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le favole

FEDERICA IERVOLINO

Created on October 4, 2023

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LE FAVOLE

Nel tempo

da Esiodo a Fedro...

FEDRO E LA FAVOLA NEL TEMPO

Fedro è considerato il più importante autore delle favole latine.Nonostante l’importanza non viene citato dai grandi autori successivi poichè era uno schiavo di origine macedone e ottenne la libertà forse per meriti culturali o letterari. Prima di lui ci sono stati anche altri autori, specie greci, che hanno scritto opere dello stesso genere, come Esiodo, Esopo o Archiloco.

ARCHILOCO:LA VOLPE E IL RICCIO

Il famoso frammento di Archiloco ha come protagonisti due animali, la volpe e il riccio, che a livello proverbiale sono rispettivamente simbolodi comportamento astuto e difesa impenetrabile. Le volpi sono in genere più astute, flessibili e versatili in situazioni diverse mentre i ricci, solidi nelle loro convinzioni, tendono ad affidarsi a regole ben definite. Il riccio non si agita mai, non dubita. La volpe è più cauta, più pragmatica e più incline a vedere complessità e sfumature. Nella vita di tutti i giorni è importante lasciarsi guidare da entrambi gli approcci. Il segreto potrebbe essere quello di focalizzare l'attenzione con un approccio complementare volpe/riccio spendibile nei contesti in vari contesti..

Una volpe dal pelo rosso si appostò in agguato dietro un cespuglio. Aveva sentito un leggero movimento sottoterra. Qualcosa scricchiolava di sotto le sue zampe. Ma dopo qualche istante quel subbuglio smise all’improvviso. Forse la sua preda doveva aver sentito qualcosa, e per prudenza rimase ferma e immobile; il sospetto che ci fosse un grande pericolo fuori dalla tana le impediva persino di respirare. Ma la volpe dal pelo rosso, che è assai astuta e ne sa tante e forse di più, smise anche lei quasi di respirare, restò così immobile, fingendo d’essere morta e attese con grande pazienza.La volpe sa molte cose, di certo, ma il riccio ne sa una ancora più grande.[...]πολλ' οιδ' αλωπηξ, αλλ' εχινος εν µεγα.

Esiodo:L'usignolo e lo sparviero

Un usignolo, stando su un'alta quercia, cantava secondo il solito. E uno sparviero, avendolo visto, siccome aveva bisogno di cibo, essendo sopraggiunto in volo, lo catturò. E quello, essendo sul punto di essere ucciso, gli chiedeva di lasciarlo andare, dicendo che lui non era sufficiente a riempire lo stomaco di uno sparviero e che bisognava che lui, se aveva bisogno di cibo, si volgesse contro i più grandi (di lui) tra gli uccelli. E quello (lo sparviero) rispondendo disse: ma io sarei uno sciocco se, lasciando andare il cibo che ho pronto tra le mani, inseguissi le cose che non si vedono ancora.

Ἀηδὼν ἐπί τινος ὑψηλῆς δρυὸς καθημένη κατὰ τὸ σύνηθες ᾖδεν. ἱέραξ δὲ αὐτὴν θεασάμενος, ὡς ἠπόρει τροφῆς, ἐπιπτὰς συνέλαβεν. ἡ δὲ μέλλουσα ἀναιρεῖσθαι ἐδέετο αὐτοῦ μεθεῖναι λέγουσα, ὡς οὐχ ἱκανή ἐστιν ἱέρακος γαστέρα αὐτὴ πληρῶσαι, δεῖ δὲ αὐτόν, εἰ τροφῆς ἀπορεῖ, ἐπὶ τὰ μείζονα τῶν ὀρνέων τρέπεσθαι. καὶ ὃς ὑποτυχὼν εἶπεν· ἀλλ' ἔγωγε ἀπόπληκτος ἂν εἴην, εἰ τὴν ἐν χερσὶν ἑτοίμην βορὰν παρεὶς τὰ μηδέπω φαινόμενα διώκοιμι. ὁ λόγος δηλοῖ, ὅτι οὕτω καὶ τῶν ἀνθρώπων ἀλόγιστοί εἰσιν, οἳ δι' ἐλπίδα μειζόνων τὰ ἐν χερσὶν ὄντα προίενται.

Un usignolo canta su un’alta quercia; uno sparviero affamato lo rapisce. L’usignolo supplica lo sparviero di non mangiarlo; dice di essere troppo piccolo per riempirgli lo stomaco e lo esorta a catturare un uccello più grosso. Lo sparviero risponde che sarebbe sciocco se lasciasse andare la preda che ha nelle mani, per correre dietro a una preda che non si vede. La morale della favola è che sono stolti quegli uomini che, nella speranza di beni maggiori, perdono quanto hanno nelle mani.

ESOPO: LA VOLPE E L'UVA

Molte volte i nostri desideri sono vani, come Esopo, poeta dei Greci, racconta nella favola della volpe e l'uva. Una volpe piccola guardava la bianca uva nel vigneto e bramava prendere e divorare un piccolo grappolo. Si accosta in modo cauto e silenzioso al vigneto e cerca di prendere un grappolo vicino. Però sale inutilmente: difatti l'uva è alta e i grappoli pendono dai ramoscelli più distanti. La misera volpe sale una seconda e terza volta però non tocca l'uva, brama della sua gola. Così scontenta se ne va dal posto ed afferma: "L'uva non è ancora matura, non voglio mangiarla acerba”.

Saepe desideria nostra vana sunt, sicut Aesopi, poetae Graeci, fabella de vulpecula et uva narrat. Parva vulpecula procul pallidam uvam in vinea spectabat et tumidos acinos raptare et vorare avebat. Ad vineam caute et tacite accedit et proximos racemos captare temptat. Sed frustra salit: nam vinea alta est et racemi ex ultimis ramis pendent. Iterum atque iterum salit misera vulpecula sed uvam, desiderium gulae suae, non attigit. Tunc e loco maesta decedit et exclamat: "Uva nondum matura est; nolo acerbam sumere”.

Morale:Capita a tutti di fallire in qualcosa, ma non per questo bisogna svalutare o disprezzare quello che prima era l’oggetto del desiderio. Piuttosto sarebbe meglio accettare con molta umiltà la sconfitta e impegnarsi meglio per la prossima sfida che la vita ci porrà davanti.

ORAZIO: IL TOPO DI CAMPAGNA E DI CITTà

Un tempo un topo di campagna invitò a cena nella sua povera tana un topo di città, suo vecchio amico, e offrì all'ospite nell'umile mensa dei ceci e dell'uva secca e ghiande del vicino bosco. Il topo di città toccava a stento il vile cibo con dente superbo e disprezzava i cibi di campagna. Infine esclamò così: “Perché, amico, fai una vita tanto misera in campagna? Vieni con me in città, dove troverai una grande abbondanza di cibo raffinato e vivrai beato senza preoccupazioni”. Il consiglio piacque al topo di campagna e si trasferì con il compagno in una casa magnifica di città. Qui, mentre cenano tranquilli e sicuri e gustano cibi raffinati, improvvisamente risuonano i latrati dei cani e irrompono i servi. I topi spaventati corrono per tutta la stanza e cercano un rifugio. Allora il topo di campagna dice al topo di città: “Ciao, amico mio, tu resta in città con i tuoi cibi squisiti, io torno in campagna, alla mia vita povera ma sicura."

Olim mus rusticus urbanum murem, veterem amicum suum, ad cenam in paupere cavo invitavit et hospiti in humili mensa ciceres et uvas aridas et duras vicini nemoris glandes apposuit. Urbanus mus vix vilem cibum dente superbo tangebat et rustica alimenta contemnebat. Tandem sic exclamavit: “Cur, amice, vitam tam miseram ruri agis? Veni mecum in urbem, ubi magnam cibi suavis copiam invenies et beatus sine curis vives”. Placuit consilium rustico muri et in magnifica domum urbanam cum comite migravit.Ibi, dum tranquilli securique cenant atque delicatas dapes gustant, subito canum latratus resonant atque servi irrumpunt. Mures territi per totum conclave currunt et refugium petunt. Tum mus rusticus urbano muri dicit: “Salve, amice mi; tu in urbe mane cum exquisitis cibis tuis, ego rus reverto, ad meam pauperam sed securam vitam”.

Questa favola narra di un topo di campagna che fa visita a suo cugino che abita in città. Quest'ultimo gli offre un pranzo nella dimora in cui risiede che consiste in una serie di cibi raffinati. Ma il loro ricco banchetto viene improvvisamente interrotto da due cani mastini che costringono i cugini roditori a rifugiarsi in una tana per sicurezza. Il topo di campagna decide quindi di ritornare a casa, dicendo al cugino che preferisce mangiare lardo e fagioli in pace piuttosto che dolci e marmellata nell'angoscia. Morale: È meglio vivere in santa pace una vita modesta, piuttosto che vivere nel lusso sempre fra i batticuori.

FEDRO:IL LUPO E IL CANE

Un tempo un lupo affranto dalla magrezza incontrò un cane pasciuto e rivolse la sua parola a questo: "Le nostre similitudini sono nell' aspetto; io però sono più robusto e valido di te; al contrario tu sei ben nutrito, ed io invece ho fame perchè la fortuna con te è benevola, e con me invece malvagia. Il cane dimostrò la causa del suo stato: "Osserve" disse, "quella casa sotto la radice del monte; vivo li, custodisco i beni dei padroni, lo stesso padre di famiglia e sue moglie e i suoi figli mi danno (danno a me) pane, ossa e pezzi di carne: in questo modo ogni giorno senza lavoro riempio la pancia. Certamente perfeni a te daranno le stesse attenzioni se farai lo stesso lavoro." Queste parole lo tranquillizzarono e subito lo spinsero verso la campagna. Dunque mentre procedevano insieme, il lupo guardò il collo del cane logorato e chiede la causa di ciò: "Talvolta" rispose il cane, "il padrone mi lega alla catena per tutto il giorno poichè di notte vigili meglio". Qunado udì queste cose subito il lupo abbandonò il compagno e si affrettò verso il bosco: a tal punto stimava la libertà; la più dolce fra tutte le cose preferibili alla vita.

Olim lupis, macie confectus, cani perpasto occurrit atque his verbis eum compellavit: "Nos similes sumus aspectu, ego etiam robustior et validior te; at tu nites, ego contra esurio. Cur fortuna tibi provida, mihi malevola fuit ?". Canis condicionis suae causam demostravit: "Specta", inquit, "illas aedes sub radicibus montis: illic vivo, dominorum bona custodiens. Pater familias ipse eiusque uxor et liberi panem, ossa, carnis frustra mihi praebent: ita sine labore cotidie ventrem repleo. Profecto tibi quoque eadem dabunt, si idem officium praestabis". Placuerunt haec verba, continuoque ad villam contenderunt. Dum autem simul procedunt, lupus canis collum detritum aspexit, eiusque rei causam quaesivit. "Nonnumquam", rispondit canis, "dominus interdiu catena me vincit, sic melius nocte vigilo". Cum haec audivit, lupus statim comitem deseruit et ad silvam properavit: adeo libertatem, rerum omnium dulcissimam, optabiliorem quam vitae commoda existimabat.

Il valore inestimabile della libertà emerge prepotentemente tra le righe di questo dialogo tra un cane con collare e catena – seppur con la pancia piena – e un lupo libero di vivere la propria vita – anche subendo dei disagi. Anche oggi questo valore è importantissimo e purtroppo si tende spesso a dimenticarlo.Fedro dice che la libertà è “dulce”: termine che, seppur tradotto letteralmente in italiano, custodisce altri significati più profondi come ad esempio “cara” e “soave”

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