Paradiso I canto
Elisa Spadotto
Created on December 15, 2020
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Transcript
Luca Fraschetti, VAElisa Spadotto, VA
I CANTOParadiso
DOVE ERAVAMO RIMASTI?
Poca favilla gran fiamma seconda: forse di retro a me con miglior voci si pregherà perché Cirra risponda. 36 Surge ai mortali per diverse foci la lucerna del mondo; ma da quella che quattro cerchi giugne con tre croci, 39 con miglior corso e con migliore stella esce congiunta, e la mondana cera più a suo modo tempera e suggella. 42
E sì come secondo raggio suole uscir del primo e risalire in suso, pur come pelegrin che tornar vuole, 51 così de l’atto suo, per li occhi infuso ne l’imagine mia, il mio si fece, e fissi li occhi al sole oltre nostr’uso. 54
Fatto avea di là mane e di qua sera tal foce, e quasi tutto era là bianco quello emisperio, e l’altra parte nera, 45 quando Beatrice in sul sinistro fianco vidi rivolta e riguardar nel sole: aguglia sì non li s’affisse unquanco. 48
Molto è licito là, che qui non lece a le nostre virtù, mercé del loco fatto per proprio de l’umana spece. 57 Io nol soffersi molto, né sì poco, ch’io nol vedessi sfavillar dintorno, com’ferro che bogliente esce del foco; 60 e di sùbito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote avesse il ciel d’un altro sole addorno. 63 Beatrice tutta ne l’etterne rote fissa con li occhi stava; e io in lei le luci fissi, di là sù rimote.
Nel suo aspetto tal dentro mi fei, qual si fé Glauco nel gustar de l’erba che ‘l fé consorto in mar de li altri dèi. 69 Trasumanar significar per verba non si poria; però l’essemplo basti a cui esperienza grazia serba. 72 S’i’ era sol di me quel che creasti novellamente, amor che ‘l ciel governi, tu ‘l sai, che col tuo lume mi levasti. 75
Quando la rota che tu sempiternidesiderato, a sé mi fece attesocon l’armonia che temperi e discerni, 78 parvemi tanto allor del cielo acceso de la fiamma del sol, che pioggia o fiume lago non fece alcun tanto disteso. 81
Com'è possibile che, pur essendo dotato di un corpo mortale, stia salendo oltre l'aria e il fuoco?
Qual è l'origine della luce e del suono?
Il primo dubbio di Dante
Il secondo dubbio di Dante
Qui veggion l’alte creature l’orma de l’etterno valore, il qual è fine al quale è fatta la toccata norma. 108 Ne l’ordine ch’io dico sono accline tutte nature, per diverse sorti, più al principio loro e men vicine; 111 onde si muovono a diversi porti per lo gran mar de l’essere, e ciascuna con istinto a lei dato che la porti. 114
S’io fui del primo dubbio disvestito per le sorrise parolette brevi, dentro ad un nuovo più fu’ inretito, 96 e dissi: «Già contento requievi di grande ammirazion; ma ora ammiro com’io trascenda questi corpi levi». 99 Ond’ella, appresso d’un pio sospiro, li occhi drizzò ver’ me con quel sembiante che madre fa sovra figlio deliro, 102 e cominciò: «Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo è forma che l’universo a Dio fa simigliante. 105
La novità del suono e ‘l grande lume di lor cagion m’accesero un disio mai non sentito di cotanto acume. 84 Ond’ella, che vedea me sì com’io, a quietarmi l’animo commosso, pria ch’io a dimandar, la bocca aprio, 87 e cominciò: «Tu stesso ti fai grosso col falso imaginar, sì che non vedi ciò che vedresti se l’avessi scosso. 90 Tu non se’ in terra, sì come tu credi; ma folgore, fuggendo il proprio sito, non corse come tu ch’ad esso riedi». 93
né pur le creature che son fore d’intelligenza quest’arco saetta ma quelle c’hanno intelletto e amore. 120
Questi ne porta il foco inver’ la luna; questi ne’ cor mortali è permotore; questi la terra in sé stringe e aduna; 117
Vero è che, come forma non s’accorda molte fiate a l’intenzion de l’arte, perch’a risponder la materia è sorda, 129 così da questo corso si diparte talor la creatura, c’ha podere di piegar, così pinta, in altra parte; 132 e sì come veder si può cadere foco di nube, sì l’impeto primo l’atterra torto da falso piacere. 135
La provedenza, che cotanto assetta, del suo lume fa ‘l ciel sempre quieto nel qual si volge quel c’ha maggior fretta; 123 e ora lì, come a sito decreto, cen porta la virtù di quella corda che ciò che scocca drizza in segno lieto. 126
Non dei più ammirar, se bene stimo, lo tuo salir, se non come d’un rivo se d’alto monte scende giuso ad imo. 138 Maraviglia sarebbe in te se, privo d’impedimento, giù ti fossi assiso, com’a terra quiete in foco vivo». Quinci rivolse inver’ lo cielo il viso. 142