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Confronto Caparezza e Dante
Andrea Sportelli
Created on March 24, 2023
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Transcript
Dante e Caparezza
Argenti Vive
- Brano dell'album Museica.
- Uscito nel 2014.
- Parla dell'incontro tra Dante e Filippo Argenti.
Introduzione
Introduzione
"Mentre solcavamo l'immobile palude,Mi si parò davanti uno spirito coperto di fango. Allungò verso la barca entrambe le mani, ma Virgilio, pronto, lo respinse Dicendogli: "Via di qui, vattene a stare con gli altri maledetti!"; Ed io: "Maestro, sarei molto, molto desideroso, prima di uscire dalla palude, di vederlo immergere in questa melma". Poco dopo vidi gli iracondi fare di lui un tale scempio Che per esso ancora glorifico e rendo grazie a Dio". Tutti insieme gridavano: "A Filippo Argenti"
In questi primi versi, Caparezza ha preso spunto dai versi 31-32, 40-42, 52-54, 58-61 del Canto VIII dell'Inferno Dantesco. Questi versi sono di presentazione a Filippo Argenti, anima iraconda, protagonista della canzone.
Filippo Argenti
Filippo Argenti, contemporaneo di Dante, fu un uomo appartenente alla casata fiorentina degli Adimari. Durante la sua vita ha avuto molti screzi con il poeta: in tribunale gli chiese di mettere buona parola su di lui, ma Alighieri ha volutamente peggiorato la sua situazione facendogli raddoppiare la pena. Allora Filippo Argenti, anni dopo, è stato pesantemente in disaccordo con il ritorno di Dante dopo l'esilio.Inoltre si dice che Argenti, quando era a cavallo nella città, cavalcasse con le gambe allargate così che potesse colpire i passanti con i piedi, come successe con Dante.
Prima strofa
Prima strofa
Ciao Dante, ti ricordi di me? Sono Filippo Argenti.Il vicino di casa che nella Commedia ponesti tra questi violenti. Sono quello che annega nel fango, pestato dai demoni intorno. Cos'è, vuoi provocarmi, sommo? Puoi solo provocarmi sonno! Alighieri, vedi, tremi, mi temi come gli eritemi, eri te che mi deridevi, devi combattere, Ma te la dai a gambe levate, ma quale vate? Vattene!
Questi versi segnano l'incontro tra il poeta e il fiorentino Filippo Argenti. Il dannato parla della sua pena, quella degli iracondi che giacciono coperti di fango nella palude Stigia. Allora Argenti dà a Dante del codardo dopo che lo ha spaventato aggrappandosi alla barca.
Prima strofa
Ehi, quando quando vuoi, dimmi dimmi dove! Sono dannato ma te le do di santa ragione! Così impari a rimare male di me, io non ti maledirei, ti farei male, Alighieri Non sei divino, individuo, se t’individuo, ti divido! Inutile che decanti l’amante, Dante, provochi solo cali di libido Il mondo non è dei poeti, il mondo è di noi prepotenti Vai rimando alla genti che mi getti nel fango, ma io rimango l’Argenti!
Filippo Argenti è arrabbiato con Dante e Caparezza esalta il suo carattere da iracondo.
Pre-Ritornello
Pre-ritornello
Argenti vive, vive, vivrà, alla gente piace la mia ferocità,Persino tu che mi anneghi a furia di calci sui denti Ti chiami Dante Alighieri, ma somigli negli atteggiamenti A Filippo Argenti!
Argenti afferma di come alla gente piaccia il suo modo di fare feroce ed aggressivo e di come Dante stesso, immaginandolo annegare in maniera violenta, sia colpevole dello stesso peccato.
Ritornello
ritornello
Poeta, tu mostri lo sdegno a Filippo ArgentiMa tutti consacrano questo regno a Filippo Argenti. Le tue terzine sono carta straccia Le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno! Poeta, tu mostri lo sdegno a Filippo Argenti Ma tutti consacrano questo regno a Filippo Argenti. Le tue terzine sono carta straccia Le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno!
Nel ritornello Caparezza si confronta in prima persona con Dante, che accusa di sdegnare Argenti. Da all'autore della "Commedia" del pessimo scrittore, mentre gli schiaffi che gli dà <<lasciano il segno>>. Inoltre il cantante proclama il regno dell'Inferno a Filippo Argenti.
Seconda strofa
Seconda strofa
Non è vero che la lingua ferisce più della spada, è una ca**ata. Cosa pensi tenga più a bada, rima baciata o mazza chiodata? Non c’è dittatore che abdichi perché persuaso, Pare che più nessuno sappia nemmeno che significhi "abdicare", ma di che parliamo? Attaccare me non ti redime (no!), eri tu che davi direttive (no!) Per annichilire ogni ghibellino, Cerchio 7, Giro primo. Fatti non foste per vivere come bruti, ben detta ma sputi vendetta Dalla barchetta di Flegias, complimenti per la regia.
Filippo Argenti in questi versi spiega la superiorità dei fatti (anche violenti) alle parole. L'Adimaro accusa Dante di aver peccato per avere inserito nel primo girone del settimo cerchio dei nemici ghibellini come Obizzo II d’Este solo perché contro la loro fazione. Infine lo condanna anche di incoerenza perché dalla barchetta di Flegiàs (il traghettatore) non rimane della sua idea che <<fatti non foste (gli uomini) a viver come bruti>> quando desidera vederlo sprofondare nel fango.
Terza strofa
terza strofa
Stai lontano dalle fiamme perché ti bruci. Guardati le spalle, caro Dante, è pieno di Bruti: Tutti i grandi oratori sono stati fatti fuori Da signori, violenti e nerboruti. Anche gli alberi sgomitano per un po' di sole Il resto sono solo inutili belle parole. Sono sicuro che in futuro le giovani menti Saranno come l’Argenti e l’arte porterà il mio nome.
Argenti avvisa Dante di andare via dall'Inferno perché è pieno dei bruti che lui critica, e che hanno ucciso molti oratori (come Cicerone). Aggiunge che anche gli alberi, essendo la violenza una caratteristica naturale, combattono tra di loro per raggiungere il sole. Conclude con l'augurio che in futuro i giovani siano come lui e che l'arte possa portare il suo nome.
Lo lasciammo là, nella palude e non racconto altro.