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Transcript

Barbara De Santis III AS

L'arte greca

  • L'arte al servizio della pòlis
  • L'arte dell'Età classica
  • L'arte dell'Età ellenistica

Sommario

Dal VI secolo a.C. si apre la fase definita per convenzione Età arcaica in cui il territorio ellenico si presenta costellato da città-stato autonome, in cui i cittadini sono partecipi delle scelte politiche, non più sudditi sottomessi alla volontà di un sovrano.L'idea di una civiltà comune è rafforzata, oltre che dalla lingua e dalla religione comuni, anche dalla partecipazione ai giochi panellenici, che si svolgevano nei grandi centri religiosi, sedi di santuari, come Delfi e Olimpia.

L'arte al servizio della pòlis

A partire dal II secolo a.C., durante l'età ellenistica, si affaccia nel Mediterraneo una nuova potenza: Roma. Sotto il suo dominio cadono le monarchie sorte sulle ceneri dell'impero di Alessandro Magno: regno di Siria, Macedonia, Grecia, Pergamo. È nell'Ottocento che viene coniata la definizione di «Età ellenistica» per indicare i secoli in cui la cultura greca si espande tra il Mediterraneo e l'Oriente, arricchendosi di elementi locali.Dopo la morte di Alessandro Magno nel 323 a.C. l'impero si sfalda.

Verso la fine del Medioevo ellenico, nel corso dell'VIII secolo a.C., si consolida il sistema politico e organizzativo delle póleis, città-stato indipendenti. I loro abitanti acquistano coscienza dell'unità linguistica, religiosa e culturale comune all'intero mondo ellenico. L'arte stessa esprime gli ideali e le esigenze delle nuove collettività urbane. L'impianto urbanistico della pólis, costretto dalla conformazione del territorio a uno sviluppo limitato, riprende la distinzione micenea tra la città alta, l'acropoli, dove si costruiscono i templi, e la grande piazza, l'agorá, dove avvengono gli incontri della vita quotidiana e si svolgono le attività economiche e commerciali.

L'artista è considerato un artigiano che mette al servizio della comunità la sua téchne, che significa «arte» nella sua accezione di «abilità» e «saper fare», in senso sia manuale sia intellettuale. L'originalità individuale è considerata un elemento poco importante, anche se, in realtà, fin dall'Età arcaica, si dispiega una grande varietà di soluzioni individuali. Ciò riflette la straordinaria capacità dei singoli artisti di rielaborare, entro i vincoli della tradizione, l'inesauribile varietà osservabile nella natura.

Il corpo umano, maschile e femminile, è l'oggetto privilegiato dagli artisti, ricercando l'ordine e l'equilibrio che caratterizzerà tutti gli sviluppi successivi: questi secoli, dunque, sono detti anche Periodo di Formazione. La produzione della ceramica è da considerarsi la manifestazione artistica più importante.

In Età arcaica l'architettura fa da supporto e cornice alla scultura. Il tempio è costruito intorno alla grande statua che raffigura la divinità a cui è dedicato. Nei due frontoni sono collocate statue di eroi e divinità. Il fregio, che sormontando l'architrave corre lungo tutto il perimetro, è scolpito con alto e bassorilievi.

Nell'VIII secolo lo stile geometrico trova piena espressione nei grandi vasi funerari ritrovati nella necropoli del Dipylon, ad Atene. Meandri, greche, denti di lupo, svastiche, cerchi, triangoli in fasce sovrapposte ricamano e seguono l'intera superficie del vaso. Il grande vaso in ceramica, alto più di un metro e mezzo, fungeva da stele funebre, perché era interrato fino a metà della svasatura e posizionato sopra l'urna cineraria. Il vaso, per le enormi dimensioni, è stato modellato al tornio in parti separate, assemblate successivamente. Sono ancora visibili l'innesto del collo e delle maniglie corte e doppie.

Le colonne sono costituite da base, fusto e capitello, elemento architettonico che le raccorda con l'architrave. I dettagli architettonici, come scanalature dei fusti, basi e capitelli, vengono rifiniti in posa. Sopra le colonne poggia la trabeazione, formata da architrave, fregio e cornice, che regge, a sua volta, una struttura di travi in legno su cui poggia la copertura in tegole, a falde inclinate.

Le caratteristiche del tempio dorico canonico si definiscono a partire dall'VIII-VII secolo a.C. nei territori abitati dai Dori. Ha un aspetto severo e maestoso, le cui caratteristiche peculiari si individuano, come per gli altri ordini, nelle colonne e nel fregio. Il fusto è solcato da scanalature che si incontrano a spigolo vivo, producendo un vistoso effetto di chiaroscuro, ed è rastremata verso l'alto. Il capitello è composto di due parti, una inferiore circolare, l'echino, e una superiore squadrata, l'àbaco.Tra architrave e fregio corre una fascia sporgente che presenta motivi decorativi «a goccia» in corrispondenza dei triglifi.

L'ordine ionico si diffonde a partire dal VI secolo a.C. in Attica, nelle isole dell'Egeo e in Asia Minore, dove si erano stabiliti gli Ioni e dove prevale un raffinato gusto orientale per influsso di Persia, Mesopotamia ed Egitto. La colonna poggia su una base composta da due elementi circolari: il toro, convesso, e il trochilo, concavo.Il capitello è costituito da un echino con piccoli ovoli, chiuso agli estremi tra due volute a spirale. Un collarino decorato da palmette scolpite crea un raccordo tra il capitello e il fusto.

L'ordine corinzio prende il nome dalla città di Corinto, nel Peloponneso da cui comincia a diffondersi nel v secolo a.C.È una rielaborazione dell'ordine ionico, ma è caratterizzato da maggior verticalismo e ricercatezza formale. Il capitello ricorda un cesto di vimini a forma troncoconica rovesciata, avvolto in file sovrapposte di foglie di acanto; dietro le foglie, due piccole volute sostengono gli spigoli dell'abaco, concavo.

Nella scultura dell'Età classica si giunge a una composizione ipotattica, in cui le statue interagiscono e sono legate tra loro nell'azione. Nel frontone orientale del Tesoro dei Sifni nel santuario di Delfi è rappresentata la disputa tra Apollo ed Eracle per impadronirsi del tripode, uno sgabello a tre gambe, su cui sedeva la sacerdotessa mentre svelava i responsi dell'oracolo. Successivamente, verso il 500 a.C. le figure sono scolpite con volumi più morbidi e in pose più naturali.Al perfetto equilibrio di Apollo si contrappongono, ai lati, i movimenti violenti degli aggressori, ai quali le donne dei Lapiti cercano di sottrarsi, divincolandosi. Il dinamismo è sottolineato dai giochi di luce sui panneggi morbidi delle vesti, che seguono l'ondeggiare dei corpi, e sulle ardite torsioni dei centauri.

L'arte dell'Età classica

I primi esempi di giovani uomini e donne scolpiti risentono fortemente d'influenze orientali: i koúroi e le kórai. Presentano infatti la rigida frontalità e l'anatomia schematica tipiche della scultura egizia: scolpite per essere guardate frontalmente, sono statue statiche e stereotipate. Le kórai sono sempre abbigliate con un abito, che ne accentua la monumentalità e ne cela, allo stesso tempo, il movimento del corpo; un braccio è sollevato a reggere l'offerta votiva.

I koúroi, invece, sono nudi, raffigurati in piedi, con le braccia distese lungo i fianchi, i pugni serrati e una gamba portata avanti. Il volto, sovradimensionato, è allungato, con fronte bassa, ampie arcate sopracciliari e grandi occhi a mandorla di derivazione egizia; i capelli sono raccolti in pesanti trecce e il caratteristico sorriso «arcaico» le fa apparire serene e imperturbabili. Nonostante le forti somiglianze tra le statue dell'epoca arcaica, alcune varianti stilistiche consentono una loro precisa classificazione in correnti.

Alla corrente dorica, che si sviluppa specialmente nel Peloponneso all'inizio del VI secolo a.C., si fanno risalire gli esemplari più squadrati e massicci, come le statue di Kleobi e Bitone.Questi, secondo il mito, sono due fratelli che, per non far giungere tardi al tempio la loro madre, sacerdotessa di Era, si sostituiscono ai buoi che tirano il carro e, come ricompensa divina, cadono in un sonno eterno che li preserva dai mali della vecchiaia e dalla morte.

Nelle botteghe attiche si utilizza inizialmente la tecnica a figure nere. Dopo una prima cottura del vaso, il grafo traccia le linee di contorno delle figure,poi riempie i profili con un pigmento denso che dopo la cottura diventa di un nero lucidissimo. Infine, vengono realizzati i dettagli con un punta metallica detta bulino, con cui si asporta la vernice nera per far riaffiorare il rosso dell'argilla sottostante. I motivi del successo sono facilmente comprensibili: il vaso è reso più impermeabile dalla vernice nera che copre anche tutte le imperfezioni e le porosità dell'argilla, le figure rosse spiccano maggiormente sul fondo nero e si può realizzare un'infinità di dettagli in modo molto meno laborioso.

In una famosa anfora, Exechìas raffigura in una metopa Achille e Aiace intenti a giocare con dadi o pedine su un tavolino e nell'altra i Dioscuri. Dipinge foglie lanceolate sul piede del vaso, alterna palmette ai fiori di papiro sul collo e decora le anse con motivi vegetali. La superficie rimanente è ricoperta con la vernice nera e brillante.

Intorno al 530 a. C. le botteghe privilegiano la produzione di vasi con figure risparmiate sull'argilla, di cui mantengono il colore rosso. Con l'arrivo del V secolo la pittura vascolare riflette sempre più i modelli della pittura parietale o su tavola. Temi funebri e drammatici sono dipinti anche sui lékythoi a fondo bianco, che si diffondono a funerario alla fine del V secolo a.C., ad Atene, grazie alla ricostruzione dell'Acropoli voluta da Pericle.

Il modello democratico delle póleis, impossibile da applicare in un impero, è sostituito dalla monarchia assoluta, in cui il cittadino diventa suddito. L'arte greca era stata l'espressione più autentica dei valori comunitari, caratterizzati da un rapporto equilibrato tra società e individuo, pertanto, al di fuori di questo sistema, l'arte classica non può essere riproposta fino in fondo. Quando il suo modello estetico si diffonde nei territori dell'impero, viene, in realtà, svuotata di quei contenuti civili e religiosi che l'avevano caratterizzata nell'Età classica. Vengono allora esportati soprattutto quegli aspetti che meglio si prestavano alle nuove esigenze di monumentalità e teatralità delle colte e fastose corti ellenistiche.

L'arte dell'Età ellenistica

Pergamo, capitale di uno dei quattro regni dell'impero di Alessandro, sulle coste dell'Asia Minore, raggiunge solo in Età ellenistica l'apice della sua potenza ed è l'esempio per eccellenza della concezione urbanistica di questa stagione culturale. Inerpicandosi verso la città alta, si attraversano, su terrazze distribuite sul versante occidentale, l'agorá della città alta, con i palazzi reali e importanti monumenti, il Santuario di Atena e un teatro con cavea ripidissima. Il forte impatto scenografico è ottenuto mediante la sequenza di terrazze monumentali, sostenute da muri di contenimento e collegate tra loro per mezzo di rampe, scale o strade, dai quartieri bassi fino all'acropoli, aperta a ventaglio attorno al teatro.