Dante Alighieri
valentina.lancella
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DANTE ALIGHIERI
Opere
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Le opere più importanti di Dante Alighieri LE OPERE IN VOLGARE La Vita Nova è la prima opera organica di Dante in volgare. Si tratta di un’opera mista di liriche e brani in prosa, il cui contenuto è la visione ideale di una vicenda reale, l’amore di Dante per Beatrice, dal primo incontro fino alla morte di lei. Beatrice è descritta come una creatura angelica, mezzo per elevarsi verso Dio; la Vita Nova è dunque la storia del rinnovamento spirituale del poeta, che avviene grazie all’amore per Beatrice. Il Convivio, iniziato intorno al 1304 e rimasto incompiuto, è un’enciclopedia del sapere medievale scritta in volgare, in cui si alternano parti in prosa e in poesia. Il titolo deriva dal latino convivium (“pranzo”) e fa riferimento al “banchetto” di sapienza che Dante intende offrire a tutti coloro che non hanno potuto studiare. Nell’opera sono commentate canzoni dottrinarie, in cui si parla di temi morali e civili, di argomenti di scienza, teologia e filosofia. Queste hanno la funzione di divulgare le conoscenze e di promuovere un sapere che serva a formare nell’uomo una salda coscienza morale. Il volgare viene usato come mezzo di comunicazione con gli “illetterati”: la scienza e la filosofia diventano così “nutrimento” per tutti. LE OPERE IN LATINO Il trattato De vulgari eloquentia (“Sull’eloquenza in lingua volgare”), composto tra il 1303 circa e il 1305, non fu terminato da Dante. Con quest’opera Dante analizza i dialetti italiani dell’epoca e le prime testimonianze poetiche di autori italiani per dimostrare come il volgare abbia raggiunto piena dignità letteraria e possa dunque essere usato anche dagli intellettuali. Dante indica un volgare illustre (perché dà “lustro”, cioè prestigio, a chi lo usa), in grado di creare l’unità linguistica italiana. Il De Monarchia è un trattato in tre libri, scritto tra il 1313 e il 1318 in seguito al fallimento dell’impresa dell’imperatore Arrigo VII, giunto in Italia per tentare di ristabilire l’autorità imperiale. Nel 1313 la morte dell’imperatore spense le speranze di chi aveva sognato un ritorno dell’Impero e dell’ordine in Italia. Dante espose la necessità di un Impero universale che garantisse pace e prosperità ai popoli e si pronunciò sul rapporto tra Impero e Chiesa: la Chiesa e l’Impero sono come «due soli», nessuno dei quali è superiore all’altro.
BIOGRAFIA DI DANTE ALIGHIERI Dante Alighieri nacque il 29 maggio 1265 a Firenze da una famiglia della piccola nobiltà. Nel 1274, secondo la Vita Nuova, vide per la prima volta Beatrice della quale si innamorò subito e perdutamente. Quando morì sua madre Gabriella, la «madre bella», Dante aveva circa dieci anni. A 17 anni, nel 1283, quando anche suo padre Alighiero di Bellincione, commerciante, morì a sua volta, Dante divenne il capofamiglia. Il giovane Alighieri seguì gli insegnamenti filosofici e teologici delle scuole francescana e domenicana. In questo periodo strinse amicizie e iniziò una corrispondenza con i giovani poeti che si facevano chiamare «stilnovisti». A 20 anni sposa Gemma Di Manetto Donati, appartenente a un ramo secondario di una grande famiglia nobile, dalla quale avrà quattro figli, Jacopo, Pietro, Giovanni e Antonia. Due anni dopo la morte di Beatrice, nel 1292, comincia a scrivere la Vita Nuova. Dante si consacra così molto presto completamente alla poesia studiando filosofia e teologia, in particolare Aristotele e San Tommaso. Rimarrà affascinato dalla lotta politica caratteristica di quel periodo e costruirà tutta la sua opera attorno alla figura dell’Imperatore, mito di un’impossibile unità. Nel 1293, tuttavia, in seguito a un decreto che escludeva i nobili dalla vita politica fiorentina, il giovane Dante dovette attenersi alla cura dei suoi interessi intellettuali. Nel 1295 infine, un'ordinanza decretò che i nobili riottenessero i diritti civici, purché appartenessero a una corporazione. Dante si iscrisse a quella dei medici e dei farmacisti, che era la stessa dei bibliotecari, con la menzione di «poeta». Quando la lotta tra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri si fece più aspra, Dante si schierò col partito dei Bianchi che cercavano di difendere l’indipendenza della città opponendosi alle tendenze egemoniche di Bonifacio VIII Caetani, che fu Papa dal dicembre 1294 al 1303. Nel 1300, Dante venne eletto tra i sei «Priori» — custodi del potere esecutivo, i più alti magistrati del governo che componeva la Signoria — che, per attenuare la faziosità della lotta politica, presero la difficile decisione di fare arrestare i più scalmanati tra i leader dei due schieramenti. Ma nel 1301, proprio mentre a Firenze arrivava Charles de Valois e il partito dei Neri, sostenuto dal papato, prendeva il sopravvento, Dante fu chiamato a Roma alla corte di Bonifacio VIII. Quando iniziarono i processi politici, accusato di corruzione, fu sospeso dai pubblici uffici e condannato al pagamento di una pesante ammenda. Poiché non si abbassò, al pari dei suoi amici, a presentarsi davanti ai giudici, Dante fu condannato alla confisca dei beni e «al boia» se si fosse fatto trovare sul territorio del Comune di Firenze. Fu così costretto a lasciare Firenze con la coscienza di essere stato beffato da Bonifacio VIII, che l’aveva trattenuto a Roma mentre i Neri prendevano il potere a Firenze e che fu sempre suo feroce avversario, guadagnandosi un posto di rilievo nei gironi dell’Inferno della Divina Commedia. A partire dal 1304, inizia per Dante il lungo esilio, nel corso del quale viene sempre accolto con favore: Verona, Lucca, forse anche Parigi. Dalla morte di Beatrice agli anni dell’esilio, si è dedicato allo studio della filosofia (per lui l’insieme delle scienze profane) e ha composto liriche d’amore dove lo stile della lode così come il ricordo di Beatrice sono assenti. Il centro del discorso non è più Beatrice ma «la donna gentile», descrizione allegorica della filosofia, che traccia l’itinerario interiore di Dante verso la saggezza. Redige il Convivio (1304-1307), il trattato incompiuto composto in lingua volgare che diventa una summa enciclopedica di sapere pratico. Quest’opera, è una sintesi di saggi, destinati a coloro che, a causa della loro formazione o della condizione sociale, non hanno direttamente accesso al sapere. Vagherà per città e Corti secondo le opportunità che gli si offriranno e non cesserà di approfondire la sua cultura attraverso le differenti esperienze che vive. Nel 1306 intraprende la redazione della Divina Commedia alla quale lavorerà per tutta la vita. Quando inizia «a far parte per se stesso», rinunciando ai tentativi di rientrare con la forza a Firenze con i suoi amici, prende coscienza della propria solitudine e si stacca dalla realtà contemporanea che ritiene dominata da vizio, ingiustizia, corruzione e ineguaglianza. Nel 1308, in latino, compone un trattato sulla lingua e lo stile: il De vulgari eloquentia, nel quale passa in revisione i differenti dialetti della lingua italiana e proclama di non aver trovato «l’odorante pantera dei bestiari» del Medioevo che cercava, ivi compresi il fiorentino e le sue imperfezioni. Pensa di aver captato «l’insaziabile belva in quel volgare che in ogni città esala il suo odore e in nessuna trova la sua tana». Fonda la teoria di una lingua volgare che chiama «illustre», che non può essere uno dei dialetti locali italiani ma una lingua frutto del lavoro di pulizia portato avanti collettivamente dagli scrittori italiani. È il primo manifesto per la creazione di una lingua letteraria nazionale italiana. Nel 1310, con l’arrivo in Italia di Enrico VII di Lussemburgo, Imperatore romano, Dante spera nella restaurazione del potere imperiale, il che gli permetterebbe di rientrare a Firenze, ma Enrico muore. Dante compone allora il De Monarchia, scritto in latino, dove dichiara che la monarchia universale è essenziale alla felicità terrestre degli uomini e che il potere imperiale non deve essere sottomesso alla Chiesa. Dibatte anche sui rapporti tra Papato e Impero: al Papa il potere spirituale, all’Imperatore quello temporale. Verso il 1315, gli venne offerto di ritornare a Firenze ma a condizione che si dichiarasse colpevole. Dante rifiutò e nel 1319, fu invitato a Ravenna da Guido Novello da Polenta, Signore della città che, due anni più tardi, lo inviò a Venezia come ambasciatore. Rientrando da questa ambasciata, Dante venne colpito da un attacco di malaria. Morì a Ravenna a 56 anni nella notte tra il 23 e 24 settembre 1321 e lì si trova la sua tomba.
La Divina Commedia
Inferno
Purgatorio
Paradiso
L'INFERNO DI DANTE L’Inferno, primo regno attraversato dal poeta e dal fido Virgilio, è concepito da Dante come un grosso imbuto a forma di pozzo scosceso, creatosi - secondo la tradizione - dall’angelo caduto Lucifero che, precipitando sulla Terra e conficcandovisi al centro, avrebbe generato la voragine. L’Inferno (composto da trentatré canti più un proemio) ha una struttura a spirale, che il poeta suddivide in nove cerchi distinti, i quali, nel corso del viaggio, corrisponderanno alla collocazione dei dannati e alla crescente gravità del loro peccato, punito secondo la legge del CONTRAPPASSO (e cioè, secondo uno specifico rapporto di analogia o di contrapposizione rispetto alla colpa commessa in vita). A partire dalla selva da cui, “smarrita” la “diritta via” , Dante rischia la morte, il viaggio del personaggio è sempre rispondente alla teoria di interpretazione del testo in senso allegorico. Passata la selva, l’Antinferno e il Limbo, dove hanno sede i non battezzati o i morti prima di Cristo, tra cui Virgilio, si entra nell’Inferno vero e proprio: il secondo cerchio è quello dei lussuriosi (canto V, quello celeberrimo di Paolo e Francesca), mentre nel terzo e quarto cerchio (rispettivamente, canti VI e VII) troviamo peccatori di gola, avari e prodighi. Contemplati nel quinto cerchio iracondi ed accidiosi, Dante arriva - nel sesto cerchio - alla città infernale di Dite (canti IX-XI), dove sono confinati gli eretici. Cominciano da qui in poi i peccati di violenza, suddivisi in tre gironi. L’ottavo cerchio raccoglie con le sue dieci bolge la nutrita schiera degli ingannatori, tra cui ricordiamo l’icastica figura di Ulisse (canto XXVI). Il pozzo dei Giganti introduce al punto più profondo della caverna dei dannati: il nono cerchio riunisce i traditori. Lo sfondo è quello del lago Cocito, interamente ghiacciato e su cui spira un vento eterno prodotto dalle ali di Lucifero, intento a divorare senza sosta i traditori per eccellenza: Bruto e Cassio - i cesaricidi traditori dell’autorità imperiale - e Giuda Iscariota, traditore di Gesù Cristo e quindi dell’autorità divina. Conosciute tutte le gradazioni del Male, Virgilio (portandosi Dante a spalle) può allora arrampicarsi su Lucifero e uscir “a riveder le stelle” in direzione della spiaggia del Purgatorio.
Il PURGATORIO di DANTEComposizioneLe date di composizione sono incete: si pensa sia stato scritto tra il 1308 e il 1312. Dante è già in esilio e in questi anni si trova per lo più in Toscana, anche se sono noti alcuni suoi viaggi a Parigi, a Milano e a Genova. Finisce di scrivere il Purgatorio a Verona, presso Cangrande della Scala e lo divulga poi nel 1315.E' importante ricordare che Dante si trova in Toscana durante la composizione perché toscani sono molti dei personaggi presenti nel Purgatorio e appartengono alla vita giovanile del poeta: sono vecchi amici, conoscenze, ecc.Inoltre tutto il Purgatorio è descritto come un luogo d’esilio, di lontananza dalla patria a cui tutti gli uomini desiderano tornare e che Dante in prima persona stava vivendo in quel momento della sua vita.StrutturaIl Purgatorio è diviso in 9 parti: - Antipurgatorio (dove stanno coloro che si sono pentiti all'ultimo momento) - Le 7 cornici (dove stanno i penitenti) - Il Paradiso Terrestre Il Purgatorio è descritto come una grande isola, una montagna in mezzo all'oceano. Ai suoi piedi c'è una piccola spiaggia a cui approda la navicella dei penitenti guidata dal nocchiero (Catone l'Uticense).Il tempo nel PurgatorioIl Purgatorio è l’unico dei tre regni dove scorre il tempo ed è destinato a finire, mentre Inferno e Paradiso sono eterni.Di ogni espiante si contano gli anni che mancano alla propria liberazione dalle pene.Nel Purgatorio splende lo stesso sole che illumina la terra, le notti si succedono ai giorni, le albe ai tramonti, in un succedersi di luci mattutine, pomeridiane e vespertine che sono quelle di un paesaggio fisico e reale.Temi principali AMICIZIA: uno dei più ricorrenti: già sulla spiaggia Dante incontra il suo amico Casella; poi nel corso del viaggio anche Belacqua e altri. CORALITA': è molto presente la solidarietà fra i penitenti: si stringono fra loro, cantano, pregano insieme, sono uniti nello sforzo comune di ottenere l'espiazione dai propri peccati. IL PELLEGRINAGGIO: la salita, la fatica, le durissime prove cui Beatrice sottopone Dante per la sua salvezza rappresentano vere e proprie tappe di un pellegrinaggio. E' un cammino non solo fisico, ma anche e soprattutto spirituale di avvicinamento alla fede. La LUCE: dopo il buio dell'Inferno, nel Purgatorio compare finalmente la luce: la luce solare, lo splendore abbagliante degli angeli, l'amore divino visto come specchio di luce. La luce sarà poi protagonista nel Paradiso. La POLITICA: nel Purgatorio Dante denuncia fortemente la corruzione del suo tempo, soprattutto quella della Chiesa. Però non perde le speranze in un rinnovamento che per lui può arrivare dalla restaurazione dell'Impero. Questa figura, inviata dalla Provvidenza, riporterà nel mondo la rettitudine e la giustizia, riaffermando ciò che Dio volle per l'umanità: ricostruire un Sacro Romano Impero nel nome di Dio e della Giustizia.Lingua e stile Anche nel Purgatorio Dante adotta il plurilinguismo: mescolanza di stile "basso" ed elevato, linguaggio popolare e latinismi. E' una lingua dinamica, molto viva. Ci sono espressioni provenzali, francesismi, stilnovismi, voci dall'ebraico, ripetizioni, citazioni.ParticolaritàPrima di Dante in altre opere si era parlato del Purgatorio, ma nessuno aveva specificato quale fosse il suo aspetto. Dante dà al Purgatorio una realtà geografica ben definita (è una montagna, sta su di un'isola, ecc.).Inferno e Purgatorio hanno una struttura parallela (cioè si assomigliano) sia per la collocazione dei peccati e delle pene, sia per la tipologia narrativa (Dante incontra vari personaggi sotto la guida di Virgilio), sia perché in entrambi è presente la tematica del viaggio.Ci sono però anche differenze fra questi due mondi: l'Inferno è un abisso, mentre il Purgatorio è una montagna. L'Inferno è il regno delle tenebre, del buio, mentre nel Purgatorio è presente molta luce.
Il PARADISO di DANTE Il Paradiso dantesco si trova al di là dei nove cieli dell'universo tolemaico nell'Empireo, i 9 cieli costituiti di materia si dispongono concentricamente intorno alla Terra immobile al centro del cosmo. I primi sette contengono i pianeti nell’ordine: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. L'ottavo cielo contiene le stelle fisse mentre il nono cielo, il più grande è il cristallino o Primo mobile che muovendosi determina la rotazione delle altre sfere celesti secondo il desiderio di Dio. Il decimo cielo è l’Empireo costituito non da materia ma dalla luce e dall’amore di Dio. Al suo interno i beati sono deposti in seggi circolari su diverse file in ordine gerarchico nella Candida Rosa. Cielo, Occhi e Paradiso vengono associate all’amore. Dante fa di più, usa queste tre parole per un viaggio meraviglioso e per incidere nella storia della letteratura, una delle pagine più belle del genio poetico umano. Gli occhi sono quelli di Beatrice (la donna amata) e non sono naltro che mezzo di trasporto. Dante viene sollevato in cielo dallo sguardo di questa splendida ragazza e trasportato in Paradiso. La Beatrice di Dante è qui il simbolo dell’amore puro, dell’amore irrazionale che innalza l’anima a Dio. Nell’Inferno e nel Purgatorio la guida di Dante era Virgilio (poeta eccelso ma anche simbolo dell’intelletto che porta a studiare Dio). I due però giunti alle porte del Paradiso Terrestre si devono salutare. Questo perché l’intelletto non basta per arrivare a Dio occorre lo slancio amoroso, la passione pura che ti porta ad amare il creato e il simbolo di quest’amore così intenso, puro e costruttivo è appunto Beatrice e ora tocca a lei accompagnare Dante per i 9 cieli del Paradiso. Il Paradiso è diviso in 9 cieli, a ogni cielo corrisponde una tipologia di santi e di virtuosi. I primi 7 cieli prendono il nome di sette corpi celesti del sistema solare: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. Mancano all’appello: Urano, Nettuno e Plutone che vengono scoperti molti secoli dopo, del resto Dante fa riferimento al modello astronomico aristotelico-tolemaico quello che mette la Terra al centro dell’universo. Gli ultimi 2 cieli sono le stelle fisse e il primo mobile, si chiama così perché è il primo cielo a muoversi. Oltre i 9 cieli c’è Empireo dove risiede Dio circondato dai beati, tutti attorno a lui come petali di rosa immaginari. Infatti è detta rosa dei beati o Candida Rosa. Qui Beatrice viene sostituita da un’altra guida, un po' più preparata: San Bernardo da Chiaravalle (dal XXXI canto). Al proposito di personaggi storici e santi c’è da dire che il Paradiso è pieno, questo fa capire che Dante era una specie di enciclopedia vivente.
Tour virtuale nella casa di Dante
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La memoria di Dante
L’aspetto fisico di Dante
Il suo vero nome non è Dante
L'angolo delle curiosità
La memoria di DanteDante aveva una super memoria. Si racconta che il Sommo Poeta avesse una memoria da elefante e diversi aneddoti vissuti personalmente nella sua vita sono presenti proprio nella Divina Commedia, piena di racconti, trame e sottotrame che riguardano dialoghi avvenuti tra il poeta e alcuni dei suoi personaggi. In realtà, all’epoca molti disponevano di questa memoria perché si studiavano tecniche ad hoc per allenarla.
L’aspetto fisico di DantePurtroppo non esistono fotografie di Dante, ma fortunatamente è arrivato fino a noi un ritratto che sembrerebbe essere abbastanza fedele alla versione originale del poeta. Sul suo aspetto fisico, ci sono poche informazioni. Si sa che non era altissimo e con la vecchiaia gli venne una gobba molto pronunciata.
Il suo vero nome non è DanteCome accade ai migliori artisti di oggi, anche Dante ha cambiato il nome per una questione di fama e visibilità. Il padre Alighiero decise di chiamarlo Durante ma il figlio si rese conto presto che quel nome non gli avrebbe portato grande fortuna, quindi decise di farsi conoscere con il nome Dante.
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