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Io,Carlo Magno

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Created on February 8, 2021

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Transcript

Compito di realtà di Rocco Garruto

IO, CARLO MAGNO

Nacqui il 6 Aprile del 742, mio padre era PIPINO IL BREVE e mia madre era BERTRADA DI LAON. Avevo uno scrittore personale che si chiamava EGINARDO che alla mia morte avvenuta il 28 Gennaio del 814 scrisse tutto ciò che conosceva di me. Ero un uomo grande, robusto e alto con occhi grandi ed una lunga e folta barba bianca. Il mio carattere era allegro e cordiale e la mia voce era acuta nonostante la mia stazza. Non ero un sovrano severo e, da quello che riportano i miei biografi ero forte, coraggioso, ma nello stesso tempo facile alla commozione. Contrariamente a quello che si possa pensare, cioè che anticamente erano brutti, sporchi e cattivi, io tenevo molto all’aspetto fisico, ero ben curato, amavo vestirmi bene, oltre ad essere pulito diversamente dagli altri, ed ero differente anche come struttura fisica: ero alto 1,90 m e per quel tempo era una statura piuttosto onorevole. Amavo inoltre l’igiene e la pulizia nel mio castello e nel mio regno, cosa alquanto strana per i tempi, visto che mancavano le più elementari norme di pulizia e ricordiamo che molto spesso si moriva di malattie dovute alla carenza di igiene. Avevo un ottimo rapporto con il cibo ed avevo stabilito un “disciplinare”, come oggi si potrebbe intendere, per esempio la servitù del castello doveva lavarsi le mani prima di preparare i pasti, oppure per bere ognuno doveva avere il proprio boccale…Ero un buongustaio ed un grande appassionato di caccia e amavo la selvaggina, ma non disdegnavo neanche la carne comune.

I miei medici mi invitarono anzi a non consumarne troppa, visto che soffrivo di gotta, ma chiaramente trasgredivo a questa raccomandazione. Esiste persino una ricetta ispirata da Me il filetto alla Carlo Magno! Nonostante ciò godevo di una buona salute, quasi settant’anni, molto per quell’epoca fino ai quattro anni prima di morire nei quali avevo spesso la febbre e non ascoltavo i medici perché non volevo avere imposizioni da loro. EGINARDO mi descrive come un uomo che odiava bere il vino ma che amava mangiare soprattutto la carne. La mia divisa era composta da una camicia e dai corsali di lino e per le occasioni più importanti indossavo una tunica con orlo di seta. D’inverno mi riparavo con una pelliccia di lontra con una spada ornata di gemme che utilizzavo venivano degli ambasciatori a incontrarmi, i quali erano molto più eleganti di me. Ciò non mi interessava molto. Sapevo parlare benissimo il Latino mentre il Greco ero più bravo a capirlo anche se ero analfabeta. Nonostante ciò ero molto curioso ma mi resi conto che quasi tutta la popolazione era analfabeta di conseguenza per migliorare il consolidamento del mio regno occorreva che si diffondesse la cultura in tutto l’Impero; decisi a quel punto di far costruire molte scuole e chiamai alla mia corte di Aquisgrana i più famosi studiosi del mio tempo ( Alcuino di York, Eginardo, Paolo Diacono).

I matrimoni contratti da me erano un misto di soddisfazione personale e strategie politiche; ebbi cinque mogli e sei concubine con cui ebbi una ventina di figli. In ordine cronologico le donne con cui mi sposai furono: Imiltrude, Ermengarda, Ildegarda, Fastrada e Liutgarda. Il mio primo figlio fu Pipino il Gobbo chiamato così per una malformazione fisica che doveva essere il mio erede ma ripudiai mia moglie per la figlia di Desiderio, un re longobardo, che si chiamava Ermengarda; successivamente per il volere di mia madre che era intenta ad espandere il regno dei Franchi, ripudiai anche Ermengarda, che avevo sposato solo per evidenti ragioni politiche. La mia vicenda ispirò l'opera Adelchi di Alessandro Manzoni. Desiderio attaccò i territori del Pontefice ed io andai in suo aiuto sconfiggendo Desiderio.

Per averlo aiutato il Papa nel Natale dell’800 mi incoronò, un evento che continuò per altri 1000 anni fu la prima volta che il papa mise la corona in testa al re e mi incoronò Imperatore dei Romani; nasceva così il Sacro Romano Impero; “ sacro” perché voluto da Dio e “romano” perché si presentava come la ricostruzione dell’Antico Impero romano. Tutte le mie mogli sono morte prima di me e dopo la mia quinta moglie non mi risposai più ma ebbi delle concubine. Gli ultimi anni della mia vita li ho passati con le mie figlie femmine a cui non permettevo di sposarsi per evitare che eventuali rivali richiedessero l’eredità e cercassero di scalzare i miei legittimi successori. Dopo di lui mio figlio Ludovico fu il mio erede.

Fui un grande condottiero: -sconfissi i Sassoni, distanziati a est del Reno e ne conquistai i territori; -a sud-ovest conquistai la Marca di Spagna, nella Spagna nord -orientale; -a sud-est mi estesi in Baviera , una regione della Germania Meridionale; -a sud attaccai nuovamente il regno Longobardo, che entrò a far parte dei domini franchi. Le mie vittorie portarono ad uno straordinario allargamento dei confini del Regno, tanto da trasformare il regno franco in un IMPERO, che governava su tanti popoli diversi.

Stabilito il mio dominio su più territori di qualsiasi altro sovrano europeo introdussi una serie di importanti novità amministrative. Tutti i territori vennero suddivisi in contee e marche (circoscrizioni di confine), e attraverso la regolare riunione di consigli provinciali (i placiti), ci fu un’importante attività legislativa da cui scaturirono i capitolari, ordinanze che riguardavano tutti i rami del diritto. Anche le leggi “popolari” dei differenti popoli barbarici conquistati, valide soltanto localmente, vennero redatte in forma scritta. La mia corte si stabilì prevalentemente presso Aquisgrana; il mio sistema di governo si reggeva sulla mia stessa persona da cui scaturivano tutti i poteri. Ciò fu un punto di forza e di stabilità finché rimasi in vita. Ho consolidato il mio potere e per realizzare i miei progetti avevo bisogno di un saldo potere centrale perciò cercai di costituire una solida base di potere personale sviluppando l’antica istituzione del comitato, tradizione che risaliva a parecchi secoli prima quando i Germani si spostavano da un luogo ad un altro in cerca di migliori condizioni di vita. Tutti gli uomini liberi erano combattenti, ma i capi si circondavano di un gruppo scelto di guerrieri fidati, il comitato, legati fra di loro da un rapporto di diritti e doveri reciproci. Ho applicato alla struttura il sistema dei rapporti vassallatico-beneficiari, cioè l’assegnazione da parte dei signori di un beneficio ad un uomo chiamato vassallo. Fra il IX e il X secolo il termine feudo venne usato al posto di beneficio perciò il sistema prese il nome di sistema feudale. Questo sistema non coinvolgeva tutta quanta la società, ovunque si potevano trovare proprietari allodiali, cioè proprietari della loro terra. Con questa struttura a piramide, nel cui vertice si trovava il re, cercai di rendere più stabile il potere regale, ma non ci riuscì del tutto in quanto i vassalli miravano a diventare proprietari del feudo e a tramandarselo in famiglia.

Riflessioni di Carlo Magno sulla propria vita. Conoscere un’altra lingua significa avere una seconda anima. Obbligo vostro è d’elevar le mani a Dio, come Mosè e sostener colle vostre preci il mio servizio militare.