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Logica aristotelica
denise falbo
Created on May 21, 2023
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Transcript
La logica aristotelica
Denise Falbo IIID
La logica ha per oggetto la forma comune di tutte le scienze, cioè il procedimento dimostrativo di cui le scienze si avvalgono per dimostrare le loro tesi. Aristotele utilizzò il termine “analitica” per indicare ciò che noi oggi definiamo logica. La parola logica è probabilmente di derivazione stoica e deriva dal pensiero espresso nei lògoi che sono i discorsi.
Per “analitica”, Aristotele intendeva quell’insieme di ragionamenti che utilizzano le scienze per poter giungere alle proprie tesi. La logica studia le forme del pensiero mentre la metafisica studia la realtà. Tra queste due c’è un rapporto necessario ma comunque la metafisica ha la “precedenza” rispetto alla logica.
Il filosofo nell’Órganon (significa "strumento" ) e indicherebbe la funzione introduttiva della logica di cui si servono tutte le scienze, tratta diversi oggetti:
- logica del concetto, analizzata nel libro delle Categorie;
- logica della proposizione, analizzata nel "De interpretatione",
- logica del ragionamento, o “ sillogismo”, analizzata negli Analitici primi e secondi, nei Topici e nelle Confutazioni sofistiche.
Logica dei concetti
Queste forme del pensiero si articolano attraverso i cosiddetti “concetti” che sono gli oggetti del nostro discorso. Questi concetti si inseriscono all’interno di una scala gerarchica in base alla maggiore o minore universalità e vengono classificati in base al genere e alla specie.
- La specie è il contenuto di un concetto più universale. È un concetto che contiene più caratteristiche ma può essere riferito ad un minor numero di individui.
- Il genere è il contenente di un concetto meno universale. Esso ha un minor numero di caratteristiche ma può riferirsi a un maggior numero di individui.
La logica delle proposizioni
Seguendo la terminologia dei posteri di Aristotele abbiamo la comprensione (l’insieme delle caratteristiche di un concetto) e l’estensione (il numero di individui a cui quel concetto fa riferimento). Se si percorresse la scala dall’alto verso il basso, vedremmo un graduale aumento della comprensione e una diminuzione dell’estensione fino ad arrivare al concetto di una specie denominata da Aristotele “specie infima” che ha la massima comprensione e la minima estensione possibile. Questo individuo è la “sostanza prima” che è da distinguere dalle “sostanze seconde”. La sostanza prima è la sostanza nel vero senso della parola ed è un individuo concreto e impredicabile.
Al contrario, percorrendo la scala dal basso verso l’alto, ossia dalla specie al genere, si vede progressivamente un aumento dell’estensione e una diminuzione della comprensione, fino ad arrivare ai “generi sommi” che, secondo Aristotele, sono le dieci categorie. Queste categorie, che hanno la massima estensione e la minima comprensione, sono i modi in cui l’essere si manifesta nelle proposizioni.
Per Aristotele, rientrano nella logica solo gli “enunciati apofantici” ossia quelle asserzioni che possono essere dichiarate vere o false e perciò non rientrano nella logica le esclamazioni, i comandi e le preghiere. Gli enunciati si identificano come proposizioni. Le proposizioni costituiscono l'espressione verbale dei “giudizi” cioè degli atti mentali con cui uniamo o separiamo concetti determinati nella struttura di base soggetto-predicato che costituisce ogni nostra frase.
Aristotele distingue le proposizioni in vari tipi:
- “ qualità”: le proposizioni si dividono in affermative e negative, a seconda che attribuiscano qualcosa a qualcosa o separino qualcosa da qualcosa.
- “ quantità”, o estensione: le proposizioni possono essere universali (quando il soggetto include tutti gli individui appartenenti a un certo insieme, come nel caso di “ tutti gli uomini sono mortali”) o particolari (quando il soggetto si riferisce invece a una classe particolare, come nel caso di “ alcuni uomini sono bianchi”).
- proposizioni singolari, il cui soggetto è un ente singolo.
Il quadrato degli opposti
È detta “ contraria” l’opposizione tra l’universale affermativa e l’universale negativa, che sono quantitativamente identiche (in quanto entrambe universali) ma qualitativamente diverse.
“ contraddittoria” l’opposizione tra l’universale affermativa e la particolare negativa, e tra l’universale negativa e la particolare affermativa, che differiscono tra loro sia quantitativamente che sia qualitativamente.
“ sub-contraria” l’opposizione tra la particolare affermativa e la particolare negativa, che sono quantitativamente identiche ma qualitativamente diverse.
Le sub-alterne sono qualitativamente uguali (ossia o affermative o negativa) ma quantitativamente diverse (una è universale e l’altra è particolare). Esse realizzano un rapporto logico di dipendenza di una proposizione particolare (detta “subalternata”) rispetto alla corrispondente proposizione universale (detta “subalternante”). In questo tipo di proposizioni, dalla verità dell’universale si inferisce la verità della particolare, mentre dalla verità della particolare non si inferisce la verità dell’universale.
- Due proposizioni contrarie , in virtù della loro opposizione, non possono essere entrambe vere; però possono essere entrambe false;
- Le proposizioni contraddittorie , invece, escludendosi a vicenda, devono essere necessariamente una vera e l’altra falsa: la contraddittorietà rappresenta quindi la forma più radicale o più forte di opposizione,
- Le proposizioni sub-contrarie, in virtù della loro debole opposizione, possono essere entrambe vere, ma non entrambe false.
Aristotele considera anche il modo in cui avviene l’attribuzione di un predicato a un soggetto distinguendo tra:
- asserzione (A è B);
- possibilità (A è possibile che sia B),
- necessità (A è necessario che sia B).
La concezione di verità
Secondo Aristotele dei concetti presi isolatamente (come “uomo”, “bianco”, “corre” ecc.) non possono essere definiti né veri né falsi. Questo significa che il vero o il falso nascono solo con la proposizione e con il giudizio. Da qui nascono i due teoremi fondamentali di Aristotele:
- la verità sta nel pensiero o nel discorso e non nell’essere o nella cosa,
- la misura della verità è l’essere o la cosa, non il pensiero o il discorso.
Esiste uno stretto legame tra il pensiero, il linguaggio che lo verbalizza e l’essere:
- Il linguaggio è una convenzione perché è costituito da un insieme di parole che sono state scelte dagli individui di una comunità per veicolare il nostro pensiero e quindi anche l’essere. È convenzionale riferendosi alle parole che lo compongono ma non lo è dal punto di vista sintattico.
Grazie per l'attenzione.