Want to create interactive content? It’s easy in Genially!
POWERPOINT CHIMICA
Samantha
Created on May 9, 2023
Start designing with a free template
Discover more than 1500 professional designs like these:
View
Modern Presentation
View
Terrazzo Presentation
View
Colorful Presentation
View
Modular Structure Presentation
View
Chromatic Presentation
View
City Presentation
View
News Presentation
Transcript
Il Restauro
"I bimbi di Vasari"
Samantha Scibona Matteo Mannino Cristiana Santoro Emma La Ferrara Leonardo Zafferani Federica Ventimiglia
Indice
1- Che cos'è il restauro?
2- Chi progetta gli interventi di restauro?
3- Come si effettua un restauro?
5- Quali sono le cause che comportano al restauro?
4- Quali sono le tecniche del restauro?
6- Qual'è la particolarità della luce nel dipinto e nel restauro?
1.Che cos'è il restauro?
Il termine restauro
Il restauro, che proviene dal termine latino "restaurare" composto da re, che significa nuovo, e staurare che significa solido. Ma nel tempo acquisì varie definizioni differenti a causa della cultura del periodo e anche degli autori stessi, che avevano tutti un idea soggettiva. Esso però non è altro che un attività che si focalizza sul recupero, sulla manutenzione e sulla conservazione di quelle opere che vengono definite come opere d'arte, che possono essere sia architetture, che manoscritti o dipinti. Il restauro nella storia ebbe varie forme, esso in antichità era strettamente legato alla religione. Difatti quando nel medioevo si andò a formare il cristianesimo ci fu un netto distacco tra il mondo antico e il mondo presente, ed essendoci questo conflitto tra vecchio e nuovo si va verso l'idea del progresso. Uno dei primi esempi di "restauro" nell'antichità fu quello fatto al Pantheon di Roma, che venne inizialmente costruito da Agrippa, ma dopo che venne distrutto fu Adriano a ricostruirlo mantenendo comunque l'iscrizione originale che Agrippa aveva lasciato, facendo così "rivivere" la vecchia struttura.
1.Che cos'è il restauro?
Il restauro nella storia
Sarà poi nel Seicento che si diffondono dei manuali che parlano di come si effettuava una manutenzione e anche della pulitura e foderatura, e perfino del consolidamento degli intonici, dei dipinti o di proprietà private. Uno dei più importanti interventi su affreschi fu quello fatto a Palazzo Farnese da Carlo Maratta, dove si puntava più che altro a recuperare l'aspetto originale dell'opera. Invece è alla fine del Settecento che si ha la nascita del restauro che intendiamo modernamente, ciò grazie agli studi storici-archeologici che si iniziarono a fare dopo gli scavi compiuti a Pompei e che mutarono anche il rapporto che si aveva con le opere del passato. Infatti verremo a conoscenza di due diversi termini di restauro: - Uno puntava a riuscir a distinguere l'intervento fatto dall'opera originale, ad esempio abbiamo il Restauro Romantico con Raskin, dove esso preferiva lasciare un vuoto dove non c'era nulla e soprattutto portava molto rispetto per la vecchiaia dell'opera. - Invece il secondo tipo di restauro, definito restauro in stile, di cui c'è ne parla Violett le Duc, il restauratore dovrebbe immergersi nel ruolo di colui che ha progettato l'opera e ripristinare le parti che sono rimaste vuote o che sono state distrutte. Ma ciò poteva portare alla creazione di un "falso storico" Il restauro dei dipinti vede nella Venezia del Settecento una figura di primo piano con Pietro Edwards che viene definito "papà del restauro in Europa" per la sua intensa attività di restauro per gli scritti che documentano la modernità del pensiero che guidava la sua azione.
1.Che cos'è il restauro?
Il restauro nella storia
Alla fine dell'Ottocento si vanno a formare altri due tipi di restauro che si dividevano in: Restauro storico: che si doveva solo ed esclusivamente basare su dei documenti storici Restauro filosofico: dove si riprendeva il concetto della riconoscibilità del intervento, ma con l'aggiunta del rispetto verso le aggiunte aventi valore storico che sono state fatte. Nel Novecento invece si propone la "Teoria dei Valori", secondo la quale esprime che il monumento ha più valori dei quali si deve tener conto nel ambito del restauro. Questo periodo sarà anche dominato dal restauro scientifico con Giovannoni, che riteneva necessaria la compartecipazione in progetti di restauro di chimici e geologi che potevano aiutare a riconoscere le tecniche di intervento. Allo stesso tempo c'era anche la "Teoria del caso per caso" dove si vedeva la necessità di trattare ogni manefatto come opera a sé stante, cioè dopo delle analisi avute da documenti storici
1.Che cos'è il restauro?
La chimica nel restauro
Dopo la seconda guerra mondiale nascerà il restauro critico e i massimi esponenti di questa fase possiamo ricordare Roberto Pane, Renato Bonelli e Cesare Brandi. Negli anni settanta del Novecento nasce la cosiddetta teoria della conservazione che rifiuta ogni tipo di integrazione stilistica, e il contrasto tra i due porterà al pensiero "critico-conservativo" L'uso di prodotti chimici nel restauro comporta una potenziale esposizione dell’operatore a sostanze chimiche pericolose. Il livello di esposizione dipende fortemente sia dall'oggetto in fase di restauro che dalla misura in cui esso si è deteriorato. Inoltre spesso l’opera d'arte non può essere trasferita in un laboratorio attrezzato ed è necessario lavorare in loco, senza che vi sia la possibilità dell'uso di un adeguato sistema di ventilazione. Infine durante il lavoro di restauro non sempre vengono adottati tutti i dovuti dispositivi di protezione, apparecchiature che potrebbero ridurre l’esposizione. Le operazioni più frequenti nei lavori di restauro di un manufatto sono la pulitura, il consolidamento e la protezione.
2.Chi progetta gli interventi di restauro?
I ruoli importanti in un'operazione di restauro
Innanzitutto, è necessario chiarire che, nel settore del restauro, ci sono due figure professionali di riferimento: i restauratori e i tecnici del restauro. Il restauratore è il responsabile del progetto di restauro, cioè colui che progetta, dirige ed esegue gli interventi di restauro. Egli è anche il responsabile nei confronti del committente e della soprintendenza. Il tecnico del restauro è il professionista che assiste il restauratore svolgendo un'attività di supporto. I compiti del tecnico del restauro sono definiti dal Ministero dei Beni Culturali. In base all’esperienza, queste figure professionali possono limitarsi a compiti strettamente di supporto come la preparazione dei materiali o dell’ambiente di lavoro e la preparazione delle attrezzature. In alternativa, possono avere un ruolo più diretto nell’esecuzione del restauro vero e proprio. Il tecnico del restauro, però, deve essere sempre sotto la responsabilità diretta di un restauratore qualificato. Un restauratore, infatti, può lavorare a un restauro senza l’ausilio di tecnici del restauro, mentre un tecnico del restauro non può, da un punto di vista legale, seguire un progetto di restauro da solo.
2.Chi progetta gli interventi di restauro?
Le qualificazioni necessarie per far partire un'operazione di restauro
Per diventare tecnici del restauro è necessario svolgere un corso professionale della durata di 3 anni (almeno 2.700 ore). Per diventare restauratore, invece, è necessario svolgere un percorso di studi più lungo (5 anni) in scuole di restauro di alta formazione, che sono poche in Italia. Di conseguenza, anche il numero di studenti ammessi ogni anno è limitato. Il restauratore, durante i cinque anni in cui studia, si specializza in uno dei settore del restauro (dipinti su supporto ligneo o tessile, manufatti cartacei, materiali lignei, ceramiche e vetri, e altri). Alcuni restauratori si specializzano in due e tre settori diversi, mentre altri restauratori preferiscono diventare super-specialisti e si dedicano al restauro di solo un tipo di beni culturali. Nel caso dell'ultima cena, gli interventi di restauro successivi alla semplice pulitura sono stati affidati dall'Olivetti alla restauratrice Pinin Brambilla Barcilon L'Olivetti, infatti, ha coordinato è sponsorizzato tutta l'operazione di restauro, durata ben 17 anni, dal 1982 al 1999.
3.Come si effettua un restauro?
Il restauro sui dipinti
La fase preliminare di qualsiasi intervento da svolgere su un’opera d’arte prevede oltre alle necessarie ricerche storiche, anche le indagini scientifiche volte a determinare i materiali costituitivi del manufatto, le tecniche di esecuzione, le condizioni di degrado, la possibilità di utilizzo di utilizzo di prodotti di pittura o consolidanti e l’esito di precedenti interventi ecc. Le indagini chimico-fisiche possono essere microdistruttive , quando richiedono il prelievo di un campione dell’opera oppure possono essere non invasive se si effettuano direttamente sull’opera. Una cosa fondamentale nell’esame di un opera sono le fotografie, che danno il vantaggio di avere un carattere panoramico di tutta l’opera. Troviamo diversi tipi di restauro che vengono effettuati in base al manufatto considerato: come il resturo dei materiali lapidei, oppure il restauro delle ceramiche, il restauro dei vetri o il restauro dei metalli, il restauro del legno oppure il restauro dei dipinti. I dipinti si possono trovare su diverse superfici, troviamo i dipinti su tela, i dipinti su tavola oppure gli affreschi. Concentrandoci su quelli che sono gli affreschi, possiamo dire che sono più resistenti rispetto ad altre pitture poiché privi di materiali organici, sono molto omogenei, perché l’intonaco, lo strato preparatorio e la pellicola pittorica contengono carbonati di calcio, silicati e ossidi. Nonostante ciò anche questi dipinti possono subire alterazioni dovute principalmente all’ umidità o ad attacchi biologici.
3.Come si effettua un restauro?
Come e che materiali si usano
Per restaurare un affresco troviamo diversi passaggi come la pulitura, la stuccatura e reintegrazione pittorica oppure il distacco degli affreschi Pulitura: L’operazione di pulitura deve tener conto dell’ eterogeneità delle componenti che compongono l’opera, la rimozione di strati cromatici si deve limitare quando inferiscono nelle corretta lettura del dell’opera, per pulire gli affreschi si utilizza acqua distillata e soluzioni acquose di carbonato di sodio, bicarbonato di ammonio bicarbonato di sodio ecc. Stuccatura e reintegrazione pittorica: Le stuccature si eseguono con malta di calce e resina acrilica per migliorare l’adesione, troviamo la stuccatura dalla parte pittorica se si presuppone una reintegrazione pittorica a tratteggio con l’ausilio di acquerello, oppure a livello più basso con un colore simile all’intonaco originale se si progetta reintegrazione cromatica a tinta unica Distacco degli affreschi: Nel caso in cui i fenomeni di degrado della muratura sono molto avanzati e questa deve essere abbattuta si ricorre alla tecnica del distacco. Questa tecnica è basata sulla stesura di colla animale sulla pellicola pittorica, sopra carta sottile come una velina e sopra una tela; quando la tela è asciutta si procede a staccare la pittura che successivamente viene posta su un nuovo supporto un tempo questo supporto era costituito da una tela montata su telaio in legno oggi da pannelli indeformabili.
4.Quali sono le tecniche del restauro?
Le tecniche del restauro
Il termine restauro si apre a molteplici definizioni, implicando non solo metodologie tecnico-scientifiche ma parametri critico estetici. Il restauro è costituito da varie tecniche: Foderatura, consolidamento, verniciatura, stuccatura e pulitura. Foderatura Viene effettuata quando la tela ha perso il suo potere di sostegno e consiste nell’applicazione sul verso di questa di una o più nuove tele, tese su un telaio più grande del dipinto. Tutta l’operazione richiede attenzione, abilità e competenza, sia per assicurare una buona adesione tra la vecchia e la nuova tela, e per garantire nella nuova condizione stabilità e solidità all’insieme del dipinto. Per ottenere questi risultati la rintelatura necessita di pressione e calore, in modo da far sciogliere il collante e farlo penetrare; allora durante l’operazione si utilizzano ferri da stiro o apposite apparecchiature. I metodi di rintelatura si dividono in base all’adesivo impiegato: si parla di foderatura a colla pasta, di foderatura a cera resina, di rintelatura con resine sintetiche. Nella rintelatura manuale, la tela di rifodero che generalmente è una tela di lino, viene tesa con un’apposita pinza tenditela, utilizzando chiodi o punte metalliche, su un telaio più grande del dipinto su cui si deve intervenire, viene bagnata e lasciata asciugare. Ripetuta l’operazione la tela viene nuovamente tirata e trattata con colla calda e viene così ‘stancata’, resa inerte, necessario quando durante la rintelatura si utilizzino collanti acquosi. Le condizioni dello strato pittorico vengono controllate prima della velinatura protettiva per verificare l’opportunità di eseguire il “miglioramento della superficie”, cioè attenuare il rilievo delle eventuali scodelline. Questo intervento può essere eseguito con ferri da stiro o con una pompa a vuoto dopo aver trattato gli strati pittorici.
4.Quali sono le tecniche del restauro?
Le tecniche del restauro
Consolidamento e fermatura del colore Con consolidamento ci si riferisce alle operazioni tese a ristabilire un grado sufficiente di coesione in materiali che hanno subito una compromissione della microstruttura. Tra queste operazioni, si comprendono le metodiche tese a fermare i fenomeni di distacco del film pittorico e quindi a ripristinarne la coesione, ovvero quelle operazioni che vanno sotto il nome di fermatura del colore e consolidamento del colore. Il sollevamento di parti del dipinto e del colore, sono spesso riscontrabili, si applica così la fermatura del colore; Le modalità di applicazione dipendono dal tipo di adesivo impiegato. Le condizioni dello strato pittorico vengono controllate prima della velinatura protettiva per eseguire il “miglioramento della superficie”, ovvero attenuare il rilievo delle eventuali scodellature. Verniciatura La stesura di una vernice finale sul quadro restaurato ha la funzione di proteggere il colore dagli agenti esterni e di migliorare le caratteristiche dell’oggetto, dandogli la necessaria lucentezza. Le vernici col tempo perdono le loro qualità sia protettive sia ottiche, e diventano giallastre e opache. Proprio per agevolare futuri interventi oggi si utilizzano vernici a “solvente”, costituite da un solvente organico, volatile e senza capacità aggressive verso gli strati pittorici e da una resina naturale o sintetica, in base alle qualità menzionate e capace di mantenersi reversibile nel tempo. Il film di vernice dovrà avere uno spessore limitato ed omogeneo e potrà essere applicato a pennello o nebulizzando la soluzione con l’uso di un compressore. L’effetto finale potrà essere controllato variando la diluizione e la temperatura della vernice, la volatilità del solvente e, per la verniciatura a spruzzo, anche la pressione e la distanza dal dipinto.
4.Quali sono le tecniche del restauro?
Le tecniche del restauro
Stuccatura La stuccatura ha come scopo quello di colmare una lacuna dello strato della pittura. Lo stucco è una miscela costituita da un legante e una carica che generalmente è colla animale e gesso disciolti in acqua in proporzioni variabili in relazione alle necessità. L’operazione viene eseguita con un materiale capace di creare spessore e di aderire al supporto senza riduzione di volume. È inoltre preferibile che il materiale sia facilmente removibile e comunque più morbido dello strato di pittura, al fine di evitare il danneggiamento della materia originale. Lo stucco, dovrà limitarsi assolutamente alla zona della lacuna, essere al livello della superficie della pittura ed imitarne la struttura. Dopo essersi assicurati della perfetta stabilità della pittura originale e aver preparato la zona danneggiata rimuovendo con solvente o bisturi lo sporco e i residui dei vecchi stucchi, lo stucco potrà essere applicato con la spatola o fatto colare da un piccolo pennello. La spatola è indicata per piccole stuccature a cera e resina. Laddove, invece, la lacuna abbia una certa estensione è preferibile colmare questa leggermente oltre i margini con un impasto a base di gesso e colla calda. Il gesso, viene poi portato al livello della superficie pittorica grattando l’eccesso con la lama di un bisturi, spugnette abrasive o una calza di nylon avvolta sulle dita. Lo stucco viene infine lavorato per produrre un’imitazione del rilievo e delle imperfezioni della materia pittorica circostante, per impronta, incisione, rigatura, ricorrendo ad utensili appropriati. Per ricreare l’aspetto di superfici molto particolari si possono usare calchi in silicone o applicare lo stucco con apposite siringhe. Le pennellate della superficie originale vengono solitamente imitate cercando di ripetere il gesto dell’artista con un pennello carico di gesso e colla diluiti con una maggiore quantità di acqua.
4.Quali sono le tecniche del restauro?
Le tecniche del restauro
La pulitura Per pulitura di un dipinto si intende: – la rimozione delle macchie superficiali dovute a colature, schizzi; – la rimozione dello sporco superficiale depositatosi nel corso del tempo sulla superficie dell’opera; – la rimozione delle ridipinture debordanti, snaturanti, deturpanti o alterate; – la rimozione, degli strati protettivi alterati che impediscono o limitano fortemente la corretta lettura dell’opera. Non solo la vernice può essere stata applicata dal pittore stesso ma può esservi stata l’intenzione di ottenere con questa un preciso effetto, anche nel tempo. Inoltre l’artista può aver steso la vernice sull’opera prima di portarla a compimento: lo strato facilita infatti la sovrapposizione delle velature. Quando poi sono state utilizzate vernici pigmentate con lo scopo d’infondere una intonazione generale e armonizzante all’opera, non è neanche possibile distinguerle dalla pittura…In questo la scienza purtroppo non può dare alcun aiuto, poiché l’analisi potrebbe esprimere l’identità chimica dei materiali usati per le velature e per l’ultima mano. Per la fase della pulitura si possono usare diversi solventi. Per esempio l’acqua non ha potere sulla pittura ad olio e discioglie con facilità un guazzo, un acquarello o una tempera magra. Si escludono quei solventi che potrebbero presentare dei danni non solo immediati, ma anche a lunga scadenza; per questo si rinuncia all’uso dei solventi come glicoli, butilammina, tetraclorometano. Solventi a base acquosa devono poi essere utilizzati con estrema prudenza perché numerosi materiali potrebbero esserne danneggiati. Dati i rischi a cui è sottoposto l’operatore nell’uso dei solventi e vista la loro scarsa selettività nei confronti dei materiali, sono state intraprese da circa venti anni ricerche sull’uso nella pulitura di sostanze e metodiche alternative.
5.Quali sono le cause che comportano al restauro?
Il restauro e gli errori
Gli apporti che la trattatistica offre allo studio delle tecniche artistiche devono essere sempre confrontati e integrati con i dati ottenuti attraverso un’attenta analisi per valutare le modifiche che i materiali possono aver subito nel tempo sia a causa di alterazioni naturali sia per azione dell’uomo: molte errate valutazioni sono da imputare ad una scarsa considerazione di questo aspetto Si tratta del giudizio attribuito a critici e opere dell’arte fortemente ridipinte che pertanto non erano più capaci di esprimere il loro originario significato. Come acutamente rileva Stefano Turchetti “il restauratore deve essere almeno un po’ storico dell’arte, come lo storico dell’arte deve essere un po’ restauratore nel senso che dovrebbe almeno riuscire a “vedere” un restauro, a saperlo leggere, dovrebbe insomma avere un occhio allenato a fare questo senza naturalmente dover agire sull’opera. .In passato si tendeva a intervenire su un dipinto per renderlo godibile senza tener conto che il dipinto va rispettato e non trasformato. Si comprende pertanto l’importanza della ricerca documentaria sui passati restauri come è emersa dagli spogli archivistici e dalle relazioni sui restauri eseguiti negli ultimi tempi. Gran parte dei danni che oggi si possono riscontrare sulle pitture sono infatti conseguenza di antiche operazioni di pulitura. Tra Cinquecento e Settecento non veniva fatta alcuna distinzione sul tipo di sporco da rimuovere e ogni ricetta poteva essere utilizzata indifferentemente sia su affreschi sia su dipinti su tavola.
5.Quali sono le cause che comportano al restauro?
Come veniva effettuato il restauro
Fin dalle prime prescrizioni scritte, risalenti al XVI secolo, veniva spesso raccomandato l’uso della liscivia calda, prodotta da “cenere forte” di rovere combinata con calce viva. Aggiunte altre sostanze (come sapone, uova, sale o miele) questo miscuglio veniva applicato sui quadri con una spugna e rimosso con un’altra spugna imbevuta di acqua appena l’opera fosse apparsa pulita. Insieme allo sporco e alla vernice le sostanze, in realtà, aggredivano il legante disgregandolo in profondità e continuando ad agire per lungo tempo anche dopo l’apparente lavaggio. Così lo strato pittorico, privo dell’elemento di coesione, si polverizzava staccandosi. Oltre alla dissimulazione dell’usura provocata da una pulitura insistita, possiamo distinguere altre cause che possono aver portato ad un intervento di ridipintura. Spesso vi era la necessità di intervenire su di un fenomeno d’invecchiamento naturale o su un’alterazione accidentale giudicati antiestetici (come strappi, lacerazioni, fessurazioni, ecc.). Si giungeva, in altri casi, alla modifica parziale o totale della composizione con fini estetici, storici, politici, religiosi o commerciali, con l’intento di venire incontro ai cambiamenti di gusto della committenza o alle esigenze di mercato. Sono così giunte ai nostri giorni opere in buona parte manomesse che, più che documentare la cultura figurativa del secolo in cui sono state realizzate, testimoniano del gusto con cui si rileggeva l’opera antica nel particolare periodo in cui sono state ‘restaurate’
6.Qual'è la particolarità della luce nel dipinto e nel restauro?
Cos'è la luce nel restauro?
Il termine luce (dal latino lux) è riferito alla porzione dello spettro elettromagnetico visibile dall'occhio umano, compresa tra 400 e 700 nanometri di lunghezza d'onda.La luce, come tutte le onde elettromagnetiche, interagisce con la materia. Dal punto di vista artistico essa è un elemento di progettazione capace di modificare uno spazio senza ostruirlo e quindi è un fattore di arredamento estremamente versatile che può disegnare spazi. La luce è una componente primaria della operazione di restauro, e chiunque si occupi di restauro conosce perfettamente i segreti della luce radente poichè si tratta di un procedimento che si utilizza in fase di analisi dell’opera per valutarne lo stato di conservazione, per sondarne i dettagli e gli eventuali segreti. Anche per gli addetti ai lavori analizzare una superficie dipinta a luce radente riserva spesso sorprese inaspettate. Con luce radente si intende un fascio luminoso parallelo alla superficie e che forma con questa un angolo molto ridotto. È necessario che questo fascio sia condensato da delle lenti e ben delimitato, in modo da aumentare il contrasto fra le zone illuminate e quelle che rimangono in ombra e da evitare diffusioni di luce che attenuerebbero l’effetto voluto. In queste condizioni tutti i difetti della superficie vengono accentuati al punto che l’immagine che otterremo del dipinto risulterà in qualche caso irriconoscibile.
6.Qual'è la particolarità della luce nel dipinto e nel restauro?
La luce radente
La luce radente può perfino rivelare la presenza di uno strato pittorico sottostante alla superficie visibile e su pitture murali è possibile riscontrare altre situazioni quali: -I dissesti e i cedimenti della struttura portante; -La stesura degli strati di intonaco; -Le “giornate” di lavoro e la loro sequenza; -Le incisioni dirette e indirette per il riporto del disegno o per le costruzioni architettoniche; -Dorature o altri elementi applicati con tecniche varie; -I sollevamenti e le cadute della pellicola pittorica; La luce radente può inoltre facilitare lo studio della tecnica del pittore, in particolare quando il colore è posato ad impasto spesso, facendo risaltare le caratteristiche della pennellata: rilievo, direzione, larghezza e curvatura.Lo studio della pennellata può essere reso ancor più preciso ingrandendo dei dettagli dell'opera: una buona lente di ingrandimento può servire allo scopo ma la macrofotografia risulta il più delle volte la tecnica più indicata, sia per la possibilità di ottenere dei forti ingrandimenti, sia perché permette il confronto diretto delle caratteristiche delle pennellate eseguite su opere diverse. L'osservazione dell'andamento della superficie in luce radente, non di rado, porta all'identificazione di zone ridipinte. L'esame risulta, infine, utile per l'osservazione degli spessori degli strati pittorici, infatti l'evidenziarsi della tramatura della tela sulla superficie indica la presenza di una preparazione molto sottile.
6.Qual'è la particolarità della luce nel dipinto e nel restauro?
Una nuova tecnica di restauro con la luce
L’Università di Bologna ha brevettato una nuova tecnica di restauro, applicabile a dipinti, affreschi, stampe, mosaici, sculture e monumenti, che utilizza la luce. Le opere d'arte sono continuamente soggette a deterioramento. Le cause possono essere diverse come l'instabilità dei materiali, l'umidità e le condizioni termiche, oltre che ovviamente l'inquinamento atmosferico e l'azione biologica. Tutti questi elementi concorrono alla formazione di carbonati di calcio, i quali contribuiscono al deterioramento delle opere d'arte. Nati dalla reazione tra l'anidride carbonica nell'atmosfera e gli ioni metallici presenti nell’acqua (per la maggior parte ioni di calcio), i carbonati possono attaccare zone anche molto piccole di un affresco e fino ad oggi potevano essere rimossi solamente utilizzando miscele di solventi in molti casi tossiche.Invece, l'invenzione messa a punto dagli studiosi dell'Alma Mater, l'Università di Bologna, permette infatti la rimozione dei cristalli di carbonato di calcio attraverso il trattamento con una fonte luminosa a una specifica lunghezza d'onda. Le zone da restaurare vengono trattate con una particolare miscela e poi irradiate dalla luce. Questo è senza ombra di dubbio un metodo di pulizia molto più preciso e sicuro di quelli utilizzati fino ad oggi per il restauro delle opere d'arte
L'ultima cena
Prima il restauro
Dopo il restauro
Nel 1943 una bomba colpisce e distrugge il refettorio: si salva la parete con il dipinto, ma le vibrazioni provocate dalle bombe e le polveri dell'esplosione provocano ancora danni alla pittura. A causa del rapido deterioramento dell'opera causato soprattutto dalle polveri sottili che i visitatori portano con sé, l'accesso all'Ultima Cena è attualmente limitato a 1300 visitatori al giorno. Purtroppo, a causa di tale scelta e per l'umidità legata all'esposizione del muro a nord, la pellicola pittorica iniziò a disgregarsi e a cadere sin dal 1517: l'opera fu così restaurata e ridipinta completamente diverse volte. I restauri del ‘700 furono più deleteri che benefici per l’opera per (almeno) due motivi: - Vennero utilizzati materiali non consoni, per esempio vennero impiegati corrosivi per rimuovere lo sporco che si era depositato - Intere parti dell’affresco vennero ridipinte