Want to create interactive content? It’s easy in Genially!
Personaggi dello sport
seidenari
Created on March 12, 2021
Start designing with a free template
Discover more than 1500 professional designs like these:
View
Smart Presentation
View
Practical Presentation
View
Essential Presentation
View
Akihabara Presentation
View
Pastel Color Presentation
View
Visual Presentation
View
Relaxing Presentation
Transcript
Personaggi dello sport
JESSE OWENS
PETER NORMAN
Jesse Owens
1936 Berlino
Lo sport fa la storia, e per ricordarsi di quanto alcuni eventi ad esso legati siano in grado di impattare sulla nostra cultura contemporanea è possibile tornare indietro, fino alle Olimpiadi di Berlino del 1936, fortemente volute da Hitler (su consiglio di Goebbels) perché diventassero dimostrazione della superiorità ariana. A fare maggiormente scalpore non furono le 89 medaglie, di cui 33 d’oro, della Germania, ma le 4 medaglie d’oro dell’atleta afroamericano Jesse Owens (100, 200 metri e salto in lungo, più una staffetta 4x100 metri a cui non era nemmeno iscritto ma a cui fu costretto a partecipare al posto di due corridori ebrei ovviamente esclusi) di fronte a una platea gremita di esponenti della razza pura. Un momento, per altro, reinterpretato dalla memoria collettiva contemporanea, ignara del fatto che il trattamento subito da Owens in Germania si sia rivelato migliore di quello che gli avrebbero riservato in patria, dove vigevano le leggi di segregazione razziale che ancora a lungo l’avrebbero costretto a usare gli ingressi posteriori e gli ascensori di servizio quando era invitato a una manifestazione.
I risultati
- 100 m piani Oro 10"3
- 200 m piani Oro 20"7Record mondiale
- Salto in lungo Oro 8,06 m Record olimpico
- 4×100 m Oro 39"8
Peter Norman
1968 Città del Messico
Premiazione dei 200 metri piani, durante la quale il vincitore a tempo di record del mondo Tommie Smith e il suo connazionale John Carlos, terzo classificato, alzarono il pugno chiuso guantato in nero in segno di protesta contro il razzismo e in risalto delle lotte di potere nero, mentre Peter Norman, australiano, sfoggiò una spilla in favore dei diritti umani. Essi ascoltarono l'inno nazionale americano con il capo chinato come per vergogna, tenendo gli occhi fissi sulle loro medaglie come in segno di protesta.
Peter Norman, velocista australiano che si guadagnò l'argento correndo in 20 e 06. Ancora oggi nessun altro australiano è riuscito a battere questo record. Ma non è nemmeno questa la parte più importante della sua storia, per quanto non tutti possono raccontare di aver vinto un argento alle Olimpiadi. Norman lo conosceva bene il razzismo, in Australia si vivevano quotidianamente tensioni razziali pari a quelle dell'apartheid sudafricano. Prima della finale, i due americani si avvicinarono a Norman. La loro domanda fu secca: "Credi nei diritti umani?", "Sì", la risposta di Norman. "Sono con voi". Terminata la gara, Carlos e Smith salirono sul podio indossando sul petto uno stemma del Progetto Olimpico per i Diritti Umani, un simbolo per tutti gli atleti impegnati nella lotta per l'uguaglianza. Scalzi, per simboleggiare la povertà a cui erano costretti i loro fratelli. Con i guanti neri, accessorio indossato dalle Pantere Nere. Ma ne avevano solo un paio. Fu proprio Norman a suggerire loro di indossarne uno a testa. Ma l'australiano fece di più, disse di credere in loro, di voler partecipare anche lui alla loro causa: "Io credo in quello in cui credete voi. Avete uno di quelli anche per me?", indicando lo stemma del Progetto per i Diritti Umani sul petto dei due. "Così posso mostrare la mia solidarietà alla vostra causa".
L'inno americano suonò giusto due note, sull'intero stadio cadde il silenzio. Quel che stava succedendo su quel podio era qualcosa di inimmaginabile. La loro manifestazione aveva sortito l'effetto sperato. Il capo delegazione americano escluse seduta stante Smith e Carlos dal team Usa, per poi cacciarli dal villaggio olimpico. Tornati in patria, i due velocisti furono addirittura minacciati di morte. Ma chi pagò, nel silenzio, lo scotto maggiore fu proprio Norman. Criticato, osteggiato e dimenticato dal suo paese. Solo per aver voluto solidarizzare con due atleti di colore. Quello di Norman era un gesto incomprensibile per i bianchi australiani. Fu costretto a lasciare l'atletica, lui che tanto aveva lottato solo per comprare un paio di scarpe da corsa, lavorando come apprendista macellaio. Ebbe difficoltà a trovare un lavoro, cadde in depressione e si diede all'alcol. Le scuse del suo Paese arrivano troppo tardi, solo nel 2012, quando il Parlamento australiano riabilitò definitivamente l'immagine di Norman. Il giorno del suo funerale, a trasportare la bara, fianco a fianco, furono gli stessi Smith e Carlos. Un ultimo tributo a chi lottò con loro e pagò le conseguenze della propria scelta.