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CARAVAGGIO

Marta D'Emidio

Created on May 19, 2023

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CARAVAGGIO

"Prendo in prestito dei corpi e degli oggetti, li dipingo per ricordare a me stesso la magia dell’equilibrio che regola l’universo tutto. In questa magia l’anima mia risuona dell’Unico Suono che mi riporta a Dio."
Caravaggio

INIZIO

INDICE

1. Vita del pittore

5. VOCAZIONE DI SAN MATTEO

2. stile

6. CROCIFISIONE DI SAN PIETRO

3. CANESTRA DI FRUTTA

7. CONVERSIONE DI SAN PAOLO

8. MORTE DELLA VERGINE

4. BACCO

BIOGRAFIA DI MICHELANGELO MERISI

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, nasce a Milano il 29 settembre 1571 da una famiglia benestante. Il padre, appartenente ad un ramo cadetto della dinastia milanese dei Merisi e Marchese di Caravaggio, è un architetto e amministratore di casa di Francesco Sforza. Nel 1577 la famiglia si trasferisce a Caravaggio per sfuggire alla peste che dilaga a Milano e nello stesso anno muore il padre colpito dall’epidemia. Nel 1584 Caravaggio, tredicenne, ritorna a Milano per fare il suo apprendistato presso la bottega di Simone Peterzano dove assimila la tradizione del realismo lombardo. In seguito, conosce anche la pittura di altri artisti influenti come Lorenzo Lotto e la famiglia dei Campi e nel 1588, all'età di 17 anni, termina il periodo di apprendistato. Nel 1590 muore la madre. Nel 1593 si trasferisce a Roma e cambia varie sistemazioni presso vari signori o botteghe. Fin quando decide di mettersi in proprio, sostenuto dall’amico Prospero Orsi. Il forte interesse per le scene di vita quotidiana lo porta a realizzare opere come I bari e La buona ventura. Il Cardinale Francesco Maria del Monte nota queste sue opere, ne rimane colpito e decide di ospitare l’artista nella sua residenza a Palazzo Madama dal 1595 al 1600. In questi anni esegue alcune delle sue opere più famose e le più importanti famiglie romane diventano suoi committenti.
Grazie all’influenza del Cardinale, Caravaggio ottiene la prima importante commissione pubblica, quella per la chiesa di San Luigi dei Francesi. I dipinti per questa commissione ebbero un grande successo e diffusero la fama di Caravaggio, tanto da dare avvio al movimento caravaggesco. Nonostante egli non abbia mai avuto una scuola vera e propria sono molti i pittori che affascinati dalle sue opere, ne seguirono le orme aderendo al suo stile pittorico. Crebbero sempre più come le richieste di commissioni pubbliche. Nel 1601 si trasferisce nella casa del Cardinale Mattei per il quale esegue varie opere. Nel 1600 viene arrestato per porto abusivo di armi e ingiurie. Nel 1605 ferisce, a causa di una donna, un funzionario legale dello stato ecclesiastico.

...fine della vita

Alcune delle sue opere vengono rifiutate e ritenute, per l’eccessivo realismo, poco decorose. Nel 1606 durante una rissa Caravaggio uccide Ranuccio Tommasoni, suo avversario in una partita di pallacorda, e rimane anch’egli ferito ed è costretto ad abbandonare Roma per l’accusa di omicidio. Gli ultimi quattro anni della sua vita li passa fuggendo.

Le notizie degli ultimi spostamenti di Caravaggio sono vaghe e probabilmente morì sulla spiaggia di Porto Ercole il 18 luglio 1610, forse in seguito ad un attacco improvviso e violento di febbre malarica. Famosissimo ai suoi tempi fu per secoli dimenticato sino ad essere riscoperto e rivalutato nel secondo dopoguerra del XX secolo.

Si rifugia in Sicilia a Siracusa, dove sbarcò, poi a Messina, a Palermo, infine torna a Napoli nel 1609. Nel 1610 lascia Napoli, dove era stato aggredito e ferito al volto dai sicari provenienti da Malta, imbarcandosi con l’intento di ritornare a Roma portando con sé due dipinti: San Giovanni Battista e una Maddalena.

Si rifugia prima a Paliano nei feudi Colonna e poi a Napoli dove esegue una serie di pale d’altare. Nel 1607 si reca a Malta dove viene insignito dell’Ordine di Cavaliere di Malta ed esegue altre opere. In seguito ad un’altra rissa in cui viene coinvolto, Caravaggio deve fuggire anche da Malta, inseguito dagli emissari dei Cavalieri dell’Ordine.

STILE

La particolare tecnica pittorica di Caravaggio fu una delle chiavi del suo successo. Fino al suo avvento nella pittura, lo stile che caratterizzava la maggior parte degli artisti era estremamente legato ad un tipo di cultura accademica che si basava prevalentemente sullo studio dell'arte classica, con forti influssi derivati dai grandi protagonisti del periodo d'oro del Rinascimento italiano, su tutti le figure di Michelangelo e Raffaello, nel centro Italia; per quanto riguarda il settentrione la pittura si rifaceva soprattutto a Tiziano, Correggio e Leonardo. La rivoluzione di Caravaggio sta nel naturalismo della sua opera, espresso nei soggetti dei suoi dipinti e nelle atmosfere in cui la plasticità delle figure viene evidenziata dalla particolare illuminazione che teatralmente sottolinea i volumi dei corpi che escono improvvisamente dal buio della scena. Uno dei punti chiavi delle sue opere risiede nel fatto che Caravaggio voleva rappresentare la gente del popolo. Nelle sue tele egli si servi infatti spessissimo non di modelli ma di prostitute e poveri come modelli per le Vergini ed i Santi. Ovviamente questo provocò aspre discussioni con la chiesa ed i committenti. Sono pochi i quadri in cui il pittore lombardo dipinge lo sfondo, che passa nettamente in secondo piano rispetto ai soggetti, i veri e soli protagonisti della sua opera. Per la realizzazione dei suoi dipinti, Caravaggio nel suo studio posizionava delle lanterne in posti specifici per far sì che i modelli venissero illuminati solo in parte, lasciando il resto del corpo nel buio dell'ambiente. Dipingeva osservando la vera natura della luce e dell'ombra e affidava ai contrasti di colore il ruolo di indagare e modellare ogni cosa - gesti, movimenti, atteggiamenti - sottolineando con essi il dramma della realtà.

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STILE

Nei quadri del periodo giovanile la sua poetica si presenta carica di simboli e allusioni in cui prevalgono il senso dell'effimero, la sensualità e la malinconia, la compassione cristiana. I fiori e le nature morte, i particolari dei vasi di vetro, dei capelli e delle unghie sono resi con una precisione minuziosa e con un'attenzione tecnica pari a quella riservata alle figure, anche se il valore attribuito ai soggetti umani ebbe sempre un'importanza primaria.La pittura del Caravaggio partiva dalla natura, sua unica fonte di esperienza. Di qui la resa delle luci, delle ombre e dei riflessi, degli spazi, degli atteggiamenti sentiti nella loro interezza: ogni espressione, ogni singolo gesto è accompagnato dal sentimento percepito tramite l'osservazione della realtà, come se l'artista la cogliesse in uno specchio. L'impatto dell'arte di Caravaggio sugli artisti del suo tempo fu notevole. Tra i suoi seguaci vi furono Orazio Gentileschi, Carlo Saraceni e il giovane Rubens. Dopo le critiche dei classicisti e il lungo silenzio che ne seguì, tornò alla ribalta con un'esposizione organizzata da Roberto Longhi nel 1951, che rinnovò l'interesse e lo studio della sua opera.

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CANESTRA DI FRUTTA

La Canestra di frutta di Caravaggio è considerata il primo vero esempio del genere artistico denominato “natura morta”. Il dipinto, conservato presso la Pinacoteca Ambrosiana di Milano, è stato realizzato tra il 1594 e il 1598, nel periodo giovanile dell’artista, forse commissionato dal cardinale Borromeo quando il pittore si trovava a Roma. È proprio con questo dipinto che il Merisi manifesta il suo interesse per la pittura realista e per il soggetto inanimato, che qui è elemento centrale della rappresentazione. Questo genere pittorico esisteva già e i maestri indiscussi erano stati i fiamminghi. In Italia però era utilizzato solo per ornamenti e decorazioni. Con Caravaggio diventa finalmente un genere nuovo e rinnovato, allo stesso livello dell’arte figurativa.
Descrizione
Il soggetto protagonista della scena, raffigurato al centro del dipinto, è una cesta in vimini intrecciato con all’interno diversi frutti: grappoli di uva nera e bianca, alcune pere, dei fichi, una pesca e una mela bacata. La canestra di frutta, raffigurata minuziosamente in ogni suo particolare, è poggiata su un piano di legno e sporge leggermente in avanti verso lo spettatore, ponendosi in netto contrasto con lo sfondo neutro, compatto e privo di dettagli: con questo espediente, l’artista accentua la tridimensionalità del soggetto dipinto ed il suo impressionante realismo, che diventa quasi tangibile. Risalta subito in quest’opera la particolare attenzione al rapporto tra luce ed ombra in base al quale vi è una scansione dei piani visivi: la luce proviene dalla parte sinistra del dipinto. La parte in ombra, la parte destra, viene rappresentata attraverso il colore scuro, quasi nero delle foglie e della parte inferiore del cesto che appare in posizione precaria. Caravaggio rappresenta attraverso luce e ombra: l'origine della vita a sinistra e la fine della vita a destra.

INTERPRETAZIONE...

Nel dipinto prevalgono colori caldi e la composizione cromatica è condizionata dal giallo ocra dello sfondo. Alcune foglie inoltre sono in controluce e assumono una tonalità verde molto scura. Lo sfondo chiaro, luminoso e bidimensionale mette in evidenza la frutta raccolta nella canestra. L’illuminazione è diffusa e rivela ogni particolare presente sulla superficie dei frutti e la particolarità della buccia.
La Canestra di frutta di Caravaggio rivela significati allegorici legati allo scorrere inesorabile del tempo e può essere considerata come un’allegoria della precarietà della vita umana: le imperfezioni della frutta (mela ammaccata, foglia accartocciata...) e la cornice di foglie secche e fragili sono simbolo della vanitas, ovvero la caducità della vita, in cui la giovinezza e la salute sono soltanto un bene effimero soggetto al trascorrere del tempo. Anche la leggera sporgenza della cesta oltre il piano simboleggia la precarietà e l’imperfezione della realtà e della stessa esistenza umana.
Simbologie sacre
Il dipinto è ricco di simbologie sacre, a volte positive, a volte negative, rivelate dai frutti presenti nella canestra. Uva – l'eucaristia e la salvezza perché con l’uva si fa il vino, simbolo del sangue di Cristo. Pera – frutto molto dolce simboleggia la bontà divina ma anche Venere, quindi l’amore, per la sua forma che ricorda le forme femminili. Pesca – Trinità in quanto composta da polpa, nocciolo e seme. Mela – frutto proibito mangiato da Adamo ed Eva. Il fatto che sia bacata non è casuale ma vuole sottolineare il peccato originale. Fico – legato al peccato originale in quanto in base alla Genesi Adamo ed Eva si fecero indumenti intrecciando delle foglie di fico.
Caravaggio riuscì quindi a creare una efficace illusione di tridimensionalità e solidità delle forme. La canestra è rappresentata con un punto di vista basso e quindi lo sguardo dell’osservatore si trova all’altezza del piano. La sua sporgenza dal piano si nota dall’ombra proiettata in basso. Questo particolare rende il soggetto molto realistico e tridimensionale mentre lo sfondo è bidimensionale.
Rinvenuto nei depositi degli Uffizi nel 1913 e attribuito a Caravaggio da Roberto Longhi, il Bacco si inserisce tra le opere giovanili del pittore: gli fu commissionato dal Cardinale Francesco Maria Bourbon del Monte, protettore dell’artista, che gliel’aveva richiesto come regalo a Ferdinando I de’ Medici per le nozze del figlio Cosimo II. Si trattava di un dono per rinsaldare l’amicizia tra il cardinale e il granduca di Toscana. Inizialmente il quadro era destinato alla Villa d’Artimino a Carmignano, in seguito venne spostato presso le collezioni granducali degli Uffizi.

BACCO

Realizzata tra il 1596 e il 1598, nel suo Bacco Michelangelo Merisi presenta il dio del vino e dell’ebbrezza sdraiato su un triclinio davanti a una tavola imbandita, su cui spicca un cestino pieno di frutta. Il soggetto rivolge lo sguardo direttamente allo spettatore e stringe nella mano sinistra un calice di vino che sembra offrire all'osservatore del dipinto, vino versato, dalla stessa divinità, all’interno del calice. A un primo impatto il Bacco di Caravaggio si mostra come un giovane di bell’aspetto, visibilmente brillo date le gote rosse, e l’espressione stordita ma anche sensuale. L’opera pare discostarsi dall’iconografia tradizionale che vuole Bacco vestito della sola corona di foglie di vite in testa e intento a reggere un grappolo d’uva o una coppa di vino: il Bacco di Michelangelo Merisi è, invece, coperto da un lenzuolo indossato a mo’ di tunica che gli lascia parte del torso scoperto. Che si tratti di un giovane ben lontano dalla classica rappresentazione del dio romano lo si evince anche dallo sporco delle unghie che denotano una trascuratezza tipica dei popolani; la frutta che sembra non eccellere in qualità: la mela e la pesca sono marce e la mela cotogna è ammaccata. Molto più plausibile, quindi, che Caravaggio abbia voluto raffigurare un normale ragazzo di strada vestito da Bacco per burlarsi della tradizione e dei canoni classici e rinascimentali.

Analisi dell'opera...

Caravaggio, anticipando le tecniche fotografiche, rappresenta la realtà scevra da qualsiasi icona simbolo del bene e del male, immortalandola così com’è, come se dovesse fotografarla e la ritrae nell’attimo in cui si sta determinando. In effetti l’artista usava un complesso sistema di specchi per ritrarre i propri soggetti, che gli permetteva di immergersi nella realtà che doveva raffigurare per riprodurla in modo quasi mimetico.
  • Bacco è investito da un raggio di luce che colpisce l’intera figura: a riflettere maggiormente la luce intensa è il suo busto tanto che sembra non esserci un vero distacco di colore rispetto al bianco della tunica.
  • Il tavolo davanti a lui è chiaro e fa da sfondo alla natura morta ritratta sulla destra, mentre a sinistra spicca la bottiglia di vino. Anche qui si nota l’assenza del paesaggio, sostituito da uno sfondo monocromatico illuminato debolmente dal fascio di luce. Il vino è estremamente realistico, come puoi notare dalle bollicine che si trovano nel vino appena versato.
Interpretazioni dell'opera...
Un’altra lettura del dipinto vede in Bacco il Cristo redentore che offre il vino, ovvero il sangue di Dio, quale emblema del sacrificio e della redenzione; altri critici hanno pensato che Bacco volesse impersonare lo Sposo del Cantico dei Cantici, cui anche la frutta nel cesto potrebbe alludere.
Alcuni critici ipotizzano che Bacco possa essere l’amico Mario Minniti, che già aveva posato per altre opere dell’artista. Sembra che in questo dipinto, Caravaggio l’abbia voluto ritrarre come Antinoo, l’amato di Adriano, suggerendo così che sussistesse lo stesso tipo di rapporto anche tra loro due.
Anche fiocco nero che il giovane stringe nella mano destra è stato oggetto di varie ipotesi: potrebbe rappresentare la morte o l’annuncio di un evento luttuoso, a cui pure la frutta marcia con le foglie secche potrebbero sottintendere. Oppure può essere interpretato come simbolo del nodo che unisce l’uomo a Dio ed essere ricondotto alla filosofia neoplatonica dell’Homo copula mundi.

VOCAZIONE DI SAN MATTEO

La Vocazione di San Matteo è un dipinto realizzato tra il 1599 ed il 1600 dal pittore italiano Michelangelo Merisi detto Caravaggio, ispirato all'episodio raccontato in Matteo. Si trova nella Cappella Contarelli, nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma.
All’interno di una ampia stanza, intorno ad un piccolo tavolo quadrato vi sono cinque personaggi. A sinistra, un giovane è chinato sul piano ed è intento a contare le monete sparse di fronte a sé. La sua attenzione è completamente assorbita dal denaro. Alla sua sinistra si trova un uomo più anziano, vestito con un abito pesante. Con la mano sinistra tiene sul naso un paio di occhiali con i quali osserva l’attività del giovane. Al centro un altro uomo con una folta barba chiara e un copricapo a forma di basco, indica a sinistra e osserva i nuovi entrati. All’estremità opposta del tavolo, a destra, siedono due adolescenti vestiti da militi. Quello di spalle, seduto su di una panca, indossa una divisa scura con le maniche a strisce bianche. Porta un cappello piumato e al fianco sinistro una lunga spada. Il ragazzo seduto di fronte a lui è molto più giovane e indossa una divisa gialla e rossa e un cappello con piume bianche.
Tutti e due si voltano incuriositi verso i due uomini entrati da destra. I due uomini sono l’Apostolo Pietro e Gesù, identificato con un’aureola lineare che si libra sul suo capo. San Pietro è raffigurato di schiena, con il volto orientato a sinistra e la mano destra indicante uno dei personaggi seduti intorno al tavolo. Cristo, invece, indica chiaramente verso il fondo. Il suo volto, di profilo, ha un’espressione serena e sicura nel chiamare a sé il futuro apostolo Matteo. Cristo e Pietro indossano tuniche e mantelli mentre gli altri personaggi, invece, abiti contemporanei alla realizzazione del dipinto. In alto, sulla parete spoglia, si trova una finestra dagli scuri aperti ed i vetri anneriti ed opachi.
INTERPRETAZIONI
Il dipinto raffigura il momento, narrato nei vangeli, nel quale Gesù incontra Matteo, impegnato nel suo lavoro, e lo invita a seguirlo nella predicazione. Matteo era un esattore delle tasse, quindi, legato ad un’attività materiale e molto distante dalla spiritualità predicata dal Messia. Nel dipinto non è chiaro chi sia Matteo. Tradizionalmente, secondo alcuni storici è l’uomo con la folta barba che indica a sinistra. Recentemente è stata proposta l’ipotesi che, invece, Matteo sia il ragazzo seduto a capotavola, su di una sedia con la spalliera ricurva. La luce direzionata, che proviene da destra, dall’alto, simboleggia la luce della misericordia divina. La sua fonte è coincidente con l’alto dei cieli, Dio Padre, la provenienza a destra, invece, con l’ingresso di Cristo.
I colori sono caldi e tendenti all’ocra, sulle pareti e gli arredi e parte degli abiti. Nelle vesti spiccano le parti in rosso e giallo. La luce che proviene da una singola fonte luminosa diretta è la caratteristica principale del dipinto. I personaggi sono immersi nel buio e illuminati, a tratti, da una lama di luce direzionata, che mette in evidenza i visi, i gesti e i dettagli che interessano a Caravaggio per caratterizzare la scena. È possibile cogliere a pieno la dimensionalità dello spazio interno. Infatti, pochi elementi, la finestra, il tavolo, le panche e la sedia creano una forte e chiara spazialità. La Vocazione di San Matteo si divide nettamente in due metà sovrapposte. La metà superiore, quasi vuota, è riservata alla finestra e al cono di luce che traccia la parete. La metà inferiore, invece, è interamente occupata dalla scena che si sviluppa da destra a sinistra seguendo la mano indicante di Gesù. I personaggi seduti al tavolo sono immagini di persone del popolo, abbigliati con abiti contemporanei, prova di un forte senso di realismo.

LA MORTE DELLA VERGINE

La Morte della Vergine è l’ultima pala d’altare che il Caravaggio (1571-1610)eseguì a Roma, entro il 1605-6. Si trattava del suo quadro più grande, a quella data. L’opera gli era stata commissionata nel 1601 dal ricco avvocato Laerzio Cherubini per l’altare della sua cappella in Santa Maria della Scala in Trastevere, la chiesa più importante dell’ordine dei Carmelitani Scalzi a Roma. Questa cappella, dedicata proprio alla morte di Maria, era particolarmente prestigiosa perché vi si celebravano le messe per i defunti. Non sappiamo esattamente quando l’artista terminò il dipinto; è certo, però, che lavorò a questo soggetto ben oltre la scadenza del contratto, e questo perché i lavori di ristrutturazione per la cappella furono molto più lunghi del previsto. Caravaggio ne approfittò, anche perché in quel periodo stava dipingendo altre opere, tra cui La deposizione per la Chiesa della Vallicella.
UNA NUOVA ICONOGRAFIA
LO SPAZIO
LA LUCE E I GESTI
LO SCANDALO E IL DESTINO DELL'OPERA
NUOVA INTERPRETAZIONE

INTERPRETAZIONE...

Il soggetto del dipinto è, come recita il titolo, il momento della morte della Madonna. Nulla sappiamo con certezza a proposito di questo evento, sul quale i Vangeli canonici tacciono. Ne parla solo un Apocrifo del IV secolo, il cosiddetto Transitus Mariae (o Pseudovangelo di Tommaso), poi ripreso dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Il tema della Morte della Vergine era antichissimo, molto amato dagli artisti medievali e ancora affrontato da quelli rinascimentali. Tuttavia, Caravaggio, sempre più duramente polemico nei confronti dell’iconografia tradizionale, ne fece uno dei suoi quadri più controversi.

GIOVANNI

Nel dipinto, Maria, vestita di rosso e non di nero (come voleva la tradizione), appare del tutto priva della sua regale divinità: malamente composta su un povero tavolo sorretto da cavalletti di ferro, sembra appena recuperata da un obitorio. Ha i piedi nudi e le caviglie gonfie, il volto livido, i capelli disordinati, il ventre prominente. Non ci sono angeli dolenti. Manca in alto la rappresentazione di Cristo che accoglie l’anima della madre. Gli apostoli, ritratti vecchi, calvi e scalzi, piangono disperatamente, al pari della Maddalena, che seduta sulla sua seggiola si copre il volto con la mano. Pietro, che se ne sta silenzioso e a braccia conserte, sembra consapevole del suo nuovo ruolo di capo in seno al gruppo. Giovanni porta la mano sinistra alla guancia, nel gesto tradizionale del dolente. A terra, un catino di rame, dal quale penzola una garza, dice che il cadavere è stato da poco lavato.

PIETRO

LO SPAZIO
I personaggi sono rappresentati tutti in primo piano mentre il corpo della Vergine occupa la parte inferiore dello spazio. La profondità, quindi, è limitata a pochi metri ed è rappresentata dalla sovrapposizione dei corpi. In primo piano la Vergine e la prima fila di apostoli, in secondo piano altri dei quali si intravedono solo i volti. In primissimo piano, a terra al centro, si trova un catino di rame. A destra, in prossimità dell’angolo in basso, una giovane donna piange la morte di Maria. In alto si trova un soffitto a cassettoni che, insieme all’arco, che si legge in profondità, suggerisce lo spazio chiuso nel quale avviene la scena.
Il centro psicologico e percettivo dell’opera è il corpo disteso della Vergine. Lo sguardo, infatti, si ferma sul suo viso e sulla mano posata sul suo addome. Si può identificare una parabola discendente che parte dalle teste degli apostoli a sinistra. Procede, quindi, attraverso le teste dei due apostoli centrali fino al volto della Vergine. La composizione pare divisa nettamente in due parti verticali. La parte inferiore è occupata dai personaggi mentre la metà superiore è occupata dal panneggio rosso appeso al soffitto a cassettoni. La composizione della scena è evidentemente simbolica. Infatti gli apostoli si allineano davanti al cataletto e collegandosi al corpo e al braccio disteso di Maria formano una croce perfetta.
LA LUCE E I GESTI

LUCE

La scena è ambientata in un ambiente povero e desolato, identificabile con l’abitazione della Madonna. La luce, che viene presentata come naturale (ma che, con tutta evidenza, è anche simbolo divino), irrompe obliquamente da una fonte non visibile, posta a sinistra, illuminando le teste dei presenti e soprattutto il corpo di Maria. Un grande drappo, sospeso a una trave del soffitto a cassettoni, e che poco prima aveva impedito la vista della donna in agonia, viene ora sollevato, come un vero e proprio sipario, accentuando la teatralità di una scena pure così intima e familiare, così umana e drammaticamente quotidiana.

GESTI

I gesti compiuti dai protagonisti della scena, apparentemente spontanei, erano invece ampiamente codificati già da secoli. Le braccia conserte di Pietro, la mano sulla guancia di Giovanni, le mani sul volto della Maddalena o degli apostoli chinati sulla Vergine, anche la mano della stessa Madonna che pende senza vita, sono schemi gestuali adottati da sempre nella tradizione figurativa classica, medievale e rinascimentale, a dimostrazione che Caravaggio era ben lungi da voler ignorare l’arte dei grandi maestri del passato. È tuttavia sorprendente il modo in cui egli seppe reinventarli, rendendoli assolutamente naturali.
NUOVA INTERPRETAZIONE
Una recente interpretazione della Morte della Vergine di Caravaggio mette in evidenza il possibile simbolismo dell’opera. Maria è molto giovane (come un suo autorevole modello, la Madonna michelangiolesca della Pietà Vaticana). I piedi nudi, benché mostrati scoperti fino alla caviglia, sarebbero espressione di umiltà. La grande pancia non sarebbe di annegata ma di donna incinta (anche se al momento della sua morte Maria era anziana e certamente non gravida) perché Caravaggio voleva simbolicamente rappresentare la morte di una madre, anzi della Madre per eccellenza, “piena di Grazia”, come recita la preghiera a lei dedicata. Il ventre gonfio sarebbe, insomma, un devoto omaggio a quella maternità carica di mistero. Il braccio disteso potrebbe richiamare la crocifissione di Cristo, che ella vide morire e alla cui Passione partecipò. Il dipinto del Caravaggio, in genere considerato come emblematico di quel “realismo” che i critici classicistici dell’epoca giudicarono grossolano e privo di decoro, in quanto non idealizzato, è al contrario profondamente concettuale, al pari della Pietà michelangiolesca: non rappresenta un evento storico, che pure avvenne, ma propone una riflessione sull’imperscrutabile Mistero della Salvezza che vide Maria come protagonista. Tuttavia, sembra volerci ricordare l’artista, i piani di Dio sono stati messi in pratica nel mondo, hanno coinvolto persone normali, hanno impattato con i loro umanissimi sentimenti. La salvezza è reale nella stessa misura in cui lo sono il dolore e la morte, che anche Maria, Cristo e gli apostoli hanno conosciuto.

La Crocifissione di San Pietro

La Crocifissione di san Pietro è un dipinto di Caravaggio, in olio su tela (230x175 cm), realizzato tra il 1600 ed il 1601. L'opera è conservata nella Cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo a Roma.
DESCRIZIONE
INTERPRETAZIONE
LO STILE E la rappresentazione del divino con modelli popolari
IL COLORE E L'ILLUMINAZIONE
SPAZIO, COMPOSIZIONE E INQUADRATURA
DESCRIZIONE
Gli esecutori della sua condanna a morte stanno issando la croce aiutandosi con una grossa fune ancorata al suo braccio lungo. La crocifissione su richiesta dello stesso condannato viene eseguita capovolgendo il corpo. Infatti, San Pietro per sottolineare la sua inferiorità nei confronti di Cristo chiese di essere posto al contrario. Così, gli esecutori sono rappresentati nello sforzo di sollevare la croce dopo aver inchiodato mani e piedi del Santo. Uno di loro, di schiena, cerca di sollevare la pesante struttura con una corda. Un altro, poi, a sinistra, aiuta il movimento abbracciando il legno dal fondo e tirandolo verso l’alto. Un terzo, infine, messo carponi sotto la croce, la tiene sollevata e spinge in alto aiutandosi con gambe e braccia. L’uomo inginocchiato ha tra le mani una pala. Da questo particolare si intuisce che la base della croce è stata posizionata all’interno di uno scavo appena realizzato.
San Pietro è disteso sulla croce con le mani e i piedi fissati al legno da lunghi chiodi metallici.
Anche il grande sasso e la terra in primo piano stanno a testimoniare tale lavoro precedentemente compiuto.
Il tessuto appoggiato al terreno nell’angolo di destra è, probabilmente, la veste di San Pietro tolta prima dell’esecuzione. Il vecchio Santo, infatti, è nudo, coperto solo da un panno annodato sui fianchi.
INTERPRETAZIONE
Nella Crocifissione di San Pietro il Santo porta addosso i segni di un corpo anziano dipinti in modo estremamente realistico. I tre esecutori non si vedono in volto ma i loro abiti, i loro movimenti e i loro piedi nudi e sporchi li trasformano, quasi, in lavoratori di strada. L’intenzione di Caravaggio, però, non fu quella di denigrare questi uomini. Traspare, piuttosto il grande rispetto verso la gente comune e l’intenzione dell’artista di renderla protagonista nei dipinti sacri; l’artista realizza un quadro dal carattere antieroico, eliminando qualsiasi aspetto sacro dalla tortura della croce di san Pietro
LO STILE
Caravaggio progettava in modo teatrale i suoi dipinti. Nel suo studio, l’artista creava dei veri e propri palchi sui quali metteva in posa i modelli umani illuminando la scena con un complesso sistema di candele. Inoltre, in certi casi, non osservò direttamente la scena predisposta ma il suo riflesso in uno specchio. Questo espediente lo aiutava a trasferirla sulla superficie bidimensionale della tela. Il colore ad olio fu essenziale nella realizzazione dei dipinti di Caravaggio perché si presta ad ottenere velature che permettono di particolareggiare la figura. Il corpo di San Pietro è rappresentato con grande approfondimento di un corpo anziano. Il corrugamento delle piante dei piedi trafitte è dettagliato in modo maniacale. Anche i piedi lerci e rugosi dell’uomo inginocchiato sotto la croce sono dipinti con una cura estrema. La pala sembra reale e il tessuto di destra assume una consistenza volumetrica quasi scultorea. La scelta di indulgere nel rappresentare in modo meticoloso particolari apparentemente insignificanti, terreni e popolari, è la cifra stilistica principale del realismo di Caravaggio. Questa scelta si ritrova nell’attenzione verso la postura dei corpi, quasi sgraziata e volutamente grossolana, come le mani dell’uomo che regge la croce. Si nota nella vista da dietro dell’uomo inchinato, nella trascuratezza dell’abbigliamento, nell’uomo con la corda. Infine, i volti sono anche’essi sgraziati e le espressioni quasi inumane, incuranti della situazione. Infatti, se si esclude la figura di San Pietro, l’immagine si trasforma nella semplice rappresentazione di operai al lavoro.
LA RAPPRESENTAZIONE DEL DIVINO CON MODELLI POPOLARI
LO SPAZIO
La spazialità del dipinto di Caravaggio è determinata essenzialmente dalla luce che mette in rilievo alcune parti del gruppo di personaggi. Nonostante i tre esecutori e San Pietro occupino uno spazio dalla profondità ridotta, l’obliquità della croce crea un minimo effetto di profondità. Stesso contributo proviene dal sasso dipinto sul bordo del quadro, dal telo blu e dalla pala rivolta verso lo spettatore. La composizione è studiata attentamente da Caravaggio per contribuire a determinare un potente effetto drammatico di tipo teatrale. L’orientamento dei corpi sembra riprodurre una struttura compositiva ad X che àncora il gruppo al centro del dipinto coincidente con il ventre di San Pietro. Inoltre, la posizione degli esecutori è tale per cui si genera, quasi un movimento dinamico a partire dall’uomo inginocchiato. Se si considera la sua posizione, si crea un progressivo rialzarsi del corpo nell’uomo che abbraccia la croce. Il movimento di sollevamento di compie, infine, con l’uomo, in piedi che tende la corda. Questo movimento si trasferisce sulla croce e fa perno al centro del corpo di San Pietro. L’inquadratura pone al centro la figura di San Pietro e degli esecutori. Vi sono, però alcuni dettagli che, forse volontariamente, contribuiscono ad espandere lo spazio oltre i bordi della tela. Sono i tagli delle figure quali la spalla destra dell’uomo con il mantello rosso, il piede dell’uomo inginocchiato e il mantello blu dipinto nell’angolo in basso a destra.
COMPOSIZIONE E INQUADRATURA

La CONVERSIONE DI SAN PAOLO

Caravaggio, Conversione di San Paolo (seconda versione), 1600-1601, olio su tela, 230 x 175 cm. Roma, Cappella Cerasi, Basilica di Santa Maria del Popolo
DESCRIZIONE PERSONAGGI
INTERPRETAZIONE
LO STILE
INTERPRETAZIONE E SIMBOLOGIA
La scena descrive la Conversione di San Paolo nel momento narrativo più importante come descritto nel libro Atti degli Apostoli (Atti 26,12-18). Saulo mentre percorre la via che lo conduce a Damasco viene investito da una luce intensa. All’uomo appare Gesù Cristo che gli ordina di cessare la persecuzione nei suoi confronti e di assumere l’incarico di ministro e testimone di Gesù. Caravaggio interpreta l’episodio di Saulo utilizzando l’iconografia della luce accecante che rappresenta l’essenza di Cristo. Infatti nel dipinto non compare Gesù ma è evocato da un intenso bagliore. Gli storici hanno tentato di giustificare queste scelte con varie ipotesi. Secondo alcuni, Caravaggio soddisfò la richiesta del suo committente che chiedeva il rispetto del testo scritto negli Atti degli Apostoli. Secondo altre letture invece l’artista decise di non trasgredire al suo ideale di Naturalismo. Infatti al tempo della Conversione di Paolo, Gesù era già morto e risorto. Caravaggio quindi non volle dipingere una figura divina per evitare di intaccare il realismo dell’opera. L’accecamento di Saulo colpito dal bagliore divino ha ispirato alcune letture interpretative. Già lo storico Roberto Longhi paragonò le pupille vuote del Santo a quelle dei busti romani. Lo storico Röttengen poi suggerì che tale cecità allude al dramma umano del protagonista.
DESCRIZIONI PERSONAGGI
Sono presenti nella scena tre personaggi: 1. un uomo anziano, forse un palafreniere, scalzo e con il volto segnato dalla fatica e dalle profonde rughe che tiene con una mano le briglie del cavallo e con l’altra ne accarezza il muso nel tentativo di calmarlo. 2. Paolo, a terra, è rappresentato come un giovane e bel cavaliere con abiti dai colori vivaci che contrastano con i toni bruni e grigi del resto del dipinto. Colpisce il realismo del corpo di Paolo non ancora completamente caduto, notiamo il moto ancora vivo delle gambe, inclinate. Le braccia sono alzate, gli occhi accecati con le palpebre chiuse per difendersi dal bagliore divino. La spada di Paolo, sulla sinistra, è lontana e non può difenderlo. 3. E ovviamente il cavallo che osserva tra lo stupito e il curioso la scena e il suo padrone disarcionato. La luce, presente come in tutte le tele della maturità di Caravaggio. Tutti gli attori di questa scena sono sbigottiti per lo stupore e anche noi osservatori siamo sicuramente catturati dal pathos evocativo caravaggesco.
I committenti, le collezioni, la storia espositiva e la collocazione
Come accadde per la Morte della Vergine, la sua interpretazione dell’episodio venne giudicata provocatoria. Quasi tutto lo spazio del dipinto è occupato dal cavallo. Ci si domandò perché collocare il cavallo al centro e San Paolo a terra. Il cavallo era forse Dio? Le norme artistiche dell’epoca prescrivevano di non porre al centro della rappresentazione un animale o elementi secondari e questo rese la scelta di Caravaggio ancora più innovatrice e rivoluzionaria. A differenza di altre rappresentazioni dello stesso episodio, realizzate per esempio da Raffaello e Lodovico Carracci, dove spesso troviamo soldati spaventati e cavalli imbizzarriti, qui l’artista scelse una grande semplicità per ricreare l’intimità e il mistero della conversione.
Anche su questa scelta di Caravaggio gli storici si posero alcune domande. Maurizio Calvesi immagina che il cavallo simboleggi l’irrazionalità del peccato ricordando il Mito del carro e dell’auriga di Platone. Quindi il palafreniere che accompagna Saulo rappresenta invece la Ragione. La luce che si sprigiona dall’alto rappresenta poi la Grazia divina che irrompe nelle tenebre del Peccato. Il fondo scuro nel dipinto è tipico delle opere di Caravaggio e mette in gran evidenza i personaggi in primo piano. Infatti la luce radente che proviene dall’alto e l’accentuato chiaroscuro evidenziano le anatomie dei personaggi e dell’animale. Questo uso del fondo scuro è definito dagli storici Tenebrismo. La luce inoltre definisce gli ambienti e gli spazi, focalizzando l’attenzione sulla scena che emerge dall’oscurità di quella che potrebbe essere una stalla.
Oltre alla particolare illuminazione le caratteristiche del Tenebrismo sono la quasi assenza del paesaggio a causa della concentrazione della luce solo sul primo piano. Inoltre è presente una marcata definizione dei dettagli, della resa anatomica e dei particolari dell’abbigliamento. Infine la dimensione dei dipinti è spesso imponente poiché le figure sono a grandezza naturale. A causa della mancanza dei dettagli nello sfondo le figure rivelate dalla fonte luminosa assumono un gran peso compositivo. Per questo nel Tenebrismo la distribuzione della luce assume un’importanza fondamentale nella realizzazione dell’equilibrio compositivo.