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MENANDRO

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Created on March 19, 2021

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Transcript

La commedia nuova

MENANDRO

COMMEDIA NUOVA

Per Commedia nuova (“νεα”) s’intende, stando alla ricostruzione filologica alessandrina, l’ultima fase della commedia, dopo la Commedia Antica e la Commedia di Mezzo. Si sviluppa nel pieno periodo di crisi che colpì la città di Atene (440-330 ca.), periodo in cui il cittadino smette di essere tale e svolge un ruolo irrilevante, nel campo politico. I suoi maggiori esponenti furono Filemone (nato a Siracusa nel 360 a.C), Difilo (nato a Sinope verso la metà del IV secolo) e soprattutto ricordiamo la figura importantissima di Menandro.

CARATTERISTICHE

  • si ispira ai contenuti della vita quotidiana (la famiglia, l'amore, il denaro ecc.).
  • esclude i riferimenti alla vita politica contemporanea.
  • I personaggi sono uomini comuni e “tipi” ben definiti, studiati e fissati accuratamente nei loro caratteri;
  • gli intrecci, imprevedibili e dagli esiti più inaspettati, si snodano e si risolvono sempre grazie alla Ty'che, la sorte, ingrediente fondamentale per l'agire umano.
  • Non vi ha alcun rilievo il coro, limitato a semplici intermezzi musicali tra gli atti.
  • Tipico della Commedia Nuova è il riconoscimento: la rivelazione di un inaspettato legame di parentela è risolutivo per sciogliere situazioni complicate, non risolvibili dall'agire umano.
  • È chiusa la cosiddetta “quarta parete“: viene eretto un muro e manca la partecipazione diretta allo spettacolo.

CONTESTO STORICO

Nuove condizioni politiche, economiche, sociali Mutamento del clima culturale. abolizione del theorikón ( contributo pubblico per spettatori non abbienti --> partecipazione di massa alle rappresentazioni) ora, gli spettacoli si rivolgono ad una ristretta classe dirigente, colta e raffinata. teatro concepito come forma di intrattenimento e di evasione. l'individuo non s'identifica più nel profilo del cittadino, ma nella dimensione più universale dell'uomo.

TEMI DELLE OPERE

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Familiari e aspirazione all'equilibrio di questi costituisce il nucleo tematico della commedia nuova: tema rapporto padre figlio, moglie marito, fratelli.Ha importanza anche il sentimento dell'amore

CHI È MENANDRO?

NOME: MENANDRO DATA DI NASCITA: 342 a.C LUOGO DI NASCITA: CEFISIA, GRECIA PROFESSIONE: COMMEDIOGRAFO E AFORISTA GRECO CITTADINANZA: GRECA

DRAMMATURGIA

Rispetto alla commedia antica, Menandro introduce alcune novità nella scansione della rappresentazione teatrale. Innanzitutto fissa l'attenzione sul prologo in cui vuole siano raccontati sia l'antefatto sia la conclusione della commedia per consentire agli spettatori di concentrarsi non sulla trama ma su come questa viene rappresentata. Per Menandro modello indiscusso è Euripide.Poi riduce la struttura della commedia alla successione dei cinque episodi o atti intervallati dal Choroù mèros (la “parte del coro”), ossia un semplice intermezzo musicale, privo di ogni finalità etico-educativa. Nella commedia di Menandro quindi non figurano le parti corali della parabasi e dell'agone, caratteristiche della commedia antica.

SCHEMI RICORRENTI

La commedia di Menandro tratta è focalizzata sulla tematica dell'amore che prevede la ripetizione di un identico schema: due innamorati, separati da un ostacolo iniziale, dopo un tempo di distacco in cui devono affrontare difficoltà e svariate peripezie, riescono a coronare il loro sentimento oppure a ripristinare la felicità del momento iniziale, che per un equivoco o un errore era stata turbata

I PERSONAGGI

Menandro trasforma i vecchi personaggi della commedia antica in maschere fisse e canonizzate (vecchio bisbetico, soldato innamorato, misantropo, cuoco ciarliero, medico straniero, schiavo impressionabile) e segue l’evoluzione psicologica dei personaggi in chiave decisamente realistica, dando spazio a emozioni e sentimenti positivi, sotto l’influsso del teatro di Euripide. La cifra veramente caratterizzante il teatro di Menandro è l’imitazione della vita: la sua commedia verrà definita da Cicerone (106-43 a.C.) ‘specchio della vita’ . Il mondo latino infatti adotterà Menandro come modello d’ispirazione indiscusso. L’uomo menandreo è pieno di speranze, ma anche vulnerabile; i personaggi, in quanto individui, non sono esenti da vizi, ma, pur nella loro mediocrità, sono portatori di valori condivisibili. Si tratta di un teatro che rispecchia una società fragile, sempre esposta alla volubilità del caso, ossia della Tyche, personificazione sulla scena dell’imprevedibilità degli eventi umani.

STILE

Lo stile di Menandro, a prima vista semplice e disteso, è invece di controllata eleganza e studiata ricercatezza. Adotta costantemente uno stile medio, uniforme e vicino alla parlata della parte più colta del suo pubblico e si astiene dagli estremismi linguistici, sia quelli dello stile sublime della tragedia, sia, specialmente, quelli del registro colloquiale e spesso scurrile ed osceno della commedia antica. Il metro è il trimetro giambico e la lingua è il dialetto attico del tempo (IV sec. a.C.) che preannuncia il costituirsi della koinè diàlektos (la “lingua comune”) di età ellenistica.

PERCHÉ LO RICORDIAMO?

Assai più di Aristofane, Menandro ha creato motivi, situazioni e personaggi che sono divenuti archetipi per tutto il teatro comico successivo: basti pensare a temi come quello della gelosia, dell'amicizia o del contrasto generazionale oppure a personaggi come quello del misantropo o dell'avaro. Tuttavia l'influenza menandrea sul teatro successivo si esercitò indirettamente, per il tramite della commedia latina di Plauto e di Terenzio: essi utilizzarono Menandro, con la libertà loro concessa dalla particolare configurazione del teatro comico latino, che prendeva esplicitamente a modello i testi greci, operandone liberi rifacimenti. Dopo l'eclissi nel mondo medievale, che si confrontò con forme di comicità diverse, spesso derivate dalla cultura popolare, la commedia classica fornì spunti, tipi e strutture al teatro comico del Rinascimento sia nella letteratura italiana (da Ariosto a Machiavelli) sia in quella europea.

LA DONNA DI SAMO

PERSONAGGI

ARGOMENTO PRINCIPALE

TRAMA

  • Moschione
  • Criside
  • Parmenone
  • Demea
  • Nicerato

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La donna di Samo del titolo è Criside, attorno alla sua figura ruotano le vicende di due famiglie in un intreccio di amori, equivoci e inganni che si scioglie nell'immancabile lieto fine.

L'EDUCAZIONE DEI FIGLI

La critica nei confronti di come attualmente viene gestito il rapporto generazionale è diventata alquanto diffusa, sono in molti a contestare i metodi educativi odierni, giudicati troppo permissivi ed anche irresponsabili. In effetti la società odierna è profondamente diversa da quella di mezzo secolo fa. la differnza maggiore era che allora i genitori erano molto rigidi ed autoritari. Qui sovviene il principio aristotelico del giusto mezzo, che non si riesce quasi mai ad ottenere. Dunque come si può individuare un punto di equilibrio che consenta di educare un figlio o una figlia nel migliore dei modi? si potrebbe prendere esempio da ciò che ci dicono gli autori antichi. Si può fare riferimento al genere letterario della commedia, che nella sua fase più avanzata detta Commedia Nuova in ambiente greco e fabula palliata in quello romano non si pose più soltanto l’obiettivo di divertire gli spettatori e suscitare la loro ilarità, ma anche quello di trasmettere un messaggio culturale che potesse migliorare la vita individuale e familiare di una società che in epoca ellenistica.

IN MENANDRO

Menandro si occupò diffusamente del problema educativo e del rapporto generazionale in diverse commedie, ma soprattutto nella “donna di Samo” . Qui il protagonista, un ricco signore ateniese di nome Demea, ha rinunciato al matrimonio ed ha instaurato una convivenza con una cortigiana, Criside, e per assicurarsi una discendenza ha adottato il giovane Moschione, ch’egli tratta però alla stessa stregua di un figlio naturale. Il rapporto tra padre e figlio è stato sempre improntato a reciproca fiducia ed affetto: il ragazzo rispetta il genitore e ne segue i consigli, ma costui non applica mai la forza e la costrizione nei riguardi del giovane. Anche quando quest’ultimo, offeso per un sospetto che suo padre ha concepito su di lui, minaccia di andarsene da casa per fare il soldato mercenario, Demea non lo prega servilmente di restare perché ciò avrebbe annullato la propria dignità, ma neanche lo lascia partire: pronuncia invece un discorso conciliativo in cui ricorda al figlio come il loro rapporto sia sempre stato ottimale, e come non è il caso di rovinare tutto per un malinteso che può essere facilmente sanato. Evita quindi del pari sia la severità eccessiva che l’altrettanto eccessiva arrendevolezza.

INTERVISTA DOPPIA

Su cosa pensate si basi il vostro rapporto padre-figlio?

MOSCHIONE

DEMEA

< Ho sempre cercato di porre la fiducia e il rispetto alla base del rapporto con mio figlio Demea. Non ho mai voluto interpretare il ruolo del padre troppo severo, per paura che non vedesse in me una figura amica con cui confidarsi. Allo stesso tempo però un genitore deve avere la capacità di imporre la propria autorità, in quanto, data la maggiore esperienza, è in grado di indirizzare i propri figli verso le scelte più sagge. >

< Ho sempre visto mio padre oltre che come un genitore, come un amico, un confidente, un compagno di vita, una spalla su cui piangere, l'unica persona che sapevo ci sarebbe sempre state per me. Abbiamo riposto reciprocamente fiducia l'uno nell'altro, ed entrambi sapevamo che nessuno dei due avrebbe mai potuto tradirla. >

INTERVISTA DOPPIA

Quanto è accaduto ha cambiato il vostro rapporto? Se sì, siete riusciti a ricostruirlo?

MOSCHIONE

DEMEA

< Quando, al mio ritorno, ho appreso la notizia, non avevo alcun tipo di sospetto, ma udendo le parole della nutrice sono arrivato a dubitare della fedeltà di Criside e ancor di più di quella di mio figlio. Non potevo crederci! Mio figlio era veramente stato capace di farmi una cosa simile? Assolutamente no! Mi sono largamente sbagliato... E quando ho capito che si trattava di un malinteso, era troppo tardi, la fiducia di Moschione nei miei confronti era andata perduta. Il nostro rapporto era cambiato e ho pensato che l'unico modo per recuperarlo fosse ricordargli che errare è umano e che non dovevamo lasciare che un malinteso del genere distruggesse il nostro rapporto puro e sincero.>

<Mi sono sentito estremamente offeso dalle accuse mosse da mio padre nei miei confronti, non pensavo che proprio lui potesse dubitare di me, che sono sempre stato pronto a dimostrargli lealtà e rispetto. Istintivamente ciò che mi sono sentito di fare era andarmene via, il più lontano possibile da lui poichè essendo io orgoglioso di carattere, non potevo accettare una simile calunnia. Ero deciso a lasciare tutto e tutti, ma l'amore che provo per mio padre, è stato in grado di stravolgere i miei piani. Quindi si, siamo riusciti a ricostruire il nostro rapporto, che col tempo spero si consolidi ancora di più.>

IN TERENZIO

Anche in ambito romano un grande poeta della commedia, Terenzio (195-159 a.C.), si è posto il problema educativo in quella che è forse la sua opera più riuscita, gli Adelphoe (“I due fratelli”). Nella trama vi sono appunto due fratelli: il primo, Demea, ha avuto due figli e ne ha dato in adozione uno, Eschino, al fratello Micione, mentre ha tenuto con sé l’altro, Ctesifone. I due ragazzi sono quindi cresciuti in base a due metodi educativi completamente opposti: Ctesifone è stato abituato al lavoro, al dovere e soprattutto è destinato, nel pensiero del padre Demea, a diventare esattamente come lui; Eschino invece, affidato allo zio Micione, ha avuto una vita comoda. Lo svolgersi della commedia, e soprattutto il contestato finale, mostra inequivocabilmente come entrambi questi metodi estremi siano sbagliati: chi è abituato all’eccessiva severità del padre finisce per ingannarlo e agire alle sue spalle, chi invece è abituato ad avere tutto è portato a credere che tutto gli sia permesso e che nessuna legge valga per lui, ed infatti Eschino entra in casa altrui, rapisce a forza una ragazza di cui si era invaghito il fratello e non si rende neanche conto di aver commesso un reato, e piuttosto grave anche. Ma dopo le schermaglie tra i due fratelli, dove ciascuno sostiene il proprio metodo, ciò che risulta alla fine è che entrambi hanno sbagliato, chi per eccesso e chi per difetto.

IL RAPPORTO PADRE FIGLIO...

E’ evidente,dunque, che la via del giusto mezzo è sempre la migliore, proprio quella che indica Menandro quando parla del dovere del figlio di ascoltare i consigli del padre ma senza che quest’ultimo imponga con la forza la sua volontà; ed è anche quella che indica Terenzio quando parla del genitore come attento consigliere dei figli, un padre o una madre che debbono diventare un punto di riferimento morale per i giovani ancora inesperti dei casi della vita. Possiamo quindi affermare che la saggezza degli antichi, espressa attraverso opere letterarie immortali, è ancora utile oggi ed in qualche caso addirittura essenziale. Una ragione in più per non dimenticare il nostro passato e per sostenere un principio a cui io ho sempre creduto, quello cioè secondo cui un popolo che non conosce il proprio passato non ha nemmeno un futuro, perché un albero che non prende nutrimento dalle sue radici non potrà mai elevarsi verso il cielo.

ALLA RICERCA DI NEMO

Molti film, nonché cartoni animati hanno trattato seppur in maniera velata il problema dell'educazione. Tra questi "Alla ricerca di nemo" ne è un esempio calzante. Questo film è molto più di una semplice avventura subacquea. Affronta la crisi d'identità di Nemo, un bambino che ha perso la madre ancor prima di nascere e da allora sta lottando; mentre suo padre fa del suo meglio per mantenere suo figlio al sicuro. 'Alla ricerca di Nemo' è la battaglia di un padre che cerca di crescere un figlio da solo. Potrebbe non sapere come crescere un bambino, ma sa che ama suo figlio e farebbe qualsiasi cosa per lui.

GrAZIE PER L'ATTENZIONE

Annaclaudia D'Agosto Alessandra Santoriello