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Botticelli
tizianacalo73
Created on March 7, 2021
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Transcript
SANDRO BOTTICELLI
Sandro
Botticelli
Sandro Botticelli
Indice:
vita
opere minori
l'arte come contemplazione
opere maggiori
Cristo dolente
La navità mistica
la vita
Gli esordi e l’affermazione alla corte medicea
Alessandro di Mariano Filipepi, detto Botticelli, fu una delle figure più rappresentative della cultura fiorentina della seconda metà del Quattrocento. La sua opera consente di tracciare l’evoluzione del Rinascimento a Firenze. Botticelli seppe interpretare con sensibilità il raffinato clima della corte dei Medici, realizzando sia opere di soggetto sacro sia numerosi dipinti a tema mitologico, intesi come allegorie morali. Strumento privilegiato è il disegno: il suo stile, infatti, si distingue per l’estrema finezza della linea, che delimita le forme con andamento continuo e sinuoso; a essa si associano colori preziosi, dagli splendidi effetti di trasparenza. Nato da una famiglia della media borghesia cittadina, Sandro Botticelli deve il suo soprannome forse alla professione di orefice del fratello Antonio (“battiloro o battigello”), presso il quale probabilmente ricevette una prima educazione artistica. Il suo stile fu caratterizzato anche dalla sensibilità luministica e dalla linea accentuata, fuse in un linguaggio originale che si distingue per il tratto leggero ed elegante. Dal 1470 Botticelli diresse una propria bottega cimentandosi con tecniche diverse, dalla pittura su tavola all’affresco, dalla miniatura all’incisione, fino alla pittura su tessuto e su metalli. La fama dell’artista è legata in modo particolare alla corte medicea, con la quale entrò in rapporto duraturo nel corso degli anni Settanta.
Adorazione de i Magi
Sandro Botticelli
Madonna della melagrana
Fortezza
Madonna del Magnificat
Adorazione dei Magi
L’ Adorazione dei Magi è un dipinto su tavola realizzato da Botticelli nel 1475 su commissione di Gaspare di Zanobi del Lama, un finanziario legato alla famiglia Medici. L’opera, destinata alla cappella funebre del committente nella Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, ora è conservata nella Galleria degli Uffizi. L'artista intrecciò il suo lavoro, peraltro, con la corte medicea, interpretando gli interessi intellettuali di Lorenzo il Magnifico.
Lo stile
L'aspetto che più caratterizza il dipinto è l'innovativa disposizione delle figure, rispetto all'iconografia tradizionale dove il corteo dei Magi si sviluppa orizzontalmente, collocando la Sacra Famiglia a un’estremità della composizione. Nella tavola di Botticelli, invece, l’impianto è frontale, e vede la Sacra Famiglia posta sul fondo al centro, mentre il corteo si spiega sui due lati, sottolineando la profondità della scena.
I significati L’elemento più significativo è che l’Adorazione viene utilizzata come espediente per esaltare il ruolo svolto dalla famiglia Medici a firenze; nei volti dei personaggi del corteo sono, infatti, rappresentati i ritratti dei membri di diverse generazioni appartenenti al casato. Da sinistra si scorgono Giuliano de’ Medici, fratello minore di Lorenzo, con il corsetto rosso; dietro a questo è Angelo Poliziano , che gli cinge le spalle, e accanto Pico della Mirandola, che indica i personaggi sacri. I tre Magi sono rappresentati al centro, di fronte alla Sacra Famiglia. Il più anziano, inginocchiato di fronte al Bambino, è Cosimo il Vecchio, che rappresenta un elemento di unione tra l’aspetto umano e quello divino. Gli altri due Magi hanno i volti dei figli Piero il Gottoso, a sinistra con il manto rosso, e Giovanni, a destra con l’abito bianco. Il giovane a destra, con l’abito nero e rosso, è Lorenzo il Magnifico; dietro a questo è rappresentato il committente, Gaspare di Zanobi del Lama, che indica se stesso. Il primo personaggio a destra, invece, rivolto verso l’osservatore, rappresenta lo stesso Botticelli.
Fortezza
Il primo incarico pubblico risale al 1470. Si tratta della Fortezza, opera affidatagli da Tommaso Soderini, esponente del partito mediceo. La tavola consiste in una spalliera in legno, a completamento della serie allegorica delle Virtù teologali e cardinali realizzata da Piero del Pollaiolo per il Tribunale della Mercanzia (istituzione). La figura femminile è seduta su un trono riccamente intarsiato, costruito con competenza prospettico-spaziale, essa assume consistenza plastica e carattere monumentale, grazie alla forza visiva del manto rosso e al risalto della linea. Questa evidenzia con naturalezza i contorni e precisa i dettagli. L’artista mostra grande capacità anche nella gestione degli effetti di luce attraverso i riflessi sul metallo della corazza, sui diamanti incastonati, sulle perle del diadema, apposti come attributi della Virtù. Emerge già a questa data un carattere forse non sufficientemente considerato di Botticelli, ovvero il rigore costruttivo mediante il quale disciplinò sempre la sua opera.
L’arte come contemplazione
A contatto con gli esponenti del pensiero neoplatonico, Botticelli sviluppò un linguaggio sempre più orientato alla contemplazione della bellezza e al distacco dalla realtà fisica, in un percorso che trovò i risultati più emblematici nelle opere profane, realizzate nel corso degli anni Ottanta. Le sue immagini raggiungono un ideale equilibrio tra il naturalismo classico e l’astrazione intellettuale: l’opera d’arte è strumento di rivelazione di una bellezza superiore e la sua funzione non è più narrativa, quanto piuttosto evocativa. A partire dal 1480, Botticelli lavorò all’illustrazione della Divina Commedia. Essa comprende alcune incisioni per l’edizione a stampa e novantadue disegni su pergamena per la versione manoscritta, commissionata da Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici. Tra il 1481 e il 1482 l’artista fu a Roma, per gli affreschi delle pareti della Cappella Sistina. Al suo ritorno diede forma ai quattro pannelli con la novella di Nastagio degli Onesti, tratta dal Decameron di Giovanni Boccaccio, commissionatigli da Antonio Pucci per le nozze della figlia. Sono gli anni delle allegorie mitologiche come La Primavera e La nascita di Venere, ma anche di importanti opere a carattere religioso, come la Pala di San Barnaba o la Madonna della melagrana.
Madonna del Magnificat
Tra le opere a soggetto sacro realizzate prima della sua partenza per Roma, particolare importanza assume la Madonna del Magnificat, vero e proprio modello iconografico. La rilevanza dell’opera risiede nel suo carattere quasi sperimentale, che testimonia la volontà di estendere anche nell’ambito sacro le riflessioni elaborate attraverso le opere a soggetto allegorico. L’immagine, infatti, appare come riflessa su una superficie convessa, assumendo il carattere di una “visione mentale”: nella leggera deformazione delle figure sembra negarsi il valore della prospettiva come strumento di razionalizzazione della realtà naturale.
Madonna della melagrana
Secondo dipinto a cornice circolare di Botticelli, la Madonna della melagrana è stata commissionata da una magistratura pubblica, come attesterebbero i gigli intagliati sulla cornice, allusione dell’alleanza tra Firenze e la Francia. Sei angeli sono disposti attorno a Maria col Bambino, in posizioni variate ma simmetriche. Rispetto alla Madonna del Magnificat essi sono modellati in modo più plastico e collocati più stabilmente nello spazio; gli sguardi divergenti instaurano un rapporto dinamico con lo spettatore, tanto che uno di essi, il primo a sinistra, ne attira l’attenzione. I volti sono trattati con realismo e presentano differenti tratti fisionomici. Di contro, Maria presenta una figura sinuosa e allungata, che si allarga nel manto per avvolgere il Bambino; il suo sguardo malinconico prefigura il destino del figlio, alluso anche dalla melograna che egli tiene in mano. Simboli mariani sono elegantemente inseriti nella composizione: le rose, i gigli, le parole pronunciate dall’Arcangelo Gabriele nell’Annunciazione, riportate sulla fascia dell’angelo a sinistra, incrociata sul suo petto.
Soggetti profani con significato morale-cristiano
Negli anni Ottanta del Quattrocento Botticelli ha realizzato una serie di opere allegoriche, il cui significato è da collegare al recupero della mitologia pagana in chiave cristiana, tra i più importanti troviamo: La Primavera, La nascita di Venere, Venere e Marte, Pallade e il Centauro. In questi dipinti, le antiche divinità rappresentano le virtù che l’uomo deve perseguire per giungere alla conoscenza. Così, Pallade e il Centauro esprimerebbe la vittoria della ragione sull’istinto, mentre La Primavera e La nascita di Venere mostrano la duplice natura della dea: la Venere Celeste, o Venere Humanitas, guida all’educazione spirituale e mezzo per arrivare a Dio, e la Venere Naturale o Terrena, principio di vita. Infine, la tavola con Venere e Marte affermerebbe il primato dell’amore. Tutti i dipinti sono stati oggetto di diverse ipotesi interpretative, che prendono in considerazione il pensiero filosofico promosso alla corte medicea, riferimenti letterari o specifici eventi politici, la committenza, l’iconografia, in intrecci affascinanti e complessi.
La Primavera
La Primavera: l’interpretazione neoplatonica
Il dipinto La Primavera fu commissionato da Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici. Vasari descrisse l’opera come rappresentazione di “Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera”. Questa lettura ha condizionato le successive, fino all’identificazione ottocentesca del soggetto con una “allegoria della Primavera”. 1) L’ipotesi più conosciuta è stata sviluppata sulla scorta degli studi dello storico dell’arte tedesco Aby Warburg. L’opera rappresenterebbe il passaggio dall’amore terreno (personificato da Zefiro e Clori) all’amore spirituale e contemplativo, attraverso la mediazione di Venere: è la Venere Humanitas del pensiero neoplatonico, espressione dell’amore controllato dall’intelletto e opposto all’istinto passionale, portatrice di civiltà e cultura. Il giardino in cui questo processo si compie è governato dall’equilibrio che annulla ogni contrasto e dalla natura. Mercurio conclude il percorso indicato dalla dea, configurando un andamento circolare, che ha origine e trova conclusione nel cielo. Tale disegno armonico è ribadito dalla danza delle tre Grazie: esse rappresentano gli attributi di Venere (‘castità, passionalità e bellezza’), che trovano equilibrio nei gesti, dunque nell’armonia degli opposti.
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Altre ipotesi interpretative
2) Il dipinto è stato visto anche come traduzione figurativa di opere poetiche, come alcune terzine delle Stanze di Poliziano, scritte in onore di Giuliano de’ Medici; oppure un riferimento all’Asino d’oro di Apuleio, autore romano di scuola platonica. 3) In anni recenti è sta riconosciuta l’interpretazione dell’opera attraverso un testo scritto da Marziano Capella, Sulle nozze di Mercurio e Filologia. Secondo questa lettura, il dipinto sarebbe un’allegoria dell’ispirazione poetica, da decifrare procedendo da sinistra verso destra: Mercurio, simbolo dell’ermeneutica (interpretazione dei testi antichi) e dell’eloquenza, si volge verso Apollo cercando consiglio riguardo alle proprie nozze; le tre Grazie introducono Filologia, la sposa, posta al centro. La fanciulla con l’abito fiorito sarebbe la personificazione della Retorica; accanto a lei è Flora, protettrice delle unioni coniugali, inseguita da un Genio alato, espressione dello spirito creativo e legato all’immortalità. Lo studioso tedesco Horst Bredekamp, identificò Mercurio come protettore del ramo secondario dei Medici.
Un’idea astratta di bellezza
Qualunque sia l’esatta lettura della Primavera, l’opera mostra l’ideale di un mondo perfetto, in cui le forme visibili sono solo apparenze simboliche dell’armonia universale. La bellezza, privata della componente terrena, si trasforma in mezzo per giungere alla contemplazione; essa allude a un disegno divino superiore, a una purezza che non è rintracciabile nel mondo delle cose e che, quindi, va al di là del tempo e dello spazio dell’uomo. Il giardino non è prospettico e la disposizione delle figure non aiuta a percepirne la profondità: ad eccezione di Venere, i personaggi sono collocati sullo stesso piano, mentre gli alberi sono allineati e si ramificano attorno alla figura centrale. La luce è astratta e diffusa. Le fi gure, leggerissime, appaiono prive di peso; esse si raggruppano in due zone simmetriche intorno a Venere, ma la composizione si sviluppa secondo un andamento sinuoso, regolato da proporzioni musicali. Il prato, così ricco di fiori, non è calpestato: il pittore ha rappresentato minuziosamente 190 specie botaniche, presenti nelle colline di Firenze nella stagione primaverile: una sorta di inventario della bellezza manifesta, eppure lontana dalla realtà dell’esperienza.
La Primavera: l’iconografia neoplatonica La lettura tradizionale procede da destra a sinistra: Zefiro, vento di Ponente, irrompe nel bosco d’aranci e afferra la ninfa Clori, da lui amata; la terza figura è stata associata a Flora, divinità primaverile. L’ultimo restauro ha rivelato un effetto di trasparenza che consente di intravedere l’abito fiorito di Flora attraverso la mano della ninfa, e ciò confermerebbe il principio metamorfico. Al centro è Venere, con Cupido bendato, accompagnata dalle tre Grazie, che impersonano i tre aspetti dell’Amore, intrecciati in indissolubile armonia. Infine è rappresentato Mercurio, divinità aerea e contemplativa, nell’atto di dissipare le nuvole.
1. Mercurio 2. le Grazie 3. Cupido 4.Venere 5.Flora 6. Clori 7.Zefiro La composizione: un’armonia musicale Charles Bouleau ha individuato nella composizione de La Primavera dei rapporti armonici musicali citati da Alberti.
La linea come strumento idealizzante Uno degli elementi distintivi del linguaggio di Botticelli è la linea, tracciata in modo continuo, in andamenti sinuosi e avvolgenti a delimitare ogni dettaglio. La linea definisce, separa, distacca dal fondo; precisa i panneggi, le acconciature e i ricami preziosi delle vesti, connotando ogni elemento con una precisione e un’eleganza irreali.Le immagini sono quasi apparizioni, visioni ideali prodotte dall’intelletto.
la nascita di Venere
La nascita di Venere e Pallade e il Centauro
La nascita di Venere è stata eseguita a tempera magra per simulare l’opacità dell’affresco e presenta elementi di stilizzazione: i chiaroscuri sono ridotti e la linea si fa più accentuata, con un effetto “arcaico”; lo spazio non è reso attraverso la prospettiva, il paesaggio è essenziale, privo dei caratteri minuziosamente descrittivi delle opere precedenti, mentre le onde del mare sono simulate convenzionalmente attraverso dei segni a V, come nella pittura egizia o preellenica. La dea è rappresentata come Venere pudica, associata all’amore naturale; essa è sospinta da Zefiro abbracciato a una fanciulla, identificata con Aura o con Clori. Una delle Ore, o forse la stessa Flora, la accoglie con un manto riccamente fiorito; la composizione ha suggerito analogie con l’iconografia del Battesimo di Cristo. Alcuni elementi rimandano all’iconografia medicea, ad esempio le piante di alloro e di aranci. L’opera condivide probabilmente committenza e progetto iconografico con Pallade e il Centauro; simboli medicei sono, nella figura di Pallade Atena, l’alloro e l’anello con diamante a tre punte che ne orna l’abito. La dea della saggezza e della sapienza afferma il dominio esercitato dalla ragione sull’istinto; questo tema torna nella tavola con Venere e Marte, realizzata negli stessi anni.
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L’allegoria delle stagioni unisce le tre opereÈ impossibile entrare nel merito di approfondite dimostrazioni iconologiche; vale tuttavia la pena ricordare alcune ricostruzioni, che dimostrerebbero un legame fra Pallade e il Centauro, La Primavera e La nascita di Venere; queste originariamente avevano la stessa altezza e dunque potevano essere lette in successione lineare. La sequenza, da sinistra a destra, Pallade e il Centauro – La Primavera – La nascita di Venere, alluderebbe alla perenne ciclicità stagionale (dall’inverno indicato dal Sagittario-Centauro all’estate dei Gemelli-Zefiro/Aura) controllata dalla figura centrale della Primavera; secondo questa ipotesi interpretativa essa non corrisponderebbe più a Venere, ma a Giunone, madre di ogni cosa presente in natura.
La nuova iconografia di Venere, divinità cristianizzataLe Veneri di Botticelli presentano lineamenti simili e un’espressione vaga, distante. Lo stesso ovale idealizzato del volto, la malinconia dello sguardo, la delicatezza dei tratti e le palpebre delicate caratterizzano anche molte sue Madonne, come la Madonna della melagrana. Nel pensiero neoplatonico la Venere è capace di mediare tra Terra e Cielo e, dunque, tra Dio e gli uomini. Essa guida l’uomo nel giusto percorso di purificazione e di conoscenza. Nella Primavera è la Venere Humanitas, suprema espressione di ordine tra il mondo naturale e quello dell’intelletto; nella Nascita di Venere, la nudità della dea, portata dalle onde del mare su una conchiglia, allude alla purezza dello spirito e riprende l’iconografia della Venere pudica; l’acqua assume il significato di rigenerazione e di rinascita, indirettamente richiamato dall’allusione all’iconografia cristiana del Battesimo di Cristo.
Cristo dolente in atto da benedire
Si tratta di una delle ultime opere di Botticelli dipinta durante una crisi spirituale che il pittore attraversò a causa del clima incerto e l'ansia di riscatto morale provocato dalla morte di Lorenzo il Magnifico. La tavola di Cristo dolente faceva parte di un dittico accanto alla Mater Dolorosa. La raffinatezza dell'esecuzione si unisce al recupero di forme caratteristiche della pittura sacra devozionale che testimonia i sentimenti di turbamento dell’autore. L'uso della tempera oro, l'esibizione delle piaghe, la struggente rappresentazione del dolore evidenziano la sacralità dell'opera.
focus
Cristo dolente in atto di benedire
Salvator mundi
Dal punto di vista iconologico...
Salvator mundi è un modello iconografico religioso e cristiano che rappresenta Cristo Salvatore del mondo. Infatti, oltre al segno della benedizione esso indica salvezza eterna. Cristo infatti salvò l’umanità dal peccato originale attraverso il suo sacrificio sulla croce. Anche nel Cristo dolente il Cristo è colto nell’atto di benedire perché la salvezza dell’umanità passa attraverso il suo sacrificio. Gesù non era masochista, il male non se lo è andato a cercare: ha fatto della sua sofferenza un’occasione di dono di sé agli altri. Vista così la sofferenza può essere concepita anche come una vocazione.
...altre rappresentazioni di Cristo
La Navità Mistica
La Natività mistica ambienta un tema evangelico rassicurante in un'atmosfera apocalittica; il linguaggio è aspro e segmentato, la prospettiva rinascimentale è negata e si privilegia la gerarchia simbolica di matrice medievale. Riferendo degli ultimi anni dell'artista, Vasari racconta di un uomo solo e probabilmente, ormai marginale nella scena artistica. Di fatto, la sua opera non trovò eredi nel nuovo secolo, ponendosi semmai alla fine di un'epoca, testimonianza altissima delle utopie umanistiche di un Quattrocento ormai concluso. Le figure sono disposte per fasce orizzontali; in alto, dodici angeli si muovono in cerchio con ritmo vorticoso e gesti bloccati mentre in basso il viottolo segue un andamento spezzato e piccoli diavoli si rifugiano tra le crepe del terreno.