoio comunale (oggi vive sotto protezione dello stato con la famiglia). L’infanzia di Giuseppe Di Matteo scorre in modo sereno. Stando alle testimonianze dei suoi cari, cresce in salute ed è di carattere estroverso. Mostra di essere solidale e protettivo nei confronti del fratello più piccolo, Nicola, e degli amici più cari.

Il sequestro e la morte

Nessuna cura gli viene concessa per l’alimentazione e l’igiene personale. Solo dopo quasi due anni dal rapimento gli tagliano i capelli. Non esce più all’aria aperta, a parte qualche spostamento da un nascondiglio all’altro, durante i quali è legato e incappucciato. Il corpo abituato all’attività fisica, cessa ogni movimento. I lacci che lo tengono fermo, gli procurano piaghe. Quando, dopo due anni di sequestro, gli aguzzini lo immobilizzano per strangolarlo, uno degli esecutori materiali dell’omicidio racconta che “ormai … non aveva la reazione di un bambino, sembrava molle… … sicuramente

Nella cella c’è una porta di ferro con spioncino e si passa al sotterraneo con un montacarichi mimetizzato. Qui, ricostruiscono gli inquirenti, per ordine di Giovanni Brusca, Giuseppe di Matteo è strangolato e sciolto nell’acido, l’11 gennaio 1996. Oggi il casolare, confiscato alla mafia, è un luogo della memoria e di valorizzazione del territorio: si chiama Giardino della Memoria.

iuseppe Di Matteo trascorre la prima notte del sequestro in un nascondiglio improvvisato

la mancanza di libertà, il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro”.Tra la fine dell’estate del 1994 e l’agosto del 1995 passa da una masseria nelle Madonie a una abitazione a Castellammare del Golfo, poi a Campobllo di Mazara, poi nei pressi di Erice. Dall’agosto del 1995 lo tengono nei sotterranei di un casolare in località Giambascio, presso San Giuseppe Jato. In questo caso è un ambiente sotterraneo costruito appositamente.

dentro un capannone a Lascari, dove non ha neanche un bagno a disposizione. I rapitori lo portano in diversi nascondigli nella provincia di Agrigento: “mesi di celle umide, pareti scrostate, latrine improvvisate, giacigli sporchi e puzzolenti. Mesi di corde, catene, cappucci”, “Di giorno qualcuno, con il viso coperto dal passamontagna, gli porta da mangiare. Non lo tengono digiuno, ma gli danno sempre le stesse cose, pizza fredda e panini. Panini e pizza. Ogni tanto gli fanno una foto, un filmino o gli fanno scrivere sotto dettatura qualche biglietto (…): messaggi da mandare ai familiari”.

+ INFO