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baraccopoli e slums
gabriele.piemontese
Created on December 8, 2020
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Transcript
le baraccopoli
Indice
5. Gli 8 interventi per migliorare le baraccopoli6. Alcuni segni di speranza 7. Cosa dovremmo imparare dalle baracpoli
1. Che cosa sono le baraccopol2. Quali sono i vari nomi delle baraccopoli? . 3.Dharavi4. Il COVID nelle baraccopoli
Che cosa sono le baraccopoli? E come vengono classificate?
Le baraccopoli sono spazi urbani sovraffollati, insalubri, costruiti con materiali inadatti, edificati illegalmente, localizzati in aree a rischio ambientale, privi di spazi e servizi pubblici, caratterizzati da elevati livelli di violenza. Secondo Un-Habitat, il programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani, sono i parametri che caratterizzano una baraccopoli sono i seguenti: insufficiente accesso all’acqua corrente scarsa presenza di servizi sanitari e sistemi fognari sovraffollamento costruzioni fatte con materiali precari (lamiere, pezzi di legno, cartoni ecc.) abitazioni costruite illegalmente (da qui anche la definizione di “insediamenti informali”).
Le baraccopoli nel mondo
Secondo le ultime stime del programma dell’ ONU per gli insediamenti umani UN-Habitat , in tutto il mondo almeno il 25% della popolazione urbana vive in “insediamenti informali”, ossia in baraccopoli. Nel 2016 le baraccopoli ospitavano circa il 30-50% della popolazione nel Sud del mondo. In Africa ci vive oltre il 60% degli abitanti, seguita da Asia (30%) e da America Latina e Caraibi (24%).
Le baraccopoli, ormai presenti ovunque
Baraccopoli sono presenti anche in tante città dei Paesi ricchi. Per esempio, in molte aree urbane negli Stati Uniti sono presenti insediamenti informali simili a quelli dell’America latina, come le Colonias in California. Los Angeles è la città con il maggior numero di senzatetto di tutta l’area sviluppata. In Italia vi sono piccoli insediamenti abusivi di senzatetto, rifugiati e nomadi che periodicamente vengono fatti sgomberare. Situazioni di questo tipo sono presenti a Roma, Firenze, Milano, Torino Catania , Napoli e Genova.
Quali sono i nomi delle baraccopoli nel mondo?
Le baraccopoli assumono denominazioni diverse da Paese a Paese: - Bidonville, nei Paesi di lingua francese (da “bidon” che significa “bidone” e “ville” che significa “città”, ossia città dei bidoni, delle lamiere); - Colonias per le baraccopoli della California; - Favelas per le baraccopoli brasiliane; - Bairro da lata per le baraccopoli peruviane; - Township per le baraccopoli sudafricane; - Villas Miseria per le baraccopoli argentine; - Slum per le baraccopoli delle ex colonie britanniche (India e Kenya).
Gli slums
Con il termine "slum"ci si riferisce a un quartiere residenziale decaduto, in cui si registra la presenza sia di baracche e dimore di fortuna, sia di costruzioni permanenti caratterizzate dal massimo grado di degrado. Si tratta di aree non necessariamente periferiche ma comunque isolate e emarginate. Sono dei quartieri con insediameni privi di autorizzazioni e infrastrutture primarie, che spesso sorgono vicino a discariche di rifiuti.
La vita negli slums
La vita negli slums è caratterizzata dalla mancanza o dall’insufficienza di acqua potabile ed elettricità, dall’assenza di fogne, da condizioni igieniche pessime, che favoriscono la diffusione di malattie molto gravi, dalla diffusione della criminalità e della violenza. Le abitazioni, molto piccole e sovraffollate, sono costruite con materiali di fortuna e perciò soggette a crolli. Il rapporto fra slum e istituzioni è complesso e spesso basato sul rifiuto di comunicazione e riconoscimento reciproco. Per i residenti di molti slum lo “stato” è un’entità lontana, inaffidabile se non minacciosa, mentre per la politica gli slum sono spesso un problema da rimuovere. L’esempio più significativo è che gran parte degli slums non compare sulle mappe ufficiali su cui vengono redatti i piani urbanistici e, di conseguenza, gli abitanti degli slums non sono censiti.
Dharavi
Dharavi è una degli slums più popolosi, grandi ed inospitali dell’intera Asia. Si trova nel cuore della metropoli indiana di Mumbai e vi abitano all'incirca 1 milione di persone, in una superficie di soli 2,4 km quadrati, rendendo quest’area una tra le più densamente popolate in tutto il globo. Parlando di numeri, è come se l’intera popolazione di San Francisco abitasse in solamente nell'area di Central Park. Con uno spazio così ridotto, l’ambiente che si crea è buio, insalubre, tortuoso, umido e congestionato. I suoi abitanti sono costretti a vivere in vere e proprie baracche accartocciate come barattoli di lamiere, in condizioni di vita spesso infime.CLICCARE L'IMMAGINE A FIANCO.
Timeline della storia di Dharavi
SETTECENTOIn molti migravano in questa città , in cerca di un lavoro e di un alloggio, che potesse permettergli di vivere agiatamente. Tuttavia la città non aveva abbastanza abitazioni, che, unito all’elevato costo del terreno e ad i problemi collegati...
1668 l’India passó sotto il controllo degli inglesi e della Compagnia delle Indie Orientali.
... Le baraccopoli si concentrano quindi in aree prettamente indiane di Mumbai, dove il Governo non investiva in nessun tipo di infrastrutture e sanità, contribuendo al peggioramento di queste zone.
...all' approvvigionamento idrico, condusse ad una netta separazione tra i quartieri residenziali europei e quelli destinati alla popolazione locale: questo fu l’inizio di Dharavi...
1534Lo sviluppo della città di Mumbai ebbe inizio con la dominazione portoghese che incominciò a far leva sul porto, che crebbe molto in fretta.
1947Con l’indipendenza dell’India e la conseguente partizione India-Pakistan, il clima di relativa convivenza e serenità tra le varie religioni ed etnie, si alterò profondamente.
DOMINAZIONE BRITANNICAla popolazione indiana, seppur con vari sfruttamenti ed ingiustizie, conobbe un periodo di sviluppo, caratterizzato dall’aumento della popolazione e dalla costruzione di molte opere pubbliche
INDIPENDENZA INDIA-PAKISTANI maggiori contrasti furono fra musulmani e indù, e portarono alla netta separazione di aree con l’utilizzo dei muri, a spostamenti su base identitaria, e ad un clima di sospetto che spesso sfociava in atti di violenza. Per fortuna il buon senso prevalse e si creò un clima di maggior rispetto ed accettazione nei confronti dell’altro.
AL GIORNO D'OGGIAl giorno d’oggi la composizione etnica- religiosa di Dharavi riproduce in piccolo l’eterogeneità dell’intera popolazione indiana: vi sono imprenditori del Gujarat, pescatori originari di antichi villaggi vicini a Mumbai, comunità indù, ecc: la cosa bella e da ammirare è che ognuna di queste comunità coesiste fianco a fianco in maniera pacifica
I colori con cui sono evidenziate le date oppure le parole chiave dei vari paragrafi sono diversi ed indicano fasi diverse nella storia: -verde, il dominio portoghese -rosso, la dominazione inglese -giallo, l'indipendenza blu, il giorno d'oggi
Dharavi, polo economico della città
Dharavi, costituisce un tassello fondamentale per l’economia dell’intera città e quasi tutti i suoi abitanti trovano in fretta qualche lavoro a cui dedicarsi. La maggioranza dei residenti si occupa della lavorazione dei pellami, destinati sia all’esportazione che al mercato locale. Altri producono alcolici, lavorano il vasellame, rifiniscono tessuti, differenziano i rifiuti e molto altro. Non molto rari sono i cosiddetti “ White Collars “, ovvero gli impiegati statali, che hanno scelto come casa questa baraccopoli, per via del costo troppo alto degli appartamenti in zone diverse.
I servizi primari mancano...
Nonostante tutta questa forza lavoro, molte aree di questo slum rimangono sprovviste di servizi basilari per la sopravvivenza: fogne e canali di drenaggio sono quasi inesistenti, mancano l’acqua potabile, l’elettricità, le strade pavimentate ed i bagni. Abbondano invece i luoghi di culto e per fortuna le scuole e le cliniche, anche se il livello di istruzione fornito non è molto alto.
The Millionaire Slumdog
Un film sicuramente degno di nota è “ The Millionaire slumdog “, vincitore di ben 8 Oscar. La pellicola è stata girata dal regista Danny Boyle ed è uscita nelle sale cinema nel 2008, riscontrando molto successo e critiche. Il film dura 120 minuti e si ambienta proprio a Dharavi. Il protagonista è Jamal, un ragazzino cresciuto nella povertà, che decide di partecipare all’edizione indiana in un famoso quiz televisivo. Con lo stupore del pubblico,arriva sino all’ultima domanda, che vale 20 milioni di rupie. Il conduttore televisivo, però, non crede che sia possibile che il ragazzo, venendo da uno slum, possa spingersi così in là e quindi lo fa arrestare. In un secondo momento, mentre la polizia lo interroga, Jamal racconta la sua vita travagliata e come faceva a conoscere tutte le risposte. Il pubblico ricostruisce così la sua storia, vissuta sulla strada ed alla ricerca della ragazza che ha sempre amato.
COVID e baraccopoli, un rischio più che concreto
Le baraccopoli, come si può immaginare, hanno tutte le carte in linea per essere enormi focolai di casi COVID. Sono delle vere e proprie bombe ad orologeria pronte a scoppiare. Ecco riportata la spiegazione di Wired Robert Muggah, esperto in sicurezza, sviluppo e fondatore dell’istituto Igarapé e di SecDev:” In tutto il mondo, gli insediamenti informali rischiano di diventare super-untori di malattie infettive. Oltre 1,2 miliardi di persone vive in uno slum e questa cifra salirà a oltre 2 miliardi entro il 2030” ricorda. “Di norma, l’ambiente urbano è altamente favorevole alla diffusione di virus. Questi rischi sono aggravati in aree sovraffollate e densamente popolate, in particolare in quelle prive di alloggi sicuri con adeguata ventilazione, infrastrutture sanitarie e servizi di base come acqua e servizi igienico-sanitari” elenca Muggah. “Inoltre, le misure di prevenzione di base come l’isolamento e il lavaggio regolare delle mani sono impossibili nella maggior parte degli insediamenti informali. Questo non è solo a causa della mancanza di case con più stanze, acqua corrente o servizi igienici privati, ma perché le persone non hanno risparmi e non possono letteralmente permettersi di stare in casa e smettere di lavorare”.
Dharavi ed il COVID
Il primo caso di coronavirus a Dharavi è stato rilevato solamente all’inizio di aprile, quando un residente di 56 anni, dopo essere stato ricoverato ed essere morto è risultato positivo. In quel periodo in India i casi di COVID erano “solo” 2000, riconducibili principalmente a viaggi internazionali. Il Governo ed il comune di Mumbai, si preoccuparono immediatamente e, capendo la criticità della situazione, misero in atto misure molto dure. Vennero chiuse tutte le strade principali dagli agenti di polizia in costante vigilanza ed i droni volavano sopra tutta l'area dello slum. Con rare eccezioni nessuno poteva lasciare il suo luogo di residenza. Intanto anche il resto dell’India fu bloccata, anche se in modo più leggero.
Nuove misure di contenimento
Nonostante le misure i casi continuavano ad aumentare pericolosamente. Fu in questo momento che Kitam Dighavkar, il manager municipale e responsabile COVID-19, si rese conto dell’impossibilità di attuare tutte le misure contenitive. Per gli abitanti di Dharavi è impossibile non uscire di casa: devono andare ai bagni pubblici (condivisi da 100 persone), ai rubinetti pubblici per prendere l’acqua ed a raccogliere i pacchetti di cibo che gli vengono donati dalle associazioni di beneficienza. Inoltre anche restare a casa non è una garanzia, visto che in media una famiglia di 8 persone abita in meno di 100 metri quadrati. Si decise di inviare alcune squadre di operatori sanitari, debitamente protetti, in tutte le case dello slum, eseguendo tamponi in maniera completamente gratuita, in modo da individuare i presunti contagiati e fermarli prima che ne potessero infettare altri. Il Governo predispose inoltre alcuni spazi in cui gli infetti avrebbero potuto essere ricoverati oppure eseguire la quarantena.
Problemi con le nuove misure anti contagio
L’unico problema di questo sistema è che si basa sulla fiducia dei residenti dello slum. Quando la squadra si reca a casa loro, devono dire alle autorità se hanno avuto sintomi o se pensano di essere positivi. Purtroppo molti di loro, dato che lavorano in attività illecite che potrebbero essere chiuse da un momento all’altro, cercano di evitare il più possibile ogni tipo di autorità. Col tempo però il Governo è riuscito a guadagnarsi anche la loro fiducia per via di parenti positivi che tornavano dalla quarantena e che gli raccontavano della confortevole esperienza che avevano vissuto nell’ospedale. In questo modo i contagi sono passati da 45 al giorno di metà aprile a 10 al giorno di luglio. Adesso purtroppo sono in rapida risalita perché il Governo Centrale non può più concentrare le sue risorse solo nelle baraccopoli dato che nel resto del Paese i contagi sono altissimi.
Disguidi in altre baraccopoli
Nelle altre baraccopoli del mondo non ci sono stati meno problemi. Per esempio nelle baraccopoli della capitale del Burkina Faso, il 27% della popolazione non dispone di un accesso all’acqua potabile, per cui devono raggiungere alcuni punti di distribuzione comune, che sono sempre affollati di persone. A ciò si aggiunge il problema della fame. Verso aprile in Sudafrica si sono verificate delle scene vere e proprie di guerriglia urbana tra le forze dell’ordine e la popolazione delle baraccopoli. Per soffocare le rivolte Sono stati distribuiti 48 mila pacchetti di cibo, anche se a numerosi sudafricani non sono arrivati, specialmente a quelli della zona di Città del Capo. Molti Stati, per limitare i contagi, sono dovuti scendere a patti con le gang che dominavano nelle baraccopoli per far rispettare le regole che impedivano assembramenti.
Situazione contagi India
Più in generale, nell’India, la criticità è ancora alle stelle, dato che ha da poco superato i 7 milioni di contagiati totali, con un incremento in un giorno solo di 75 mila casi. Per via della sua popolazione giovane, però, è uno tra gli Statu più colpiti, con l’indice di letalità più inferiore, nonostante le varie malattie criniche di cui la popolazione spesso è affetta.
Il Governo Centrale ed il suo interesse per le baraccopoli
Tuttavia, nonostante la risposta pronta ed aggressiva adottata dal comune di Mumbai, le baraccopoli sono lasciate a loro stesse, se non fosse per le varie organizzazioni di volontariato. Purtroppo non solo il Governo è indifferente ma anche l’elìte delle città che mostrano disprezzo verso gli slums e per chiunque vi provenga. Un esempio calzante è quello dell’arrivo di Melania e Donald Trump a New Delhi, circa un anno fa, quando il Governo indiano fece costruire un muro alto due metri per nascondere uno slum che si sarebbe intravisto nel percorso dall'aeroporto allo stadio, in cui si sarebbe svolto un evento con ospite Trump.
Soddisfare immediatamente gli standard umanitari per acqua, servizi igienico-sanitari e igiene
Istituire insediamenti informali e comitati di pianificazione in ogni insediamento informale urbano.
Gli 8 interventi per migliorare le baraccopoli
Fornire assistenza alimentare immediata
Applicare una moratoria immediata sugli sfratti.
Ecco gli otto interventi da effettuare in tempi brevi per migliorare le condizoni di vita nelle baraccopoli secondo Lee W. Riley.
Sviluppare ed attuare una strategia di raccolta dei rifiuti solidi.
Fornire una garanzia immediata sui pagamenti ai poveri
Attuare un piano per la mobilità e l’assistenza sanitaria.
Formare immediatamente gli operatori sanitari della comunità
Alcuni segni di speranza
Joseph Aymamathil
Joseph Aymanathil è un salesiano, laureato in diritto canonico, che per più di trent’anni è stato ed è ricordato come “il pioniere dell’educazione di qualità, facendo la differenza per molti bambini della baraccopoli di Calcutta, sempre in India. Egli ha infatti dato vita ad un importante progetto di educazione che ha offerto lezioni gratuite per circa 600 giovani all’anno. Nelle aule trovavano banchi, panche, ventilatori, potevano studiare in silenzio e con un giusto sistema di illuminazione, tutti elementi che mancano negli slums. Da quando è scattato il lockdown a Calcutta, a circa metà marzo 2020, Don Joseph è stato in prima linea ed ha organizzato 115 giorni di ininterrotta distribuzione di pacchetti di cibo ai bisognosi, a sostegno della “Don Bosco solidarity Covid-19 relief”, l’ente salesiano creato in risposta all’emergenza del virus. Purtroppo stando molto a contatto con altre persone per distribuirgli del cibo, si è ammalato di COVID e purtroppo il 19 luglio è morto. “I suoi collaboratori continuano ora la sua opera e proseguono nella distribuzione quotidiana di beni di prima necessità ai più poveri, mettendo a grande rischio la propria vita”, racconta l’agenzia salesiana Ans.
Shalini Arya
Shalini Arya era ancora una ragazzina, aveva 10 anni, quando nella sua casa fatta di lamiere in una delle tante baraccopoli nell’India doveva cucinare per la sua famiglia da mangiare e non poteva più andare a scuola. Era figlia di un operaio che preferiva farla aiutare con i lavori domestici che in casa. Lei però si dimostrava sempre vogliosa di imparare e anche solo per leggere un libro, andava sul tetto della sua “casa” per avere un po’ di luce. Un giorno siccome voleva andare a scuola, segui il fratello più piccolo, che aveva 5 anni e che poteva andarci, e si nascose sotto la cattedra della sua maestra. Appena l’insegnante la notò la rimando a casa ma il giorno dopo telefonò a suo padre, consigliandogli di mandarla a scuola. Stranamente l’operaio accettò e già dopo poco tempo che la frequentava, Shalini, divenne la più brava della classe. Viste le sue doti, il papà la decise di mandare in un liceo più prestigioso, frequentato dai figli delle famiglie ricche, che però la deridevano spesso. Shalini però non si fece abbattere ed una volta ottenuto il diploma decise di iscriversi all’università, supportata dalla famiglia . Lei voleva fare l’ingegnere ma suo padre le consiglio di iscriversi a scienze alimentari.
A Shalini quella facoltà non piaceva dato che le ricordava quando da piccola era costretta a cucinare per tutti. Tuttavia, una volta conosciuta, se ne appassionò e si laureò. Non molto tempo dopo la laurea ottenne un lavoro in una azienda che combatteva la malnutrizione negli slum ed inizio a lavorare a vari progetti. Uno tra questi fu una modifica di farine con cui si fa l’impasto alla chapati, una focaccia tipica indiana, che venne resa facilmente producibile e molto nutriente. Al giorno d’oggi Shalini Arya è un importante scienziata nel campo dell’alimentazione ed è spesso contesa da molte aziende per via delle suo conoscenze e capacità. Questa storia ci insegna che nella vita, nonostante le difficoltà che incontreremo, se si crede in ciò che si sta facendo, bisogna perseverare, finché poi qualcosa si otterrà.
Cosa potremmo imparare le baraccopoli
Aspetti morali
-Umiltà dei suoi residenti -Solidarietà reciproca: chi vive negli slums tende a condividere molto e ad aiutarsi reciprocamente, a prescindere dalla religione.
Aspetti economico-sociali
-imprenditorialità ed intraprendenza: ognuno, finito un lavoro, ne trova immediatamente un altro. Quando gli abitanti delle baraccopoli ottengono il giusto accesso e sostegno, le loro attività economiche tendono ad andare a beneficio dell’intera comunità -adattabilità ed innovazione: con l’obbiettivo di sfruttare al meglio le risorse, gli abitanti delle baraccopoli spesso sono fautori di innovazione e mostrano un alto livello di adattabilità alle nuove soluzioni tecnologiche.
Grazie per l'attenzione
Ricerca svolta da: Lara Pacelli Gabriele Piemontese Pietro Francavilla