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Aspettando Godot.
Elisa Spadotto
Created on January 17, 2021
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Transcript
Samuel Beckett
Aspettando Godot
Elisa Spadotto, VA
INDICE
Personaggi
L'opera
Riassunto
Luogo e tempo
Godot
Il tempo
L'attesa
Il tempo relativo
La noia
L'esistenzialismo
11
La libertà
12
Spettacolo
10
L'OPERA
Samuel Beckett inizia a scrivere "Aspettando Godot" durante una pausa di riposo e distrazione dalla trilogia appena portata a termine ("Molloy", "Malone muore", "L'innominabile"), tra la fine del 1948 e l'inizio del 1949. Propone il testo a vari impresari, collezionando un gran numero di rifiuti. Nel 1950 il regista Roger Blin lo legge e non ne afferra minimamente il senso, così accetta la sfida di metterlo in scena. La prima rappresentazione si tiene il 5 gennaio del 1953 presso il Theatre de Babylone di Parigi, un vecchio bazar ristrutturato come sala pubblica. Lo spazio scenico viene interamente realizzato con materiali di risulta, novità che porta a registrare il tutto esaurito:
"L’albero era un lungo appendiabiti coperto con carta crespata […] La base dell’albero era nascosta da un pezzo di gommapiuma trovato per strada. Con tre grandi bidoni contenenti lampadine elettriche furono costruiti i proiettori” (Bair)
La prima del 1953
Da sinistra Pierre Latour (Vladimiro), Jean Martin (Lucky), Lucien Raimbourg (Estragone) e il regista Roger Blin nel ruolo di Pozzo.
Il programma di sala della prima assoluta di Aspettando Godot.
PERSONAGGI
LUCKY Servo di Pozzo, trattato come un animale. Gira con una corda al collo.
VLADIMIRO (o DIDI) ed ESTRAGONE (o GOGO) Sono i due protagonisti dell'opera: due uomini di età avanzata, vestiti come barboni con indumenti trasandati (Anche se le rappresentazioni non sono sempre fedeli), che attendono invano un uomo di nome Godot.
POZZO Il crudele proprietario della terra dove si trovano Didi e Gogo. E' il padrone di Lucky.
-Che facciamo adesso? – Aspettiamo Godot. – Già, è vero.
I ATTO
II ATTO
Dopo essersi separati per la notte, Vladimiro ed Estragone si rincontrano e parlano della loro condizione di miseria e di salute cagionevole, dello scorrere del tempo impiegato nell'attendere Godot. Discutono anche di questioni esistenziali, tra cui il loro ruolo nel mondo. Compare sulla scena un uomo, Lucky, reggendo una valigia e altri oggetti pesanti, con una corda legata al collo. A tenerla è Pozzo, un proprietario terriero, convinto di avere origine divina. Questi decide di trattenersi per distrarsi dal lungo viaggio affrontato. Quando finalmente Lucky e Pozzo se ne vanno, entra in scena un ragazzo che annuncia che l'incontro con Godot avverrà il giorno successivo.
Vladimiro ed Estragone attendono sotto l'albero l'arrivo di Godot. Di nuovo discorrono degli argomenti più disparati e vedono passare Lucky, diventato muto, e Pozzo, diventato cieco, i quali non si ricordano di averli incontrati il giorno precedente. Quando i due se ne vanno, ritorna il ragazzo, anch'egli dimenticatosi della sera prima, ad annunciare che Godot li incontrerà la sera successiva. Vladimiro ed Estragone pensano di impiccarsi, ma rinunciano e se ne vanno, pronti ad affrontare un'altra giornata come quella appena trascorsa.
Chi è GODOT?
Non ne so di più di quest’opera di colui che la legge con attenzione. Né so in quale spirito l’ho scritta. Non so nulla dei personaggi se non ciò che dicono, ciò che fanno e ciò che succede loro. […] Non so chi sia Godot e non so neanche, soprattutto, se Godot esiste. E non so se ci credono o meno, i due che lo aspettano.
Samuel Beckett
IL PERSONAGGIO DI GODOT
Il personaggio di Godot è stato interpretato nel tempo in modi molto diversi. Questo è soprattutto dovuto alla scelta dell'autore di lasciare che ogni spettatore "legga" un avvicicendarsi così apparentemente insensato a modo esclusivamente suo, attribuendogli un significato personale. Riporto quindi alcune delle plausibili interpretazioni indagate dalla critica a lui contemporanea e postera.
GOD-(N)OT E LA FILOSOFIA EPICUREA
Epicuro propone un tetrafarmaco affinchè l'uomo possa raggiungere la felicità, superando le sue quattro più grandi paure: dei, morte, assenza di piacere e dolore. Per quanto riguarda il timore degli dei, Epicuro propone questo ϕάρμακον: gli dei sono del tutto estranei al nostro mondo, vivono nei cosidetti intermundia, tanto da non avere alcuna esperienza dell'uomo.
LUOGO e TEMPO
LUOGO: le diverse vicende si svolgono in una strada di campagna vuota, se non per un salice, nel primo atto spoglio, nel secondo con qualche foglia.
Questo il quadro che avrebbe ispirato Beckett...
Due uomini che contemplano la luna (1819–20) di Caspar David Friedrich.
LUOGO e TEMPO
TEMPO: il tempo dell'azione è volutamente ambiguo. Apparentemente tra primo e secondo atto trascorre un giorno, i personaggi stessi ne sono convinti. Tuttavia più di un elemento narrato non torna. A partire dal salice che in un solo giorno sembra aver riacquistato le foglie, per poi introdurre un radicale cambiamento fisico e psicologico di Lucky e Pozzo. Nel corso di un giorno, infatti, diventano rispettivamente muto e cieco e perdono i segni distintivi della loro caratterizzazione: il lamento continuo e la crudeltà.
VLADIMIRO: Ma ieri sera era tutto nero e scheletrito! Oggi è coperto di foglie. ESTRAGONE: Di foglie? VLADIMIRO: In una sola notte! ESTRAGONE: Dev'essere arrivata la primavera. VLADIMIRO: Ma in una sola notte!
Samuel Beckett
IL TEMPO
IMMOBILITA' DEL TEMPO
Il lettore/spettatore ha l'impressione che l'azione si svolga paradossalmente all'interno di un tempo "congelato", di un'enorme pausa. Sulla scena si verificano episodi su episodi, ma la ripetitività di questi ultimi finisce per appiattirlo e per renderlo ciclico, quindi statico. Il primo atto non è nient'altro che uno specchio del secondo: certo, cambiano alcuni aspetti, ma la struttura dell'azione è uguale e finisce per comunicarci perfettamente lo stato d'animo dei due protagonisti, costretti a vivere una vita di monotonia e ripetitività, ma, soprattutto, consumata dalla noia.
LA CONCEZIONE CICLICA DEL TEMPO
Alla base del pensiero greco vi era una concezione ciclica del tempo. Platone, presentando la leggenda della fine di Atlantide, sosteneva: “innumerevoli volte, per innumerevoli ragioni, il genere umano è stato già sterminato. Altre innumerevoli volte sarà nel futuro sterminato”. Inoltre, nel Timeo definiva il tempo come “immagine mobile dell'eternità”.
ESTRAGONE: E mentre aspettiamo, cerchiamo di conversare senza montarci la testa, visto che siamo incapaci di star zitti. VLADIMIRO: E' vero, siamo inesauribili. ESTRAGONE: Lo facciamo per non pensare. VLADIMIRO: Abbiamo delle attenuanti. ESTRAGONE: Lo facciamo per non sentire.
Samuel Beckett
LA NOIA E IL PENDOLO DI SCHOPENHAUER
Arthur Schopenhauer (1788-1860) sosteneva: "La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per l’intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia".
VLADIMIRO: Come passa presto il tempo, quando ci si diverte!
Samuel Beckett
IL TEMPO SOGGETTIVO: KANT
Immanuel Kant (1724-1804) con la sua "rivoluzione copernicana", pone al centro della filosofia il soggetto, non più l'oggetto. Così, insieme allo spazio, il tempo diventa una forma a priori della sensibilità, ovvero il principio sul quale l'uomo ordina le percezioni esperite. Il tempo è la forma dell'intuizione del senso interno, l'intuizione pura presente in ogni esperienza.
"Immaginiamo tutti di avere, fin dalla nascita, delle lenti blu incorporate, in questo modo vedremo tutti la realtà filtrata di blu. Questo, però, non significa nè che la realtà sia blu nè che le lenti deformino la realtà, ma esse sono l'unico modo in cui possiamo conoscere la realtà". ("Critica della ragion pura", 1781)
IL TEMPO SOGGETTIVO: BERGSON
Henri Bergson (1859-1941) insiste sul concetto di temporalità anti-misura, distinguendo tra tempo della scienza e tempo della vita. Il primo è oggettivo, quantitativo: ogni momento è sempre uguale a tutti gli altri. Il tempo della vita, invece, è essenzialmente qualitativo: alcune ore sembrano non passare mai, altre danno un senso all'intera esistenza, come l'attimo della nascita e quello della morte. Questo tempo è soggettivo.
IL TEMPO RELATIVO: EINSTEIN
Albert Einstein (1879-1955) scrisse sul New York Times nel 1929: "When you sit with a nice girl for two hours you think it's only a minute, but when you sit on a hot stove for a minute you think it's two hours".
Nel 1905 pubblica la teoria della RELATIVITA' RISTRETTA, affermando che il tempo e lo spazio non sono assoluti e oggettivi. Il tempo è relativo, perchè dipende in parte dalla nostra percezione di esso.
La persistenza della memoria (1931), Salvador Dalì
L'ATTESA
L'ATTESA
In "Aspettando Godot" il tema centrale è quello dell'attesa. Tutta l'azione scenica è incentrata sull'attesa da parte di Didi e Gogo del misterioso Godot. In questo tempo di attesa, che sembra non finire mai e che, effettivamente, non si risolve nemmeno alla fine, trovano spazio pensieri profondi, dolori, angosce, speranze e paure mentre si fa strada il peso insopportabile della vita, che scorre sempre più monotona. L'attesa fa insomma da fil rouge lungo tutta la rappresentazione, tanto che, come un mantra, viene ripetuto diverse volte il ritornello: "Che facciamo adesso?" "Aspettiamo Godot". "Già, è vero". Ogni gesto dei due personaggi è al servizio dell'attesa. Ogni movimento alla fine si riduce alla staticità. Simbolico in questo senso il finale.
VLADIMIRO: Allora andiamo? ESTRAGONE: Andiamo. Non si muovono.
Morning Sun (1952), Edward Hopper
L'ATTESA: SCHOPENHAUER
Ancora una volta, possiamo trarre spunto dal pensiero di Schopenhauer. Anche se la parola "attesa" non compare esplicitamente all'interno dei suoi scritti, l'immagine del pendolo le è fortemente legata. Secondo questo filosofo, infatti, l'uomo è costantemente in attesa, è proiettato sempre sul futuro. Aspetta la realizzazione del suo desiderio, ma, quando finalmente giunge, non la vive appieno, perchè o ricade nella noia oppure nel dolore, cioè in una nuova attesa. Così l'uomo vive più l'attesa, che il "qui e ora", il momento di realizzazione. L
L'ATTESA: HEIDEGGER
In una lezione del 1944 Martin Heidegger (1889-1976) fa una riflessione sull'attesa. Egli distingue tra “attendere” (erwarten) ed “essere in attesa” (warten). “Attendere” è un appendersi a un atto di rappresentazione e a quel che rappresenta, mentre "l’attesa" si sottrae alla rappresentazione, perché non ha oggetto. L
Egli afferma: "L’attesa è ciò che si produce quando – abbandonato ogni volere – si è in attesa di qualcosa che non sai cos’è. L’attesa è quel che le cose non hanno: la facoltà di abbandonarsi. Le cose non si abbandonano. L’attesa non vuole niente, non si rappresenta, si riposa. " L
L'ATTESA: IL SABATO DEL VILLAGGIO
In questo idillio del 1829 Giacomo Leopardi descrive un quadretto di vita paesana di sabato sera, momento in cui tutti i paesani si preparano per la festa/il riposo che li aspetta. Nel testo prevale la gioia dell'attesa. Alla gioia del sabato si accompagna, tuttavia, la disillusione della domenica, che delude le attese del giorno precedente.
"Or la squilla dà segno Della festa che viene; Ed a quel suon diresti Che il cor si riconforta." Vv. 20-23
"Questo di sette è il più gradito giorno, Pien di speme e di gioia: Diman tristezza e noia Recheran l'ore, ed al travaglio usato Ciascuno in suo pensier farà ritorno." Vv. 38-42
LA LIBERTA'
LA LIBERTA': IL MONOLOGO DI LUCKY e HOBBES
Nel I atto Lucky diventa motivo di curiosità e di riso agli occhi degli altri personaggi presenti sulla scena. Si esibisce in quelle che Pozzo presenta come le sue specialità. Dopo aver ballato la "danza della rete", gli viene ordinato di pensare. Così, a briglia sciolta, dà voce ai suoi pensieri, in modo abbastanza caotico e incomprensibile. In quell'esatto istante Lucky si riappropria della sua libertà. Una libertà che potremmo definire "libertà da", una libertà negativa. Lucky diventa quindi libero in assenza di vincoli, quelli imposti da Pozzo. Thomas Hobbes (1588-1679) nel "Leviatano" (1651) scrisse: “Libertà, o autonomia, significa (correttamente) l’assenza di opposizione; (per opposizione, intendo gli impedimenti esterni del moto) che non può essere applicata a nessun tipo di creatura Irrazionale e Inanimata, ma piuttosto alla Razionalità ”
L'ESISTENZIALISMO
VLADIMIRO: Ma non è questo il punto. Che stiamo a fare qui, ecco ciò che dobbiamo chiederci. Abbiamo la fortuna di saperlo. Sí, in questa immensa confusione una cosa sola è chiara. Noi aspettiamo che venga Godot.
ESTRAGONE: (con ira improvvisa) Ritrovarmi! Dove vuoi che mi ritrovi? Ho trascinato la mia sporca vita attraverso il deserto! E tu vorresti che ci vedessi delle sfumature! (Sguardo circolare) Guarda questo schifo! Non ne sono mai uscito!
ESTRAGONE: Troviamo sempre qualcosa, vero, Didi, per darci l’impressione di esistere?
VLADIMIRO: Noi aspettiamo. Ci annoiamo. (Alza una ma-no) No, non protestare, ci annoiamo a morte, inutile negarlo. Bene. Si presenta una diversione, e noi che facciamo? La lasciamo marcire. Avanti, al lavoro. (Si avvicina a Pozzo, si ferma) Tra un istante, tutto svanirà e saremo di nuovo soli nel cuore delle solitudini. (Si distrae).
VLADIMIRO: Come fate quando vi càpita di cadere dove non c'è nessuno per aiutarvi? POZZO: Aspettiamo di poterci rialzare da soli. E poi ripartiamo.
L'ESISTENZIALISMO
L'intera messinscena è pervasa da una continua indagine sull'esistere, sul senso della vita. Quelli appena riportati sono solo alcuni esempi delle riflessioni esistenziali, principalmente incentrate sull'individuo, che Beckett ci propone. Egli tratta della precarietà, della finitezza, dell'assurdità, della solitudine dell'uomo. Ed è anche per questo che possiamo definire "Aspettando Godot" come una tragicommedia, opera in cui al carattere comico scherzoso viene affiancata una valutazione più profonda, più intima e in parte più dolorosa della situazione rappresentata.
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FINE
ELISA SPADOTTO, VA