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NATURE PRESENTATION
Mattew Casco
Created on May 14, 2023
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Transcript
PRESENTAtion
LOCUS AMOENUS
CASCHERA MATTIA 4°A
start
INDICE
VIRGILIO
VERGA
TIBULLO
BOCCACCIO
PETRARCA
ORAZIO
TEOCRITO
IACOPO SANNAZZARO
SHAKESPEARE
TASSO
VERGA
Giovanni Verga descrive senza indulgenza il mondo contadino della sua Sicilia; il personaggio chiamato Mazzarò nel racconto “La roba”, che diviene successivamente il protagonista del romanzo “Mastro don Gesualdo”, incarna l’attaccamento primitivo alla terra, il desiderio allucinato di esserne parte indissolubile per non doversi mai staccare, neppure con la morte, dai propri beni, accumulati con il tenace e duro lavoro di un’intera vita. Il verismo verghiano, sulla scia del naturalismo francese, mette in rilievo l’analogia tra le dinamiche sociali e quelle biologiche, su cui la storia intesse le sue vicende. L´amore per la terra e la campagna, lungi dall´essere idealizzato, è indissolubilmente legato ai rapporti di potere esistenti nel Meridione dal feudalesimo in poi.
In Verga il paesaggio e gli elementi naturali hanno la funzione di estendere l'impressione o l'immagine, ne divengono l'aggettivo, assumendo un tono lirico innaspettatamente suggestivo. Per esempio quando si legge che Mena: cantava come uno stornello, perchè aveva diciotto anni, e a quell'età se il cielo è azzurro vi ride negli occhi, e gli uccelli vi cantano nel cuore. Verga è un sostenitore del progresso ma secondo lui esso ha dei limiti.
JACOPO SANNAZZARO, L'ARCADIA
L’Arcadia è un prosimetro di Jacopo Sannazaro, formato da dodici prose e altrettante egloghe, e composto tra 1480 e 1485. Le vicende ruotano intorno a Sincero, giovane che, per un amore non corrisposto, abbandona Napoli e si rifugia in Arcadia in Grecia, terra abitata da pastori-poeti che si dilettano in canti, composizioni e gare poetiche. Il protagonista entra a far parte di questo mondo unendosi ai pastori, di cui vengono raccontate le storie e avventure. L’Arcadia, inoltre, si presenta ricca di riferimenti e citazioni alla tradizione poetica antica greca e latina, e il poeta unisce in un ricco mosaico spunti e suggestioni classiche per formare il quadro finale di una regione mitica in cui l’uomo può rivivere l’età dell’oro, tanto celebrata dai poeti antichi. Questo posto ideale in cui vivono i poeti è stato creato da Virgilio.
La caratteristica peculiare dell’Arcadia è che si tratta di una sorta di romanzo autobiografico, dove il poeta proietta le figure di amici e famigliari nei personaggi dell’opera. Sincero è, ad esempio, lo stesso Sannazzaro che vorrebbe fuggire dal caos che imperversa nel regno di Napoli (verso la fine del ‘400 era in corso la crisi della corona aragonese, che finì con la salita al trono di Federico I di Napoli).
L'arcadia è una regione montuosa centrale del Peloponneso.
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TEOCRITO
Iniziatore indiscusso della poesia pastorale. IDILLI BUCOLICI ambientazione agreste e pastorale, descrive la vita dei pastori in modo realistico e al tempo stesso stilizzato, su uno sfondo che da lui in poi diventa canonico. Ambiente campestre, sereno e luminoso, caratterizzato da una fonte o da un corso d'acqua, da una vegetazione rigogliosa, rallegrata dai suoni della natura, aldilà dei canti dei pastori, come, il cinguettio degli uccelli, il ronzio delle api. La natura non è selvagia in Teocrito, le terre sono lavorate, le mandrie vengono condotte dall'uomo. Dopo questo, l'uomo si gode il meritato riposo su giacigli di giunco soave, sorseggiando vino, cantando in solitudine o in compagnia melodie sugli amori propri o altrui. Spesso il canto si svolge nella forma amoebea, ovvero un botta e risposta tra i due pastori.
Quella di Teocrito dunque è una natura idilliaca. Proietta in questo mondo la sua nostalgia per una vita semplice e lieta, lontana da quella di città; ma essendo un poeta cittadino non si immedesima mai pienamente nei pastori. Cantore che in età ellenistica, nonostante l’avvento di una società cosmopolita, ebbe il coraggio di praticare un’arte vicina alla natura e creare dunque un nuovo mondo, anche se idealizzato. La poesia bucolica, naturalmente, ha dei precedenti: nell’Iliade Omero allude a gare musicali tra pastori. Spetta tuttavia a Teocrito il merito di aver organizzato le strutture essenziali di questo microcosmo poetico e soprattutto di aver delineato in forme definitive l’antropologia letteraria del mondo pastorale.
virgilio (in confronto con tibullo)
Bucoliche: un’opera composta da Virgilio. La raccolta è costituita da dieci egloghe ad intonazione pastorale. I componimenti seguono il filone letterario teocriteo, primo poeta inventore della poesia bucolica. L’etimologia del titolo ne riflette il contenuto: Bucoliche, infatti, deriva dal greco e, semanticamente, designa la figura del pastore, mandriano.
A differenza di Teocrito, la poesia pastorale di Virgilio non è mero esercizio letterario, ma un qualcosa di connesso con la sua indole e le esperienze. La poesia e la natura sono l’unico mezzo per evadere dalla realtà: solo con essa è possibile superare la tragicità della vita. Solo attraverso la contemplazione della natura è possibile rifuggire il tragico.
Virgilio si immedesima nei suoi pastori: ispiratosi all’antica e mitica regione greca dell’Arcadia per la stesura dell’opera, non ne condivide le ambientazioni: le Bucoliche, infatti, sono sempre fredde e ambientate al crepuscolo. A differenza degli Idilli di Teocrito ambientati in Sicilia, dove il rigoglio della natura è scalpitante. Virgilio rinuncia all’ambientazione felice poiché, ormai, i pastori siciliani erano al servizio dei latifondisti romani: per cui, non più considerabili come mandriani dell’amore o del canto.
Tuttavia, la differenza sostanziale sta nel lessico: Teocrito scrive delle condizioni realistiche dei pastori utilizzando un linguaggio arcaico. L’aspetto fisico rustico dei mandriani teocritei è reso quasi piacevole dallo scandire della scelta metrica e del linguaggio. I pastori dell’Arcadia virgiliana non sono logori, né compiono lavori che li degradino: intonano canti silvestri con il loro flauto e nel loro mondo campestre si rifugiano da una realtà tragica.Virgilio si distacca dal realismo trasfigurando il paesaggio campestre, ambientando le vicende nell’ideale del locus amoenus: un luogo idealizzato, mitico. L’Arcadia è il locus amoenus dei pastori descritti da Virgilio. Questo luogo mitico non era privo di accezioni allegoriche che vi si riflettevano: simbolicamente, infatti, l’Arcadia era un luogo d’amore e civiltà privo dall’impellenza delle barbarie. Un ambiente dove sentirsi protetti sospeso fra spazio e tempo dove nulla si trasforma.
VIRGILIO
L’obiettivo di Virgilio è quello di costruire un mondo coeso e solidale nel quale gli uomini si supportino reciprocamente facendo leva sulle debolezze e fragilità umane. Virgilio così abbandona l’ideologia dell’homo homini lupus, incentrando la sua produzione sulla parola “solidarietà”. È qui allora che Virgilio teorizza una sorta di rinnovamento totale, una palingenesi capace di ricostruire ab imis il mondo circostante. Verrà, secondo il poeta mantovano, un’età aurea dove un puer avrà il compito di ristabilire gli antichi dettami della societas romana.
In Virgilio c'è una forte empatia tra l'uomo e il mondo animale e vegetale. Pensando alla prima bucolica quando si presenta Titiro sdraiato all'ombra di un ampio faggio intona una melodia silvestre e insegna alle selve a ripetere il nome di Amirilli.
PETRARCA
Nell’età dei “secoli oscuri” sono stati molti i poeti che hanno adoperato nelle loro opere questo motivo. Le canzoni dei trovatori provenzali sono spesso caratterizzate da quello che viene chiamato “esordio stagionale”, che consiste nella descrizione di un paesaggio primaverile, in similitudine o in contrasto con l’animo del poeta che si accinge a scrivere versi d’amore. Altri due autori medievali hanno usato il locus amoenus in modo interessante. Il primo è Francesco Petrarca in Chiare, Fresche et Dolci acque, una delle canzoni più celebri del Canzoniere. Il poeta rievoca l’attimo esatto in cui vide Laura, la donna amata, farsi il bagno sulle rive del fiume Sorga nei pressi di Valchiusa. Petrarca è forse il primo autore in assoluto a rielaborare il motivo del locus amoenus introducendo la persona amata in quell’ambiente di pace atemporale, ma non limitandosi a un semplice richiamo come la Licoride di Gallo.
+info
Si crea una simbiosi tra il corpo di Laura che si bagna nel fiume e i vari elementi della natura (i fiori che le ricoprono il seno o il ramo su cui poggia i fianchi del suo corpo), con quest’ultima che da elemento ambientale diviene protagonista assoluto, al punto che lo stesso poeta gli rivolge una preghiera affinché accolga le sue spoglie nel grembo terroso e che la stessa Laura, quando passerà da quelle parti, possa piangere sulla sua tomba.
Nonostante la presenza di numerosi motivi della tradizione poetica cortese, la canzone propone in realtà una situazione decisamente classica (incluso il particolare della donna che si bagna nel fiume, più simile a una ninfa boschereccia che non a una "donna-angelo") e incline all'espressione di un amore sensuale, molto lontano dalla spiritualizzazione dello Stilnovo e dei poeti precedenti. Conforme a questa novità è anche la descrizione di Laura come donna crudele che non ricambia il poeta, qualificando l'amore di Petrarca come infelice e senza speranza.
SHAKESPEARE
Nelle opere di William Shakespeare , il locus amoenus è lo spazio che si trova al di fuori dei confini della città. È qui che le passioni erotiche possono essere esplorate liberamente, fuori dalla civiltà e nascoste all'ordine sociale che tende a sopprimere e regolare il comportamento sessuale. Il luogo è misterioso e oscuro, femminile, contrapposto alla rigida struttura civile maschile, come si legge in Sogno di una notte di mezza estate e Titus Andronicus .
In molte opere di William Shakespeare, come nella commedia Sogno di una notte di mezza estate, scritta attorno al 1595. Il bardo sceglie come locus amoenus della sua opera la città di Atene (specchio della società elisabettiana), che oltre agli elementi della mitologia greca contiene anche quelli del folklore inglese, con tutti i suoi folletti e fate. Si viene così immersi in un’atmosfera fiabesca e idilliaca, dove gli eventi della quotidianità hanno comunque un loro impatto. Shakespeare sembra condividere con Sannazzaro molte cose. In primis l’antica intenzione di creare una dimensione antitemporale, ma soprattutto la volontà di prefigurare elementi della realtà in un ambiente incantato.
TASSO
Torquato Tasso nell’Aminta riprende il genere bucolico. Questa fu composta nel 1573, in un periodo in cui Tasso era assillato dagli schemi poetici e letterari della Santa Inquisizione, ma attuava una rivoluzione: il Manierismo, che poi si sarebbe trasformato in una vera e propria rivoluzione con Il Barocco. Tasso rievoca il locus amoenus dell’età dell’oro, per rimpiangere la libertà, un luogo dove tutto è lecito se appoggiato dalla natura. Egli trasporta il lettore in un mondo di sogno fuori dal tempo, un mondo di pastori poeti in cui vigila la leggerezza, la semplicità accompagnate dall’amore. L’età dell’oro viene richiamata come regno della libera espansione dell’erotismo, dando libero spazio al senso del peccato, ritornando ad uno stato di natura lontano dai vincoli sociali e religiosi del tempo,al contrario della Gerusalemme Liberata, dove Tasso aveva espresso una sensualità ma poi repressa dagli scrupoli morali della sua religiosità.
TIBULLO
Tibullo vede la natura come la campagna pieta e ridente, la cornice perfetta di un otium che ammette solo la presenza della donna amata e della poesia ad essa dedicata; dunque un semplice luogo dove rifugiarsi per non partecipare alle sanguinose guerre di conquista e godersi in santa pace l'amore della puella.
La campagna è per Tibullo un luogo idilliaco di evasione, lontano e al riparo dai vizi, dalla degenerazione e dalla violenza, dalla guerra e dalla politica: un mondo di pace e di innocenza, una sorta di paradiso perduto dove rifugiarsi con la poesia, abbandonandosi al sogno nostalgico di un’aurea aetas.
L’esistenza vagheggiata dal poeta è costituita da una vita serena scandita dai lavori agricoli: la coltivazione delle viti e degli alberi da frutto, il momento della raccolta e della vendemmia. L’esaltazione degli antichi valori agresti celebrati dall'ideologia arcaizzante del principato costituiscono senza dubbio un punto di contatto tra gli ideali tibulliani e la politica augustea. L’importante era che tale lavoro avesse un carattere occasionale e non fosse imposto dalla necessità.
Orazio
In molti passi delle Odi e dell'Epistole descrive un'armoniosa unità interiore con il sabirum, il fondo di Mecenate. La natura diventa il luogo ideale per un ritorno meditativo a se stesso, per una riflessione sui propri problemi, il rifugium, rispetto alle città brulicanti di vita e di traffico. Cerca molto l'atarassia. Diverso è il rapporto con Tivoli, nei suoi boschi e sulle rive dell'Aniene, il poeta si sente particolarmente vicino alla divinità. Dunque il reale paesaggio italico è celebrato come porto di quiete, la Sabina, e come musa ispiratrice Tivoli. La natura narrata da Orazio non è sempre idilliaca, ma rappresenta anche l'asprezza e la violenza della terra natia che mette in relazione con l'irascibilità del suo carattere. Indimenticabili poi certi squarci naturali nelle odi, scene di mare infuriato, campi battuti dalla pioggia, boschi sotto la tempesta ma anche la calma assoluta che avvolge la natura dopo il suo scatenarsi.
L’angulus per Orazio è il piccolo podere personale, luogo privilegiato perché noto e sicuro, figura simbolica dell’esistenza del poeta (in quanto forma dei suoi affetti) e figura simbolica della sua esperienza poetica (è uno spazio che rappresenta l’ordine e il senso).
BOCCACCIO
Giovanni Boccaccio che già nel Ninfale Fiesolano (1344) e nella Commedia delle ninfe fiorentine (1342) si era cimentato con questo tema, ampliandolo nell’introduzione della sua opera principale: il Decameron. Nel 1348 la peste si è sparsa a macchia d’olio in tutta Europa ed è giunta anche alle porte di Firenze. Per sfuggire a quello scenario fatto di cadaveri ammassati, aria irrespirabile e disgregazione delle strutture della vita civile, un gruppo di sette fanciulle e tre ragazzi abbandonano la chiesa di Santa Maria Novella in cui si sono riuniti e vanno dritti verso una villa nel Contado fiorentino, un luogo che ha le tipiche caratteristiche del locus amoenus Anche in Boccaccio questo motivo non ha nulla di passivo, giacché la ragione che porta quella che verrà chiamata “brigata dei narratori” a fuggire dalla città non è egoistica. Rifugiandosi nel Contado i protagonisti cercando di ricostruire tutti quei valori cortesi che la desolazione del morbo ha abbattuto, in modo da ritrapiantarli nella città quando questa non sarà più un cimitero a cielo aperto.
Il locus amoenus del Decameron ha proprio le fattezze di un paradiso. D'altra parte lo stesso Boccaccio, dopo aver riferito della fonte, scrive: “Il vedere questo giardino, il suo bello ordine, le piante e la fontana co' ruscelletti procedenti da quella tanto piacque a ciascuna donna e a' tre giovani, che tutti cominciarono a affermare che, se Paradiso si potesse in terra fare, non sapevano conoscere che altra forma che quella di quel giardino gli si potesse dare (…).”. All'idea dell'armonia si unisce quella dell'eterna Primavera. Il Paradiso di qualsiasi cultura esprime uno stato di grazia iniziale, successivamente perduto a causa di una rottura. Non a caso il locus amoenus del Decameron è la via di fuga per la compagnia atterrita dal flagello della peste e disorientata dalla decadenza dei costumi.