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L'Impressionismo
Raffaele Cimino
Created on September 17, 2022
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Transcript
Prof. Raffaele Cimino
- INTRO + MANET
- DEGAS + RENOIR, pag. 39
L’impressionismo è un movimento pittorico francese che nasce intorno agli anni sessanta a Parigi. È un movimento che deriva direttamente dal realismo, in quanto come questo si interessa soprattutto alla rappresentazione della realtà quotidiana. Ma, rispetto al realismo, non ne condivide l’impegno ideologico o politico: non si occupa dei problemi ma solo dei lati gradevoli della società del tempo. La vicenda dell’impressionismo è quasi una meteora che attraversa la storia dell’arte, rivoluzionandone completamente soprattutto la tecnica. Dura poco meno di venti anni: al 1886 l’impressionismo può già considerarsi una esperienza chiusa. Esso, tuttavia, lascia una eredità con cui faranno i conti tutte le esperienze pittoriche successive. Non è azzardato dire che è l’impressionismo ad aprire la storia dell’arte contemporanea. La grande rivoluzione dell’impressionismo è soprattutto la tecnica, anche se molta della sua fortuna presso il grande pubblico deriva dalla sua poetica. La tecnica impressionista nasce dalla scelta di rappresentare solo e soltanto la realtà sensibile. Evita qualsiasi riferimento alla costruzione ideale della realtà, per occuparsi solo dei fenomeni ottici della visione. E per far ciò cerca di riprodurre la sensazione ottica con la maggior fedeltà possibile. Dal punto di vista della poetica l’impressionismo sembra indifferente ai soggetti. In realtà, proprio perché può rendere piacevole qualsiasi cosa rappresenti, l’impressionismo divenne lo stile della dolce vita parigina di quegli anni. Non c’è, nell’impressionismo, alcuna romantica evasione verso mondi idilliaci, sia rurali sia mitici; c’è invece una volontà dichiarata di calarsi interamente nella realtà urbana di quegli anni per evidenziarne tutti i lati positivi e piacevoli. Ed anche le rappresentazioni paesaggistiche o rurali portano il segno della bellezza e del progresso della civiltà. Sono paesaggi visti con occhi da cittadini. I protagonisti dell’impressionismo furono soprattutto pittori francesi. Tra essi, il più impressionista di tutti, fu Claude Monet. Gli altri grandi protagonisti furono: Auguste Renoir, Alfred Sisley, Camille Pissarro e, seppure con qualche originalità, Edgar Degas. Un posto separato lo occupano, tra la schiera dei pittori definiti impressionisti, Edouard Manet, che fu in realtà il precursore del movimento, e Paul Cézanne, la cui opera è quella che per prima supera l’impressionismo degli inizi. Date fondamentali per seguire lo sviluppo dell’impressionismo sono: 1863: Edouard Manet espone «La colazione sull’erba»; 1874: anno della prima mostra dei pittori impressionisti presso lo studio del fotografo Nadar; 1886: anno dell’ottava e ultima mostra impressionista. L’impressionismo non nacque dal nulla. Esperienze fondamentali, per la sua nascita, sono da rintracciarsi nelle esperienze pittoriche della prima metà del secolo: soprattutto nella pittura di Delacroix e dei pittori inglesi Constable e Turner. Punti fondamentali per seguire le specificità dell’impressionismo sono: 1. il problema della luce e del colore; 2. la pittura en plein air; 3. la esaltazione dell’attimo fuggente; 4. i soggetti urbani. I colori posti su una tela agiscono sempre operando una sintesi sottrattiva: più i colori si mischiano e si sovrappongono, meno luce riflette il quadro. L’intento degli impressionisti è proprio evitare al minimo la perdita di luce riflessa, così da dare alle loro tele la stessa intensità visiva che si ottiene da una percezione diretta della realtà. Per far ciò adottano le seguenti tecniche:
1. utilizzano solo colori puri; 2. non diluiscono i colori per realizzare il chiaro-scuro, che nelle loro tele è del tutto assente; 3. per esaltare la sensazione luminosa accostano colori complementari; 4. non usano mai il nero; 5. anche le ombre sono colorate.
- Joie de vivre- ville lumière (boulevards) >Belle Époque
I locali degli Impressionisti
La Nouvelle Athènes è stato un caffè parigino celebre come punto di ritrovo culturale durante il tardo Ottocento. Si trovava al numero 9 di Place Pigalle, alla confluenza fra le due vie Rue Jean-Baptiste Pigalle e Rue Frochot.
Il Café Guerbois, sito al numero 11 del viale di Batignolles, oggi Avenue de Clichy, a Parigi, era un locale frequentato a partire dal 1863 da Manet e dagli artisti che avrebbero di lì a poco dato origine al movimento impressionista.
Le Folies Bergère è un famoso music-hall di Parigi situato in rue Richer 32, divenne un locale di successo durante la Belle époque, presentando un cartellone con spettacoli di varietà, operette, canzoni popolari e balletti.
Édouard Manet (1832-1883), nato in una famiglia borghese, Viaggiò molto in Italia, Olanda, Germania, Austria, studiando soprattutto i pittori che avevano scelto il linguaggio tonale quali Giorgione, Tiziano, gli olandesi del Seicento, Goya e Velazquez. Notevole influenza ebbe sulla definizione del suo stile anche la conoscenza delle stampe giapponesi. Egli voleva giungere al rinnovamento della pittura operando all’interno delle istituzioni accademiche. E, per questo motivo, egli, pur essendo il primo dei pittori moderni, non espose mai con gli altri pittori impressionisti. Rimase sempre su posizione individuale e solitaria anche quando i suoi quadri non furono più accettati dalla giuria del Salon. Le sue prime opere non ebbero problemi ad essere accettate. La rottura con la critica avvenne solo dopo il 1863, quando Manet propose il quadro «La colazione sull’erba» e in seguito l’«Olympia». uesti quadri sono la dimostrazione inequivocabile di come la pittura di Manet sia decisamente moderna, sul piano della visione, rispetto a quella del passato. Tuttavia, questo progresso non fu compreso proprio dal mondo accademico del tempo, al quale in realtà Manet si rivolgeva. Fu invece compreso da quei giovani pittori, gli impressionisti, anche loro denigrati e rifiutati dal mondo ufficiale dell’arte. Nei confronti degli impressionisti Manet ebbe sempre un atteggiamento distaccato. Partecipava alle loro discussioni, che si svolgevano soprattutto al Cafè Guerbois, e, in seguito, al Cafè della Nouvelle Athènes, ma non espose mai ad una mostra di pittura impressionista. Egli, tuttavia, non rimase impermeabile allo stile che egli stesso aveva contribuito a far nascere. Dal 1873 in poi, sono evidenti nei suoi quadri le influenze della pittura impressionista. Il tocco diviene più simile a quello di Monet, così come la scelta di soggetti urbani rientra appieno nella poetica dell’impressionismo. Egli, tuttavia, conserva sempre una maggior attenzione alla figura e continuerà sempre ad utilizzare il nero come colore, cosa che gli impressionisti non fecero mai. Dopo di lui la pittura non è stata più la stessa. E la sua importanza va ben al di là del suo contributo alla nascita dell’impressionismo.
Édouard Manet
le déjeuner sur l'herbe
Édouard Manet,La colazione sull'erba, 1862–1863 Colore ad olio, 2,08 m x 2,64 m Museo d'Orsay, Paris
Il quadro di Edouard Manet venne presentato al Salon del 1863. La giuria lo rifiutò. Proprio quell’anno gli artisti rifiutati al Salon furono ben 300. Napoleone III, per contenere le loro proteste, fece aprire un altro salone: il Salon dés Refusée. In esso venne esposto anche «La colazione sull’erba» di Manet. Ma, anche qui, le accoglienze del pubblico e della critica furono negative. Il quadro scandalizzava sia per il soggetto, sia per lo stile. In esso vi sono raffigurati, in primo piano, una donna completamente nuda che conversa con due uomini completamente vestiti. In secondo piano vi è una seconda donna che si sta bagnando in uno stagno. Non è il nudo della donna a scandalizzare, ma la sua rappresentazione troppo realistica in una situazione apparentemente quotidiana ma decisamente insolita. Ciò che in sostanza urta è che la nudità della donna rende volgare una conversazione tra normali borghesi. Il soggetto del quadro è una rilettura del «Concerto campestre» di Tiziano. Nel quadro del pittore veneziano le figure hanno un preciso significato allegorico. La donna nuda di spalle, con il flauto in mano, sta insegnando la musica ai due pastorelli innanzi a lei. L’altra sta versando dell’acqua in una vaschetta, per simboleggiare un rito di purificazione. Le due donne sono nude perché rappresentano due ninfe. Sono la natura, mentre i due uomini appartengono alla civiltà e perciò sono vestiti. Il significato allegorico dell’immagine sta in ciò: l’uomo civile riceve dalla natura il dono della musica, che rimane la più trascendentale tra le arti, solo dopo essersi purificato. Questo tipo di allegoria, carica di significati alchemici (l’acqua che purifica), andava molto di moda nel Cinquecento. Il soggetto aveva un significato nascosto ma ben individuabile da chi aveva la cultura per leggere una simile immagine. Nel caso di Manet il soggetto non ha un messaggio così preciso da comunicare. È solo un pretesto per evidenziare la modernità della sua pittura rispetto a quella del passato. Il contenuto del quadro di Manet è solo la novità tecnica della sua pittura. Ma ciò determinò un ulteriore sconcerto da parte del pubblico e della critica. La tecnica pittorica di Manet apparve decisamente poco elaborata e quasi rozza rispetto ai canoni della pittura accademica di quegli anni. Il suo quadro vuole cercare il più possibile la sensazione luminosa della visione dal vero, e per fare ciò Manet evita il più possibile la sintesi sottrattiva dei colori. Accosta solo colori puri, stesi senza alcuna diluizione o velatura per dar loro l’effetto chiaroscurale. Ad una visione ravvicinata il quadro si presenta come una somma di macchie. Acquista maggior suggestione, e senso di verità, solo ad una visione distanziata. Il pubblico del tempo non era, in realtà, abituata a considerare i quadri in questo modo. Per loro uno dei parametri per giudicare la bravura di un pittore era proprio la verifica a distanza ravvicinata che consentiva di apprezzare il livello di definizione e perfezione della stesura pittorica. Tutto ciò era negato nel quadro di Manet che, al contrario, a distanza ravvicinata rendeva manifesto come l’occhio riesce a percepire un’immagine anche tra colori che non definiscono una forma precisa. Fu questo che, in realtà, suscitò notevole entusiasmo tra i giovani pittori che presero insegnamento da Manet: la possibilità di usare i colori in totale libertà, svincolandosi dal problema di creare prima una forma e poi attribuirgli un colore.
Inquadratura a CAMPO MEDIO colloca i personaggi all'interno di un ambiente; l'azione è distinguibile ed è legata all'ambiente in cui si svolge. Nel campo medio l'ambiente è ancora molto presente, ma la figura umana diventa protagonista e l'azione è molto più evidente.
130,5×190 cm
L’altra grande realizzazione di Manet, nel 1863, fu il quadro raffigurante Olympia. Anche questo è il rifacimento di un tema inventato da Giorgione e Tiziano, poi ripreso da Goya nella «Maja desnuda». Il quadro di Manet è realizzato con la stessa tecnica del contrasto cromatico e luministico, qui usato quasi con intento dimostrativo. «Olympia» è di maggior rottura che non la «Colazione sull’erba», anche per la voluta ambiguità dei passaggi tonali bianco su bianco e nero su nero che rendono difficile una immediata comprensione dell’immagine. La testa della serva e il gattino ai piedi della donna scompaiono quasi nella oscurità dello sfondo. Il bianco delle lenzuola viene rilevato con sovrapposizioni di pennellate grigie, mentre il corpo nudo della donna si presenta di un bianco uniforme, la cui piattezza è però compensata dalla ben calibrata posizione degli arti. È un esercizio di virtuosismo stilistico, in cui le piccole macchie di colore rosso e verde danno il punto di saturazione del tono luminoso in bilico tra il bianco-luce e il nero-oscurità. Anche questo quadro di Manet scandalizzò per il soggetto. Olympia, infatti, era una nota prostituta parigina che qui si mostra con una sfrontatezza decisamente volgare. Lo sguardo così diretto della donna, la sua posa, i particolari eccessivamente realistici, come le pantofole ai piedi, non permettono all’osservatore di trascendere la vera realtà di ciò che è rappresentato sul quadro. «La Venere di Urbino» di Tiziano – il quadro a cui direttamente si ispira Manet nel dipingere l’Olympia – aveva ben altro significato. Questo tipo di quadro nasceva come dono di nozze e l’immagine della donna nuda, oltre ad esaltare le qualità estetiche della futura moglie, serviva ad una nuova allegoria. La sensualità e la seduzione rappresentano sicuramente uno dei fascini maggiori del matrimonio. La scena in fondo a destra, ove si vede una nurse con una bambina, con il suo carattere familiare serve a ricordare che la seduzione femminile è un bene da consumarsi nelle coordinate del focolare domestico. La rosa che la donna ha in mano serve, invece, a ricordare che la bellezza fisica tende a sfiorire. Il cagnolino ai piedi, infine, indica l’attributo più richiesto ad una moglie: la fedeltà. Nel quadro di Manet viene tutto invertito. La nurse diviene una serva per altre funzioni. Il mazzo di rose è il chiaro segno di una richiesta galante di tipo non nuziale. Il cagnolino diviene qui un gattino che, nella stessa logica simbolica, è attributo demoniaco (il gatto, nelle mitologie antiche, veniva considerato il messaggero che le streghe utilizzavano per comunicare con il diavolo). Il quadro, esposto al Salon del 1865, subì la stessa sorte della «Colazione», ricevendo aspre e violente critiche.
Collegamenti
Tiziano, Venere di Urbino, 1534 - Uffizi
Jean-Auguste-Dominique Ingres, La grande odalisca, 1814 - Louvre
Francisco Goya, 1790-1800, Maya desnuda, Museo del Prado, MadridFrancisco Goya, 1800- 1808, Maya vestida, Museo del Prado, Madrid
Il bar delle Folies-Bergère
Édouard Manet Il bar delle Folies-Bergère, 1881-1882 olio su tela, 96×130 cm Courtauld Gallery, Londra ultimo quadro importante prima della morte
Il bar delle Folies-Bergère, l'ultimo quadro di ampio respiro realizzato da Manet prima della morte, può essere considerato il suo testamento artistico e spirituale. Esso, infatti, riunisce con grande coerenza e integrazione i vari dati stilistici che hanno caratterizzato l'universo artistico di Manet: l'utilizzo del nero, l'amore per i temi quotidiani, l'utilizzo di colori piatti e omogenei ed il gusto per le composizione calibrate e per le nature morte. Manet, pur tra immani sofferenze fisiche, portò il dipinto a termine nel 1882 e lo espose al Salon dello stesso anno, dove conobbe un'accoglienza piuttosto tiepida. L'artista fu ancora una volta deluso da come il pubblico, ottusamente conservatore, avesse interpretato Il bar delle Folies-Bergère in maniera erronea. L'attività artistica di Manet, tuttavia, volgeva ormai a una fine, e l'artista sarebbe morto l'anno successivo. Il bar delle Folies-Bergère, dettaglio della natura morta A essere ritratto nel dipinto è il bancone del bar delle Folies-Bergère, un caffè-concerto di Parigi, dove la borghesia parigina si svagava assistendo ai concerti, dimenticando la noia e le seccature quotidiane. Lo stesso Manet faceva parte del cenacolo degli habitué di questo locale, tanto che nonostante il dipinto sia stato eseguito in studio il locale è descritto con grande realismo. Il dipinto, in ogni caso, raffigura un'inserviente del bar (Suzon) in mesta attesa dell'ordine del cliente. Il ristretto spazio di rappresentazione de Il bar delle Folies-Bergère viene delimitato all'esterno dal bancone. Su di esso Manet colloca una natura morta, cui accorda notevole importanza e spazio: Manet, d'altronde, era uno specialista delle nature morte, e amava inserirle all'interno dei propri dipinti, anche se ne eseguì poche come opere indipendenti. Sulla superficie marmorea del banco, infatti, si rincorrono bottiglie di champagne e di liquori di tutti i tipi. Sempre sul banco troviamo disposte anche una fruttiera di cristallo ricolma di arance, un calice con delicati fiori dalle tonalità rosate e aranciate, e altri banali oggetti d'uso che, pur ravvicinati, sono descritti assai sinteticamente, e intendono solo suggerirci la collocazione geografica dell'avvenimento. La trattazione pittorica della natura morta rimane in ogni caso molto interessante, siccome qui Manet impiega colori brillanti e raffinati e una luce che, colpendo le superfici scabre dei vari oggetti, si fa viva e palpitante, lasciando presagire futuri sviluppi impressionisti interrotti poi dalla morte.
La vera protagonista del quadro è infatti l'inserviente che si erge al di là del bancone. Sappiamo che il suo nome è Suzon, e che prestava servizio alle Folies-Bergère intorno al 1880, proprio quando Manet eseguì l'opera. Suzon ha i propri capelli biondicci pettinati, il suo volto è ovale e lievemente arrossato ed è vestita molto elegantemente, con una mise tipicamente femminile. La donna, infatti, indossa due piccoli orecchini un raffinato abito nero dotato di un'ampia scollatura, incorniciata da merletti nivei lavorati a uncinetto e da un malizioso bouquet di fiori. Al collo ha un appariscente collarino con nastro e cammeo, delicatissimo e di fine fattura, e all'avambraccio destro calza un braccialetto dorato. Il suo completo di lavoro è così ricercato che Suzon si potrebbe quasi scambiare per una dama del bel mondo parigino, se non fosse per la sgraziatezza con cui si appoggia al balcone. L'immagine frontale di Suzon, che nella sua monumentalità appare come una «maestà laica e contemporanea», si risolve poi in una massa fortemente centralizzata e piramidale che indirizza lo sguardo della spettatore verso il suo volto. Manet indaga il caleidoscopio di emozioni che scaturisce dai suoi occhi mesti con grande sottigliezza psicologica e con disincantata semplicità. Nonostante la malizia della divisa, infatti, il viso di Suzon «ha la grazia di una ragazzotta di paese ancora paffutella, evidentemente abituata alla semplicità», e quindi impreparata agli intrighi della grande città. La donna ha un atteggiamento enigmatico e innegabilmente malinconico, e guarda l'osservatore oltrepassandolo, persa com'è nei suoi pensieri, certamente saturi di tristezza e di afflizione. Suzon è imprigionata in un vortice di stanchezza e di alienazione: non le piace il lavoro che si ritrova costretta a fare per guadagnarsi da vivere, così come non le piace il mondo ambiguo e inquietante degli avventori del bar, nel quale si è ritrovata suo malgrado. Con il suo sguardo Suzon sembra quasi voler dialogare e intessere una relazione con chi sta osservando la scena, ed è in questo modo che le Folies-Bergère, luogo mondano e chiassoso, diventano irrimediabilmente un luogo agitato dalla solitudine e dal silenzio. Non sapremo mai se, un secondo dopo questo ovattato fermo immagine, Suzon piangerà, né sapremo mai cosa sarà stato, poi, di lei, né il nome delle tante donne che prenderanno il suo posto nel tempo».
MOSTRE IMPRESSIONISTE (1874/1886)
PRIMA MOSTRA IMPRESSIONISTA, 15 aprile 1874STUDIO NADAR
Felix Nadar, fotografo, caricaturista, giornalista, romanziere e pioniere del volo aerostatico francese. È noto soprattutto come pioniere della fotografia; (1820, Parigi/1910, Parigi sepoltura: Cimitero del Père-Lachaise, Parigi
35 Boulevard des Capucines, Paris (zona Place de la Concorde)
Claude Monet (1840-1926), tra tutti i pittori dell’impressionismo, può essere considerato il più impressionista di tutti. La sua personale ricerca pittorica non uscirà mai dai confini di questo stile, benché egli sopravviva molto più a lungo dell’impressionismo. La sua formazione avvenne in maniera composita, trovando insegnamento ed ispirazione in numerosi artisti del tempo. A diciotto anni iniziò a dipingere il paesaggio en plain air. Recatosi a Parigi, ebbe modo di conoscere Pissarro, Sisley, Renoir, Bazille. In questo periodo agisce su di lui soprattutto l’influenza di Courbet. Nel 1863 si entusiasmò per «La Colazione sull’erba» di Manet e cercò di apprenderne il segreto. Nel 1870 conobbe la pittura di Constable e Turner. In questo periodo si definisce sempre più il suo stile impressionistico, fatto di tocchi di colore a rappresentare autonomi effetti di luce senza preoccupazione per le forme. Nel 1872 dipinse il quadro che poi diede il nome al gruppo: «Impression. Soleil levant». Questo quadro fu esposto nella prima mostra tenuta dagli impressionisti nel 1874. In questo periodo lo stile di Monet raggiunge una maturazione che si conserva inalterata per tutta la sua attività posteriore. I suoi soggetti sono sempre ripetuti infinite volte per esplorarne tutte le varianti coloristiche e luministiche. Tra le sue serie più famose vi sono quelle che raffigurano la cattedrale di Rouen e le ninfee. La facciata di questa cattedrale viene replicata in ore e condizioni di luminosità diverse. Ogni quadro risulta così diverso dall’altro, anche se ne rimane riconoscibile la forma di base pur come traccia evanescente e vaporizzata. Dal 1909 al 1926, anno della sua morte, esegue una serie di quadri aventi a soggetto «Le ninfee». In questi fiori acquatici sono sintetizzati i suoi interessi di pittore, che rimane impressionista anche quando le avanguardie storiche hanno già totalmente demolito la precedente pittura ottocentesca.
Impressione, levar del sole
Claude Monet, Impressione, levar del sole (Impression, soleil levant), 1872 olio su tela 48×63 cm Musée Marmottan di Parigi.
Il dipinto, realizzato en plein air, rappresenta il porto di Le Havre, in lontananza, avvolto nella nebbia all'alba, come suggerito dal titolo stesso. Sullo sfondo appaiono delle navi mentre in primo piano c'è una barca di pescatori che sta tornando dalla pesca notturna. Si individuano, infatti, anche se con fatica, le gru, le ciminiere e i pennoni delle navi ormeggiate che si confondono nell’atmosfera opaca del crepuscolo. Sull’acqua del bacino, che occupa interamente la larghezza del dipinto, galleggiano in primo piano tre piccole imbarcazioni mentre il sole color arancio si alza all’orizzonte. Il cielo è infuocato dai colori del sole che si riflettono sulla superficie del mare. Un particolare interessante è costituito dal colore del sole (dipinto con una singola pennellata con il pennello che ruota su se stesso), che presenta un grado di luminosità pressoché identico al cielo circostante .Fu esposto nel 1874 alla prima mostra indipendente degli impressionisti (non ancora noti sotto questo nome). Il critico Louis Leroy, ispirandosi al nome del quadro, intitolò la sua recensione sullo Charivari, con intento dispregiativo, L'esposizione degli impressionisti. Nel 1985 il quadro fu rubato assieme ad altri quattro Monet e due Renoir al Marmottan, per essere ritrovato nel 1990 a Porto Vecchio, presso un malvivente corso che stava negoziando la sua vendita con un cliente giapponese.
Esame di stato
Inglese: Frankenstein by Mary Shelley, Moby-Dick by Melville
Filosofia: Schelling
Fisica: l’equazione di Maxwel
Storia: la resistenza partigiana
IMPRESSIONISMOMonet,Impression, levar del sole
Scienze naturali: le piante transgeniche, la fotosintesi
Letteratura latina:naturales quaestiones di Seneca
Letteratura italiana: la ginestra di Leopardi
LA NATURA
la serie della Cattedrale di Rouen
130 km c. a Nord di Parigi
Nel 1894 Monet realizzò una serie di trenta tele dedicate alla facciata della cattedrale di Rouen. In queste tele ciò che l’artista cerca è la luce, e come essa riesce a modificare la percezione della realtà. Così egli rappresenta la cattedrale in diverse ore del giorno e con diverse condizioni atmosferiche, giungendo ogni volta a risultati pittorici diversi. La cattedrale a volte sembra smaterializzarsi, a volte si cristallizza in forme più salde, ma la luce ne modifica in ogni caso la percezione cromatica, così che la sua facciata cambia di colore a seconda dell’ora del giorno. L’insieme delle trenta tele è davvero impressionante e suggestivo, in quanto lo stesso oggetto dà luogo a trenta immagini differenti. E in ciò Monet cerca di dimostrare uno degli assunti fondamentali del movimento impressionista, che la percezione della realtà è cosa ben diversa dalla conoscenza mentale e razionale della medesima, in quanto nella prima entra in gioco il fluire continuo e mutevole della luce e del movimento.
- Daniel Wildenstein ha classificato la serie delle cattedrali, partendo dai diversi punti di vista da cui i dipinti sono stati realizzati.
- La Corte di Albano - Le due prime tele sono atipiche perché sono le uniche eseguite al chiuso, poiché il periodo invernale non era favorevole per dipingere all'aperto, Monet cercò un appartamento per continuare il suo lavoro.
- Il Portale visto di fronte - Le successive due tele sono dipinte da una finestra dell'appartamento del sig. Louvet, posto di fronte alla cattedrale, si tratta quindi di viste frontali.
- Il portale visto in prospettiva - Cambio d'appartamento - Dopo il ritorno da Giverny, il 25 febbraio 1892, Monet si rimise al lavoro. È costretto a cambiare appartamento, a causa di lavori, e sceglie un altro punto di vista della Piazza del Duomo da un altro edificio sempre di proprietà di Louvet.
Monet a Giverny
Claude Monet si trasferì a Giverny nel 1883, dove rimase per i successivi 40 anni. Era già un pittore famoso all’epoca e grazie alla sua presenza molti pittori americani negli stessi anni scelsero di trasferirsi nel villaggio per assaporare la stessa atmosfera che ispirava Monet. Fu lo stesso pittore a ristrutturare e modificare la casa (visitabile anche virtualmente) dandole tocchi di colore che la rendono unica: dalla cucina di maioliche azzurre alla sala da pranzo gialla, dalla camera da letto con la finestra che guarda sul giardino al salotto, sulle cui pareti spiccano i quadri dei più importanti pittori impressionisti francesi.
Giverny è un comune francese di 523 abitanti situato nel dipartimento dell'Eure nella regione della Normandia. Nel villaggio di Giverny si trova la casa dove dimorò Claude Monet dal 1883 fino alla sua morte nel 1926, e che oggi ospita la Fondation Claude Monet
Lo stagno delle ninfee, armonia verde
L’artista, negli ultimi periodi della sua vita, si ritira quasi tutti i giorni nel suo giardino in stile giapponese di Giverny (80km da Parigi), dove egli coltivava diverse piante esotiche che decoravano un ponticello di legno, ritraendone lo stesso angolo e variandone di poco il punto di vista (che negli anni era sempre più ravvicinato) o le ore della luce. Il quadro raffigura una zona del terreno stagnante che lo stesso pittore francese realizzò, nel 1890, di fronte al suo giardino a Giverny. In questo paradiso, si trovano infatti salici, gladioli, e sull’acqua si intravedono delle splendide ninfee. Inoltre, Monet incanalò le acque per realizzare un laghetto, e successivamente vi costruì sopra un ponticello giapponese. Nel quadro, ammiriamo quasi esclusivamente la superficie stagnante di un acquitrino in cui si riflettono le frasche ed i fiori circostanti, mentre sulla superficie di questo specchio dai mille colori, possiamo intravedere isole di ninfee le cui corolle predominano sulle verdi foglie galleggianti. Si può ammirare il ponticello che attraversa il lago e la superficie delle acque scandita dallo scalarsi delle foglie di ninfee. Le scene sono caratterizzate ciascuna dalle tonalità dominanti tra cui: rosse, gialle, verdi o azzurre. Monet, ancora una volta, ci regala piccole e irregolari pennellate utilizzando macchie di colore e dipingendo uno scorcio della natura che risulta, agli occhi di chi l’ammira, impareggiabile. Le tonalità usate maggiormente dall’artista sono sicuramente quelle del verde, che si fondono tra loro creando una suggestiva ed unica sinfonia di colori. In sintesi, il dipinto regala agli occhi di chi lo vede, un senso di quiete e di riposante contemplazione.
Lo stagno delle ninfee, armonia verde, 1899 olio su tela, 89,5×100 cm Musée d'Orsay, Parigi
Edgar Degas
Edgar Degas (1834-1917) tra tutti i pittori impressionisti è quello che conserva la maggiore originalità e distanza dagli altri. I suoi quadri non propongono mai immagini di evanescente luminosità ma rimangono ancorati ad una solidità formale assente negli altri pittori. Ciò fu, probabilmente, originato dalla sua formazione giovanile che lo portava ad essere un pittore più borghese degli altri. Degas era infatti figlio di un banchiere e compì, a differenza di altri suoi amici, regolari studi classici. Viaggiò molto in Italia, suggestionato dalla pittura rinascimentale di Raffaello e Botticelli. Negli anni successivi iniziò ad uscire dal suo ambiente borghese per frequentare il Café Guerbois dove strinse amicizia con Monet e gli altri pittori che avrebbero formato il gruppo degli impressionisti. Fu tra i fondatori del gruppo e fu proprio egli ad organizzare la mostra presso il fotografo Nadar. E partecipò a quasi tutte le mostre impressioniste, tranne quella del 1882. Le sue differenze con gli altri impressionisti sono legate soprattutto alla costruzione disegnata e prospettica dei suoi quadri. Le forme non si dissolvono e non si confondono con la luce. Sono invece rese plastiche con la luce tonale e non con il chiaroscuro, e in questo segue la tecnica impressionista. Ciò che contraddistingue i suoi quadri sono sempre dei tagli prospettici molto arditi. Per questi scorci si è molto parlato dell’influenza delle stampe giapponesi, anche se appare evidente che i suoi quadri hanno una inquadratura tipicamente fotografica. Tra i suoi soggetti preferiti ci sono le ballerine, (che costituiscono un tema del tutto personale), e le scene di teatro. Anche in questo, Degas coincide con l’impressionismo: la scelta poetica di dar immagine alla vita urbana, con i suoi riti e i suoi miti, a volte borghesi, a volte bohemiène.
la lezione di danza
È tra le prime opere del pittore a mostrare il tema delle ballerine: il dipinto ne raffigura un gruppo mentre assistono ad una lezione di danza impartita dall'anziano danzatore e coreografo Jules Perrot. Perrot è appoggiato a un alto bastone, che gli serve per battere il tempo e per correggere linee e postura delle sue allieve. Le altre ballerine, disposte in semicerchio, osservano la compagna o parlottano distratte, attendendo il proprio turno. Ogni loro gesto, apparentemente marginale o secondario rispetto all’effetto complessivo della scena, è invece indagato con grande attenzione. Ogni figura delle venti che appaiono, è ritratta nei propri atteggiamenti: i gesti sono naturali e informali; c'è chi si aggiusta i capelli, chi ha le braccia conserte, chi allunga le gambe, chi appoggia il viso alla mano a denotare l'affaticamento per la lezione. Nessuno dei personaggi risulta in posa. Degas afferma infatti che amava rappresentarli come se "si guardassero dal buco della serratura". La scena di interno è resa spaziosa dalla visuale prospettica, dall'alto, che sfonda verso destra, sottolineata dalle linee del parquet, diagonali che inquadrano la costruzione dell'opera e individuano un punto di fuga situato all'esterno della scena.La scena è ambientata in una grande sala, con il pavimento coperto da un parquet di legno e le pareti decorate da eleganti lesene di marmo. Quella che sembra essere una grande porta aperta lascia intravedere un secondo ambiente attiguo e una finestra dalla quale si scorge un indefinito scorcio di Parigi.
Edgar Degas La lezione di danza / la classe di danza, 1873-1875 olio su tela - 85×75 cm Musée d'Orsay, Parigi
Nel dipinto, il contesto è riprodotto scegliendo il punto di vista a destra e un poco in basso. Degas era solito presentare le sue scene di ballo da angolature insolite: in genere, l’inquadratura recide i margini della scena e rende ancora più dinamica la struttura d’insieme dello spazio. Alcune figure sono tagliate dal bordo della tela: la composizione presenta, infatti, un taglio fotografico. La grandiosa profondità spaziale è poi accentuata dalle linee oblique delle tavole del parquet che riescono a creare l’illusione di uno spazio molto profondo, capace di prolungare, idealmente, quello reale dello spettatore.
I colori, secondo la tecnica impressionista, sono accostati uno all’altro, con l’intento di ottenere un effetto di massima luminosità. Spesso i dettagli sono ottenuti unicamente con macchie di colore puro, come nel caso del fiocco rosso che tiene i capelli della ragazza in primo piano. In molti quadri di ballerine di Degas, le ragazze sono di norma ritratte nei momenti di riposo e con diversi atteggiamenti: mentre si esercitano alla sbarra, si aggiustano il costume, sbadigliano, si massaggiano le caviglie indolenzite o, come in questo caso, si grattano la schiena, quest'ultima probabilmente è la celebre ballerina Marie van Goethem, la stessa modella rappresentata nella scultura la piccola danzatrice di 14 anni.
Piccola danzatrice di 14 anni
Sua modella per quest'opera fu Marie Van Goethem, figlia di immigrati belgi. Marie, entrò nella scuola di danza del teatro, all'età di 13 anni, ma venne espulsa quattro anni dopo, nel 1879, per la cattiva reputazione che si era guadagnata posando nuda e, verosimilmente, prostituendosi. Louise, invece, sorella minore di Marie, riuscì a diventare una ballerina, conoscendo anche una certa notorietà e poi proseguendo come insegnante di danza nella scuola del Teatro dell' Opera.La figura, creata in cera dipinta, era completata da capelli veri, scarpette da ballo, calze e tutù in tulle. L'opera venne fusa in bronzo dopo la scomparsa del maestro. Rappresenta una figura stante, nella tipica postura di attesa delle ballerine. l'opera trasmette una forte sensazione di realismo, data dal sapiente uso del modellato e dall'utilizzo, per il tutù, per il corpetto e per il nastro dei capelli, dei veri materiali di cui sono fatti nella realtà per le ballerine, quali il tulle e il raso. L'adolescente che si mette in posa per sostenere la prova di un passo di danza, può essere vista come la ragazzina che trepidante entra nel mondo adulto, alludendo ai tanti problemi e pericoli che questa età porterà con sè. In effetti, della Piccola ballerina di quattordici anni esistono ventisei esemplari, i più famosi custoditi al Musée d’Orsay, alla National Gallery of Art di Washington, al Metropolitan Museum of Art di New York, al Virginia Museum of Fine Arts, ma solo uno si può ritenere essere l’originale, realizzato direttamente dall’artista. La posa era lontana dal portamento eretto e composto tipico di una ballerina di danza classica, poiché il petto e il mento protendevano in avanti in un portamento sgraziato, le mani erano unite dietro le schiena, la gamba destra posta in avanti con il piede in en dehors (movimento di rotazione dell'anca verso l'esterno che consente all'intera gamba di girare e al piede di essere indirizzato lateralmente)., assumendo tuttavia una posizione rilassata. Per questo i critici avevano percepito nella scultura di Degas la bruttezza della ballerina, perché si discostava completamente dai modelli aggraziati e raffinati di ballerine che erano abituati ad ammirare in questi contesti espositivi. Ad accrescere inoltre la sensazione di trovarsi di fronte a una scimmia, come era stato affermato, o comunque a una creatura da studiare zoologicamente o antropologicamente, era il fatto che la statua era chiusa in una teca di vetro, come un artefatto di un museo etnografico.
Piccola danzatrice di 14 anni, 1879-1881 Bronzo patinato, gonnellino in cotone, nastro di raso 98x35,2x24,5 cm Parigi, Musée d'Orsay
Come rivelato dalle radiografie a raggi X, Degas per realizzare la Ballerina di quattordici anni ha modellato la cera su incastellature interne di metallo.
L'absinthe (dans un café)
La scena raffigurata si svolge nel Café de la Nouvelle Athènes, in Place Pigalle a Parigi. I soggetti dipinti sono l'attrice Ellen Andrée e l'incisore Marcellin Desboutin, rappresentati come inebriati dal consumo di assenzio. In realtà i due soggetti, amici del pittore e noti nell'ambiente bohémien di Parigi, non erano dediti all'alcool e quasi astemi. Come dichiarato dall'attrice anni dopo, solo nel suo bicchiere c'era dell'assenzio e l'atteggiamento straniato dei due era, ovviamente, una finzione richiesta da Degas Pur essendo seduti uno accanto all'altro, i personaggi sembrano lontanissimi fra loro e il loro sguardo è perso nel vuoto, quasi che Degas volesse rappresentare una coppia di estranei. Rappresentano due solitudini che non si incontrano, nemmeno con lo sguardo. Anche l'atmosfera dà un senso di oppressione, di pesantezza, proprio come in La classe di danza. La bevitrice sembra persa nel vuoto e mostra un’espressione triste e sofferente. Anche la sua posizione suggerisce abbandono e depressione. Infatti il busto è leggermente piegato in avanti e le spalle sono cadenti. Gli abiti dei personaggi rappresentati, ci danno l'idea del loro ceto sociale: la donna non è certo una borghese (si pensa che possa essere una donna di facili costumi), mentre l'uomo è il tipico clochard, ovvero un uomo che pur apparendo come un barbone era in realtà un artista che dipingeva solo per un'esigenza creativa, senza esporre i suoi quadri.
l'assenzio (1875-1876) olio su tela - 92×68 cm Museo d'Orsay, Parigi
V. Van Gogh Autoritratto,1889 Musee D'Orsay, Parigi
L'assenzio è un distillato ad alta gradazione alcolica all'aroma di anice, derivato da erbe quali i fiori e le foglie dell'assenzio maggiore (Artemisia absinthium), dal quale prende il nome.Il basso costo della sostanza ne favorì presto una grande consumazione e l’alcolismo diventò una piaga nazionale. Le preoccupazioni dei produttori di alcolici di qualità e delle amministrazioni pubbliche portarono così alla proibizione dell’uso di assenzio nel 1915 in Francia, in Italia nel 1992.
Schema prospettico
Inquadratura a CAMPO MEDIO colloca i personaggi all'interno di un ambiente; l'azione è distinguibile ed è legata all'ambiente in cui si svolge.
Pierre-Auguste Renoir
Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) è il pittore che, dopo Monet, ha meglio sintetizzato la poetica del nuovo stile pittorico. Iniziò la sua attività da ragazzo decorando porcellane, stoffe e ventagli. Si iscrisse all’École des Beaux-Arts e frequentò lo studio del pittore Gleyre dove incontrò Monet e Sisley. Dalla metà degli anni ’60 la sua pittura si configura già pienamente impressionista. Partecipa alla prima mostra impressionista del 1874 presso lo studio di Nadar. I quadri di questo periodo sono caratterizzati dalle immagini en plain air. In essi si avverte una leggerezza e un tono leggero che ne fanno una rappresentazione di gioia suprema. Capolavoro di questo periodo sono «La Grenouillère», o il «Bal au Moulin de la Galette». Renoir è anche insuperabile nella resa delle figura femminile, specie nei nudi. Le sue immagini sono create dalla luce stessa che, attraverso mille riflessi e rifrazioni, compone una immagine insolita ma di grande fascino. Dopo il 1881 la sua pittura entrò in crisi. Abbandonò la leggerezza del periodo impressionista per aprire un nuovo periodo che egli stesso definì «agro». La sua pittura tese ad un maggior spirito neoclassico, e a ciò non fu estraneo un viaggio che egli fece in Italia e che gli permise di conoscere i grandi pittori del passato. Colpito da artrite reumatica continuò imperterrito la sua attività di pittore fino alla morte.
La Grenouillère
Questo quadro appartiene alla fase in cui Renoir lavorava gomito a gomito con Claude Monet. Entrambi insieme si recavano, nell’estate del ’69, alla Grenouillère per dipingere. La Grenouillère era uno stabilimento balneare che sorgeva lungo la Senna, e ricorre in numerosi quadri sia di Monet che di Renoir. Il luogo sembra un paesaggio ma è in realtà un luogo urbano per eccellenza. Qui si portavano i parigini per passare ore felici e spensierate, passeggiando, nuotando, remando in barca. Il luogo non ha una presenza monumentale che ne segni lo spazio. È un ambiente fatto di elementi impalpabili: acqua, aria, luce che filtra tra gli alberi. Ed è indubbio che siano proprio questi elementi a costruire il fascino di un simile ambiente. Renoir cerca di cogliere la sensazione di essere in un luogo attraverso la percezione di luci e colori. Il tutto è reso con una immediatezza sorprendente. La visione che ha innanzi è in continuo movimento. Variano le luci e i riflessi nell’acqua. Le persone e le barche si spostano in continuazione. Renoir cerca di fissare sulla tela il tutto, senza però congelare il loro continuo divenire. Le forme, grazie a questa sensazione di sfumato e sfocato che la pittura trasmette, sembra che stiano in bilico tra due attimi successivi. Tra due spostamenti successivi. Da notare il verde cupo delle foglie dell’albero sulla rotonda che staccano in maniera perfetta il primo piano dal piano di fondo, trattato con diversa tonalità di verde;
P.A. Renoir La Grenouillère, 1869 olio su tela, 66×81 cm Nationalmuseum, Stoccolma
La Grenouillère di Renoir e Monet
C. Monet - 1869 - 74,6×99,7 cm - The Metropolitan Museum of Art, NY
P.A. Renoir La Grenouillère, 1869 - Nationalmuseum, Stoccolma
Il dipinto si ambienta nel pittoresco villaggio di Bougival (20 km a ovest di Parigi) e rappresenta l'isolotto di Croissy che divide il corso della Senna in due rami, collegato tramite un ponte ad un caratteristico ristorante all'aperto. Il locale, che si trova sulla sinistra, è allestito su di una zattera ormeggiata alla riva ed è provvisto di alcuni stabilimenti balneari. È scherzosamente chiamato con il nome di "stagno delle rane" che indica l'allegro chiacchiericcio delle ragazze riunitesi per divertirsi e scambiare pettegolezzi. In Primo piano due barche ormeggiate segnano le linee che si dirigono verso il punto di fuga (l'isolotto), mentre l'acqua riflette tremante il tutto. Attorno all'alberello dell' isolotto si dispongono uomini e donne che conversano e due fanciulle in procinto di raggiungere i loro compagni
Esame di stato
Filosofia: Schopenhauer e la sua opera Il Mondo come volontà e rappresentazione.
Inglese:Oscar Wilde: the picture of Dorian Grey and the importance of being Earnest
Fisica/Matematica: le equazioni di Maxwell; lo spettro elettromagnetico; l’analisi matematica per spiegare le leggi di Maxwell
IL DOPPIO
Storia:La Guerra Fredda
Confronto tra La Grenouillere di Monet e quella di Renoir
Letteratura latina: l’allusività antifrastica nella Pharsalia di Lucano
Scienze naturali:l’interno della Terra e il campo magnetico terrestre
Letteratura italiana: lil postmoderno: Umberto Eco e il double coding
La Colazione dei canottieri
P.A.Renoir colazione dei canottieri 1880-1882 olio su tela 129,5×172,5 cm Phillips Collection, Washington
Restaurant Maison Fournaise 14 personaggi
La Colazione dei canottieri
Il dipinto rappresenta un pranzo al ristorante La Fournaise a Chatou, un villaggio sulla Senna, frequentato abitualmente dai canottieri. La scena è ambientata nella veranda del locale, dove quattordici personaggi, tutti amici del pittore (tra cui la futura moglie, Aline Charigot, la donna con il cane), discorrono amabilmente fra loro dopo aver mangiato assieme. L'attenzione dell'artista si concentra molto sui colori, che formano i volumi e la prospettiva tramite la giustapposizione di toni caldi e freddi, chiari e scuri, primari e complementari. Gli avanzi del pasto sul tavolo appaiono come una complessa natura morta: Renoir si prese la libertà di dipingere frutta tipicamente autunnale che contrasta con il periodo estivo in cui è ambientata la scena. La composizione è studiata: Renoir inserisce le figure nello spazio della terrazza, chiusa da una balaustra e da esili strutture di ferro che sorreggono una tenda; la tavola scandisce il taglio diagonale dell'immagine e conferisce profondità.Nonostante il dipinto ritragga un gruppo di amici e conoscenti storicamente riconoscibili è considerato un’opera dal significato universale. I personaggi rappresentano donne e uomini riuniti in una situazione di amicizia. L’inquadratura della scena è di tipo fotografico. I soggetti principali sono tutti compresi all’interno del dipinto. I Canottieri, gli amici e le amiche non sono in posa ma sembrano inconsapevoli dell’artista che li osserva.
P.A.Renoir colazione dei canottieri 1880-1882 olio su tela 129,5×172,5 cm Phillips Collection, Washington
Il ristorante dei Fournaise in una foto scattata nel 2008, centoventisei anni dopo l'esecuzione de La colazione dei canottieri
3 Rue du Bac Ile des Impressionnistes, 78400 - Chatou
Gustave Caillebotte, I raschiatori di parquet, 1875 olio su tela, 102×147 cm Museo d'Orsay, Parigi
Questo quadro è divenuto anch’esso un simbolo dell’impressionismo. In esso sono sintetizzati soprattutto quello spirito giovane e ottimista che caratterizza i pittori, ma anche quella gioia di vivere, tipicamente parigina, che coinvolge anche le classi popolari che trovano i loro luoghi di svago nei bar lungo la Senna per una vita apparentemente senza pensieri. Il Moulin de la Galette era un locale popolare di Montmartre ove si andava a ballare all’aperto. Rispetto alla Grenouillère, in questo quadro Renoir si concentra maggiormente sulle figure che riempiono lo spazio della visione. Molti dei personaggi raffigurati sono amici del pittore. Tutto il quadro è pervaso da una sensazione rilassata e tranquilla. Le persone sono tutte sorridenti. Sono protetti da una ombra fresca che riflette su di loro una luce chiara ma non accecante. Nella più pura tradizione tonale, Renoir realizza gli spazi e i volumi solo con accostamenti di colori. La sua pennellata, in questo quadro, non è il solito tocco virgolettato ma si allunga in un andamento sinuoso e filamentoso. Si è molto discusso se questo quadro sia stato o non sia stato realizzato sul posto. La sua complessa elaborazione fanno ritenere che, in realtà, Renoir lo abbia realizzato nel suo studio. La sensazione è che il quadro sia il fotogramma di un film in continuo svolgimento. Questo che rimane, probabilmente, il quadro più celebre di Renoir è quasi la sintesi di tutto ciò che l’impressionismo ha portato come carica innovativa nella pittura francese ed europea.
Bal au Moulin de la Galette
Pierre-Auguste Renoir, Bal au Moulin de la Galette, 1876 olio su tela, 131×175 cm - Museo d'Orsay, Parigi
il soggetto principale è l'atmosfera