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Adottiamo un partigiano classe 2BB
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01
adottiamo unpartigiano
SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO "MATERDONA-MOROMesagne (BR) classe 2BB a.s. 2019-2020
la liberazione
Nel 1943 durante la seconda guerra mondiale gruppi di uomini (BISNONNI) presero le armi per liberare l’ Italia da fascisti e nazisti dando vita alla resistenza. Nel 1925, il fondatore del partito fascista, Benito Mussolini, aveva instaurato una dittatura in Italia, si faceva chiamare DUCE e aveva imposto delle leggi fasciste: in pratica nessuno poteva opporsi al regime e nemmeno criticare le decisioni di Mussolini. Nel 1939, il capo del partito nazista, il tedesco ADOLF HITLER, diede inizio alla seconda guerra mondiale e l’anno successivo il duce decise di scendere in campo al suo fianco. ma è solo nel 1943 che entrarono in gioco i nostri BISNONNI. Il nostro paese si trovò diviso in due: le truppe Americane e Inglesi cominciarono dal Sud a liberare l’ Italia dai fascisti e dalle truppe tedesche che avevano occupato il territorio. Al Nord invece, Mussolini fondò uno stato, “LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA “, per governare i territori sotto il controllo tedesco. E’ soprattutto qui che molti Italiani decisero di opporsi a questa occupazione diventando dei partigiani. Si trattava di gente comune, contadini, operai, studenti, parroci, persone di ogni tipo che si organizzarono come resistenza agli “INVASORI” di cui parla “ OH BELLA CIAO”, una canzone diventata simbolo di quella lotta. Nel 1945, a metà aprile, i partigiani proclamarono l’insurrezione generale e cominciarono una serie di attacchi per liberare maggiori città. La festa della Liberazione si celebra il 25 aprile, cioè il giorno in cui le città di Milano e di Torino furono liberate dall'occupazione straniera. Noi oggi siamo liberi di scegliere la nostra classe dirigente, le attività sociali e culturali. Sono tutte libertà di cui godiamo grazie a quel lontano 25 aprile del 1945.
i partigiani
Chi sono i Partigiani
Nella nostra storia la parola «partigiani» indica i protagonisti della Resistenza contro il nazifascismo e in particolare contro le truppe tedesche di occupazione e i fascisti della Repubblica di Salò. In generale i partigiani sono coloro che si sono ribellati nei paesi occupati dalle truppe dell’ Asse durante la seconda guerra mondiale. Un partigiano, quindi, è un combattente armato, ma non è un soldato. Egli, infatti, non appartiene ad un esercito regolare, ma ad un movimento di resistenza organizzato in gruppi per fronteggiare uno o più eserciti regolari con l’aiuto determinante della popolazione civile. Per «lotta partigiana» si intende, perciò, una guerra di difesa di natura civile contro un’occupazione militare. Si tratta di una forma di conflitto dichiarata legittima anche dall'Assemblea Generale dell’ONU nel 1965. Il 25 Aprile di ogni anno festeggiamo la Liberazione per fare memoria di quanto avvenuto il 25 Aprile nel 1945 quando abbiamo riconquistato la dignità che il fascismo aveva infangato con la dittatura, con le leggi razziali, con l’abolizione delle libertà civili. Nel Comitato di liberazione c’erano esponenti politici molto diversi: cattolici, socialisti, comunisti, liberali. A tutti fu chiaro che la dignità del paese dovesse essere salvaguardata rispetto a ogni egoismo politico. Il numero dei morti in battaglia nella Resistenza italiana è molto alto. Secondo studi approfonditi, sono stati complessivamente circa 44.700; altri 21.200 rimasero mutilati o feriti.
Tra partigiani e soldati italiani almeno 40 mila uomini caddero combattendo. Altri 40 mila morirono nei Lager nazisti. Le donne partigiane combattenti furono 35 mila, e 70 mila fecero parte dei Gruppi di difesa della Donna. Molte di loro furono arrestate e torturate, oltre 2.750 vennero deportate in Germania, mentre 1070 morirono in combattimento. Durante la Resistenza le vittime civili furono oltre 10.000. Tra il 29 settembre 1943 e il 5 ottobre 1944 nella valle tra il Reno e il Setta, i soldati tedeschi uccisero 7 partigiani e 771 civili trucidando circa 1.830 persone. I partigiani sono patrioti che hanno combattuto per la libertà e per restituire l’onore ad un paese umiliato dai crimini fascisti. La figura del partigiano compare nella storia fin dall'antichità. La prima lotta partigiana fu una lotta di forze irregolari contro un potere ufficialmente costituito. I partigiani parteciparono volontariamente alla lotta armata, non utilizzarono segni di riconoscimento o uniformi e infine usavano soprannomi per non farsi riconoscere.
figure femminili durante la resistenza
Il loro ruolo
In questo breve saggio voglio ricordare le figure delle donne durante la Resistenza, Nella maggior parte dei casi le partigiane hanno rivestito il ruolo di staffette: consegnavano cibo, armi, riviste, materiali di propaganda. Pur rischiando la vita, torture e violenze sessuali. non erano armate, quindi non si potevano difendere. Molte donne, inoltre, erano impegnate nella protezione dei partigiani: li nascondevano, li curavano, portavano loro i viveri nei nascondigli, si preoccupavano della loro sopravvivenza. Altre, in numero minore, hanno partecipato direttamente alla lotta armata. Non sarebbe stata possibile la resistenza senza le staffette, si poteva essere riconosciute come partigiane solo dopo aver partecipato alla lotta armata per almeno tre mesi all’interno di un gruppo organizzato riconosciuto. Le donne che hanno ricevuto medaglie d’oro al valore per le loro azioni durante la resistenza sono state solo venti: Irma Bandiera, Ines Bedeschi, Gina Borellini, Livia Bianchi, Carla Capponi, Cecilia Deganutti, Paola Del Din, Anna Maria Enriquez, Gabriella Degli Esposti Reverberi, Norma Pratelli Parenti, Tina Lorenzoni, Ancilla Marighetto, Clorinda Menguzzato, Irma Marchiani, Rita Rosani, Modesta Rossi Polletti, Virginia Tonelli, Vera Vassalle, Iris Versari e Joyce Lussu.
Irma Bandiera
Irma Bandiera nasce nel 1915 in una benestante famiglia bolognese dai valori altamente antifascisti. Il fidanzato di Irma, militare, fatto prigioniero dai tedeschi a Creta dopo l'8 settembre 1943, resta disperso. Irma Bandiera inizia ad aiutare i soldati sbandati dopo l'armistizio e ad interessarsi di politica, aderendo al Partito Comunista. A Funo, dove andava a trovare i parenti, conosce uno studente di medicina, Dino Cipollani di Argelato, il partigiano “Marco”; Irma entra quindi nella Resistenza, al tempo molto attiva nella bassa bolognese, con il nome di battaglia "Mimma". In seguito all’uccisione di soldati e ufficiali nazifascisti, Irma Bandiera è arrestata insieme ad altri due partigiani. Per sei giorni e sei notti Irma fu torturata dai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, guidati dal Capitano Renato Tartarotti. Arrivarono ad accecarla, ma Irma resistette senza parlare, preservando così i suoi compagni partigiani. I fascisti la fucilarono infine con alcuni colpi di pistola a bruciapelo al Meloncello di Bologna, nei pressi della casa dei suoi genitori il 14 agosto. Il corpo di Irma venne ritrovato il 14 agosto sul selciato vicino allo stabilimento della ICO, fabbrica di materiale sanitario, dove i suoi aguzzini l'avevano lasciata in vista per una intera giornata, a monito. La federazione bolognese del PCI il 4 settembre 1944 fece
circolare un foglio clandestino in cui si ricordava il senso patriottico del sacrificio di Irma, incitando i bolognesi a intensificare la lotta partigiana per la liberazione dal nazi-fascismo. Quindi il mio ringraziamento va a tutti i partigiani che con il loro coraggio e tenacia hanno portato la nostra Nazione alla libertà, ma anche a tutte quelle donne che hanno lottato contro il nazifascismo, e soprattutto contro la cultura del tempo che le confinava in un posto marginale della società. Grazie allo sforzo comune di uomini e donne oggi possiamo vivere in democrazia, professando liberamente idee e culti.
partigiani di mesagne
ANPI a Mesagne
Dopo Francavilla Fontana e Ostuni, anche a Mesagne si è recentemente costituita la sezione dell'Associazione nazionale partigiani italiani che fu fondata a Roma il 6 giugno 1944 con lo scopo di restituire al Paese una piena libertà e favorire un regime di democrazia per impedire in futuro il ritorno di qualsiasi forma di tirannia e assolutismo. l'ANPI è ancora oggi in prima linea nella custodia e nell'attuazione dei valori della Costituzione, della democrazia e nella promozione della memoria di quella grande stagione di conquista della libertà che fu la Resistenza. La sede dell' Anpi intitolata al partigiano mesagnese “Eugenio Santacesaria” si trova in Via Castello, 20. Eugenio Santacesaria, uomo di popolo e di azione che combatté in Spagna nelle Brigate internazionali contro i fascisti di Franco e morì in combattimento il 12 febbraio del 1937 è uno dei 28 partigiani di origine mesagnese di cui si abbia notizia fino ad ora. Tra questi uomini coraggiosi a cui la nostra terra ha orgogliosamente dato i natali troviamo Francesco Altavilla, militare che rifiutò di arruolarsi nell’esercito della Repubblica di Salò e finì i suoi giorni nel lager di Matauhsen, Carmelo Bolognese, vice comandante di divisione inquadrato nella 8va divisione di Giustizia e Libertà, Giovanni Bolognese, partigiano, comandante di squadra nell 8° divisione Val d’Orco e poi Brigata Costa, Francesco Carrozzo, giardiniere che combatté nella divisione Campana brigata Michele dal ‘44 al ‘45,
Non si può non ricordare il contributo che altri patrioti mesagnesi dettero eroicamente alla resistenza. Tra costoro citiamo Nicola Cati, caduto il 7 ottobre del ‘43 nelle isole greche, Luigi Cesa, partigiano nel raggruppamento Monte Amiata dal 27 gennaio al luglio 1944, Cosimo De Francesco, che combattè nella 22° Brigata Garibaldi, Umberto De Milito, partigiano in brigate Garibaldi e Sap dal ‘44 sino alla fine della guerra. Notevole il contributo anche di altri patrioti tra cui Carmelo Devicienti, partigiano del Raggruppamento Monte Amiata, Cotrino De Milito, partigiano della settima brigata Sap., Guido Falco, partigiano, Virgilio Fasano, partigiano nel comando della nona divisione Giustizia e Libertà Ferriera Monferrato. Raffaele Fumarola, capitano .a Finanza e poi partigiano a Milano, decorato con Croce di Guerra. Pietro Pietro, elettricista e combattente nella Brigata Sap Giambone,. Enrico Guarini, fucilato a Suno (Novara) il 23 agosto del ‘44 insieme ad altri otto giovani dopo essere stato prelevato dai fascisti delle Brigate Nere dal carcere di Novara. Tra gli altri partigiani mesagnesi che hanno sacrificato la propria vita per la patria e per amore della libertà non possiamo dimenticare Francesco Landucci, che combattè i partigiani Yugoslavi e fu ferito e mutilato. Salvatore Lupo, partigiano, impegnato nella Divisione Italia, in Jugoslavia dall’ 8 settembre ‘43 al 4 luglio ‘44, prigioniero dal 4 luglio ‘44 al 25 aprile 1945. Angelo Marino, combattente nella 20° brigata Sap Casana. Angelo Madaghiele, combattente nella divisione Davito, Brigata Matteotti. Antonio Molfetta, carabiniere e partigiano dal ‘44 al ‘45 nella divisione Marengo. Umberto Perrucci, Giuseppe Rubino, marinaio, partigiano in Grecia, nei Reparti Italiani, dal 9 settembre ‘43 al 17 novembre ‘43, prigioniero dal 17 novembre ‘43 all’ 8 maggio 1945 e rimpatriato il 2 ottobre ‘45. Da ricordare anche il valore di Antonio Santoro, militare,
caduto nelle isole Egee il 22 novembre 1943, Fortunato Scoditti, partigiano nella seconda Brigata Sap Mensa. Gino Scoditti, partigiano nella seconda Brigata Garibaldi. Ubaldo Scoditti, partigiano nella 19ma Brigata Garibaldi. Otello Solimeo, partigiano nella 7ma Brigata Sap De Angeli. Antonio Stridi, partigiano nel Raggruppamento Monte Amiata. A loro si aggiungono i numerosi “sovversivi” mesagnesi che tra il 1900 e il 1943 combatterono per la democrazia prima e contro la dittatura poi e per questo furono ferocemente perseguitati.
Eugenio Santacesaria
Eugenio Santacesaria nacque a Mesagne il 1° giugno 1897 da Vito e da Semeraro Addolorata. Fu elettricista, ex combattente, Comunista, morto in combattimento nelle file della Brigata Garibaldi durante la guerra civile in Spagna nel marzo 1937. Aveva combattuto durante la prima guerra mondiale, si era arruolato nella Marina Militare e si era imbarcato sulla nave “Pisa”. Finita la guerra, aveva militato nelle fila del movimento dei combattenti e forse anche aveva partecipato alla fase costitutiva del partito fascista di Mesagne. In una scheda di polizia del 9 agosto 1925, lo si descrive “di buona condotta morale e civile” ma per le sue idee sovversive “è tenuto in poca considerazione nell’opinione pubblica”. Insieme ad altri socialisti mesagnesi si distinse in maniera particolare nell’assalto e nella distruzione della sezione mesagnese del Partito Nazionale Fascista per reagire ad analoga aggressione verso la locale Camera del Lavoro. Era stato fermato una sola volta dalla polizia a Lecce per avere partecipato, nel 1924, ad una riunione provinciale di dirigenti socialisti. Dopo di che di lui, in Italia, si perdono le tracce. Insieme al cugino Sante Semeraro Io ritroviamo in Francia. Santacesarea, per campare, lavorò come operaio elettricista. Per sfuggire al controllo delle spie dell’Ovra e della polizia politica, assunse le generalità di Eugenio Carloni
Sul piano dell’impegno politico, di particolare rilevanza, oltre ad un viaggio in Unione Sovietica nel 1934, lo ritroviamo insieme a Giuseppe Di Vittorio ad organizzare il sostegno degli esuli italiani verso le brigate internazionali che erano intervenute nella guerra civile spagnola, ovviamente nella fazione opposta a quella “franchista”. Volle arruolarsi e partire, militando nella Brigata Garibaldi, la stessa alla quale apparteneva il fior fiore dell’antifascismo italiano che aveva scelto la strada dell’impegno militare alle forze antifasciste spagnole. Qui morì a soli 40 anni nel marzo 1937. L’annuncio, secondo una comunicazione della Direzione Generale della Pubblica Sicurezza del Ministero degli Interni, venne dalla stazione radiofonica di Barcellona “EAJ NJ”, che trasmetteva in lingua italiana e faceva propaganda antifascista, captato dalla polizia di Imperia il 15 marzo 1937, nel notiziario serale delle ore 20,30-21. “(…) E’ morto in questi ultimi giorni” disse lo speaker “sul fronte di Guadalajara il grande eroe Carloni. Egli era il servo fedele al servizio del partito comunista italiano. Nel 1920 allorché cessò di prestare il servizio militare in marina, fu tra i primi a iscriversi nelle file fasciste, ma allorché si accorse dei soprusi e delle angherie dei capi si ribellò ad essi e dopo avere messo a soqquadro la sede del Fascio di Mesagne, passò a far parte del partito socialista per poi passare più tardi nelle nostre file che per il suo modo di fare seppe ben presto farsi ammirare ed apprezzare dai comandanti. Carloni non è più. Egli si è sacrificato per una causa comune per la lotta della libertà contro l’oppressore fascista.” Molto cinica è la nota ufficiale con la quale il 30 marzo 1937 il Ministero degli Interni comunicò la morte dell’antifascista mesagnese al Prefetto di Brindisi, riportando integralmente la comunicazione ricevuta dall’Ambasciata d’Italia a Parigi: “Si ha il pregio di comunicare che il nominato in oggetto è rimasto ucciso in Spagna combattendo a fianco delle truppe del governo comunista. Il Santacesarea faceva parte del battaglione Garibaldi”.
Francesco Altavilla
Mesagne ricorda molti uomini valorosi che sono stati dei partigiani. Infatti anche nel mio paese è nata nel 2019 una sezione dell’Associazione Nazionale Partigiani. Sono 28 i partigiani e gli storici antifascisti mesagnesi. Un elenco ancora parziale e in continua evoluzione. Questa immagine è stato il manifesto di una importante mostra fotografica che si svolse al Castello in occasione del 70° anniversario della liberazione nel 2015.Fra tutti vorrei ricordare del partigiano Francesco Altavilla, uno dei caduti militari che dissero no all’arruolamento nell’esercito della Repubblica di Salò e morì nel lager di Matauhsen. All’indomani dell’8 settembre 1943, per effetto dell’Armistizio, l’esercito italiano fu abbandonato al suo destino senza ordini e indicazioni. Molti soldati furono deportati dai tedeschi nei campi di concentramento nazisti inquadrati come internati destinati ai lavori forzati. Pochissimi fecero ritorno a casa, solo quelli che riuscirono a scappare e qualche sopravvissuto alla liberazione poté riabbracciare i propri familiari. Oltre 15mila soldati italiani finirono nella lista dei dispersi. I familiari per anni non hanno avuto una tomba sulla quale piangerli e sapevano poco o nulla delle circostanze in cui questi persero la vita. Di questi militari 52 provenivano dalla provincia di Brindisi. In particolare quattro erano partiti giovanissimi da Mesagne.
Pietro Parisi
Nato il 6 luglio 1924 a Cisternino (BR). Contadino, Partigiano, con il nome di battaglia Brindisi, è al fianco della 176 Brg. “Avevo 19 anni quando fui chiamato alle armi per combattere una guerra di cui non capivo né il senso né lo scopo. Tralascio di ricordare le formalità comuni a tutti i soldati: Vi racconterò i fatti così come si svolsero a partire dall’8 settembre 1943, giorno passato alla storia come data che segnò l’armistizio fra l’Italia e gli Anglo-Americani. La mia istruzione era ed è molto limitata: il fascismo non consentiva ai figli delle famiglie povere di frequentare la scuola. L’unico esempio luminoso che resta nella mia memoria è quello di mia madre, donna coraggiosa e piena di intuito. Lei aveva capito cos’era il fascismo, io ancora no. Perciò il mio racconto non potrà essere forbito e formalmente corretto, ma la sostanza dei fatti e quella che conta. Quell’otto settembre in tutte le caserme, fra tutti i militari la confusione fu enorme. Soldati sbandati spesso prendevano decisioni personali, ma altrettanto spesso finivano per cadere nelle mani dei tedeschi che li deportavano in Germania. Sarebbe stata anche la mia sorte se non mi fossi deciso a nascondermi e a vivere di espedienti aiutando i contadini nei loro lavori. Ma non dovevo soltanto guardarmi dai tedeschi perché anche i fascisti ci braccavano e dopo ci prendevano con l’inganno per consegnarci ai tedeschi. Dall’Astigiano, dove in un primo momento mi nascosi, passai nella Valle D’Aosta, dove cominciò la mia vera e propria azione partigiana. Svolgevo col nome di battaglia “Brindisi” il ruolo di staffetta : presto rivelai delle qualità
insospettate e insospettabili tanto che mi proposero di fare il comandante delta 176, ma incarico che io decisamente rifiutai. Il nostro compito era quello di tenere a bada fascisti e tedeschi aspettando le truppe regolari con le quali operare la definitiva liberazione dell’Italia. Le nostre azioni partigiane consistevano nel procurarci le armi sottraendole ai tedeschi, nel rifornire i viveri ai compagni che in montagna organizzavano imboscate al nemico. Tra tanti episodi uno ne ricordo in particolare: la guardia di finanza aveva multato alcuni contadini e custodiva in caserma gli avvisi che sarebbero stati presto recapitati per la riscossione. La nostra brigata assaltò la caserma e bruciò quegli avvisi liberando dal pagamento qua contadini che spesso ci avevano fornito il cibo durante la nostra permanenza in montagna, dove dormivamo allo scoperto, spesso sulla neve. Quando giunsero le truppe regolari noi potemmo ricongiungersi a loro, liberare definitivamente l’Italia e grazie alla nostra opera di partigiani potemmo riscattarci da una sicura condizione di umiliazione e ottenere il riconoscimento dell’apporto decisivo e determinarne alla ricostruzione dell’Italia democratica che da lì a qualche anno doveva trovare la sanzione nel primo articolo della Costituzione Repubblicana”.
partigiani celebri
Sandro Pertini
Coraggio, onestà e cuore, basterebbero queste tre parole per descrivere il presidente Sandro Pertini (1896-1990), padre della Repubblica Italiana. Tutti lo ricordano come “nonno di Italia” con la sua immancabile pipa, ma la vita di Sandro Pertini somiglia più a quella di un intellettuale o di un guerriero, pronto a lottare ferocemente contro i nemici della Repubblica. È questo, unito alla sua capacità di guardare a testa alta i potenti senza mai dimenticare il popolo, che lo ha reso così popolare. Alessandro (Sandro) Pertini è stato il settimo presidente della Repubblica Italiana, in carica dal 1978 al 1985. Fu eletto al sedicesimo scrutinio! Diventato presidente, rifiuta di trasferirsi nei lussuosi appartamenti del Quirinale ma sceglie di continuare a vivere nella sua casa a Roma (una mansarda di 35 metri quadri) con la moglie Carla Voltolina, conosciuta negli anni della Resistenza. Sandro Pertini è stato un agguerrito nemico del regime fascista. Per ritorsione il suo studio di avvocato viene più volte devastato e lui stesso viene aggredito in più occasioni (arrivano a spezzargli il braccio destro). Un giorno venne malmenato per aver deposto una corona di alloro sulla tomba di Giacomo Matteotti. Nel 1926, con il varo delle leggi fascistissime Sandro Pertini viene mandato al confino forzato, ma fugge in Francia grazie anche all’aiuto di Adriano Olivetti.
Torna in Italia nel 1929 per riorganizzare il partito Socialista e combattere il fascismo, ma viene condannato a dieci anni di reclusione per la sua attività antifascista in Francia. Va in carcere e le sue precarie condizioni di salute spingono la madre a chiedere la grazia. Sandro Pertini si dissocia dichiarandosi pronto a morire per le sue idee. Liberato nel 1943 si unisce ai partigiani per combattere nelle file della Resistenza. Arrestato dalle SS viene condannato a morte. Riesce a fuggire grazie all’intervento dei partigiani delle Brigate Matteotti. Per le sue azioni eroiche contro il nazifascismo viene insignito della Medaglia d’oro al valor militare. Nel 1946 si oppone fermamente all’amnistia voluta da Togliatti nei confronti dei reati commessi dai fascisti. Il giorno in cui deve conferire a Craxi l’incarico di presidente del Consiglio (è il 1983), vedendo il segretario del PSI presentarsi con indosso dei jeans lo manda a casa invitandolo a tornare con un abbigliamento adeguato. Sandro Pertini era ateo ma questo non gli impediva di tenere affisso al suo studio del Quirinale un crocifisso. Molti lo ricordano per la famosa foto in cui in aereo gioca a carte con Zoff, Causio e Bearzot, al ritorno dalla Spagna nel 1982, con la Coppa del Mondo poggiata sul tavolino.
Enrico Martini (Mauri)
Nato a Mondovì (Cuneo) nel 1911, deceduto ad Antalya (Turchia) nel 1976, fu ufficiale degli alpini, Partecipò guerra dell'Africa orientale come tenente degli alpini e alla seconda guerra mondiale come maggiore in Africa settentrionale, Fu il protagonista incontrastato della Resistenza in Piemonte, soprattutto nella provincia di Cuneo e nell’Appennino Ligure. Organizzò le "Brigate Autonome" nel Cuneese, nella Langhe e nel Monferratoe nonosotante molti lo considerassero «badogliano» perché restò fedele al giuramento prestato al Re, lui ed i suoi soldati furono degli autentici combattenti per la libertà contro ogni dittatura, Nel 1945 gli "autonomi" di Martini presero per primi il controllo di Ceva, Mondovì, Fossano, liberarono di nuovo Alba e il 27 aprile entrarono a Torino. Dopo la liberazione al suo cognome aggiunse il nome di battaglia adottato nella Resistenza, Mauri. Per il suo contributo alla guerra di liberazione Enrico Martini Mauri ottenne la medaglia d'oro al valor militare.
Giuseppe Fenoglio (Beppe)
Beppe Fenoglio nacque ad Alba nel 1922 e qui rimase per tutta la sua vita. Frequentò l’università di Torino senza arrivare alla laurea a causa della guerra che lo vide soldato e poi partigiano nella Resistenza. Tuttavia aveva studiato con impegno la lingua e la letteratura inglese che doveva essergli di grande aiuto per le sue scelte letterarie. Dopo la guerra, divenne impiegato in un’azienda vinicola, visse schivo e appartato, appassionato di lingua inglese e dedito alla letteratura in cui seppe emergere con il suo schietto realismo. Aveva cominciato a scrivere all’indomani della guerra, ma poche furono le opere che pubblicò in vita, mentre una mole considerevole di carte è ancora in via di sistemazione. Fra il 1952 e il 1962 iniziò a collaborare sporadicamente ad alcune riviste culturali e ottenne alcuni premi per le sue opere, ma i suoi libri migliori furono pubblicati postumi. Agli inizi del 1962 il male che doveva portarlo alla morte si manifestò in modo allarmante; Fenoglio sperò un giovamento dal soggiorno sulle colline delle Langhe, ma il cancro ai bronchi, inarrestabile, lo uccise il 18 febbraio 1963. LA VITA DA PARTIGIANO Dopo lo sbandamento seguito all'8 settembre 1943, Fenoglio nel gennaio del 1944 si unì alle prime formazioni partigiane. Partecipò, assieme al fratello Walter, allo
sfortunato combattimento di Carrù e alla straordinaria ma breve esperienza della Repubblica partigiana di Alba, indipendente tra il 10 ottobre e il 2 novembre 1944. IL DOPOGUERRA Alla fine della guerra, Fenoglio riprese per un breve tempo gli studi universitari prima di decidere, con grande rammarico dei genitori, di dedicarsi interamente all'attività letteraria. Al referendum istituzionale vota per la monarchia. Nel maggio del 1947, grazie alla sua ottima conoscenza della lingua inglese, fu assunto come corrispondente estero di una casa vinicola di Alba. LA VITA PRIVATA Nel 1960 si sposò civilmente con Luciana Bombardi. Nell'inverno tra il 1959 e il 1960, in seguito a un esame medico, gli venne accertata un'infezione alle vie aeree, con complicazioni dovute alla forma di asma bronchiale che lo affliggeva ormai da anni che era degenerata in pleurite. La morte lo colse, dopo due giorni di coma, il 18 febbraio 1963, a neppure 41 anni e venne sepolto nel cimitero di Alba con rito civile.
Bruno Buozzi
Non tutti i partigiani, però, si salvarono e tra questi bisogna ricordare di certo Bruno Buozzi, socialista che fu ucciso dai nazisti nei dintorni di Roma nel giugno 1944. Nato nel 1881, aderì al Partito Socialista di Milano, entrando subito anche nel sindacato tramite la FIOM. Tra i principali leader della CGdL, fu costretto dal fascismo all’esilio in Francia e poi al confino in Italia. Venne liberato nel luglio 1943 e fu nominato dal governo Badoglio commissario alla Confederazione dei sindacati dell'industria.Nell'aprile 1944. fermato per accertamenti, i fascisti scoprirono la vera identità del sindacalista e lo consegnarono ai tedeschi. La sera del 3 giugno, con altri 12 compagni, Buozzi fu caricato su un camion tedesco e all'indomani fu brutalmente trucidato con tutti i suoi compagni.
Vincenzo Moscatelli (Cino)
Cino Moscatelli, il cui nome completo era Vincenzo Moscatelli, nacque nel 1908 a Novara da una famiglia operaia e si rese protagonista di varie azioni antifasciste fin dal 1922, quando aveva appena 14 anni, finendo per essere costretto all’esilio volontario in Svizzera nel 1927, Nei successivi tre anni girò l’Europa, spostandosi a Berlino, a Mosca e a Parigi, avvicinandosi ovunque alle formazioni comuniste. Ritornato in Italia nel 1930 sotto falso nome, venne subito arrestato, torturato e condannato a 16 anni di carcere per attività sovversiva. Dal carcere uscì però già nel 1935 in seguito ad un’amnistia, stabilendosi poi in Valsesia. Qui, con la caduta del fascismo nel 1943, si diede subito da fare per costituire le prime formazioni partigiane, diventando commissario politico per il PCI della Brigata Garibaldi prima della Valsesia e poi dell’Ossola, brigate comandate da Eraldo Gastone detto Ciro. Citato nelle canzoni Ciro e Cino, come venivano chiamati, si trovarono a comandare 12 brigate, per un totale di tremila uomini, tanto che la fama di Moscatelli tra i partigiani crebbe enormemente e lui si trovò citato perfino in varie canzoni della Resistenza. Nell’aprile del 1945 prima liberarono Novara e poi entrarono a Milano. Oltre alla medaglia d’argento al valor militare, il novarese ricette anche la Stella di Bronzo americana, la Croce al merito partigiano polacca e una onorificenza ceca
Nel dopoguerra continuò la lotta politica nelle fila del PCI. Eletto sindaco di Novara, entrò alla Costituente e poi fu senatore e deputato nelle prime tre legislature, assumendo nell’ultima anche l’incarico di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’assistenza ai reduci ed ai partigiani. Con Pietro Secchia, altro storico partigiano comunista, scrisse nel 1958 il libro Il Monte Rosa è sceso a Milano, edito da Einaudi e oggi quasi introvabile, in cui raccontò la sua esperienza partigiana. È morto nel 1981.
Arrigo Boldrini
Arrigo Boldrini, il cui nome di battaglia era Bulow, è stato un partigiano e politico italiano. Nato a Ravenna nel 1915 si diploma Perito Agrario e in seguito viene ammesso al partito Nazionale Fascista. Chiamato alle armi nel 1935, frequenta la scuola allievi ufficiali e conseguendo il grado di Sottotenente. Volontario dal 1937 nella MVSN (milizia volontaria per la sicurezza Nazionale) con il grado di capomanipolo, nel settembre 1939 adducendo motivi di salute, riuscì a farsi esentare dalla mobilitazione del suo reparto.Richiamato alle armi nel 1940, dopo l'8 settembre 1943 si dedica completamente, come militante comunista, all'organizzazione del movimento di resistenza in Romagna costituendo fra l'altro due brigate di partigiani che per molti mesi guida in rischiose e sanguinose azioni di guerriglia. Nominato nel giugno 1944 ufficiale di collegamento per tutta la provincia di Ravenna, prepara e comanda l'azione che, in coincidenza con l'arrivo delle truppe alleate, avrebbe dovuto liberare Porto Corsini e S. Alberto. INel febbraio del 1945 gli viene conferita la medaglia d'oro al valor militare. Costituisce la 28ª brigata garibaldina che, dal 12 gennaio 1945, partecipa alle operazioni a fianco degli Alleati. Dopo la liberazione viene nominato presidente dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia ed eletto deputato alla costituente e quindi alla Camera. Muore a Ravenna nel 2008.
Nicola Bellomo
Il Generale Nicola Bellomo, nato a Bari il 2 febbraio 1881, frequenta l'Accademia militare uscendone, nel 1903, sottotenente di artiglieria. Prende parte alla prima Guerra mondiale, guadagnandosi una medaglia d'argento. All'inizio della seconda Guerra mondiale, viene richiamato in servizio con il grado di generale di brigata e promosso, nell'agosto del 1941, generale di divisione, viene destinato alla difesa territoriale di Bari. Dopo la proclamazione dell'armistizio dell'Italia con le Nazioni Unite (8 settembre 1943), difende arditamente, la città di Bari dai Tedeschi. Alla testa di un gruppo di portuali e di pochi soldati delle varie armi, egli attacca i tedeschi che erano già riusciti ad affondare due piroscafi e ad impadronirsi di due batterie contraeree e, dopo un pomeriggio di scontri durante i quali rimane ferito ottiene la resa dei tedeschi. Grazie alla sua niziativa gli Alleati trovano Bari sgombra da truppe tedesche. Sottoposto a processo da parte di un tribunale militare inglese perché accusato di aver provocato, nel 1941, la morte di un ufficiale britannico e il ferimento di un altro, entrambi prigionieri che tentavano di fuggire, Bellomo viene fucilato l'11 settembre 1945. Il generale Bellomo è stato l'unico generale italiano che di propria iniziativa combatté i tedeschi e mantenne la città di Bari fino all'arrivo degli Alleati, perciò nel 1951 fu decorato dalla Repubblica Italiana con la Medaglia d'argento al Valor militare.
conclusioni
Carissimi concittadini mesagnesi, noi, alunni della 2BB della Scuola Media Materdona, insieme ai nostri insegnanti, prendendo in considerazione anche la condizione che stiamo vivendo in quest’ultimo periodo, vogliamo concludere questo nostro contributo con un accenno alla canzone Bella ciao, diventata il simbolo della LIBERAZIONE. Si tratta di uno dei canti popolari italiani più noti a livello internazionale. Le sue parole, per come sono giunte a noi ai nostri giorni, sono parole di libertà e di lotta contro l'oppressione. Per questa ragione Bella ciao è considerata come il simbolo della Resistenza italiana. Con ogni probabilità fu scarsamente utilizzata nel periodo della dittatura nazifascista e finì per identificare le idee dei partigiani solo a guerra finita.La scelta di identificare Bella ciao con un canto partigiano nasce dalla volontà di trovare un testo che avesse valori universali di libertà e opposizione alle dittature e alla guerra, senza riferimenti politici o religiosi. L'operazione ha avuto successo, se si pensa che oggi Bella ciao è uno dei testi più conosciuti, tradotti e cantati a livello mondiale. Qui, di seguito vi proponiamo il testo da cantare tutti insieme.
Bella Ciao
Una mattina mi son svegliato O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao Una mattina mi son svegliato E ho trovato l'invasor O partigiano portami via O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao O partigiano portami via Che mi sento di morir E se io muoio da partigiano O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao E se io muoio da partigiano Tu mi devi seppellir E seppellire lassù in montagna
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao E seppellire lassù in montagna Sotto l'ombra di un bel fiorTutte le genti che passeranno O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao Tutte le genti che passeranno Mi diranno: "Che bel fior" E questo è il fiore del partigiano O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao E questo è il fiore del partigiano Morto per la libertà E questo è il fiore del partigiano Morto per la libertà