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I bimbi di Pascoli
renatonanagucci
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Transcript
Giovanni Pascoli
Biografia, il suo soggiorno a Matera e la poesia "Il gelsomino notturno"
Giovanni Pascoli nacque nel 1855 a San Mauro da una famiglia benestante, quarto di dieci fratelli e figlio di Ruggero Pascoli, amministratore di una tenuta dei principi Torlonia e di Caterina Vincenzi Alloccatelli. La sua infanzia fu caratterizzata da una lunga serie di lutti familiari; morirono infatti, per cause diverse, la sorella maggiore Margherita, la madre Caterina e due suoi fratelli Luigi e Giacomo ancora molto giovani, ma la morte che lo segnò più nel profondo fu l'assassinio del padre nel 1867, che ebbe anche gravi conseguenze economiche sulla famiglia. Dopo la prima elementare venne mandato a studiare ad Urbino insieme ai suoi fratelli; nel 1873 vinse una borsa di studio e si trasferì a Bologna per studiare lettere, ma a causa di alcune manifestazioni studentesche e accuse di attività sovversive perse la borsa di studio e finì in carcere per qualche mese.
Biografia
Infanzia e studi
La famiglia Pascoli con madre, padre e alcuni dei fratelli di Giovanni.
Biografia
Insegnamento e prime opere
Uscito di prigione riprese gli studi e si laureò nel 1882. In seguito alla laurea, venne nominato professore di greco e latino nel liceo di Matera nel 1882, in cui trascorse due anni per poi venire trasferito a Massa con le sue sorelle Ida e Maria. Nel corso della sua vita, a partire dal 1887, cambiò molte città tra cui Livorno, Bologna, Messina e Pisa insegnando letteratura e grammatica greca e latina, fino a prendere il posto del suo maestro e amico Giosuè Carducci alla cattedra bolognese di letteratura italiana nel 1905.
Nel 1887, inoltre, suo fratello Raffaele si sposò, facendo rimanere la famiglia a tre membri: Giovanni e le sorelle Ida e Maria, molto amate e protette dal poeta. Durante i suoi anni di insegnamento Pascoli iniziò la sua attività da poeta, pubblicando la sua prima raccola Myricae nel 1891, vincendo una medaglia d'oro al concorso di poesia latina di Amsterdam.
Dopo anni di trasferimenti, nel 1895 Pascoli si stabilizzò in una villa nel paesino di Castelvecchio nel comune di Barga, assieme a sua sorella Maria; la casa, da lui definita come un rifugio, fu la sua dimora fino alla sua morte. La figura del "nido" per il poeta è molto importante e si riflette soprattutto nelle sue opere; i suoi continui spostamenti per tutta l'Italia l'hanno portato, difatti, a desiderare una "via di fuga" per tornare alla vita in campagna insieme alla sua famiglia, ormai ridotta a lui e sua sorella Maria, dato il successivo matrimonio di Ida. Durante questi anni Pascoli aumentò la sua produzione poetica, pubblicando la prosa Il fanciullino e raccolte come Poemetti e i Canti di Castelvecchio. Nel 1912 le sue condizioni di salute peggiorarono e si trasferì a Bologna per cure migliori. Qui morì nello stesso anno di cirrosi epatica a 56 anni, ma decise comunque di farsi seppellire a Castelvecchio, vicino casa sua.
Biografia
Il "nido" di Castelvecchio e la morte
La casa di Castelvecchio di Barga, rinominato Castevecchio Pascoli in suo onore.
Biografia
Le opere
Myricae (1891-1911) La prima raccolta di Pascoli, myricae, fu pubblicata nel 1891, per poi venir seguita da altre edizioni. La parola "Myricae" vuol dire "tamerici" ed è tratta da una citazione di Virgilio. Proprio come le tamerici, le poesie in questa raccolta sono umili e molto semplici; temi ricorrenti sono la vita di campagna e il "nido", ma sono comuni anche momenti di dolore, dati dai lutti dell'autore. La raccolta è dedicata a suo padre. Il fanciullino (1897) E' un'opera in prosa divisa in 20 capitoli, in cui pascoli descrive il proprio pensiero e le proprie riflessioni riguardo la poesia.
Primi poemetti (1904) e Nuovi poemetti (1907) Sono componimenti poetici a carattere narrativo, originariamente compresi nella raccolta unica Poemetti, ma poi arricchita e divisa in due parti.
Biografia
Le opere
Canti di Castelvecchio (1903) Nei Canti di Castelvecchio Pascoli riprende i temi di Myricae con la loro semplicità, ma i componimenti sono più lunghi e complessi. I temi della morte e del nido sono più accentuati e compare il nuovo tema dell'amore. Questa raccolta è invece dedicata alla madre. Altre raccolte Altre raccolte di minore importanza sono: Poemi conviviali (1904-1905), Odi e inni (1906/1907), Canzoni di re Enzio (1909), Poemi italici (1911) e Poemi del Risorgimento (1913).
Biografia
Pascoli aderisce al decadentismo e ne diventa uno dei massimi esponenti. Tuttavia, questa corrente letteraria non è l'unico elemento a caratterizzare il poeta; egli infatti si avvale anche del simbolismo, una corrente artistica sviluppatasi insieme al decadentsimo, che consiste nella rappresentazione non fedele del mondo che ci circonda, ma appunto simbolica e soggettiva; in particolare fa grande uso del fonosimbollismo, un sottoinsieme della corrente precedente che si disingue per la rappresentazione della realtà mediante i suoni espressi nel componimento; Pascoli fa quindi grande uso di onomatopee e allitterazioni, dando una forte musicalità e caratterizzazione alle sue opere.
Pascoli e il decadentismo
Il decadentismo è una corrente letteraria nata in Francia a cavallo tra il XIX e il XX secolo e diffusa nel resto di Europa, che si contrappone al positivismo scientifico e al naturalismo. Il nome della corrente è dato dalla decadenza degli ideali e dei valori umani che caratterizza questo periodo; esso, originariamente, era in realtà un termine dispregiativo per descrivereil movimento della nuova generazione di poeti, ma con il tempo perse la sua connotazione negativa. Ciò che caratterizza le opere decadentiste sono la struttura della poesia più libera, la visione della vita come un mistero e le sensazione espresse dai poeti mediante i loro componimenti.
Biografia
Per questo aspetto Giovanni Pascoli si discosta dal pensiero decadentista classico: in questo, infatti, vi è la concezione del poeta come un uomo superiore alla massa perchè avente determinate qualità; il nostro poeta si considera invece un uomo comune capace di apprezzare le piccole cose della vita quotidiana, come appunto solo un bambino farebbe.
La Poetica del Fanciullino
Nel componimeto Il fanciullino, opera del 1897 suddivisa in 20 capitoli, Pascoli esprime i suoi pensieri e riflessioni riguardo la sua poetica. Secondo il poeta, in ogni uomo, a prescindere dall'età e dalla condizione sociale, vi sia un fanciullino, ovvero uno spirito che riprende la capacità dei bambini di stupirsi per qualsiasi cosa essi vedano, essendo per loro la prima volta. L'aspirazione per un uomo è, quindi, l'esternazione del proprio "fanciullino" per poter apprezzare le piccole cose della nostra vita quotidiana; in questo succedono gli artisti che, secondo Pascoli, sono gli unici ad avere questa capacità.
Riassunto
Nasce nel 1855 a San Mauro di Romagna
Pubblica la sua prima raccolta Myricae nel 1891
Muore nel 1912 a Bologna e viene seppellito a Castelvecchio
Si laurea in lettere nel 1882 e diventa inegnante di greco e latino
Si trasferisce a Castelvecchio nel 1895 e continua l'attività poetica
Il soggiorno a Matera 1882-1884
Pascoli a Matera
L'arrivo
La lontananza dalle sorelle
In seguito alla laurea, Giovanni Pascoli riuscì ad ottenere una cattedra al liceo E. Duni a Matera grazie al suo maestro Giosuè Carducci nel biennio 1882-1884. Arrivò in città nella notte tra il 6 e il 7 ottobre, durante un temporale e descrisse i paesaggi che vide durante il viaggio di una "sinistra bellezza". Il primo anno di insegnamento fu per lui traumatico: Matera all' epoca era un paesino molto piccolo, povero e di soli contadini; la cultura era infatti per pochissimi ed egli stesso scrive, riguardo la città: "la cultura nel migliore dei casi era un lusso e, nel peggiore, un’arma di sopraffazione nelle mani delle classi agiate”
In alcune lettere scritte a Carducci, egli lamentava la mancanza di libri, le condizioni di vita allora e il continuo soffiare dello Scirocco; l'effetto di spaesamento fu tale per il poeta che paragonò Matera come una città dell'Africa. Come se non bastasse, per un errore dell'Intendenza rimase senza stipendio per quattro mesi. Ciò che turbò di più Pascoli fu, tuttavia, la lontananza dalle sue sorelle Ida e Maria: esse infatti erano rimaste a Sogliano affidate ad un covento e il poeta dovette aspettare due anni, quando si trasferì a Massa, per portarsele con sé. Fu proprio a Matera che Giovanni Pascoli iniziò il progetto del "nido", per vivere in serenità con la sua famiglia.
Pascoli a Matera
Palazzo Lanfranchi
All'epoca, il liceo ginnasio E. Duni era situato nel Palazzo Lanfranchi: esso venne ufficializzato come scuola nel 1864, in seguito all'unità d'Italia, e rimase tale fino al 1967. Esso però ha origini più antiche: fu edificato tra il 1668 al 1672 dal frate Francesco da Copertino su richiesta dell'arcivescovo di Matera Vincenzo Lanfranchi; era stato progettato in origine come un seminario e così rimase fino all'unità d'Italia.Dagli anni ottanta ha ospitato Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Basilicata , mentre nel 2003 divenne invece museo nazionale d'arte medievale e moderna della Basilicata.
Questa zona come luogo di culto ha, però, origini ben più remote: la costruzione di questo palazzo inglobò infatti la chiesa, ormai sconsacrata, della Madonna del Carmine, mentre alle sue spalle vi è l'antica chiesa rupestre "Mater Domini".
Pascoli a Matera
Il ricordo di Matera
Il secondo anno per Pascoli fu migliore: in seguito alle lettere scritte a Carducci, ad alcune sue iniziative e alle richieste fatte allo stato, nel 1884 il preside del liceo ginnasio annunciò la ristrutturazione della biblioteca della scuola e l'allestimento del museo di antichità paesane, oggi il museo Ridola.Alla fine dell'anno scolastico, per arrotondare lo stipendio, decise di fare il commissario per gli esami di Stato a Viggiano, e da qui scrisse a Carducci, affinché si adoperasse in difesa del paese lucano e al liceo fossero assegnati due professori.Negli anni successivi Pascoli ricordò Matera come "la città che mi sorride di più" e suoi alunni, con cui ebbe un rapporto molto stretto. Giovanni Pascoli è considerato da Matera come un figlio adottivo, e gli fu dedicata la piazzetta sotto palazzo Lanfranchi che affaccia sui sassi, che porta tutt'oggi il suo nome.
Il gelsomino notturno
1903, Canti di Castelvecchio
Il gelsomino notturno
Un’ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento... È l’alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l’urna molle e segreta, non so che felicità nuova.
E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso ai miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l’erba sopra le fosse.
Il gelsomino notturno - Parafrasi
Un’ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento... È l’alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l’urna molle e segreta, non so che felicità nuova.
Un’ape arriva in ritardo, cerca una cella ma sono tutte occupate. Nel cielo risplende una costellazione simile ad una chioccia, il suo brillare sembra dar voce al suo pigolio. Per tutta la notte si espande il profumo portato dal vento. Una luce accesa sale per le scale, brilla al primo piano e poi si spegne. All'alba si schiudono i petali un po' sgualciti, mentre con una felicità a me sconosciuta si genera una nuova vita nel grembo della madre.
E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso ai miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l’erba sopra le fosse.
Si aprono i fiori notturni, nell’ora dedicata ai miei cari, sono comparse tra i fiori bianchi le farfalle notturne. Calato il silenzio si percepisce solo una casa solitaria, mentre i piccoli uccelli dormono protetti dalle ali della madre come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici dei fiori dischiusi esce un odore simile a quello di fragole rosse. In una sala risplende una luce, mentre l’erba cresce sulle tombe dei morti.
Il gelsomino notturno - Strofe e Versi
La poesia "Il gelsomino notturno" è un componimento di Giovanni Pascoli racchiusa nella raccolta "Canti di Castelvecchio", pubblicata nel 1903, dedicata alle nozze di un amico. In essa viene raccontata la prima notte di nozze dei due sposi e viene contemporaneamente descritto il paesaggio notturno, elementi che generano nel poeta un senso di solitudine. La poesia è formata da 6 strofe da 4 versi ciascuno; si dicono quindi sei quartine.
Un’ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento... È l’alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l’urna molle e segreta, non so che felicità nuova.
E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso ai miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l’erba sopra le fosse.
Il gelsomino notturno - Lunghezza dei versi
La lunghezza dei versi è fissa; essi sono tutti novenari, ovvero presentano nove sillabe mentriche all'interno di essi, fa eccezione il verso 21 , che ha invece dieci sillabe metriche ed è quindi un decasillabo. I versi sono piani perchè nella loro ultima parola l'accento cade sulla penultima sillaba, tranne nel verso 21 in cui cade sulla terzultima, rendendolo sdrucciolo. Le figure metriche presenti in questa poesia sono molte, per la maggior parte sinalefi (segnalate in rosso); abbiamo anche alcune sineresi (segnalate in verde).
Un’a/pe/ tar/di/va/ sus/sur/ra tro/van/do/ già/ pre/se/ le/ cel/le. La/ Chioc/cet/ta/ per/ l’a/ia az/zur/ra va/ col/ suo/ pi/go/lio/ di/ stel/le. Per/ tut/ta/ la/ not/te/ s’e/sa/la l’o/do/re/ che/ pas/sa/ col/ ven/to. Pas/sa il/ lu/me/ su/ per/ la/ sca/la; bril/la al/ pri/mo/ pia/no:/ s’è/ spen/to... È/ l’al/ba:/ si/ chiu/do/no i/ pe/ta/li un/ po/co/ gual/ci/ti;/ si/ co/va, den/tro/ l’ur/na/ mol/le e/ se/gre/ta, non/ so/ che/ fe/li/ci/tà/ nuo/va.
E/ s’a/pro/no i/ fio/ri/ not/tur/ni, nel/l’ora/ che/ pen/so ai/ miei/ ca/ri. So/no ap/par/se in/ mez/zo ai/ vi/bur/ni le/ far/fal/le/ cre/pu/sco/la/ri. Da un/ pez/zo/ si/ tac/que/ro i/ gri/di: là/ so/la u/na/ ca/sa/ bi/sbi/glia. Sot/to/ l’a/li dor/mo/no i/ ni/di, co/me/ gli oc/chi/ sot/to/ le/ ci/glia. Dai/ ca/li/ci a/per/ti/ si e/sa/la l’o/do/re/ di/ fra/go/le/ ros/se. Splen/de un/ lu/me/ là/ nel/la/ sa/la. Na/sce/ l’er/ba/ so/pra/ le/ fos/se.
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Il gelsomino notturno - Schema delle rime
Lo schema delle rime è il seguente: abab cdcd efef ghgh ilil mnmn La poesia è composta da rime alternate, molto frequenti nella lingua italiana; esse sono tutte rime regolari, ma nell'ultima strofa troviamo una rima ipèrmetra (petali/segreta), perchè un verso sdrucciolo rima con un verso piano . Nella terza strofa abbiamo anche una rima inclusiva (esala/sala), perchè la parola sala è compresa in esala.
Un’ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento... È l’alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l’urna molle e segreta, non so che felicità nuova.
E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso ai miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l’erba sopra le fosse.
Il gelsomino notturno - Figure retoriche
Le figure retoriche in questo componimento sono principalmente figure di significato: Allitterazioni per tutto la poesia, in particolare ripetizioni della lettera "r" ed "a" Onomatopee ai versi 6 e 13: bisbiglia, sussurra; Anàstrofe al verso 7: dormono i nidi; Similitudine al verso 8: come . . . ciglia; Metafora ai versi 15 e 23: l'aia azzurra, l'urna molle e segreta; Antitesi al verso 20: brilla . . . spento; Analogia ai versi 15 e 16: La Chioccetta . . . stelle; Sinestesìa al verso 10 e 15: l'odore di fragole rosse, pigolio di stelle; Metonìmia ai versi 6 e 7: una casa bisbiglia, dormono i nidi; Personificazione ai versi 12 e 13: nasce l'erba, un'ape sussurra.
Un’ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento... È l’alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l’urna molle e segreta, non so che felicità nuova.
E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso ai miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l’erba sopra le fosse.
Il gelsomino notturno - Enjambements
Un’ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento... È l’alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l’urna molle e segreta, non so che felicità nuova.
E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso ai miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l’erba sopra le fosse.
Gli enjambements individuati in questa poesia sono cinque: tra i versi 9-10 (si esala / l'odore); tra i versi 13-14 (sussurra / trovando); tra i versi 15 e 16 (azzurra / va); tra i versi 17-18 (s'esala / l'odore); tra i versi 21-22 (i petali / un poco gualciti).
Il gelsomino notturno - Campi semantici
NATURA: gli elementi naturali, piante e animali, come farfalle e fiori, sono ricorrenti per tutta la poesia. MORTE: troviamo riferimenti alla morte nelle prime sequenze della poesia. VITA, NASCITA: nell'ultima strofa abbiamo costanti riferimenti alla nascita, in contrapposizione alla morte. NOTTE, BUIO: elementi notturni sono presenti in tutta la poesia, tranne che nell'ultima strofa in cui vi è l'alba. SOLITUDINE, ESCLUSIONE: la solitudine sentita da Pascoli è presente sia nelle di buio e morte che nel momento di luce e rinascita.
Un’ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento... È l’alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l’urna molle e segreta, non so che felicità nuova.
E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso ai miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l’erba sopra le fosse.
Il gelsomino notturno - Registro Linguistico
I termini usati da Pascoli per comporre questa poesia appartengono ad un registro medio-alto; se infatti la maggior parte del testo è facilmente comprensibile, vi sono dei termini appartenenti ad un registro più alto (segnalati in rosso) ed alcuni tecnicismi (segnalati in viola), come le parole usate per descrivere l'anatomia delle piante. Per quanto riguarda la struttura sintattica, invece, la costruzione che prevale è la paratassi, perchè le frasi sono collegate tra loro mediante congiunzioni coordinate e segni di interpunzione.
Un’ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento... È l’alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l’urna molle e segreta, non so che felicità nuova.
E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso ai miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l’erba sopra le fosse.
Il gelsomino notturno - Commento
In questa poesia Pascoli mette a confronto la natura del paesaggio notturno con il tema dell'amore, una novità introdotta con i Canti di Castelvecchio. Questi due temi nascono come separati e si intrecciano fino a diventare una cosa sola a fine poesia, grazie alla metafora "l'urna molle e segreta". La contrapposizione morte/vita, buio/luce è evidente nella poesia, facilmente separabile in due sequenze grazie a queste caratteristiche. Nonostante l'alternanza di questi due elementi, una cosa rimane immutata, ovvero lo stato d'animo dell'autore: se all'inizio abbiamo la solitudine accomunata al ricordo dei parenti defunti di Pascoli, alla fine troviamo un senso di esclusione da parte del poeta perchè non ha mai provato la gioia dell'amore e di una nuova vita che descrive nell'ultima strofa, al contrario invece del suo amico. Altro tema ricorrente in tutta la poesia è la natura, a cui Pascoli riserva un'attenzione minuziosa, usando dei termini addirittura scientifici per descrivere le varie parti del fiore (viburni, calici, urna) Troviamo nel componimento la figura del nido, simboleggiata dal nido vero e proprio che indica gli uccellini sotto la protezione della madre, ma anche dalla metaforica chioccia assieme ai suoi pulcini (La Chioccetta per l’aia azzurra); oltre ad essi vi è la figura della casa, che rimanda anch'essa al nido come luogo di protezione e di famiglia. In quest'opera abbiamo riferimenti da tutti i movimenti letterari con cui Pascoli entra in contatto: vi è la visione della vita molto poetica, vista come un mistero della natura, presa dal Decadentismo; dal simbolismo prende invece la descrizione della realtà che lo circonda in maniera soggettiva e allegorica, usando molte metafore; infine, come prevede il fonosimbolismo, fa uso di onomatopee, associando un pensiero, una visione o una sensazione a caratteristiche sonore.
Grazie per l'ascolto
Renato Gucci - Dalila Liuzzi