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I Malavoglia
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Created on February 21, 2021
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Transcript
Marco Marsicola Leonardo Nori Bufalini Camilla Polleschi
I MALAVOGLIA
GIOVANNI VERGA
Indice:
Alfio Mosca
Maruzza
Don Michele
Addio doloroso
Scena film
Maruzza, detta la Longa
- Moglie di Bastianazzo, madre di 'Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia, Maruzza, detta la Longa, nella traccia preparatoria del romanzo viene presentata così da Verga :" Maruzza Longa nata nel 1829 sua moglie( inteso di Bastianazzo ). Buona, massaia, vanità e debolezza di madre, piccina, muore di colera agosto 1867". Interessante notare come di Maruzza non venga nemmeno detto la famiglia di provenienza come se fosse sempre stata una Malavoglia, dei quali peraltro condivide completamente la mentalità e gli atteggiamenti, in particolare nella costanza, la dedizione silenziosa al lavoro e nella sopportazione delle fatiche.
- Partenza di 'Ntoni per la leva militare e successivo ritorno.
- Morte di Luca nella battaglia di Lissa.
PERSONAGGI SECONDARI
Come protagonista del romanzo di Verga può essere considerata l’intera famiglia dei Malavoglia, che il narratore presenta fin dall’inizio. Questa è la personificazione della tipica famiglia di pescatori sconvolta dalle disgrazie ma che al tempo stesso cerca di andare avanti a testa alta.
Possiamo evidenziare anche la presenza di un secondo protagonista del romanzo incarnato dall’intero popolo. Questo è composto da personaggi di una stessa cultura ma divisi da antiche rivalità creando così un effetto corale tipico dei primi capitoli che riesce a disorientare il lettore. Tra i personaggi secondari troviamo Alfio Mosca, il carrettiere rassegnato al suo destino di lavoratore e Don Michele, il brigadiere corrotto.
ALFIO MOSCA
• Alfio Mosca compare per la prima volta nel romanzo nel capitolo II.
• E’ definito dallo stesso autore come un giovane carrettiere di Acitrezza, che abita accanto alla casa dei Malavoglia, soprannominata casa del Nespolo. Egli vive esclusivamente del suo modesto lavoro e risparmia soldi per arrivare a “coronare” il suo umile sogno: quello di vendere il suo asino per un mulo.
• Alfio Mosca appare nel romanzo come un amico della famiglia Malavoglia, legato in particolar modo a Mena, la terza dei cinque figli di Bastianazzo e della Maruzza detta La longa. I due giovani, però, nel corso della storia, non riusciranno a realizzare il loro sogno d’amore poiché Mena è destinata a sposare Brasi Cipolla, figlio di una ricca famiglia del paese, e Alfio lascerà Aci Trezza per lavorare a Bicocca.
• Quado Alfio torna in paese, chiede a Mena di sposarlo, ma lei ritenutasi troppo vecchia rifiuta. Nonostante la deludente risposta da parte della ragazza, per Alfio Mosca sarebbe stato un disonore parentarsi con una appartenente alla famiglia dei Malvoglia che si erano indebitati.
La figura dell'asino
Al contrario di ciò che si può pensare l’asino ha una grande importanza nel romanzo per quanto riguarda l’economia. Questo animale è il simbolo dei poveri, più in particolare dei vinti che devono lavorare sodo per guadagnarsi alla fine molto poco. Infatti si può notare che nel capitolo V N’toni afferma quando torna dal congedo militare: “Carne d’asino ecco cosa siamo! Carne da lavoro!” per sottolineare la semplicità degli abitanti di Aci Trezza che devono faticare molto per ottenere una miseria.
DON MICHELE
Don Michele è il brigadiere delle guardie doganali del paese. Viene descritto da Verga come il tipico bellimbusto, che svolge il <<bel mestiere>> di brigadiere, andandosene in giro in cerca di contrabbandieri, fermandosi spesso all'osteria della Santuzza della quale è, almeno inizialmente, amante. Quando i due terminano la loro relazione, egli viene cacciato dalla locanda, salvo poi essere richiamato.È proprio questo il motivo per cui scoppierà una rissa tra lui e 'Ntoni, che nel frattempo era divenuto il nuovo amante della Santuzza.
Rifiutato da Barbara Zuppidda, si infatua di Lia, iniziando a frequentare assiduamente la Casa del Nespolo e regalando alla giovane fazzoletti di seta acquistati con i soldi del contrabbando.
Viene nominato per la prima volta nel capitolo II, nel corso della conversazione corale al crepuscolo che occupa tutto il capitolo, attraverso le parole di Piedipapera. Si discute sul perché don Michele, la guardia del paese, andasse “a guardare l’interesse dei galantuomini dalla parte dell’osteria”. Infatti, il brigadiere è a conoscenza dell'attività di contrabbando della Santuzza.
TEMA DELL'ADDIO DOLOROSO E DELLE PARTENZE
Nel corso di tutto il romanzo si sussuegono ciclicamnete episodi e situazioni i quali obbligano i vari personaggi a partire, separandosi dalle proprie radici e dai propri affetti. Sin dal primo capitolo abbiamo esempio di ciò con la partenza di 'Ntoni il quale è chiamato alla leva militare e quella della nave Speranza, con a bordo Bastianazzo e Menico della Locca. La partenza viene sempre vista dai Malavoglia con profondo dolore, come repentino distacco dal mondo dei valori consolidati, poichè essa significa sempre affrontare un rischio oscuro ed ignoto lontano dal piccolo e amico mondo di Aci Trezza. Durante tutto il romanzo, le partenze si distinguono tra quelle definitive e quelle che hanno un ritorno. Si noti come nella gran parte dei casi la partenza coincida con la morte e quindi con l'inizio del viaggio verso l'aldilà, come ad esempio nel caso di Bastianazzo, Luca oppure Padron 'Ntoni. Ciò non risulta però sempre vero come nel caso della partenza di 'Ntoni o Lia.
MARUZZA-BASTIANAZZO
Il capitolo è tutto costruito sulla contrapposizione tra i Malavoglia e gli abitanti del villaggio. In esso prosegue la rappresentazione della vita di Aci Trezza, iniziata nei capitoli precedenti: i personaggi si presentano da sé, attraverso le loro parole e i loro gesti. L'arrivo della bufera induce tutti a pensare che il destino della Provvidenza e di Bastianazzo sia segnato e Verga focalizza l’attenzione sul diverso modo di vivere la crescente certezza della tragedia che si è consumata in mare. Le chiacchiere e i pettegolezzi di paese si arricchiscono di questo nuovo argomento, con le sue conseguenze. Vi è nel villaggio chi critica i Malavoglia per aver voluto intraprendere la carriera di commercianti, cercando di migliorare la propria condizione sociale (- Adesso tutti vogliono fare i commercianti per arricchirsi!). Quel che gli abitanti di Trezza rimarcano più volte è l’aspetto economico della disgrazia: per loro la perdita del carico dei lupini fa passare in secondo piano la morte di Bastianazzo. Tale opinione viene da loro implicitamente attribuita agli stessi Malavoglia (…i Malavoglia diventavano bianchi e si strappavano i capelli, per quel carico di lupini che avevano preso a credenza dallo zio Crocifisso Campana di legno). Al contrario i Malavoglia, in particolare Maruzza, mostrano non con le parole (Maruzza la Longa non diceva nulla…) ma con i gesti (non poteva star ferma un momento) l’angoscia e il dolore che li travaglia nell’attesa di conoscere la sorte di Bastianazzo. Non è con le parole, d’altronde, ma con i gesti che le vicine informano Maruzza della morte del marito: …comare Piedipapera e la cugina Anna le vennero incontro, colle mani sul ventre, senza dir nulla. Allora ella si cacciò le unghie nei capelli….Di fronte alla figura sofferente della donna, che attraversa il villaggio accompagnata dai figli, sembrano acquietarsi per un momento il chiacchiericcio e i pettegolezzi di paese. Tutta Aci Trezza sembra essere veramente commossa di fronte alla sventura. Ma la conclusione del capitolo ribadisce, ancora una volta, che l’ottica del villaggio non è quella dei sentimenti, bensì quella dei valori materiali: – Che disgrazia! dicevano sulla via. E la barca era carica! Più di quarant’onze di lupini! Fin dall’inizio del capitolo è evidente l’applicazione del cosiddetto “artificio della regressione”, con l’adozione da parte del narratore di un punto di vista e di un linguaggio che riflettono la cultura del mondo rappresentato. La bufera è descritta con una serie di metafore, di similitudini e di espressioni popolari: … il vento s’era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese…. Il mare si udiva muggire … che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di sant’Alfio… il giorno era apparso nero peggio dell’anima di Giuda…Evidente anche l’applicazione dell’artificio dello “straniamento”, con cui Verga mette in luce la gretta mentalità degli abitanti di Trezza. Si pensi, in particolare, alla continua sottolineatura del danno economico subito dai Malavoglia, che è nella loro ottica la vera tragedia, mentre passa in secondo piano la morte di Bastianazzo: Sulla riva c’era soltanto padron ‘Ntoni, per quel carico di lupini che vi aveva in mare colla Provvidenza e suo figlio Bastianazzo per giunta e il figlio della Locca, il quale non aveva nulla da perdere lui, e in mare non ci aveva altro che suo fratello Menico; i Malavoglia … sono in collera con Domeneddio, per quel carico di lupini che ci hanno in mare. Ecco quindi che, in quest’ottica, la vera disgrazia è toccata allo zio Crocifisso che ha dato i lupini a credito. Con spietato sarcasmo Verga mostra al lettore, mediante le parole e i comportamenti dei personaggi, l’egoismo, la grettezza, l’ipocrisia e la crudeltà che affiora dai dialoghi della comunità. All’ottica del villaggio si contrappone quella dei Malavoglia, con il loro dolore per la morte di Bastianazzo, con la loro integrità e con la loro onestà. Ma in un mondo cinico e spietato, qual è quello che la “fiumana del progresso” sta creando, si tratta di qualità destinate ad avere ben poca fortuna.
ALFIO MOSCA-MENA
Il tema dell’addio per quanto riguarda la figura di Alfio Mosca è da ricollegare alla figura di Mena, terza figlia di Bastianazzo e della Maruzza che ama “in silenzio” il vicino di casa. L’amore tra i due “vinti” del romanzo di Verga è caratterizzato prevalentemente da un senso di amarezza e malinconia. Il giovane carrettiere è rifiutato dalla ragazza che per volere del nonno dovrebbe sposare il benestante del paese, Brasi Cipolla. Il matrimonio va a monte, però Alfio ha già lasciato Aci Trezza migliorando così la propria condizione economica. Questo può essere descritto come un addio doloroso poiché i due innamorati devono rinunciare a manifestare con chiarezza il loro sentimento reciproco e il loro rimpianto. Nonostante ciò Mena è riuscita a lasciar andare via Alfio con una dichiarazione d’amore. Il giovane carrettiere dopo otto anni torna nel suo paese con un grande mulo che aveva sostituito all’asino con cui il ragazzo era partito. Questo cambiamento è sottolineato nel capitolo finale quando si afferma: “Giacché tutti si maritavano, Alfio Mosca avrebbe voluto prendersi comare Mena, che nessuno la voleva più, dacché la casa dei Malavoglia s’era sfasciata, e compar Alfio avrebbe potuto dirsi un bel partito per lei, col mulo che ci aveva; così la domenica ruminava fra di sé tutte le ragioni per farsi animo, mentre stava accanto a lei, seduto davanti alla casa, colle spalle al muro, a sminuzzare gli sterpolini della siepe per ingannare il tempo. Anche lei guardava la gente che passava, e così facevano festa la domenica: – Se voi mi volete ancora, comare Mena, – disse finalmente; – io per me son qua. La povera Mena non si fece neppur rossa, sentendo che compare Alfio aveva indovinato che ella lo voleva, quando stavano per darla a Brasi Cipolla, tanto le pareva che quel tempo fosse lontano, ed ella stessa non si sentiva più quella. – Ora sono vecchia, compare Alfio, – rispose, – e non mi marito più”.
SGUARDI E GESTI
Sia i sentimenti di Mena che quelli di Alfio sono narrati tramite la successione di una serie di sguardi, silenzi e discorsi riportati senza commenti da parte del narratore. Quest'ultimo, infatti, lascia che siano i gesti a parlare da soli. Verga è come se volesse dare degli indizi al lettore per cogliere le sensazioni provate dai due giovani. Per questo motivo di Mena non vengono descritti i pensieri ma i gesti e le poche parole che questa pronuncia, la ragazza si fa bianca, tace in presenza di Alfio, non gli stringe la mano e parla solo quando resta sola con lui. Anche i sentimenti di Alfio emergono tramite i suoi gesti, imbarazzati e forzati che suggeriscono lo strazio interiore.
DON MICHELE-LIA
Per poter collegare il tema delle dolorose partenze ne "I Malavoglia" alla figura di Don Michele, è necessario trattare della figura di Lia Toscano. La più piccola della famiglia Malavoglia, descritta dall'autore come "vanerella come il fratello 'Ntoni", e come ''né carne né pesce'' in quanto troppo giovane per essere giudicata. Nel capitolo XIII l'autore scrive:<<Crescendo Lia si era fatta una bella ragazza anche lei e si compiaceva nel sentirsti corteggiata, le piaceva starsene sulla porta a far vedere il fazzoletto colle rose, che ognuno le diceva: - Come siete bella con quel fazzoletto comare Lia! e don Michele se la mangiava cogli occhi>>. Il brigadiere la corteggia discorrendo di ricchezza e delle meraviglie della città, un mondo che attrae la vanitosa Lia, ad indicare una debolezza d'animo che la rendono diversa dai suoi familiari. Questa sua fragilità si rivelerà fatale quando non saprà reagire alle false accuse di essere amante di don Michele, mosse dall'avvocato di 'Ntoni. Lia si lascia sopraffare dall'evento, decideno di fuggire, autoescludendosi dal compatto nucleo dei Malavoglia, per cadere nel mondo del malcostume cittadino.
SCENA FILM