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STRAGE DI CAPACI

cate

Created on May 28, 2023

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Presentation

strage di capaci

23 MAGGIO 1992

L'ATTENTATO

La strage di Capaci fu un attentato di stampo terroristico-mafioso compiuto da Cosa Nostra nei pressi di Capaci. Venerdì 23 maggio 1992 Falcone e sua moglie, Francesca Morvillo, anche lei magistrato, atterrarono a Punta Raisi, dove li attendevano le tre auto della scorta, tra cui la Croma bianca. Da lì avrebbero fatto il percorso di sempre, l'autostrada che dall'aeroporto conduce in città. Nelle settimane precedenti Giovanni Brusca e i suoi complici avevano individuato un cunicolo di scarico che passava sotto l'autostrada all'altezza di Capaci. Con il favore della notte avevano stipato il cunicolo con 500 chilogrammi di tritolo. Il detonatore era stato collegato a un telecomando, che Brusca stesso avrebbe azionato. Per farlo, si era addestrato per giorni, usando l'auto di un complice e un segno di vernice come punto di riferimento. Alle 17 e 56 minuti, i sismografi registrarono una forte onda d'urto provocata dall'esplosione potentissima che sollevò centinaia di metri di asfalto, scagliando a distanza la prima auto del convoglio e uccidendo sul colpo tre uomini della loro scorta. Mentre la terza auto si salvò, la Croma andò a sbattere con violenza contro il muro di terra e di detriti che si era creato. Giovanni Falcone, che era alla guida, e la moglie, al suo fianco, morirono dopo essere giunti all'ospedale.

PRIMA DELL'ATTENTATO

PRIMA DELL'ATTENTATO

Giovanni Falcone era stato l'esponente principale dei magistrati che a partire dal 1986 avevano istruito il cosiddetto maxiprocesso contro Cosa nostra. Ciò aveva portato in giudizio quasi cinquecento mafiosi. Per celebrare il processo era stato necessario costruire una speciale aula blindata a ridosso del carcere di Palermo. Mai infatti erano stati condotti alla sbarra così tanti mafiosi, e mai per rispondere della stessa accusa: far parte dell'associazione segreta criminale nota come Cosa nostra. Il capo del potere criminale combattuto da Falcone era Totò Riina, ex contadino di Corleone analfabeta ma scaltro, che governava la "cupola" (il vertice dei boss siciliani) con mano di ferro e come leader dopo avere assassinato tutti i capi dei rivali in una lunga guerra di mafia. Nonostante le condanne Riina aveva promesso agli affiliati che tutto si sarebbe risolto grazie agli agganci che vantava con la politica. Il miglior killer professionista su cui poteva contare Riina per eliminare Giovanni Falcone era nel mirino di Cosa nostra.

UN TENTATIVO FALLITO

Cosa nostra tentò una prima volta di pareggiare i conti con il giudice. Cinquanta candelotti di dinamite furono nascosti tra gli scogli vicino alla villa al mare all'Addaura che il magistrato aveva affittato per l'estate. L'intenzione era farli esplodere non appena Falcone si fosse concesso un bagno. L'attentato fallì perché il sicario, il giovane figlio di un boss, perse il telecomando in mare. Falcone comprese immediatamente che non si trattava soltanto di una vendetta per il maxiprocesso. Era il prezzo per non aver mai smesso di indagare nei segreti della "cupola". Anzi, ora stava puntando più in alto.

IL PIANO PERFETTO

Per uscirne, nel 1991 Falcone diventò direttore generale dell'Ufficio affari penali, andando a Roma. Falcone come sempre tirò dritto: "So quello che mi aspetta", dichiarò, "e mi sento come uno che si sta tuffando in un mare in tempesta. Ma c'è un fatto che mi consola, il nuoto è il mio sport preferito". Anche se ormai era costretto a vivere protetto da una scorta che non lo lasciava mai, e viaggiare su auto blindate, a volte sorvegliate da un elicottero, era persuaso che una volta nella stanza dei bottoni avrebbe potuto continuare il suo lavoro. Nel novembre del 1991 il suo progetto divenne realtà. Nacquero infatti la Direzione nazionale antimafia, che coordinava le procure, e il suo braccio operativo, la Direzione investigativa antimafia. Poteva dire di aver fatto la storia dell'antimafia. L'ordine di eliminare Falcone salì al primo posto nell'agenda di Cosa nostra. I sicari di Riina fecero alcuni sopralluoghi ipotizzando di agire a Roma, ma senza successo. Nella capitale erano pesci fuor d'acqua. Non restava quindi che colpire Falcone a Palermo, dove avevano contatti e complici. Da quando si era trasferito nella capitale il magistrato aveva abitudini ripetitive. In genere tornava a Palermo il venerdì, con un volo di Stato. Quando era a Roma la sua Croma bianca blindata era parcheggiata nelle vicinanze di casa, perciò se veniva mossa era un chiaro segnale del suo arrivo. I mafiosi potevano tenere facilmente sotto controllo l'abitazione di Falcone perché uno di loro era il titolare di una vicina macelleria.

Titolo 2

LA DIRETTA DELL'ATTENTATO